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“Che cos’è l’amor?”, a Viadana un ciclo di incontri e dialoghi su affettività e sessualità

Gli oratori di Viadana promuovono “Che cos’è l’amor?”, un ciclo di incontri e dialoghi su affettività e sessualità. L’iniziativa, rivolta in particolare ai ragazzi delle scuole superiori, vedrà come relatore Giuseppe Spimpolo, docente di religione ed educatore dell’Istituto per l’educazione alla sessualità e fertilità della diocesi di Verona.

Il programma dell’iniziativa: lunedì 29 aprile, serata di presentazione per i genitori; lunedì 6 maggio, incontro sul tema “Però, che differenza! Bellezza e potenza della differenza sessuale”; lunedì 12 “La castità non è castrazione, ossia la valorizzazione del maschile e del femminile”; lunedì 20 “Guardare ma non toccare! La pornografia, mortificazione della persona umana”. Appuntamento alle ore 21 all’oratorio di San Pietro.

L’obiettivo non è di promuovere nuove crociate contro i “malcostumi” dell’epoca, ma di aprire qualche spiraglio sugli orizzonti simbolici e spirituali della sessualità umana. La decisione di avvalersi di esperti esterni, oltre che il tentativo di coinvolgere i genitori, si inseriscono nel nuovo progetto educativo degli oratori cittadini, avviato con la loro recente unificazione.




Acli, una via crucis per ricordare insieme al sacrificio sulla Croce anche quello dei morti sul lavoro

La Via crucis dei lavoratori organizzata dalle Acli cremonesi per la serata di martedì 16 aprile si è svolta lungo un tragitto di cinque stazioni, con soste presso luoghi simbolici per il mondo del lavoro: ad ogni tappa si è alternata una testimonianza del mondo del lavoro. La processione è stata guidata da don Antonio Agnelli, assistente spirituale delle Acli, affiancato da Carla Bellani, presidente provinciale. È stato un momento per riflettere, durante la Settimana Santa, sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e sullo sfruttamento dei lavoratori,  poiché per la Chiesa, come per la Costituzione italiana, il lavoro è un elemento fondamentale per la vita dell’uomo: se è vero che il lavoro genera fatica non deve provocare sofferenza.

Alcuni dei partecipanti durante il tragitto hanno indossato un indumento di colore bianco come simbolo delle morti bianche.

In Italia ogni anno ci sono più di mille decessi sul lavoro, senza considerare i morti del lavoro nero. I dati dell’Inail mostrano che anche in Lombardia le morti bianche sono molte, sia per i lavori di una volta come per i nuovi lavori come ad esempio i rider su bicicletta.

Purtroppo le imprese non sempre investono abbastanza in sicurezza, i sindacati devono sempre monitorare le situazioni e i lavoratori devono conoscere e rispettare le regole di sicurezza. In questo infelice orizzonte anche il governo ha ulteriormente tagliato più di 100 milioni di euro per la formazione, la prevenzione e i controlli Inail sui luoghi di lavoro. L’opinione pubblica però non è affatto sensibile a queste tematiche che riguardano l’esistenza di tutti quanti.

Questo momento di preghiera non è stato solo un’occasione per ricordare le vittime, i malati e i feriti sui luoghi di lavoro, insieme alle loro famiglie e amici, ma vedendo come l’uomo cade si è contemplato Dio che cade.

Ricordando il costo sociale che portano le morti bianche e gli infortuni sul lavoro è stato ribadito che non ci può essere profitto o pregresso che possa giustificare la perdita della vita umana e la sua mutilazione.

Tra le toccanti testimonianze di morti sul lavoro c’è stato anche un momento per ricordare l’esperienza della “Comunità Emmaus”: comunità nate in Francia, grazie alla volontà dell’Abbé Pierre, sono totalmente autofinanziate dalle persone che ne fanno parte, trovando occasione di riscatto tramite il loro lavoro. Già quarant’anni fa l’Abbé Pierre pensò alla riduzione dell’orario di lavoro e di come impiegare il tempo lasciato libero.

Un’altra testimonianza ha toccato il tema della presenza dell’amianto nei materiali di costruzione: respirarlo significa ammalarsi a causa delle fibrille che si staccano e anche a distanza di trent’anni possono portare ad ammalarsi di mesotelioma e dare origine a tumori. In Lombardia è censito circa un terzo dell’amianto italiano e purtroppo le previsioni per il numero di ammalati nel futuro non si possono smentire, colpendo sia lavoratori che tutto il resto della popolazione a causa dell’esposizione ambientale diffusa. Per questo è necessario ripensare anche ai modelli produttivi più rispettosi dell’ambiente prendendo ad esempio anche l’enciclica Laudato si’ di Francesco sulla cura della casa comune.

 

Questo il percorso della Via Crucis:

  1. sede Acli – Gesù è condannato dai poteri del suo tempo: presentazione del tema della via Crucis
  2. centro Ri-uso Amici di Emmaus – Gesù cade sotto il peso della croce: i morti sul lavoro oggi (con Monica Manfredini)
  3. deposito ferroviario ex Squadra Rialzo – Gesù viene inchiodato alla croce: testimonianza di chi ha perso un familiare sul lavoro (con Simona Carnesella)
  4. supermercato Penny – Gesù colpito dalla lancia: gli infortuni sul lavoro (testimonianza di Franco Berettini)
  5. sagrato chiesa di S. Bernardo – Gesù muore in croce per risorgere: quando il lavoro fa ammalare l’ambiente e la salute (con Antonio Vezzosi)
  6. chiesa di S. Bernardo – riflessioni e preghiera finale

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“Il lavoro nobilita l’uomo?”: incontro per i giovani a Viadana

“Il lavoro nobilita l’uomo?”: una riflessione sul tema si è svolta venerdì 12 aprile all’oratorio viadanese di San Pietro. All’interrogativo della serata è possibile rispondere affermativamente, secondo il relatore Giuseppe Belluzzi: «La relazione con Gesù ci insegna infatti a “stare dentro” le cose della vita. Esse sono l’occasione per fare ogni giorno il nostro piccolo capolavoro».

L’incontro si inseriva nel ciclo “Chiedimi se sono felice”, promosso da Diocesi, Federazione oratori e Azione Cattolica per proseguire nella zona pastorale V il cammino post-sinodo dei giovani. Sono intervenuti una ventina di universitari e lavoratori del territorio, oltre al vicario di Viadana don Piergiorgio Tizzi.

A raccontare la sua esperienza, un giovane di Casalmaggiore: gli studi al liceo classico e nella facoltà di Lettere, durante i quali Belluzzi ha incontrato la spiritualità di Comunione e Liberazione con la sua visione dell’impegno quotidiano nutrito dalla fede; quindi la laurea e l’assunzione in una importante industria agro-alimentare di Bologna, per la quale opera nei settori marketing e commerciale. «Durante il mio cammino – ha spiegato Belluzzi – ho sempre cercato di capire dove avrei potuto trovare la mia felicità». È stato l’incontro con un sacerdote prof di religione, e con alcuni docenti e impegni universitari, a permettergli di affrontare questo percorso con maturità sino all’inserimento nel mondo del lavoro: «Il lavoro mi rende pieno, o mi ha incastrato? Sono consapevole che la felicità vale più dei soldi? Io penso di avere imparato che il lavoro davvero nobilita l’uomo: purché si abbia uno sguardo, si stia dentro il momento che si è chiamati a vivere, si punti in alto cercando le soluzioni belle, si abbia la consapevolezza che le cose migliori possono ancora arrivare, si voglia veramente servire il prossimo, fosse anche il cliente, e si cerchi sempre di interrogare il Signore per cercare di capire quale potrebbe essere il passo successivo. Nel lavoro l’uomo può davvero crescere, trovare la sua strada, capire cosa dà significato alla sua esistenza».

Il relatore ha offerto ai presenti un paragone incentrato sulla Settimana Santa: «La Passione di Gesù è il paradigma del lavoro: un giorno siamo osannati, quello dopo crocifissi. Ma in mezzo a quelle gioie e a quei dolori c’è il nostro rapporto con la resurrezione e la salvezza».

Stimolante e approfondito il dibattito. I giovani presenti hanno proposto interrogativi e offerto riflessioni personali. Sono emerse alcune obiezioni: «Come può il lavoro nobilitare le persone sfruttate e i nuovi schiavi?». Alcuni hanno sottolineato la dimensione pubblica e comunitaria del lavoro, suggerendo di non trascurare le occasioni di crescita e formazione socio-politica, e magari di approfondire l’impegno nei sindacati e nelle associazioni di categoria.

L’audio dell’intervento

Ultimo incontro, venerdì 10 maggio a Cicognara sul tema “Si impara solo dalla sofferenza”.




Il Vescovo alla Sorem per la Messa del Primo Maggio: “Il luogo di lavoro sia un cantiere di pace” (AUDIO E GALLERY)

“Il lavoro sia espressione delle dignità dei figli di Dio”. Il vescovo Antonio ha celebrato quest’anno presso la ditta Sorem di Caravaggio l’annuale Messa diocesana del Primo Maggio, promossa dall’azienda di via Panizzardo di concerto con l’ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, la parrocchia di Caravaggio e la zona pastorale 1 della nostra diocesi.

La celebrazione, allietata dalle voci dei cantori della corale don “Domenico Vecchi”, è iniziata poco dopo le 10. Sull’altare, accanto a monsignor Napolioni, il parroco di Caravaggio don Angelo Lanzeni ed il vicario zonale don Marco Leggio. Con loro anche una dozzina di altri sacerdoti. Fra i fedeli, i sindaci di Caravaggio Claudio Bolandrini e quelli di Mozzanica Pino Fossati, di Calvenzano Fabio Ferla e di Antegnate Andrea Lanzini oltre ad esponenti dei settori dell’imprenditoria e del credito del territorio.

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A Lucia Remonti il compito di leggere il saluto iniziale al vescovo a nome della proprietà della Sorem. “La sua onorata presenza, Eccellenza – ha detto la Remonti – sia di stimolo per vivere con maggiore umanità una parte importante delle nostre vite, auspicando che tutte le realtà aziendali si impegnino a rendere più serena la vita dei lavoratori e delle loro famiglie cercando di dare sicurezza e continuità al lavoro”.

Ascolta il saluto della ditta Sorem

A nome della zona pastorale I don Mario Martinengo, parroco di Agnadello, ha rivolto un saluto ed un ringraziamento agli organizzatori e ai partecipanti a questa messa, rivolgendo poi un pensiero a coloro che sul posto di lavoro hanno perso la vita.

Ascolta il saluto di don Mario Martinengo

“Quando Gesù tornò a Nazareth per insegnare nella sinagoga – ha detto il vescovo in un passaggio della sua omelia – fu, per la gente del posto, motivo di scandalo. Non venne capito. Eppure lui si è fatto pane ed Eucaristia passando per la croce. Ecco allora il primo messaggio che voglio dare oggi: ogni uomo e donna che lavorano e che prendono sul serio la loro vita portano la propria croce. Gesù è venuto fra noi a riscattare il lavoro, perché non sia più una maledizione ma diventi espressione della dignità dei figli di Dio”.

Monsignor Napolioni ha rivolto ai fedeli presenti anche un secondo messaggio: “Che si indossi un camice oppure che si lavori in doppiopetto – ha proseguito -, occorre rivestirsi di carità per fare qualunque lavoro con amore, con dedizione, con passione e allora la pace di Cristo regnerà nei nostri cuori. Il luogo di lavoro deve essere un cantiere di pace e l’economia non deve essere una rincorsa del profitto. Solo la solidarietà che Cristo ha vissuto immergendosi nell’umanità trasforma una condizione faticosa in una benedizione”.

“Ecco perché – aggiunge prima di concludere la sua riflessione il Vescovo –  il lavoro deve rispettare le esigenze del riposo, della festa, della vita in famiglia. Non solo per tradizioni cristiane, ma per un’esigenza dell’anima”.

 

Ascolta l’omelia del Vescovo Napolioni

La funzione si è conclusa con la preghiera comunitaria a San Giuseppe Lavoratore, invocato affinché mantenga “sempre viva in tutti noi una coscienza umana e cristiana, e possiamo così lavorare nel rispetto della creazione e della vita”. Dopo la benedizione, i pastori della chiesa evangelica  Sammy Tetteh (dipendente della Sorem) ed Austin Chiemeke hanno intonato due canti rendendo ancora più gioiosa l’atmosfera di questa mattinata.

Ascolta il pensiero del vescovo Antonio dopo la preghiera dei fedeli letta da due bambini

 

Sorem Trasmissioni Meccaniche

Dall’intraprendenza di due amici operai, nel 1953, nasce una piccola impresa artigiana. L’impegno profuso in questa attività fa sì che nel tempo diventi una delle principali realtà industriali di Caravaggio.

Gradualmente ha ampliato i propri spazi produttivi, fino alla realtà attuale che utilizza 14.000 mq di area coperta, ampi spazi esterni e si avvale della collaborazione di 80 dipendenti che, per la maggior parte, sono in azienda da molto tempo e hanno contribuito e contribuiscono al raggiungimento di obiettivi prestigiosi, oltre ad altre circa 30 persone come indotto.

L’azienda ha sempre operato nel campo della meccanica e, con gradualità, è arrivata a potere effettuare tutte le lavorazioni meccaniche, anche le più complesse e di maggiore precisione, con un costante e continuo aggiornamento degli impianti, per la maggior parte eseguita da operatori specializzati, per potere stare al passo dell’evoluzione tecnico produttiva.

Ha iniziato la propria attività producendo particolari per svariati settori: motocicli, macchine agricole e qualsiasi componente che richiedesse il mercato. Dalla fine degli anni Settanta si è specializzata nella produzione di organi di trasmissioni e doppi giunti cardanici impiegati su trattori, macchine movimento terra, carrelli elevatori, carrelli aereoportuali, camion, mezzi per vigili del fuoco e protezione civile, macchine per municipalità e qualsiasi mezzo che opera fuori strada.

La clientela iniziale, locale, ha contribuito ad affinare una notevole esperienza sia tecnica che produttiva, nella produzione di tali prodotti, che forniamo come prodotto finito e pronto per l’assemblaggio in gruppi complessi quali gli assali di macchine, e che ha fatto conoscere la Sorem, dagli anni Novanta, a livello europeo.

Ora, riconosciuta tra i migliori costruttori di doppi giunti a livello globale, si propone come partner collaborativo di realtà industriali, sia di piccole dimensioni che di multinazionali del settore giungendo a una capacità produttiva che potrebbe arrivare fino a 200.000 pezzi all’anno e con la possibilità di soddisfare richieste di quantità importanti da parte di qualsiasi utilizzatore.




A Soresina nasce la polisportiva oratorio Sirino “Carlo Acutis”

L’Oratorio Sirino di Soresina ha una nuova società sportiva: la Polisportiva Oratorio Sirino “Carlo Acutis”. Questo l’annuncio dato nella Domenica delle Palme, che, da diversi decenni, per iniziativa di papa Giovanni Paolo Il, è diventata la Giornata della Gioventù.

L’atto di fondazione, però, risale all’8 aprile 2019 ed è controfirmato dai sette “Soci fondatori”, mentre lo Statuto della polisportiva è stato valutato e condiviso, il 14 febbraio scorso, dal Consiglio Pastorale Parrocchiale. “Dopo un serio percorso di elaborazione, che ha compreso significativi confronti tra alcuni genitori e allenatori sportivi con i sacerdoti e i responsabili del CSI cremonese… alla fine, la “carta costituzionale” della nuova associazione si sviluppa in 33 articoli, preceduti da alcuni irrinunciabili “principi ispiratori”. La “custodia” e la vigilanza sui quali sono affidate al Consiglio Pastorale”. Così commenta i documenti fondanti la polisportiva il parroco don Angelo Piccinelli.

Durante la Messa delle 9.30 della Domenica delle Palme è anche stato mostrato lo stendardo della polisportiva dal quale si evince l’intitolazione della stessa al giovane milanese “Carlo Acutis”, genio informatico, carattere sportivo, cristiano convinto, apostolo dell’Eucarestia, deceduto nel 2006, a quindici anni, per una leucemia fulminante, per cui è già avviata la causa di beatificazione. La scelta dell’intitolazione a Carlo Acutis – ha spiegato il parroco don Piccinelli – è emblematica, perché ci si è ispirati a un “modello, un ragazzo moderno in gambissima, un amico da proporre alle nuove generazioni che si accosteranno all’esperienza dello sport in Oratorio”.

La missione della nuova polisportiva è (e sarà), essenzialmente, di aiutare i ragazzi ed adolescenti a non sentirsi “fotocopie” di nessuno (ricordando una famosa citazione di Carlo Acutis: “Tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie”, sottinteso allontanandosi dal progetto divino), ma a sprigionare passione, valori e bellezza da tutti i pori… anche attraverso il gioco e lo sport.

La fondazione della Polisportiva Oratorio Sirino “Carlo Acutis” prosegue in quel progetto di attenzione ai ragazzi e ai giovani da parte dell’Oratorio, ma ovviamente anche della Parrocchia e della comunità cristiana, iniziato con la creazione del “Cortile dei sogni”. Solo lo scorso settembre, infatti, veniva inaugurato il “Cortile dei sogni”, ovvero una struttura di impianti sportivi multifunzionali in sostituzione del vecchio campo da calcio (ormai in terra battuta) e cortile interno dell’Oratorio (adibito per lo più a campo da basket). La struttura, realizzata grazie ad un lascito testamentario, è stata inaugurata dal vescovo Antonio Napolioni lo scorso 8 settembre 2018 con una partita di calcetto, un’amichevole sacerdoti – laici, con calcio d’inizio affidato proprio al Vescovo.

 

CONSIGLIO DIRETTIVO

Il primo Consiglio Direttivo, in attesa delle prime elezioni democratiche, sarà costituito dai sette soci fondatori con le seguenti cariche:

  • Brignoli Lauretta (Presidente)
  • Gualtieri Gianspirito (Vicepresidente)
  • Fasoli Alberto (Vicepresidente)
  • Valiati Simone (Tesoriere)
  • Cogrossi Adalberto (Segretario)
  • Grassi Giorgio (Consigliere)
  • Dolfini Paolo (Consigliere)
  • don Andrea Piana (Consulente Ecclesiastico).

 

PRINCIPI ISPIRATORI DELLO STATUTO

L’Oratorio di Soresina, espressione privilegiata della volontà e della passione educativa della Parrocchia, intende offrire una proposta sportiva integrale a fanciulli, ragazzi, adolescenti, giovani e adulti.

Nel più ampio quadro progettuale dell’Oratorio si colloca l’attività di gioco e di sport che “non è mai il fine, ma sempre il mezzo, utile e prezioso, per raggiungere gli obiettivi educativi e formativi che la Comunità si prefigge.

Al fondo dell’impegno cristiano nello sport, andrà ricercata la promozione della persona, senza alcuna strumentalizzazione, con i suoi limiti e le sue potenzialità, con i suoi ritmi e le sue incertezze” (“Che cercate? Venite e vedrete” scheda 5).

La Polisportiva Oratorio Sirino:

  • accoglie il più ampio progetto educativo dell’Oratorio e porta il proprio contributo originale al fine di conseguire, insieme a tutti gli educatori dell’Oratorio impegnati a vario titolo nello stesso, la crescita integrale di fanciulli, ragazzi, adolescenti, giovani e adulti;
  • risponde, attraverso il proprio ruolo specifico, all’unica volontà di servire le persone nei loro diversi interessi;
  • realizza, nell’autonomia operativa, ma nella condivisione progettuale ed educativa, la volontà dell’Oratorio di offrire un’attività sportiva che risponda pienamente a criteri educativi.

Le scelte maggiormente significative e la programmazione della Società saranno oggetto di condivisione e verifica con il Consiglio dell’Oratorio, di cui fa parte di diritto il Presidente o un suo rappresentante, in assoluta sintonìa con gli orientamenti del Consiglio Pastorale Parrocchiale. La Polisportiva Oratorio Sirino si pone in continuità con l’ispirazione originaria che ha generato, all’interno del Sirino, la società “U.S. D. Gilbertina” (le cui origini risalgono al 1945, quando, in memoria del giovane vicario soresinese don Gilberto

Gobbi Frattini, colpito a morte sul campo di battaglia nel compimento del suo dovere di cappellano militare

il 17 luglio 1943, venne costituita una squadra di calcio per partecipare ad un campionato aspirantistico) e che, per molti decenni, ha rappresentato “lo sport in Oratorio, secondo lo spirito dell’Oratorio, per fare Oratorio”.

Una storia che il Sirino non solo non rinnega, ma di cui è assolutamente orgoglioso. La nuova Polisportiva, tuttavia, risponde all’esigenza di un profondo rinnovamento, nello stile, nelle intenzioni e nei metodi, che restituisca all’attività sportiva in Oratorio la sua autentica ed ineludibile finalità educativa.

L’associazione è intitolata al giovane milanese Carlo Acutis, cristiano entusiasta, apostolo dell’Eucarestia, genio dell’informatica e carattere sportivo, stroncato, nel 2006, all’età di 15 anni, da una forma di leucemia fulminante: per lui è in corso il processo di beatificazione. Questa premessa fa parte integrante dello Statuto della Polisportiva Oratorio Sirino.




A Pomponesco la sacra rappresentazione sulla Passione di Cristo

È andata in scena domenica sera la sacra rappresentazione de “La passione di Cristo”. La manifestazione, organizzata da Pro Loco, Parrocchia e Comune di Pomponesco, è giunta alla 14esima edizione. Nonostante il meteo non particolarmente clemente, il pubblico è stato numeroso e partecipe.

La manifestazione è tornata dopo due anni di pausa, serviti per rilanciare l’entusiasmo, trovare nuove idee e mettere a punto un ricambio generazionale di figuranti e collaboratori: la Passione di Gesù continua evidentemente a commuovere la gente, al punto che in tanti – anche persone non particolarmente praticanti – si erano spesi per il ritorno di questa tradizione.


 

La rappresentazione ha visto scendere in pista oltre settanta figuranti, provenienti anche dai paesi limitrofi. La regia è stata curata dal 25enne Fabio Zanoni, cresciuto nello staff dapprima come comparsa e attore. A dargli una mano, Diana Grazzi. Il ruolo di Gesù Cristo è stato affidato a Weiner Dalai. In scena pure il parroco don Davide Barilli nelle vesti di Giuseppe d’Arimatea e il sindaco Pino Baruffaldi in quelle di Giuda. Il lavoro è stato coordinato da Francesco Brozzi (presidente Pro Loco). Tecnici luci e suono, Andrea Margini e Alessandro Tortella.

La manifestazione si è aperta sull’argine e si è svolta in modo itinerante tra le diverse stazioni allestite in piazza XXIII Aprile. Ogni stazione è stata accompagnata dalla lettura di testi spirituali e meditativi. Dopo la crocifissione e la deposizione, il Cristo morto è stato portato nella chiesa parrocchiale: qui la simbolica chiusura del portone per segnare la fine della rappresentazione.




La Settimana Santa per riscoprire l’identità di Cristo al di là di consuetudini e immaginazioni

Con l’Eucaristia della Domenica delle Palme, nel pomeriggio del 14 aprile in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni ha dato inizio alle celebrazioni della Settimana Santa, che culmineranno nella grande veglia pasquale di sabato 21 aprile, con il conferimento dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana ai catecumeni adulti. All’inizio della celebrazione il ricordo dell’entrata di Gesù a Gerusalemme con la benedizione dei rami di palma e di olivo, che a causa del maltempo non si è svolto nella vicina chiesa di S. Girolamo, ma direttamente in Cattedrale.

Ad accompagnare questo momento i canti del coro “Saint Michel Archange”, cui hanno fatto seguito quelli del Coro della Cattedrale.

Accanto a mons. Napolioni c’erano il vescovo emerito Dante Lafranconi, i canonici del Capitolo della Cattedrale e i seminaristi diocesani, che hanno prestato il servizio liturgico aprendo la processione.

A caratterizzare la liturgia della Parola è stata la lettura del Passio letta dai diaconi.

Nell’omelia il vescovo Napolioni ha voluto evidenziare come all’inizio delle celebrazioni della Settimana Santa abbiamo l’occasione per chiedere al Signore che cosa ha fatto per l’umanità, perché «se anche noi siamo peccatori, Lui ci rivela la sua identità, anche al di là delle nostre consuetudini e delle nostre immaginazioni: lui è un Dio nudo e risorto attraverso la crocifissione». «Un inizio – ha precisato infine il Vescovo – che è occasione per lasciarci toccare dalla Pasqua».

 

Photogallery della celebrazione




A Rivolta d’Adda la torre campanaria è tornata a suonare

Mancavano dal settembre scorso le dieci campane della chiesa parrocchiale di Santa Maria e San Sigismondo, a Rivolta d’Adda. Da quando sono state calate dalla torre campanaria che domina piazza Vittorio Emanuele II per essere portate a Coccaglio (Brescia), nel capannone della ditta “DAN De Antoni” dove sono state sistemate e tirate a lucido e dove è stato rifatto il castello che lo sorregge, non più in legno ma in acciaio zincato. Un’operazione costata circa 110.000 euro e finanziata all’80% dai fondi del meccanismo dell’8 per mille alla chiesa cattolica. La mattina di domenica 14 aprile l’inaugurazione ufficiale, con una breve cerimonia che, a causa del maltempo, si è svolta sotto i portici del municipio.

«Sono ovviamente soddisfatto – ha detto il parroco don Dennis Feudatari nel suo intervento – perché dopo un lungo periodo di pene siamo finalmente arrivati a questo momento». Lungo periodo perché se è vero che le campane sono state tolte dal campanile circa sette mesi fa, è vero anche che dalla Settimana Santa del 2016 suonavano solo “a martello”, data la precarietà delle condizioni del castello in legno.

  

Lunga la lista dei ringraziamenti fatti dal sacerdote a chi, in una maniera o nell’altra, ha contribuito al raggiungimento di questo risultato: dal Consiglio degli affari economici della parrocchia a tutti coloro che hanno dato un contributo passando per tecnici e volontari a vario titolo, senza dimenticare il vescovo Antonio Napolioni, la Curia cremonese e don Gianluca Gaiardi, responsabile dell’ufficio Beni Culturali, e la Conferenza Episcopale Italiana.

Anche Fabio Calvi, sindaco di Rivolta d’Adda, ha dato il bentornato alle campane a nome della cittadinanza. “Dopo mesi di insolito e disorientante silenzio – ha detto nel suo intervento, seguito a quello del parroco – la comunità che ho l’onore di rappresentare si ritrova oggi per dare il bentornato alle nostra campane. Mi sembra giusto e doveroso, a questo punto, fare un ringraziamento particolare a don Dennis per l’attenzione costante che da subito dopo il suo arrivo fra di noi ha dedicato al nostro paese. Ci sono mancate, le nostre belle campane, ma adesso la trepidante attesa è terminata».

Domenica mattina si è anche aperta nell’atrio del palazzo comunale una mostra illustrativa della che riporta notizie sulle dieci campane della basilica (datate 1949), sulla decisione di procedere con i lavori di sostituzione del castello e sistemazione delle campane e sullo svolgimento dei lavori stessi. Il progetto grafico di questa mostra è stato curato da Ivan Losio, ex vicesindaco, musicista, esperto di campane e già responsabile, per la parrocchia di Rivolta, del loro suono.




Nel Duomo di Casalmaggiore lettura drammatizzata della Passione

Una celebrazione della Domenica delle Palme davvero speciale quella che si è tenuta il 14 aprile nel Duomo di Casalmaggiore. Dopo la benedizione dei rami di ulivo nel cortile interno all’oratorio Maffei, cuore dell’azione liturgica è stata la lettura drammatizzata della Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo il Vangelo di san Luca, affidata dal parroco Rubagotti a un gruppo tanto inusuale quanto motivato di speciali parrocchiani.

Se lo scorso anno era stata una sacra rappresentazione della Passione tenuta all’esterno della chiesa di san Francesco ad attirare i fedeli, per l’apertura della Settimana Santa 2019 la  Commissione Evangelizzazione del Consiglio pastorale ha deciso di proporre alla comunità una lettura animata del Vangelo delle Palme, che permettesse ai presenti di sentirsi maggiormente partecipi nell’ascolto e coinvolti nella riflessione personale.

Con la collaborazione alla regia del prof. Gian Carlo Roseghini e alla lettura di giovani e meno giovani tra cui un talentuoso Sebastiano Fortugno – che ha dato voce alle parole di Cristo – si sono alternate battute individuali e parti corali, che sono state possibili grazie alla disponibilità di un gruppo eterogeneo di parrocchiani convinto che “uniti in Gesù si fanno piccole e grandi cose”. Venti minuti di “alto livello” come li ha definiti il parroco don Claudio Rubagotti al temine della Messa.

Ha contribuito alla buona riuscita della celebrazione anche la presenza della Schola Cantorum del Duomo di Casalmaggiore diretta dal maestro Eugenio Negri.




Mons. Pergo: «Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo» (AUDIO)

Una lezione di fede, di impegno, di storia, di attualità, di vita. Questa la sintesi dell’appassionato intervento di mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio originario di Vailate in occasione dell’ultimo dei Quaresimali proposto dalla Parrocchia di Soresina, nella serata di giovedì 11 aprile. Mons. Perego, già direttore nazionale di Fondazione Migrantes dopo essere stato alla guida di Caritas Cremonese, ha trattato il tema della santità e dell’impegno sociale e, in particolare, dello loro stretto legame.

«Esiste uno stretto legame tra la fede e la vita – ha sottolineato l’arcivescovo -. Infatti, un uomo spirituale può essere molto sociale. E la Chiesa non è qualcosa di distinto rispetto alla città, perché vive nella città. Dunque la Chiesa ha il dovere di essere sociale e di contribuire alla formazione della politica: non per sostituirsi ad essa, ma per inserirsi in essa così da aiutarla ad essere concreta e a prosperare. Perché non basta il pensiero, ma come questo pensiero si traduce nei fatti e nelle opere».

Nel suo intervento, mons. Perego ha ricordato come il sociale sia molto presente nel magistero di papa Francesco. Ma ha richiamato anche numerose altre esortazioni, perché i Papi e la Chiesa si sono sempre occupati del sociale. In modo diverso, a seconda delle necessità dei tempi, ma sempre con un filo conduttore comune: l’attenzione e la difesa dei più deboli e dei più poveri.

L’arcivescovo di Ferrara Comacchio ha ricordato come nel tempo cambino le povertà e i poveri, e dunque anche le modalità dell’impegno sociale. Così l’attenzione è stata rivolta alle prostitute dopo la chiusura delle “case chiuse”, ai malati di mente dopo l’abolizione dei manicomi, agli anziani soli, ai lavoratori sfruttati, ai tossicodipendenti, ai carcerati, alle famiglie nel tempo della crisi.

Mons. Perego ha aperto quindi un’ampia parentesi sulla nuova povertà di oggi, quella dei migranti. Riflettendo anche sulle diverse posizioni che spaccano anche la Chiesa. Papa Francesco è stato però perentorio, come ha sottolineato l’arcivescovo: «Spesso si sente dire che la situazione dei migranti è un tema marginale. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto a quello “serio” della bioetica. Che dica cose simili un politico lo si può comprendere, ma non un cristiano! La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, mentre altri guardano solo da fuori». E al riguardo, mons. Perego ha voluto ricordare che gli italiani sono un popolo di emigranti, facendo riferimento anche all’opera, ancora oggi attualissima, del vescovo Geremia Bonomelli, i cui ideali che si sposano con l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate.

Mons. Perego ha ribadito anche l’importanza dell’impegno sociale quale via per la santità e che «una città che si chiude, e non genera vita, muore». Ecco perché è fondamentale non dimenticare quello che Papa Francesco chiede ai cattolici: accoglienza, tutela, promozione, integrazione. “A volte – ha detto ancora Perego – siamo schiavi delle nostre paure: ciò che si condivide si moltiplica, invece abbiamo il timore che donare ci tolga qualcosa”.

Ascolta l’audio della serata

La serata si è quindi conclusa con un momento di dialogo e confronto con l’assemblea.