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Il vescovo agli insegnanti di religione: «Scatenate domande nel cuore degli alunni»

Venerdì 7 settembre, presso il Centro Pastorale Diocesano, si è tenuta alla presenza di monsignor Antonio Napolioni, la consueta riunione plenaria degli insegnanti di Religione Cattolica laici della nostra diocesi. Dopo l’intervento del responsabile dell’Ufficio di Pastorale Scolastica e dell’IRC, don Giovanni Tonani, su alcune questioni legate alla funzione docente, i docenti si sono confrontati con il vescovo. Due sono state le provocazioni lanciate dal vescovo: la prima ha riguardato la difficoltà di trovare un’unicità di pensiero, durante i lavori diocesani del Sinodo dei Giovani, sui temi scuola e famiglia; la seconda ha preso le mosse dagli orientamenti pastorali per quest’anno dal titolo “Parabole viventi”: precisando che non sono stati aggiunti nuovi obiettivi pastorali nel documento, ma ponendo attenzione allo stile delle parabole. Questo modo di comunicare «è quello che Gesù vuole» ha precisato ancora il Vescovo. Come scrive don Cavedo nell’approfondimento biblico che accompagna le linee, occorre un linguaggio che faccia si «che – gli altri – si rendano conto di dover riesaminare le proprie certezze e metterle in discussione per riassestarle in modo più adeguato».

Rivolgendosi poi agli insegnanti, al loro lavoro ha detto: «La parabola è una freccia scoccata dal Verbo per gli uomini per i quali si è incaricato. Parte da luoghi del quotidiano, non per banalizzare il messaggio, ma per sorprendere l’ascoltatore che capisce di essere chiamato proprio in quel luogo». E, quindi, ha chiesto –

L’insegnante può essere una parabola vivente? Come state? Dite con tristezza “è il mio lavoro” o lo vivete come vocazione?».

Rispondendo, quindi, ad alcune domande il Vescovo ha detto che la verità non è rigida, ma è come un puzzle. Serve, perciò, una dimensione dell’insegnamento più simile allo stile oggettivo, dinamico e relazionale che Gesù ci indica quando dice: «Io sono la Via, la Verità e la Vita». Così da fare fiorire il buono anche da quei ragazzi che si rivolgono all’insegnante solo in ricerca di legittimazioni soggettive o che, peggio, sono indifferenti a tutto.

«Dobbiamo avere l’arte di aprire questo scrigno. Dobbiamo scatenare domande. Certo con paternità, ma anche con accoglienza incondizionata di tutti gli alunni, anche quando non rispondono alle nostre attese.

Ci insegna papa Francesco che la realtà è più importante delle idee; e ci è alleata».

«Dobbiamo purificare il nostro sguardo sulla realtà – ha poi concluso -. Anche le nostre fatiche possono aiutarci a mostrarci il bello della collegialità».