1

Il Vescovo ad Arzago: «Fede non muro, ma ponte»

Mattinata arzaghese quella di domenica 5 marzo per il vescovo Antonio che alle 10.30, nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire, ha celebrato la Messa nella prima domenica di Quaresima. Prima dell’Eucaristia però mons. Napolioni, raccogliendo l’invito del parroco don Enrico Strinasacchi, ha incontrato gli operatori pastorali. Nel salone “San Lorenzo” del complesso oratoriale Don Bosco c’erano, fra gli altri, catechisti, baristi, gruppo Caritas, gruppo missionario, consorelle, animatori e ministranti: tutto quanto, insomma, è espressione della vita di questa parrocchia della Bassa Bergamasca.

Con i volontari il Vescovo ha toccato diverse tematiche, a cominciare dalla sua introduzione sul senso dell’essere operatore pastorale oggi, per proseguire con le domande rivoltegli dai presenti che hanno offerto lo spunto per diverse riflessioni, prima fra tutte quella sulla chiamata alla vita cristiana. Per mons. Napolioni “Non sono i numeri che contano. Conta l’entusiasmo della fede, il medesimo che io – citando se stesso – ho trovato all’età di 18-19 anni negli occhi di alcuni laici e che mi hanno fatto riscoprire Gesù come amico e capire, qualche anno dopo, che lo avrei servito come sacerdote”.

Cambiano i tempi, cambia anche la Chiess: un’operatrice presente fra il pubblico è intervenuta per ringraziare “Vostra Eccellenza” di questa sua presenza ad Arzago. “Le forme della vita cristiana – ha detto il vescovo collegandosi a quel Vostra Eccellenza pronunciato qualche secondo prima – cambiano nel tempo e non tutto quello che viene dal passato va assolutamente conservato. Alcune cose però sono intoccabili, come il Vangelo vissuto, la testimonianza, il mistero pasquale, il culto e l’eucaristia”.

Non poteva mancare una domanda sul fenomeno-immigrazione ed il possibile pericolo da esso derivante di una rinuncia forzata alla nostra fede e alle nostre tradizioni. Il Vescovo ha dato una risposta articolata, premettendo che nessuno nega l’importanza della problematica-migranti in un mondo che sta osservando cambiamenti epocali. «Non dobbiamo – ha spiegato – vivere la fede come un muro, ma come un ponte. Certo, guai a chi mi tocca il crocifisso, ma non ho paura e non dobbiamo averla. Al tempo stesso, non dobbiamo dividerci ma unirci, annunciando, testimoniando e dialogando. Il cristiano deve essere capace di testimoniare e di dialogare. Il problema è che a volte è un po’ fiacco, paralizzato dalla paura”.

Infine, si è parlato dei terremotati del Centro Italia. Il sisma ha colpito duramente anche Camerino, la città di cui è originario mons. Napolioni che ha voluto dare un ultimo messaggio di speranza. «Il terremoto – ha affermato – è un fenomeno che tocca la nostra fede e la nostra vita in un modo così repentino. È una di quelle esperienze che danno una botta in negativo oppure in positivo ma quando c’è il miracolo dello scambio reciproco, allora anche da lì possiamo vedere delle piccole resurrezioni, così come piccole resurrezioni avvengono nella vita di tutti i giorni”.

f.c.

cof