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Il nuovo libro di don Bignami:«Un’arca per la società liquida»

In una società liquida che sembra rinunciare ai tradizionali punti di riferimento l’etica può essere considerata un’arca di Noè costruita attorno alla fraternità, al bene comune e alla cura. La bussola per la navigazione è offerta da papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, dove si ricorda che l’unità «prevale sul conflitto», che il tutto «è superiore alla parte», che «il tempo è superiore allo spazio» e che la realtà «è più importante dell’idea». È questa la strada che don Bruno Bignami, sacerdote cremonese, teologo morale e presidente della Fondazione Mazzolari, percorre nel suo ultimo libro  «Un’arca per la società liquida» edito dai Dehoniani. Bignami offre due piste di riflessione: una fa riferimento ai fondamenti etici della vita sociale e l’altra analizza alcuni temi su cui si misura il cambiamento d’epoca in atto. La convivenza, sostiene l’autore, va rifondata a partire da alcuni snodi concreti: un nuovo rapporto tra la coscienza morale e le leggi, una fraternità vissuta a partire dai beni comuni e dalla condivisione, una pace «giusta» e, da ultimo, stili di vita capaci di incarnarsi concretamente nella realtà.

Il volume sarà presentato a Cremona venerdì 21 aprile, alle ore 18, presso la sala della Consulta del Comune di Cremona. Tra gli ospiti il sindaco Galimberti, l’onorevole Enrico Letta, decano della Scuola di Affari internazionali presso Science Po Paris e Franco Vaccari presidente di Rondine Cittadella della Pace (AR). Moderatore sarà Michele Bellini studente di Affari internazionali presso Science Po Paris.

Di «Un’arca per la società liquida» proponiamo la recensione di Stefano Zamboni apparsa sul sito www.settimananews.it.

Fin nel titolo e nel sottotitolo del nuovo testo di Bruno Bignami, sacerdote della diocesi di Cremona e docente di teologia morale, già autore di pregevoli testi su don Mazzolari e sull’etica ecologica, troviamo le tre coordinate fondamentali entro cui si snoda questa sua riflessione teologica.

La prima, e la più nota, è la metafora della società liquida introdotta da Zygmunt Bauman. Con essa ci si intende riferire all’estenuazione dei legami sociali, al venir meno delle tradizionali sorgenti di valori, alla privatizzazione delle scelte etiche… Ma proprio un tale contesto richiede un’ottica interpretativa adeguata: ecco allora la seconda coordinata, il cambiamento di epoca. Come ha affermato papa Francesco nel discorso in occasione del convegno ecclesiale di Firenze del 2015, oggi non viviamo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca. Il tempo attuale è affascinante come ogni cambiamento d’epoca, perché in esso si aprono possibilità inesplorate: così è stato, per esempio, dopo la caduta dell’impero romano o dopo la scoperta del continente americano. La teologia morale, in particolare, ha da essere attenta ai segni dei tempi, per scrutare quanto lo Spirito di Dio chiede all’oggi ecclesiale e civile. La terza immagine è quella dell’«arca»: come l’arca di Noè è stata data per la salvezza nel mezzo del diluvio, così oggi ci è chiesto di costruire una nuova arca che possa permettere una navigazione sicura in mezzo alla liquidità dell’epoca presente.

Bignami offre con questo testo un contributo in ordine alla costruzione di quest’arca e lo fa rileggendo in modo intelligente alcuni capitoli dell’etica sociale: dalla fraternità al bene comune, dall’etica della cura al giudizio sulle leggi civili, dalla pace allo scandalo della fame e alla cultura della sobrietà. Il tutto avendo come fonte ispirativa l’Evangelii gaudium, in modo particolare i celebri quattro principi che si trovano in essa: l’unità prevale sul conflitto, il tutto è superiore alla parte, il tempo è superiore allo spazio, la realtà è più importante dell’idea.

Il diluvio etico non è la parola definitiva, l’ottimismo deve pur sempre prevalere: «l’etica è la bussola, capace di prendere per mano e accompagnare gli uomini di buona volontà al servizio della casa comune. Siamo capaci di bene, di rialzarci: la corruzione, la violenza e la morte non sono l’ultima parola sulla storia» (p. 184).