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Il vescovo Antonio intervistato da Radio Vaticana sulle attese della visita di Francesco

«Attendiamo il Papa come una verifica del nostro cammino che è stato arricchito nella storia da figure profetiche come don Primo Mazzolari, ma talvolta anche rallentato dalle resistenze che uomini come lui, e oggi uomini come Papa Francesco, incontrano quando il Vangelo si fa troppo schietto e troppo esigente. È quindi un momento di conversione spirituale, pastorale, ecclesiale oltre che di gratitudine e di commozione».

Inizia con queste parole l’intervista del vescovo Antonio Napolioni a Radio Vaticana. Nel colloquio con il giornalista Alessandro Gisotti il Vescovo di Cremona esprime le attese per questo evento che, pur avendo una dimensione privata, ha un grande significato per tutta la Chiesa italiana.

 

Di seguito il testo completo dell’intervista:

Don Mazzolari parlava della parrocchia “come ambulanza che deve soccorrere chi cade sul cammino”. Francesco, lo sappiamo, parla di “una Chiesa ospedale da campo”. Anche soltanto pensando a queste due immagini, si coglie una particolare comunanza, una sintonia tra Mazzolari e Bergoglio, vero?

«Certamente, si integrano perfettamente sullo sfondo, prima di tutto della tradizione cristiana, non solo della carità nei confronti dei poveri e delle fragilità umane, anche di quella carità del Vangelo che deve raggiungere ogni cuore, quindi ogni ricerca ansiosa problematica incerta. Per cui non esistono “i lontani”; esistono semmai coloro che noi lasciamo lontani dal Vangelo perché il comando missionario di Gesù, Andate e predicate il Vangelo a tutte le genti fino agli estremi confini della Terra, non viene attuato sufficientemente. Quando noi ci illudiamo di vivere in una società cristiana, coltiviamo posizioni acquisite nel tempo, che invece non resistono all’urto con la storia».

Negli anni ci sono stati tentativi di politicizzazione della figura di don Primo. Questa visita sottolinea in un modo fortissimo anche l’autentica dimensione della testimonianza di Mazzolari, quella di un sacerdote in mezzo alla sua gente …

«I tentativi di politicizzazione non fanno giustizia neppure nel percorso storico di don Primo che è stato accusato di essere belligerante, vicino quindi agli interventisti, poi antifascista, poi anticomunista, tirato per la tonaca da una parte o dall’altra, a seconda di chi si sentiva più ferito e messo in discussione dalla sua predicazione evangelica che era esigente per la Chiesa stessa! Quindi tutte le semplificazioni politiche o ideologiche, dall’interno e dall’esterno della Chiesa, ci impediscono di ascoltare nel profondo il messaggio che chiama tutti a radicalità nell’impegno per il bene comune».

“Profetico” è uno degli aggettivi che più frequentemente accompagnano don Mazzolari. Da ultimo lo ha così definito il cardinale Bassetti, presidente della Cei. Qual è secondo lei il messaggio profetico – appunto – più forte che vibra ancora oggi nella vita, nelle opere di don Mazzolari?

«Profeta non è colui che predice il futuro, ma colui che ascolta talmente la voce di Dio da saper andare all’essenziale dei problemi e diventare dunque capace di discernimento dei segni dei tempi e delle strade verso il futuro. Quindi la prima profezia sempre attuale è quella di chi si lascia talmente penetrare dal rapporto con Cristo da impegnarsi con Cristo nella storia. Quindi nel messaggio di don Primo, per quanto lui attinge al Vangelo, vediamo soprattutto l’Incarnazione, questa logica di Incarnazione di Dio nell’uomo e della Chiesa nella storia che non può esser mai data per acquisita una volta per tutte perché ogni tempo, ogni società, ogni modernità, può essere luogo di Dio. Quindi c’è una fiducia straordinaria, non in qualcosa di esteriore o di superficiale, ma nella forza che Dio ha impresso all’interno della storia umana facendone storia di salvezza».