1

Il Vescovo alle Palme: «Entriamo nella Settimana Santa con lo sguardo nel volto di Gesù»

Sfoglia la fotogallery completa

«Entriamo in punta di piedi in questo mistero. Con i segni di festa, ma con il silenzio nel cuore, consapevoli della sofferenza a cui Gesù va incontro e dei drammi umani che attendono da Dio la liberazione e la Pace».

Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha introdotto la solenne celebrazione della Domenica delle palme, iniziata nella chiesa di Santa Maria Maddalena, sussidiaria di Sant’Imerio. Qui la benedizione dei rami di ulivo e la partenza della processione in direzione della Cattedrale.

La preghiera cantata, animata dalla corale dell’Unità pastorale “Sant’Omobono” che in Diomo si è unita poi al coro della cattedrale – ha accompagnato il percorso lungo via Realdo Colombo, via Aporti e via Sicardo, fino all’ingresso nella piazza del Comune, dove i concelebranti – i Canonici del Capitolo e i sacerdoti dell’Unità pastorale – e i fedeli sono stati accolti dalle porte aperte della Cattedrale per la celebrazione della Messa della Passione del Signore, proclamata quest’anno durante la liturgia della Parola con la lettura del Vangelo di Matteo.

Una Parola che permette di entrare nel mistero della Settimana Santa con lo sguardo fisso sul volto di Cristo per «provare a immaginare ciò che sta accadendo dentro di lui», come suggerisce nella sua omelia il vescovo, prendendo «in prestito» il motto scelto da monsignor Enrico Trevisi, nuovo vescovo di Trieste: Admirantes Iesum. «Lui sia il vero protagonista di ciò che pensiamo e preghiamo – introduce il suo pensiero mons. Napolioni – senza fretta di chiederci subito che cosa devo fare io, cosa dipende da me. Dipende tutto da Lui se io fisso lo sguardo su di lui».

È l’ingresso in Gerusalemme ad aprire i passaggi in cui Gesù ci guida verso la Pasqua. Un ingresso che le scritture ci mostrano attraverso una «faccia dura come la pietra»: «Gesù – ha osservato mons. Napolioni – decise di andare verso Gerusalemme, a “muso duro”, assumendo tutta la responsabilità della risposta al progetto del Padre. Gesù gioca tutta la sua libertà nella strada che lo porterà all’ora decisiva».

Una “durezza” che si sgretola però nel pianto davanti alla Città Santa. «Gesù piange su Gerusalemme non solo pensando alla sofferenza che lo aspetta, ma pensando al tradimento del popolo che oggi grida “Osanna” e che poche ore dopo griderà “Crocifiggilo!”. È in balia di noi stessi, in balia della storia umana».

Per questo «è facendo Pasqua, tutti noi, che possiamo fare pace. Siamo nella Pasqua, siamo nel travaglio della salvezza e solo questa è la via della pace». Una via che passa anche dal Getsemani, dove Gesù, con il volto a terra, si abbandona «a un’obbedienza d’amore, a una volontà che porta dentro, maturata progressiva mente dentro di lui con l’adesione all’amore del Padre».

«Ecco – ha concluso la sua riflessione monsignor Napolioni – come Gesù entra nella Settimana Santa. Non dimentichiamolo. Proviamo a fissare i nostri occhi nei suoi, a condividere le nostre lacrime con le sue e a sciogliere le durezze del peccato per assumere la grinta della fede e la decisione della sequela, nell’adesione a quell’agonia del mondo che sta per generare il mondo nuovo».