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Il pumenghese padre Paolo Barnabò dalla Certosa di Farneta all’Argentina

Dalla Certosa di Farneta (Lucca) alla Certosa di San José (Cordoba) in Argentina. Il trasferimento riguarda padre Paolo Barnabò, monaco certosino originario di Pumenengo. L’annuncio del trasferimento è stato dato il 9 febbraio nella sua parrocchia d’origine e nelle altre comunità che compongono l’unità pastorale Nostra Signora della Rotonda (Calcio, Pumenengo e S. Maria in Campagna).

“Sono ormai trascorsi ventitré anni dal giorno in cui don Barnabò ha varcato la soglia della Certosa – ricorda il parroco di Pumenengo negli avvisi domenicali –. Dal 9 febbraio 2025 l’obbedienza chiama il nostro conterraneo a servire l’Ordine in Argentina: ai ‘confini del mondo’ (per usare l’espressione con la quale Papa Francesco si è presentato immediatamente dopo la sua elezione a Pontefice) dove, tra i numerosi e giovani aspiranti monaci della Certosa di San José a Cordoba, incarnerà lo spirito e la lettera della regola di san Bruno”.

“Lo accompagniamo volentieri nella preghiera – scrive ancora don Angelo Piccinelli –: siamo grati a Dio per la specialissima vocazione di questo nostro fratello. Grazie don Paolo, che onori Pumenengo e l’intera comunità pastorale con la luminosa testimonianza della tua fedeltà! Prega per noi».

La fondazione della Certosa di Deán Funes (Cordoba), cui è stato destinato padre Barnabò, è stata approvata dal Capitolo generale dell’Ordine nel 1995: al priore della certosa brasiliana (l’unica sino ad allora presente in America Latina) fu chiesto di prendere un primo contatto con la gerarchia ecclesiastica argentina. Il Capitolo del 1997 designò i quattro religiosi fondatori, che adottarono come sede il Campo de la Trinidad, a otto chilometri da Deán Funes, nella provincia di Cordoba. Il nome adottato fu Certosa di San José. La cerimonia di installazione negli edifici provvisori ha avuto luogo il 15 ottobre 1998 e i lavori di costruzione iniziarono immediatamente. La nuova certosa, con dodici celle per i padri e otto per i fratelli, è stata inaugurata il 19 marzo 2004 e nel febbraio 2006 è stato aperto il noviziato.

 

I monaci certosini

Cristo scelse alcuni uomini per condurli nella solitudine e per unirli a sé in intimo amore: seguendo questa chiamata nel 1084 san Bruno entrò con sei compagni nel deserto di Certosa e vi si stabilì. Qui essi e i loro successori, formarono gradatamente, con l’aiuto dell’esperienza, una propria consuetudine di vita eremitica, che veniva tramandata ai posteri, non per mezzo di scritti, ma con l’esempio. Per ripetuta richiesta di altri eremi, fondati ad imitazione della Certosa, Guigo, quinto priore di Certosa, mise per iscritto le consuetudini di quella vocazione, che tutti accettarono come regola delle loro osservanze e vincolo di carità della nascente famiglia. Verso il 1145 anche le monache di Prébayon abbracciarono la vocazione certosina.

Attualmente l’Ordine dei Certosini conta ventuno case, sedici di monaci e cinque di monache. I monasteri maschili si trovano in Francia, Italia, Spagna, Svizzera, Slovenia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti d’America, Brasile, Argentina e Corea del Sud.

La prima caratteristica essenziale della vita monastica certosina è la vocazione alla solitudine: il monaco certosino cerca Dio in solitudine. In secondo luogo, l’originalità della Certosa deriva dalla dimensione di vita comune, indissolubilmente legata alla dimensione solitaria: il genio bruniano consistette proprio nell’armonizzare vita solitaria e vita comune, ciò che fa della Certosa una comunione di solitari per Dio. La solitudine e la vita fraterna si equilibrano a vicenda. La convivenza permette al monastero di funzionare, ma è anche un elemento importante per verificare l’autenticità della carità, così che il solitario non abbia a cadere nell’illusione.

Il progetto di san Bruno e dei suoi compagni era quello di riscoprire la spiritualità del deserto: lasciare tutto e vivere solo per Dio, nella solitudine. Essi riscoprirono il valore eccellente della solitudine come mezzo, perché la solitudine favorisce l’incontro personale con Dio, la povertà di spirito, l’autenticità, l’umiltà. Come gli antichi anacoreti, gli eremiti certosini vivono nei “deserti”, spendendovi anch’essi la loro vita di preghiera e di lavoro. La solitudine della Certosa è assicurata e protetta da tre cerchi concentrici: il deserto, la clausura e la cella.

La separazione dal mondo è assicurata dalla clausura. I monaci escono dal monastero solo per lo “spaziamento” (passeggiata settimanale); non ricevono visitatori e non esercitano alcun apostolato all’esterno. Non ci sono mezzi di comunicazione: è il priore che riceve le notizie e che comunica ai monaci ciò che è bene non ignorino.

La cella è un eremo che garantisce al certosino la più completa solitudine possibile, assicurando al contempo quanto necessario. Ogni cella è una costruzione a due piani circondata da un piccolo giardino: il monaco vi dimora in solitudine lungo la maggior parte della giornata, per tutta la vita. È a causa della solitudine che ciascuno dei nostri monasteri è chiamata “deserto” o “eremo”.