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Il messaggio di pace di Mazzolari all’epoca della terza guerra mondiale a pezzi

Son trascorsi 126 anni dalla nascita di don Primo Mazzolari presso la frazione Boschetto, a Cremona. E proprio nella sua parrocchia si è voluto ricordare l’importante anniversario lo scorso 15 gennaio con un incontro pubblico sul tema «Il messaggio di pace di Mazzolari all’epoca della terza guerra mondiale a pezzi». Gremito il salone dell’oratorio, per ascoltare i relatori, don Bruno Bignami, presidente della Fondazione don Mazzolari e Guido Regonelli, regista della pellicola «Cremona 1943», di cui è stata proiettata la parte relativa a colui che è conosciuto ormai come il più celebre parroco di Bozzolo; molte le testimonianze orali raccolte nel filmato, che ha ricordato gli aiuti forniti dal sacerdote a sfollati, rifugiati, ebrei ed a chiunque si trovasse nel bisogno; ha rievocato la sua coraggiosa opposizione al fascismo ed al nazionalsocialismo, il suo impegno a fianco della Resistenza, i due arresti patiti, così come la sua condanna a qualsiasi tentativo di giustizia sommaria o di vendetta, la difesa a spada tratta dell’obiezione di coscienza, la sua infaticabile ricerca di un dialogo, i suoi guai col Vaticano, il divieto di predicare fuori dalla sua parrocchia, il suo impegno civico con posizioni spesso controcorrente e molto altro ancora.

Regonelli si è detto «affascinato dal pensiero di don Mazzolari, poiché andava sempre oltre la storia cremonese ed è capace di parlarci anche oggi. Fu anticipatore di problematiche ideali», che lui colse già all’epoca e che noi solo oggi viceversa riusciamo ad intuire. Di lui il beato Paolo VI disse: «Aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti». In effetti, non si sentì compreso, neppure dalla “sua” Cremona: «Sono ‘lebbroso’ – disse – Sono stanco di ipocrisie», ben consapevole del resto di come «uomini non ci si improvvisi».

Lui, che visse due conflitti mondiali – ha ricordato don Bignami – , definì la guerra un dramma, incapace di risolvere i problemi; documenti inediti, recentemente pubblicati in appendice al suo Dario dal 1945 al 1950 mostrano come, sin dagli albori dell’incubo nazionalsocialista, egli avesse intuito la follia criminale di Hitler, di cui evidenziò nei propri appunti la «voce infernale», senza «più nulla di umano»; a sconcertarlo, fu tuttavia il rendersi conto di come la folla lo seguisse, in modo acritico, incondizionato e sottomesso: «Il terribile di oggi – annotò – gli è che non vi è più niente che sembri terribile». Considerazione, mutatis mutandis, sostanzialmente valida anche al giorno d’oggi in tante, troppe situazioni proposte a livello nazionale ed internazionale.

Vasto e partecipato il dibattito seguito all’articolato intervento di don Bignami, dibattito che ha permesso di chiarire meglio alcuni concetti importanti: ad esempio, il fatto che, di fronte ad una violenza perpetrata ai danni di un innocente, «fermarla ed intervenire sia un dovere di responsabilità morale», come ricordato anche da papa Francesco nel viaggio di ritorno dalla Corea, purché non divenga una scusa per giustificare «una guerra ingiusta», quindi sempre d’intesa con le Nazioni Unite. Segno evidente di quanto don Mazzolari abbia da dire anche all’uomo d’oggi, chiamato a confrontarsi con sfide – come quella dell’Isis – decisamente impegnative.

Mauro Faverzani

Pubblico