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Il “libera matti” domenica all’oratorio di Cavatigozzi

Nella mattinata di domenica 2 giugno, dalle 10.30, infatti, all’oratorio di Cavatigozzi, a Cremona, ci sarà la testimonianza di un uomo straordinario: Grégoire Ahongbonon, che da oltre trent’anni libera dalle catene, cura e reintegra migliaia di persone con disagi psichici in Africa.

Laggiù – in un momento storico in cui dire “Africa” ricorda solo quelle centinaia di vite sballottate sui barconi nel Mediterraneo – c’è tanta gente che soffre abbandonata e in solitudine. Perché? Perché in certi Paesi africani chi è “matto” viene considerato posseduto, secondo la mentalità vudù, e quindi portatore di sventura. Non è raro quindi che uomini, donne e bambini (spesso questi ultimi malati magari di epilessia) siano espulsi dal villaggio e incatenati alla radice di un albero in prossimità della foresta. Se le privazioni non li uccidono, invecchiano in solitudine, immobilizzati a terra tra gli escrementi. Altri ancora vagano persi e senza cure nelle grandi città.

È a queste creature che Grégoire ha dedicato la sua vita in Costa d’ Avorio, dove è emigrato, e in Benin, dove è nato. Riscatta il malato attraverso contrattazioni con i capi villaggio e una volta raggiunto l’accordo gli si avvicina, gli parla, rompe personalmente le catene di ferro o i ceppi di legno a cui è legato. Libera il posseduto, lo lava, gli taglia i capelli, lo veste con abiti nuovi e lo porta con sé nei suoi centri di accoglienza, dedicati a san Camillo de Lellis.

Pur non essendo laureato in medicina o psichiatra, ma un semplice meccanico, Grégoire Ahongbonon ha compiuto un piccolo grande miracolo in Costa d’Avorio, Benin, Togo e Burkina Faso: sono oltre 100.000 le persone curate in questi tre decenni. ​E lui non intende fermarsi perché “fino a quando ci saranno un uomo o una donna incatenati, tutta l’umanità sarà incatenata”. A sostenerlo, ripete sempre, è la fede in Dio. “Una fede che spezza le catene molto più di quanto non possa fare io con le mie sole forze”.

È grazie a una giovane psicoterapeuta cremonese, Anna Ferragni, se Gregoire domenica sarà qui: è lei ad averlo incontrato “casualmente”, decidendo, affascinata dal suo metodo di lavoro, di partire per un’esperienza di volontariato in Benin.

Domenica al termine della testimonianza ci si potrà fermare per un buffet insieme, ulteriore occasione per porre domande a questo “libera matti” oggi considerato “il Basaglia d’Africa”.

Locandina dell’incontro




Santuario della Misericordia, mercoledì notte in fiamme l’organo elettrico accanto all’altare

Il termine delle celebrazioni per il 508° anniversario delle apparizioni della Madonna della Misericordia a Castelleone ha portato una brutta sorpresa per tutta la comunità. La mattina di mercoledì 15 maggio, infatti, don Renato Onida, custode del Santuario, aprendo le porte della chiesa è stato investito da una nuvola di fumo nero e da un acre odore di bruciato. Superato l’iniziale spavento, si è potuto constatare che nella notte vi era stato un incendio, partito con ogni probabilità dalle candele e dai ceri di due portacandele posizionati lateralmente all’altare.

Le celebrazioni che si sono svolte nella ricorrenza delle apparizioni hanno visto aumentare notevolmente, secondo la consuetudine, il numero delle candele votive accese dai fedeli in segno di devozione verso Maria. Proprio le fiamme delle candele avrebbero coinvolto nella combustione anche l’organo elettrico che si trovava vicino ai portacandele, dal momento che l’organo Serassi è in restauro e quindi al momento inutilizzabile.

L’edificio del santuario non ha riportato danni, ma è necessario ripulire il pavimento, le pareti e la volta dalla fuliggine che vi si è depositata.

Dopo il sopralluogo dell’incaricato diocesano dei Beni culturali ecclesiastici, don Gianluca Gaiardi, nella mattina di giovedì 16 maggio, sono iniziate le operazioni di pulizia con l’obiettivo di riaprire la chiesa ai fedeli nel più breve tempo possibile.

Successivamente si penserà ad alcune soluzioni che possano permettere ai fedeli di manifestare la loro devozione a Maria accendendo ceri e candele, nella piena sicurezza dell’edificio sacro.




Chiedimi se sono felice, conclusione con la testimonianza sul “ragazzo farfalla”

Si è concluso nei giorni scorsi, all’oratorio di Cicognara, il ciclo di incontri “Chiedimi se sono felice”. Promossa da Diocesi, Federazione Oratori Cremonesi e Azione Cattolica, e destinata ai giovani della Zona pastorale quinta. L’iniziativa puntava a rafforzare il gruppo, consolidando sul territorio l’entusiasmo nato coi lavori del Sinodo dei giovani.

La serata di Cicognara si è incentrata sul tema “Pàthei màthos: si impara solo dalla sofferenza”. A portare la loro testimonianza, Giuliano e Cesare, rispettivamente papà e zio di Riccardo Visioli, il “ragazzo farfalla”. Residente con la famiglia a Vicomoscano di Casalmaggiore, Riccardo era affetto sin dalla nascita da due gravi malattie genetiche, la sindrome di Marfan e l’epidermolisi bollosa distrofica. Nonostante la sua condizione di generale fragilità, la necessità di sostenere cure pesanti e la morte prematura della mamma, il ragazzo non aveva mai perso il sorriso, oltre alla voglia di studiare (dopo il liceo classico, si era iscritto a Lettere classiche a Bologna) e di lottare per i suoi sogni. Il decesso era sopravvenuto il 24 aprile 2018, a vent’anni d’età, a seguito di una infezione.

Giuliano e Cesare, parlando con i giovani della Zona V, non hanno nascosto quanto la sofferenza faccia male: ancora, a distanza di tempo, la voce si spezza loro nel ricordare certe situazioni. «Ma Riccardo – hanno assicurato – non voleva far sapere ai suoi cari il dolore che provava. Aveva un grandissimo spirito; e se gli capitava di lamentarsi, dopo un attimo si mostrava già tranquillo e sereno».

“Io sono fortunato – aveva scritto lui stesso – ad avere queste malattie, perché ho girato tutta Italia e conosciuto tantissime persone”. Avrebbe voluto fare l’insegnante: ha comunque lasciato un segno nelle persone che hanno avuto a che fare con lui.

Con la testimonianza dei Visioli, si è chiusa un’iniziativa reputata molto interessante e formativa da tutti i partecipanti. Ma le opportunità per i giovani del territorio non finiscono: è già possibile. infatti, aderire ad alcune proposte per l’estate (un pellegrinaggio a Lourdes dal 4 al 9 agosto, e un pellegrinaggio a Roma sulla via Francigena dal 5 all’11 agosto).

Ascolta l’audio della serata




La vita di coppia alla luce del Vangelo con Elsa Belotti (AUDIO)

Si è svolto sabato 11 maggio l’ultimo incontro del ciclo “Testimoni” organizzato dall’oratorio di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara. Ospite della serata la terapeuta Elsa Belotti che ha condotto un intervento dal titolo “Pillole di vita per la coppia cristiana”.

Con il suo approccio scientifico basato sull’evidenza, la Belotti ha raccontato le difficoltà che gli sposi possono incontrare durante la loro vita coniugale e ha cercato di dare delle chiavi di lettura di quelli che sono i problemi più comuni, partendo, come è solita fare, dalla parola del Vangelo: “Vangelo e psicologia non sono mai in contraddizione in quanto la prima persona che ha studiato l’animo umano è Gesù Cristo”.

Ascolta l’audio della serata

Il discorso è ruotato attorno a tre parole-chiave, come piccoli petali di una sola margherita: perdono, volersi bene, consapevolezza.

“ Il tradimento – descritto dalla dott.ssa come una delle principali motivazioni di crisi coniugale – non è la causa di una separazione ma la conseguenza di una separazione già in atto”. Pertanto, di fronte a certi atteggiamenti che rompono e disuniscono, la soluzione può essere perdonare l’altro, apprezzando “quello che l’altro ci dà come ce lo sa dare”.

Anche in questo caso è il Vangelo che ci viene in soccorso: “Ama il prossimo tuo come te stesso” significa necessariamente in un rapporto coniugale amare il proprio sposo o la propria sposa come si è in grado di amare se stesso. Quindi imparare a volersi bene è la chiave per voler bene anche all’altro. Eppure, anche il bene non è sufficiente se non è accompagnato da una profonda dose di consapevolezza. “Se ci sposiamo per essere felici non lo saremo mai. Solo le persone sagge sono persone felici”.

E la saggezza nel matrimonio risiede nel riconoscere i limiti propri e dell’altro e nell’accettare i momenti in cui veniamo delusi e in cui soffriamo. Perché attraverso questa sofferenza possiamo raggiungere la saggezza, che ci rende felici. E la prima forma di saggezza, per la dott.ssa Belotti, prevede di lasciare il padre e la madre, che invece troppo spesso interferiscono, direttamente o indirettamente, nella vita di coppia. Ancora una volta, secondo la Parola: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola”.

 

 

 

 




«Scelgo l’amore… quello vero”. testimonianza dei coniugi Lacchini a Casalbuttano

Domenica 5 maggio all’oratorio di Casalbuttano si è svolto l’ultimo incontro del percorso “Chosen” dedicato al tema della scelta, organizzato dalla pastorale giovanile della zona II. Ospiti dell’appuntamento sono stati i coniugi Pietro Lacchini ed Elena Andrusiani, che con semplicità ma anche molta profondità, hanno affrontato il tema “Scelgo l’amore quello vero – non voi avete scelto me, ma io voi”.

Alle ore 18.00 è iniziato il momento di preghiera, presieduto da don Davide Pezzali, a cui è seguita la riflessione dei coniugi. Centro della testimonianza è stato il concetto di amore, “che non è un sentimento, ma una scelta”, raccontato attraverso le intense esperienze personali di Elena e Pietro.

Entrambi alla ricerca di “un di più”, negli anni adolescenziali e giovanili hanno dovuto fare i conti con le conseguenze di relazioni sofferte e talvolta legate eccessivamente alla sfera sessuale, esperienze che hanno marchiato a fuoco la loro vita. In quel periodo erano distanti dalla chiesa ed è stata la necessità di un cambiamento a portarli a riscoprire il valore della comunità e ad incontrare Gesù. Sia Pietro che Elena ricordano il giorno esatto di questo incontro.

La loro conoscenza è avvenuta durante un evento di evangelizzazione. La relazione nel tempo è cresciuta e maturata, fino a portare i due ragazzi a decidere di vivere il fidanzamento nella castità “in questo modo – spiega Elena – si scoprono vari e altri modi di trasmettere affetto… questa è la prima vera scelta che abbiamo fatto insieme”. Castità quindi vissuta non come un divieto, ma come tempo per conoscersi maggiormente, tempo di approfondimento, tempo di libertà.

“Elena mi ha fatto sbocciare e mi ha fatto vedere qualcosa di buono per la mia vita e la nostra vita insieme” e, continua Pietro “la scelta del matrimonio fa venire le vertigini, però… è tanta roba” e conclude “Non è il bisogno che ci fa stare insieme, ma la scelta di amarci. Occorre sempre ricordare questo: due persone che si amano devono stare in piedi da sole, e camminare insieme. Non dimenticate che il matrimonio per prima cosa è una scelta”.

Il racconto della loro storia è stato arricchito da divertenti aneddoti, come la richiesta di matrimonio fatta da Pietro ad Elena, avvenuta nel bel mezzo di un temporale con lui inginocchiato in una pozzanghera.

La serata è poi proseguita con i lavori di gruppo, al termine dei quali è stato donato ai relatori un cesto di prodotti gastronomici come segno di ringraziamento.

Prima di concludere la serata i coniugi Lacchini hanno però voluto lasciare ai ragazzi presenti un’immagine legata alle priorità della vita, con particolare riferimento al matrimonio: “ragazzi, pensate di avere dei sassi grandi, dei sassi medi e la sabbia. La granulosità è proporzionale alle priorità: quelli grandi rappresentano le cose più importanti, la sabbia ciò che è superfluo. Se nella scatola della vostra vita voi mettete prima la sabbia, i sassi grandi non ci staranno più, mentre se prima inserite i sassi più grossi, poi quelli medi e poi la sabbia, tutto ci starà a meraviglia. Pensateci.”

A seguire i giovani presenti hanno condiviso una cena in gran parte offerta dall’oratorio di Casalbuttano.




La peregrinatio delle reliquie di Santa Teresa di Lisieux verso la conclusione

Le reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino (Thérèse di Lisieux, 1873-’97, patrona di Francia e dei missionari, la più giovane “dottore” della Chiesa) e dei suoi genitori, i santi coniugi Louis (1823-’94) e Zélie (1831-’77) Martin, saranno in pellegrinaggio nel Viadanese dal 10 al 12 maggio. In programma momenti di preghiera e concerti-meditazione: un’occasione per riflettere sui temi dell’amore cristiano, della fiducia e dell’abbandono a Dio. Con la tappa a San Matteo delle Chiaviche e Dosolo, si chiude la “peregrinatio” delle sante reliquie nella diocesi di Cremona (partita il 25 aprile da Mozzanica).

La Messa di accoglienza sarà venerdì 10 maggio alle 20.30 a San Matteo, e sarà celebrata dal vescovo di Mantova mons. Marco Busca. Le reliquie saranno accolte presso la cappella della Madonna dei Correggioli (una santella nella golena del fiume Po), da dove partirà la processione verso la chiesa parrocchiale.

Il programma di sabato: alle 8, 11 e 18 momenti di preghiera; alle 18.30 la messa; alle 21 il concerto-meditazione col coro San Facio di Cremona. Ultima messa domenica mattina alle 9.30; quindi le reliquie si sposteranno a Dosolo. Qui la messa solenne sarà alle 11, mentre nel pomeriggio (ore 17.30) sarà possibile ascoltare testimonianze missionarie.




Viadana: giovedì sera commedia con i Natistanki

I Natistanki, gruppo teatrale dell’oratorio viadanese del Castello, tornano in scena. Appuntamento giovedì 16 maggio alle ore 21 al Teatro Vittoria di Viadana (ingresso offerta libera): in scena “Che succede a Villa Rochester?”, commedia brillante in tre atti.

La pièce si svolge in una sinistra villa vittoriana popolata da fantasmi e da persone che affermano di averli visti: sarà insomma una serata all’insegna dei brividi e del divertimento.

I Natistanki – attivi ormai da una decina d’anni, al ritmo di una nuova produzione l’anno – si sono costituiti in seno all’oratorio con l’obiettivo di creare opportunità di socializzazione, di impegno creativo e di divertimento per i giovani dell’età post-diploma.

Locandina dello spettacolo




Don Luisito Bianchi, operaio della gratuità (FOTO E AUDIO)

Tratteggiare la figura di don Luisito Bianchi, sacerdote  scrittore, insegnante e traduttore, prete-operaio e poeta non è facile. Ci hanno provato nel pomeriggio di sabato 4 maggio a Cremona alcuni relatori d’eccezione, presenti a Cascina Moreni per il seguitissimo convegno “Il profilo profetico di don Luisito Bianchi”, coordinato dal direttore del quotidiano “La Provincia” Marco Bencivenga e introdotto da Angelo Baronio, coordinatore scientifico di Fondazione Dominato Leonense. Presente anche il vescovo Antonio Napolioni.

Il carismatico sacerdote cremonese è noto soprattutto per il suo capolavoro “La messa dell’uomo disarmato” – romanzo cristiano sulla Resistenza – e per le sue prese di posizione per una Chiesa povera accanto ai poveri.

Dopo la morte avvenuta nel 2012 la famiglia, gli amici di Vescovato (suo paese natale) e dell’abbazia Viboldone (Milano), dove visse per anni come cappellano, la Fondazione Dominato Leonense e Cassa Padana hanno posto le basi per un centro culturale a lui intitolato. Si chiamerà Casa Doreàn, il nome che don Luisito dette a un cane trovatello poi donato a una comunità. Doreàn, che significa gratuitamente, in gratuità, è anche il nome che identifica l’esistenza e il ministero di questo uomo eccezionale.

“Eccezionale ma non catalogabile”, come ha ben spiegato don Luigi Maria Epicoco, teologo, scrittore e docente di filosofia alla Pontificia Università Lateranense.  “C’è una frase del Vangelo che dice che una lampada viene accesa non per essere nascosta, ma per essere posta in alto perché illumini tutta la stanza. E noi oggi dobbiamo non solo riconoscere la luce di don Luisito, ma metterlo in alto per far sì che la sua luce sia condivisa con gli altri. Perché ha ancora moltissimo da dire”. Il giovane teologo si sofferma sull’incontro – particolarissimo – tra la figura di questo prete-operaio e Luigi Pettinati, storico direttore della Cassa Padana. Due mondi che sembrerebbero inconciliabili si incontrano. “Un po’ come accadde quando 800 anni prima, un certo Francesco di Assisi si recò a Il Cairo per incontrare il Sultano”. Un’infinita distanza colmata da un uomo che sapeva di andare a morire e invece riuscì in un dialogo e tornò a casa vivo e più ricco di prima. Ed e quello che è successo nella vita di don Luisito. “Di lui dicono che fu prete, poeta, teologo, lavoratore… ma tutte queste categorie non racchiudono il mistero di quest’uomo profondamente originale. Viviamo in un tempo in cui per essere accettati dobbiamo sempre assomigliare e muoverci dentro confini precisi mentre lui ha abitato il confine, la periferia. La storia della chiesa e di tutta l’umanità è fatta da persone così. Don Luisito è un mistero: c’è in lui qualcosa che sfugge sempre. È un originale, un uomo la cui vita è destabilizzante, messa come pietra di inciampo perché susciti domande in tutti noi ancora oggi. C’è però un rischio: quando incontriamo persone così tendiamo a odiarle o a canonizzarle, senza ricordare che certe contraddizioni sono proprie del carattere. Perché  quando la grazia di Dio entra in una persona la lascia profondamente se stessa. Come il roveto ardente: brucia ma non consuma le radici. E lui è stato bruciato e toccato da qualcosa più grande di lui che lo ha reso più se stesso”. Epicoco ha poi centrato il suo intervento su due aspetti che hanno caratterizzato la vita di don Bianchi: profezia e gratuità.

“Don Luisito era un profeta perché vedeva l’essenziale. Vedeva cioè quello che è sempre valido e sempre vero, aldilà dei condizionamenti. Il Vangelo del resto è sempre fuori moda, non sposa la logica del mondo e per questo è profetico e fastidioso. Ma quando uno trova l’essenziale non ha più paura e non esiste più destra o sinistra perché tutto è fisso lì. Noi abbiamo bisogno di profeti che ci ricordino che cosa è essenziale, che ci aiutino a fissare lo sguardo su ciò che non passa. L’altro punto nodale – ha chiosato Epicoco – è la gratuità. Don Bianchi ha studiato a fondo per mostrare come quello che aveva intuito è vero nella storia, nel magistero della Chiesa, nella filosofia, nella Sacra scrittura. “Eppure non ci troviamo di fronte a un uomo ideologico. Nell’ideologia le cose funzionano con grandi idee che logicamente funzionano, ma che perdono di vista la realtà. Realtà che è fatta di imprevisti che sfuggono alla logica. In lui non c’è ideologia, non era un prete schierato, perché  ha contrapposto all’ideologia la testimonianza, ossia sforzarsi di vivere ciò che tu pensi essere vero. Ha sempre difeso ciò che vedeva nella realtà”. Come? Con gratuità. Una gratuità – ha spiegato Epicoco – che non è altro che “amore a fondo perduto”. Cioè un amore che accade senza motivo, come Cristo ha amato e ama l’uomo sempre. Senza merito e senza interesse, come dimostra l’evangelica storia di Zaccheo evocata dal teologo aquilano. “Don Luisito aveva capito che la gratuità è amare senza pretesa, e questo vale anche nell’amicizia. Nella gratuità c’è il riflesso di un Dio che non è impaurito da chi non lo conosce. Noi dobbiamo diventare riflesso di un amore così”. Per Epicoco il contrario della gratuità è un amore invece interessato, che ha bisogno di denaro o ricatti morali per esistere. Ma questo tipo di “bene” denota solo una grande mancanza di fede. “Chi  ha fede sa che Dio sa tutto di noi, ci conosce nel profondo e non si perde un istante della nostra vita. La logica della provvidenza è quella di chi si abbandona non perché è sprovveduto ma perché ha fede. Come accadde per don Luisito. Tutta la sua opera ci mette drammaticamente davanti a una domanda di fede: tu credi? Io credo che la sua opera e tutta la sua vita possono essere onorati solo se diventano una sfida personale, se quello che lui ha detto è così vero da essere tradotto in un vissuto. E tenere viva la sua memoria non è fare attività museale, ma non far spegnere il fuoco. Un fuoco che scalda e illumina. E che bruci quello che non serve”.

L’intervento di don Luigi Epicoco

Dopo l’applauditissimo intervento, l’incontro è proseguito con gli interventi di Massimo Tedeschi, saggista e giornalista del Corriere della Sera, e Franco Aliprandi, segretario di Fondazione Dominato Leonense.

Tedeschi ha incentrato il suo intervento su quello che è forse l’opera più conosciuta di don Bianchi, “La messa dell’uomo disarmato”. “Nel 1989 – dopo una profonda revisione da parte dell’autore – venne pubblicata la prima versione di questo straordinario romanzo. Il libro, corposo (circa 700 pagine) inizia così a diffondersi “da mano a mano, da amicizia ad amicizia” fino a divenire conosciuto al grande pubblico. “Questo libro è un romanzo sulla moralità della Resistenza”, spiega Tedeschi, che sottolinea come tutta l’opera del sacerdote cremonese si muova nel solco di una continua ricerca di senso, senza però alcun imprinting ideologico. “Fu prete operaio, ma senza abbracciare l’ideologia marxista come accadde per altri. Stava dalla parte dei lavoratori, ma per una scelta di fede. Anche tutto il tema della Resistenza viene vissuto in maniera profonda, tanto che don Luisito la nomina sempre come “il grande avvenimento”. Tre – ricorda il giornalista – sono le parole chiave attorno a cui ruota il romanzo: la Parola, i morti e la memoria. “Questo è un grande libro di spiritualità, in fondo. Come dimostrano le righe straordinarie in cui descrive la fine del fascismo: il soffio della storia che vedeva cadere gli idoli, ma quel soffio era Dio”.

L’intervento di Massimo Tedeschi

A chiudere il convegno è stato Aliprandi, che ha documentato il vasto lavoro di ricerca e digitalizzazione di tutta la produzione (musica, scritti, “omelie vagabonde”, registrazioni) di don Luisito e l’attuale progetto di Casa Doreàn. Il Comitato del “Fondo Luisito Bianchi”, costituito il 23 gennaio 2013 in seno alla Fondazione Dominato Leonense di Leno sta infatti portando avanti la ricostruzione della casa natale di don Luisito, come ha documentato agli astanti l’architetto autore del progetto. La casa diventerà il luogo dove custodire l’immenso patrimonio librario, epistolare, letterario e musicale del sacerdote cremonese con un piano della struttura che invece potrà essere dedicato a bisognosi o studiosi che chiedano di soggiornare il tempo necessario per le loro ricerche d’archivio.

L’intervento di Franco Aliprandi

Al convegno – conclusosi con il saluto del sindaco Gianluca Galimberti – hanno partecipato con brevi ringraziamenti anche la nipote di don Luisito, Licia Rivoltini, Vittorio  Biemmi (presidente di Cassa Padana), Natalino Stringhini (vice-presidente nazionale Acli) e Davide Viola, presidente della Provincia di Cremona.

 

Photogallery del convegno

 

Don Luisito Bianchi

Uomo appassionato, testimone fedele del passo del Vangelo di Matteo “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Un tema, quello della gratuità, al centro della propria esperienza umana e snocciolato in tutti i suoi scritti, dai diari alle poesie, dalla narrativa ai testi della memoria.

Ordinato sacerdote nel 1950, Luisito era molto legato alla sua terra cremonese, in particolare a quel “grumolo di terra e di case, nel cuore della Grande Pianura, dallo scanzonato e solenne nome di Vescovato”. Nella scelta di farsi prete, prese ispirazione dalla testimonianza di vita di un altro grande sacerdote cremonese, don Primo Mazzolari.

Un uomo eccezionale Luisito Bianchi, che tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta scelse di diventare uno dei primi preti-operai, lavorando dapprima in fabbrica, alla Montecatini di Spinetta Marengo, e poi come inserviente presso l’Ospedale Galeazzi di Milano. Sono di quegli anni alcune delle sue opere più mature, tra cui il capolavoro di narrativa moderna “La messa dell’uomo disarmato”, romanzo sulla resistenza nato da una profonda riflessione di Luisito sul senso della sua vita.

A sette anni dalla sua scomparsa, i semi d’amore gettati da Luisito Bianchi iniziano a portare i primi frutti. La sua casa natale, su desiderio dello stesso Luisito, sta diventando Casa Doreàn (casa della gratuità): dopo la donazione dell’abitazione fatta dagli eredi, Fondazione Dominato Leonense sta procedendo, in collaborazione con il Fondo Luisito Bianchi, all’attività di ristrutturazione dello stabile. Da questa ristrutturazione avrà origine un centro aperto a tutti, che nei prossimi anni custodirà l’immenso patrimonio librario, epistolare, letterario e musicale di Luisito.

Scheda di approfondimento del progetto don Luisito Bianchi




Madonna della Misericordia, a Castelleone iniziata la novena

Per la celebrazione del 508° anniversario delle apparizioni della Madonna della Misericordia alla veggente Domenica Zanenga, la parrocchia di Castelleone ha iniziato martedì 2 maggio la novena che durerà fino al 10 maggio e che prevede ogni giorno una Messa alle 6.30 e una alle 21. La celebrazione eucaristica serale è dedicata in modo particolare alle famiglie: infatti i diversi gruppi catecumenali avranno il compito di rendere più partecipata e coinvolgente la celebrazione.

Sabato 11 maggio, giorno anniversario della prima delle apparizioni, il programma delle celebrazioni prevede alle 9.30, dopo un momento di preghiera nella chiesa parrocchiale, la processione verso il Santuario alla presenza del vescovo Antonio Napolioni. Sarà lo stesso Vescovo che alle 11 presiederà la Messa solenne, concelebrata dai sacerdoti nativi e da quanti in Castelleone hanno svolto il loro ministero.

La giornata proseguirà alle 15.30 il Rosario con benedizione eucaristica; alle 17 vespro, con adorazione e benedizione eucaristica. Alle 19 Messa presieduta dal parroco, don Giambattista Piacentini.

Nei giorni seguenti si succederanno altre celebrazioni: domenica 12 maggio, alle 10, Messa per anniversari dei matrimoni (25°/40°/50°/60°) e alle 16, benedizione bambini; lunedì 13 maggio, alle 16 celebrazione per gli ammalati e gli anziani, mentre alle 21 sarà celebrata la Messa con benedizione degli automezzi e dei veicoli; martedì 14 maggio, alle 21, processione aux flambeaux da piazza Fondulo al Santuario, canto del Te Deum e benedizione eucaristica; mercoledì 15 maggio, alle 17, sarà celebrata una Messa di suffragio in memoria dei benefattori defunti.

Le celebrazione per le apparizioni della Madonna della Misericordia coinvolgono anche le parrocchie circonvicine con i loro pellegrinaggi: hanno iniziato Gombito, San Latino, Formigara, Cornaleto e San Bassano mercoledì 1° maggio, proseguirà Trigolo domenica 5 maggio e chiuderà Corte Madama domenica 12 maggio.

Durante l’intero mese di maggio nei diversi quartieri e nelle frazioni di Castelleone si reciterà il Rosario e venerdì 31 maggio, alle 21, processione da piazza Fondulo al Santuario a conclusione del mese mariano.

 

Le apparizioni della Vergine

Nei giorni 11, 12, 13 e 14 maggio del 1511, la Madonna, presentatasi come Madre della Misericordia, apparve alla veggente Domenica Zanenga chiedendo che si digiunasse per alcuni giorni, che si facesse penitenza dei peccati, che si pregasse Dio, chiedendo perdono del male compiuto, che si rispettasse il riposo festivo e che si costruisse una chiesa chiamandola S. Maria della Misericordia.

Queste le parole della Vergine: «Alzati, Domenica, non temere! Io sono la Madre di misericordia. Tutti preghino Dio e facciano penitenza dei loro peccati. Troppo è offeso il Signore. Assicura tutti che io non mancherò mai di intercedere per i peccatori pentiti e di ottenere per loro perdono e misericordia. Si facciano pubbliche preghiere e rigorosi digiuni nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato. Siano santificati e non profanati i giorni di festa. È mio desiderio che si costruisca in questo luogo una chiesa e sia chiamata Santa Maria della Misericordia».

 

La storia del Santuario

Nel 1513 iniziarono i lavori per la costruzione del santuario, su disegno di Agostino de Fondulis. Il tiburio fu ultimato nel 1525 e il campanile nel 1575. La statua della Madonna fu scolpita dallo scultore Giovanni Paolo Maltempo nel 1560, e solo recentemente è riapparsa nella sua semplice bellezza, complice il restauro del ricco e sontuoso abito ottocentesco. Diverse e importanti le opere d’arte conservate al suo interno, come varie sono state le vicende religiose e architettoniche del santuario, se ne ricordano due: nel 1866 l’incoronazione della statua della Beata Vergine della Misericordia (evento ricordato alla seconda domenica di settembre) e l’allungamento di una campata della chiesa nel 1910.




Le reliquie dei S. Teresa di Lisieux e dei genitori a Casalmaggiore aprono la “Festa della famiglia”

Avrà inizio mercoledì 8 maggio la “Festa della famiglia” delle Parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo in Casalmaggiore. Appuntamento importante nella vita della comunità, la festa venne introdotta da don Marco Tizzi negli anni ’80 e, dopo una pausa durata alcuni anni, venne reintrodotta con l’arrivo di don Marco Notarangelo, vicario parrocchiale responsabile anche del Gruppo famiglie.

Proprio al Gruppo famiglie don Marco ha affidato il compito di pensare, stilare e realizzare un programma fatto di momenti di riflessione, ma anche di svago, divertimento, cucina, spazi riservati ai bambini, cinema  e spettacoli per grandi e piccini. Il senso della festa è sperimentare il valore della famiglia quale luogo originario del privato e del pubblico, quale momento di nascita e crescita della prima micro-società con la quale ogni essere umano, a qualsiasi latitudine, si trova a dover fare i conti. Fondamento della società e della Chiesa stessa.

Interessanti gli spunti di riflessione sul tema della famiglia oggi, ma anche di apertura al territorio e alla Diocesi. In questo senso, da lunedì 6 a venerdì 10 maggio, saranno accolte nel Duomo di Santo Stefano in Casalmaggiore le reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino e dei suoi genitori, i coniugi Luigi e Zelia Martin, anch’essi canonizzati dalla Chiesa.

Data la volontà degli organizzatori di far coincidere la festa con il loro arrivo in città, a significare che dall’esempio di questa Santa famiglia si può ancora imparare, la festa è stata anticipata al mese di maggio (quando da tradizione si tiene a giugno). L’inaugurazione è prevista mercoledì 8 alle ore 21 in Duomo con la Veglia di preghiera condotta dal parroco don Rubagotti e da padre Sangalli, dei Carmelitani Scalzi e postulatore della causa per la canonizzazione dei coniugi Martin. Lo stesso padre Sangalli terrà un incontro il 9 maggio alle ore 21 in Duomo.

È dovuta invece alla collaborazione con La città dei bambini iniziativa, alla sua quarta edizione, organizzata dal Comitato Slow Town e FIAB Oglio Po, la partecipazione a “In lupo fabula, chi ha paura del lupo”, spettacolo di fiabe con i Casalmattori che si terrà sabato 11 alle ore 16 in via Baldesio. Per i bambini spazio alla fantasia anche venerdì 10 alle ore 21 quando verrà proiettato un film adatto a loro (per poter lasciare i genitori alla visione di “Fire Proof”) e domenica pomeriggio alle ore 18.30 con lo spettacolo “Aladdin”. Tutte le iniziative per bambini vedranno la presenza di educatori per la dovuta assistenza.

Ogni sera cena e spettacoli sono previsti sul piazzale antistante il Duomo, per aprirsi alla cittadinanza e vivere ancora di più la dimensione della “Chiesa in uscita” tanto cara a papa Francesco.

 

Locandina con il programma completo