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Il direttore di Avvenire Tarquinio: tutto il senso di fare oggi un quotidiano cattolico (VIDEO)

Che senso ha fare un giornale oggi? E fare un “quotidiano di ispirazione cattolica? A queste domande, urgenti non solo per chi fa informazione, ma per tutte le comunità cristiane che oggi vivono nella società dell’iper-connessione, ha dato una risposta competente e appassionata Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, ospite della serata organizzata al Centro pastorale dall’Ufficio delle Comunicazioni sociali in occasione della Giornata del Quotidiano, celebrata in diocesi domenica 3 novembre.

Ad introdurre la serata il vescovo Antonio Napolioni, che ha colto l’occasione per rivolgere il suo ringraziamento per l’impegno della Chiesa italiana nell’ambito della comunicazione nazionale che si manifesta proprio attraverso Avvenire e la sua lettura – osserva il vescovo – sapiente, umile, coraggiosa e approfondita della realtà”. Monsignor Napolioni sottolinea in particolare lo stile di cui il quotidiano della Cei si fa portatore nel panorama di un’informazione che manipola e divide: “Uno stile di obiettività, che tiene vive l’attenzione su fatti spesso dimenticati e allarga il nostro sguardo sul mondo. Per un servizio – conclude il vescovo – non solo di comunicazione ma di comunione”.

E’ poi don Enrico Maggi, direttore dell’Ufficio delle Comunicazioni Sociali, a presentare il direttore Tarquinio che risponde alla sollecitazione del ruolo di Avvenire e della informazione cattolica oggi: “Siamo in un tempo di cambiamento, in cui l’informazione è pervasiva: che senso ha oggi uno strumento che organizza l’informazione, quando le notizie arrivano da ogni lato”. La domanda iniziale parte dall’osservazione di una realtà in cui sembra finito il tempo della mediazione, in cui politici e potenze economiche parlano direttamente al pubblico: “Ma fare un giornale – risponde il direttore Tarquinio – è dare un senso a un giorno di vita nel mondo: che significa non scegliere o non subire solo ciò che ci rafforza nella nostra opinione”.

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L’informazione professionale, qualificata, ha così la funzione di “pietra d’inciampo”: “Magari non cambi il tuo avviso, ma ti fa pensare”.

Noi siamo il paese che sembra raccontare solo il suo lato oscuro: “Il 54% delle notizie sono di cronaca nera. Eppure nell’oscurità di questa narrativa che distorce la nostra percezione, si può trovare uno sguardo luminoso”. E’ questa la sfida di Avvenire e di chi crede in un’informazione “a misura d’uomo”.

Portando esempi concreti (dalla sicurezza, alla famiglia, all’immigrazione, a fatti di cronaca e attualità politica…) il direttore invita a guardare la bellezza che sembra non avere spazio nei salotti televisivi: “C’è una grande rete di solidarietà in Italia – assicura – che non è un business, ma senza dubbio un grande affare per la struttura sociale del nostro Paese”.

Fare un giornale si tratta di riportare i fatti – continua Tarquinio – ma anche “leggere la filigrana che sta sotto ai fatti. Per questo noi non rinunciamo ad avere un’opinione chiara, quella che fa di noi un quotidiano di ispirazione cattolica”. Una appartenenza che non intende dividere, ma cercare una strada di unità: “I cattolici – fa notare ancora il giornalista – abitano in tutto il mondo”.

Non nasconde la fatica di fare oggi informazione, in una realtà complessa e frenetica. Ma indica anche la rotta precisa, quella ricordata da Papa Francesco “che ha invitato i giornalisti a lasciarsi dettare l’agenda dagli ultimi, dai poveri”.

Anche a costo di scegliere di stare “fuori dalla comunicazione mainstream”. Una scelta che però porta Avvenire ad essere il quarto quotidiano italiano per diffusione, e una voce autorevole nel dibattito nazionale. Una voce “schierata” dalla parte di quella che Papa Francesco ama definire “santità feriale”, che racconta la Chiesa e il mondo con un’identità precisa e uno sguardo laico: “Perché la CHiesa sia capita e conosciuta senza caricature anche da chi non ne è innamorato”.

Ma cosa vogliono i cattolici di Avvenire? Alla domanda di don Maggi, il direttore Tarquinio risponde citando un motto riportato nella gerenza del suo quotidiano: “La consapevolezza cambia il mondo”, perché – aggiunge – “quando le persone vedono le cose nella loro verità, capiscono cosa devono fare. Perché la realtà, compresa, è entrata nel loro cuore”.

Al termine dell’intervento spazio al dibattito con il pubblico in sala che ha proposto al direttore domande, osservazioni e riflessioni dettate da un condiviso affetto nei confronti del quotidiano delle nostre comunità.

 

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