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Il vescovo ai futuri sposi: «La Chiesa al vostro servizio, perché non siate soli»

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«Grazie per averci ricordato la bellezza di essere fidanzati e la bellezza anche del fare la scelta di sposarsi in chiesa». Così Roberto Dainesi, insieme alla moglie Maria Grazia Antonioli, responsabili dell’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare, ha aperto l’incontro dei futuri o novelli sposi con il Vescovo Napolioni. L’evento, che si è tenuto nel pomeriggio di domenica 19 marzo presso il Seminario vescovile a Cremona, intitolato “Come sigillo sul mio cuore “, ha visto intervenire quanti hanno preso parte quest’anno agli itinerari in preparazione al matrimonio, insieme ai sacerdoti e alle coppie che li hanno accompagnati in questo percorso.

L’incontro, introdotto delle canzoni “Per due che come noi” di Brunori Sas e “Sempre e per sempre” di Francesco De Gregori, come linguaggio della musica per esprimere l’amore, è stato caratterizzato anche dall’arte pittorica quale espressione di amore, attraverso il quadro “Compleanno” di Marc Chagall. Le coppie hanno posto su un pannello i frammenti che hanno composto l’opera simbolo dell’amore del pittore per la moglie attraverso un bacio in aria.

 

«È molto bella l’attenzione con cui l’artista fissa i particolari sulla tela, un po’ come riconoscere quello che lei fa per lui, commuoversi di fronte a quello che lei gli dona, ed è un po’ quello che noi come sposi siamo chiamati, il vedere la bellezza dell’altro», ha spiegato Maria Grazia Antonioli, prima di lasciare il microfono a Stefano Priori, che ha portato la testimonianza del suo rapporto matrimoniale attraverso un monologo nel quale ha raccontato aneddoti di vita quotidiana in modo ironico, sottolineando la ricchezza di essere diversi.

 

 

Ascolta il monologo proposto da Stefano Priori

 

Le coppie sono state poi suddivise in gruppi, all’interno dei quali si sono confrontate su tematiche riguardanti il “tutta la vita”, la fedeltà, il “sì”, il “dialogo”, i “figli” e il “sacramento”, partendo dalla lettura di brani dell’enciclica Amoris Laetitia. Riflessioni che sono diventate spunti di riflessione nel successivo dialogo con il vescovo Napolioni.

«Sono felicissimo di scoprire le domande che avete dentro e insieme seguirle come piste per il cammino, farò qualche passo insieme a voi sperando che questo non accada solo oggi, qui, ma che accada in tante altre occasioni», ha affermato mons. Napolioni prima di confrontarsi con le coppie.

«Perché scegliete di vivervi insieme, perché credete nella famiglia, se non perché tutto diventa possibile a chi crede, a chi ama, tutto è possibile a Dio e ai suoi piccoli figli che si fidano di lui. Tutto sarà possibile anche a voi. Da vescovo ve lo prometto e vi metto a servizio la mia Chiesa, perché non vi lasci soli» ha sottolineato il vescovo.

Presente anche don Enrico Trevisi, coordinatore dell’area pastorale Famiglia di famiglie, eletto vescovo di Trieste e che il 25 marzo sarà ordinato vescovo in Cattedrale, che ha affiancato monsignor Napolioni nel dialogo stimolato dalle domande poste dai futuri sposi.

Ascolta il dialogo tra il vescovo Napolioni e i fidanzati

L’incontro, che è stato molto partecipato, si è concluso con un momento di preghiera e il saluto del Vescovo Napolioni e don Enrico Trevisi che hanno distribuito d ogni coppia una calamita, come ricordo dell’incontro e augurio per l’inizio del cammino matrimoniale.

 

«Nei percorsi in preparazione al matrimonio tanti strumenti per vivere la nostra relazione»




«Nei percorsi in preparazione al matrimonio tanti strumenti per vivere la nostra relazione»

“Come sigillo sul tuo cuore”. È questo il titolo scelto per l’incontro, che si terrà nel pomeriggio di domenica 19 marzo presso il seminario vescovile di Cremona rivolto alle coppie di fidanzati in cammino verso il matrimonio. L’appuntamento di preghiera e condivisione vedrà la presenza del vescovo, mons. Antonio Napolioni, pronto a mettersi in dialogo con tutti i presenti.

E se il dialogo è fatto di parole, la complicità dei fidanzati si coglie dagli sguardi. Come quelli di Mattia Bazzoni e Giulia Caviglia, che, ospiti della nuova puntata di “Chiesa di casa”, il talk di approfondimento pastorale settimanale, hanno raccontato il loro modo di stare insieme semplicemente fissando gli occhi l’uno sull’altra.

«Anche se siamo già sposati da alcuni mesi – ha scherzato Mattia Bazzoni – ci ricordiamo bene del percorso di preparazione al matrimonio. Per noi è stato molto prezioso: ci ha aiutati a nutrire l’attesa di una vita insieme». Il focus del cammino, infatti, non è stato solo spirituale. «Ci sono stati dati molti strumenti per vivere la nostra relazione, in particolare per imparare a confrontarci», ha ricordato Giulia Caviglia.

E proprio perché quello in vista del matrimonio è un cammino, la consapevolezza di chi lo affronta è quella di vivere un percorso rivolto verso il futuro. «La paura di sbagliare c’è sempre, soprattutto per una scelta grande come il matrimonio – secondo la giovane – ma si ha anche la consapevolezza di avere sempre accanto una spalla, un compagno pronto a sostenerci ed aiutarci».

A spaventare poi, molte volte, è il senso di definitività che il sacramento porta con sé. «Il “per sempre” però – ha spiegato Bazzoni – è l’unica forma di impegno che conta davvero, perché è il riflesso dell’amore di Dio. E questo ci conforta: ci sentiamo accompagnati dal Signore, che veglia su di noi. In fondo, stiamo solo percorrendo la strada che Qualcun altro ha già preparato per noi».

Una strada lunga una vita che, per Giulia Caviglia, addirittura «supera le aspettative che avevamo prima di sposarci. Riusciamo sempre a percepire un fondo di gioia in ogni nostra giornata, dato dal sentire che abbiamo raggiunto ciò che desideravamo perché stiamo affrontando il domani insieme. Per questo alle coppie di fidanzati direi di lanciarsi verso il futuro senza paura, perché ciò che li aspetta è bellissimo».

Alle sue parole hanno fatto eco quelle del marito. «Per noi il matrimonio è stato il punto di partenza per una nuova vita. A chi si sta preparando auguro di saper sfruttare ogni occasione, come l’incontro di domenica 19 marzo con il vescovo, per fermarsi a riflettere su ciò che si sta vivendo».




Visita Pastorale, la comunità di Rivolta d’Adda pronta per accogliere il vescovo Napolioni

Inizia nella mattinata di venerdì 17 marzo, con l’incontro con alunni e docenti della scuola elementare alle 10.30 e della scuola materna alle 11.30, la visita pastorale del vescovo di Cremona Antonio Napolioni alla parrocchia di Santa Maria e San Sigismondo a Rivolta d’Adda.

Una visita che durerà tre giorni nei quali il presule incontrerà non solo le realtà oratoriali e parrocchiali ma anche il mondo delle istituzioni e dell’associazionismo locale. Spiega il parroco, monsignor Dennis Feudatari: «Il tema delle visite pastorali è “Gesù per le strade”. Per questo abbiamo pensato ad un percorso che permetta al vescovo Antonio di conoscere le tante realtà di Rivolta d’Adda allargando lo sguardo alle esperienze di sostegno alle varie forme di fragilità che si esprimono non solo attraverso i servizi della parrocchia. Mi riferisco all’associazione L’Approdo (che opera nel settore del recupero dalle dipendenze) e all’associazione Camminiamo insieme (che opera nel settore dei disabili), due ponti che la nostra parrocchia ha con il territorio».

Proprio l’incontro con Camminiamo insieme è programma nel pomeriggio di venerdì, alle 16, presso la casa-famiglia Padre Spinelli. Alle 18.30, all’oratorio Sant’Alberto sarà il turno dei ragazzi con i quali il vescovo si fermerà a cena per poi guidare, alle 21, la meditazione sulla Parola di Dio con gli adulti.

La mattinata di sabato, dopo la messa che mons. Napolioni celebrerà nella chiesa della Casa madre delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento alle 9.30, sarà dedicata all’incontro con il mondo delle istituzioni: il programma prevede alle 10.30 la visita all’ospedale Santa Marta e l’incontro con i medici ed il personale e con i vertici dell’Asst di Crema (alla quale il nosocomio di viale Monte Grappa fa capo), cui seguirà quello con l’Amministrazione comunale alle 11.30 nella sala consiliare del municipio. Nel pomeriggio, alle 15.30, all’oratorio, incontro con il mondo delle associazioni di volontariato e della pastorale, mentre in serata, sempre al Sant’Alberto, è in programma quello coi catechisti.

Domenica mattina, alle 10, il vescovo celebrerà la Messa solenne in basilica. Al termine, incontrerà i ragazzi del catechismo e darà il suo il saluto all’associazione L’Approdo. A mezzogiorno l’aperitivo in oratorio con tutta la comunità concluderà questa visita.

«La comunità che si appresta ad accogliere il vescovo – sottolinea monsignor Feudatari – è una comunità che sta mutando dal punto di vista socio-culturale, essendo consistente la presenza di famiglie giovani provenienti da altri Paesi. Una comunità nella quale era molto radicata la presenza all’Eucarestia, cosa che il Covid non ha squassato più di tanto. Il lavoro che si è fatto, e che si sta facendo tuttora, è quello di accompagnare i fedeli a trovare nella vita comunitari maggiore consapevolezza e motivazione interiore nellòe scelte della fede cristiana».




Il vescovo ai dirigenti scolastici: «Non c’è asimmetria. Chiesa e scuola sono due realtà importanti che affiancano le famiglie»

Si è svolto nella mattinata di mercoledì 15 marzo presso la biblioteca del Centro pastorale diocesano l’incontro l’incontro del vescovo Antonio Napolioni con i dirigenti e i rappresentanti delle scuole presenti sul territorio diocesano, paritarie e statali.

«Non c’è asimmetria – ha detto il vescovo Antonio Napolioni nell’introduzione –. Chiesa e scuola sono due realtà importanti che affiancano le famiglie e che cercano di fare qualcosa di buono per i ragazzi». Una vicinanza al mondo giovanile dimostrata anche attraverso i programmi delle recenti visite pastorali, durante le quali il vescovo ha potuto confrontarsi con gli istituti scolastici nelle varie parrocchie e unità pastorali sul territorio. «Dopo la pandemia sta rifiorendo la possibilità di incontro di massa – ha infatti sottolineato mons. Napolioni –. Gli incontri nelle scuole, anche in quelle statali, mi hanno lasciato molto contento e sono stato particolarmente colpito dall’entusiasmo di tutti i ragazzi, di ogni religione e di ogni cultura». Una riflessione sulla scuola – come evidenziato dal vescovo – sviluppata anche nel Consiglio pastorale diocesano, attraverso il cammino sinodale in cui la Chiesa sti sta rendendo protagonista.

L’incontro, costruito sotto forma di dialogo tra le parti, di “conversazione” dei dirigenti, con il vescovo e tra di loro, si è articolato su diversi temi delicati e strettamente collegati al mondo della scuola: dal tema delle fragilità, sociali e psicologiche, che spesso derivano dalle difficoltà nella relazione genitoriale, al tema della violenza giovanile, in continuo aumento e alimentata – secondo i presenti – non solo dall’uso errato dei social network, ma anche dal vuoto educativo che colpisce alcune famiglie, passando per il tema dell’ascolto, bene prezioso, funzionale alla risoluzione dei conflitti, ma a volte sottovalutato. «Rigidità e mollezza sono i due estremi – ha spiegato il vescovo –, ma esiste una via di mezzo, che è la capacità pedagogica, la passione».

Nella mattinata è stato inoltre trattato il tema della differenza etnica nella scuole, in costante aumento, soprattutto in quelle statali. Uno spunto lanciato dal vescovo e accolto con interesse da parte di tutti i presenti. Da ciò è emersa la necessità di un’attenzione continua al dialogo, finalizzato all’integrazione, affinché le differenze culturali e religiose possano essere “sfruttate” come valore aggiunto del mondo scolastico contemporaneo e futuro. Poi una riflessione riguardante gli ambienti parrocchiali e gli oratori, veri e propri presìdi, veri e propri centri d’accoglienza, luoghi preziosi per l’influenza educativa. Non è poi mancato un riferimento concreto al tema della carenza di personale educativo, nelle scuole e non solo. Un tema sottolineato dai presenti e colto da mons. Napolioni attraverso un appello: «Dobbiamo far innamorare sempre di più i nostri giovani alla vocazione educativa».

L’incontro si è poi concluso con l’intervento di don Giovanni Tonani, incaricato diocesano per la Pastrorale scolastica, che ha espresso ai dirigenti le necessità e le direttive tecniche per affrontare al meglio le sfide a cui quotidianamente sono chiamati gli educatori all’interno della vita scolastica.




Il Vescovo alle Forze armate e dell’ordine: «Dalla Pasqua la forza e la possibilità di osare essere militari per la pace»

«Le Forze armate e le forze di polizia sono una forza: una forza di giustizia, di pace e di coesione sociale». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha introdotto la celebrazione in preparazione alla Pasqua che ha visto convergere militari e corpi di polizia in Cattedrale nella mattinata di martedì 14 marzo. «Una forza – ha però messo in guardia il vescovo – può anche venir meno. Può stancarsi, può indebolirsi, può esasperarsi, può impazzire e diventare violenza. Siamo qui perché sia una vera forza di bene».

In tanti hanno preso parte al cosiddetto “Precetto pasquale”, che ha voluto essere preghiera e impegno per la pace. Uomini e donne in divisa, soldati e agenti insieme a sottufficiali e ufficiali. In prima file le autorità civili e militari del territorio, con il prefetto Corrado Conforto Galli e i comandanti dei vari corpi e tra loro anche il comandante della caserma Col di Lana, il colonnello Vincenzo Criscuolo. Presenti anche i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma con le bandiere e i gonfaloni. Accanto al vescovo i cappellani dei vari corpi.

Aprendo l’omelia il vescovo ha rivolto l’attenzione alla fatica del discernere che cosa è bene e bene, per chi ha responsabilità ma soprattutto per gli uomini in divisa, davanti alla guerra o all’esigenza di difendere il più debole senza cedere all’istinto della vendetta. Una logica non sempre comprensibile con i criteri umani, «paradossale ma possibile» che si svela nella Pasqua e nell’esempio di Gesù. «Ci prepariamo alla Pasqua – ha detto il vescovo – per ricevere dalla Pasqua di Gesù non tanto una lezione, ma la forza e la possibilità di osare essere militari per la pace. Come vuole la nostra Costituzione, come vuole la cultura del nostro Paese e io credo come è nel cuore di tutti i padri e le madri di famiglia del mondo».

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Ricordando quindi la Passione di Cristo, fatta anche di invocazione e perdono, l’attenzione del vescovo è andata all’affresco della controfacciata del Duomo. «In corce Gesù muore per amore e si manifesta come il vero vincente – ha sottolineato il Napolioni –. E chi è che se ne accorge? Un ufficiale: il centurione». Invitando tutti a voltarsi per osservare il grande affresco del Pordenone ha proseguito: «Quel centurione che ha in mano la spada: non più rivolta verso un nemico, ma piantata per terra. E la mano che indica il Cristo crocifisso, come a dire: “questa croce non vince, quest’altro Crocifisso vince. Ha capovolto le cose. Questa è la Pasqua. La Pasqua che han portato dentro di sé anche gli uomini di armi che han saputo costudire la propria fede e le proprie virtù anche a caro prezzo, mettendosi in mezzo alla mischia senza perdere di vista l’umanità, servendo il prossimo come la maggior parte di voi fa nella vita quotidiana, non solo con lo scrupolo per la legge, ma con lo scrupolo per le persone».

Ecco allora gli auguri per la Pasqua del vescovo alle forze armate e di polizia: «Non smettiamo di osare vivere una professionalità impegnativa e delicata come la vostra al massimo di umanità possibile, al massimo di fedeltà a ciò che nel profondo del cuore anche il Signore Gesù ci fa capire, gustare e scegliere come vero senso della vita».

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Una celebrazione che ha rappresentato un momento di riflessione e di ringraziamento, anche nel ricordo di chi nel servizio ha sacrificato la propria vita per gli altri, come ha richiamato la Preghiera per la Patria al termine della Messa.

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Visita pastorale a Fornovo, don Storari: «Sono stati tre giorni intensi per riscoprire la bellezza del vivere in comunità e la gioia dell’essere Chiesa»

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“Tre giorni intensi per riscoprire la bellezza del vivere in comunità e la gioia dell’essere Chiesa”. Così il parroco don Angelo Storari, ha definito la visita pastorale del vescovo Antonio Napolioni alla parrocchia di Fornovo San Giovanni, nella Bergamasca, al termine della Messa di chiusura, nella mattinata di domenica 12 marzo.

Una visita iniziata venerdì in marzo, al mattino, con l’incontro alla scuola materna paritaria Don Bietti, dove Napolioni, accolto dalla presidente del Consiglio d’amministrazione Virginia Recanati, ha animato la mattinata cantando e pregando con i bambini, il personale e i vertici della struttura. Presenti anche il vicesindaco Sabina Danesi e l’assessore Alice Aresi. «Voi siete speciali – ha detto il presule rivolgendosi ai piccoli alunni del Bietti, felicissimi della sua presenza – e anche Gesù lo sa perché proprio Lui disse la frase lasciate che i bambini vengano a me perché loro sanno come essere felici».

Sempre venerdì, nel pomeriggio in chiesa parrocchiale, il vescovo ha incontrato i ragazzi, fra cui i cresimandi; mentre in serata ha guidato la meditazione sulla Parola di Dio. Un momento incentrato sul Vangelo della domenica attraverso l’iniziativa diocesana del Giorno dell’ascolto, ormai diventata appuntamento fisso a Fornovo.

Sabato mattina l’incontro con l’Amministrazione comunale e le associazioni di volontariato nella sala consiliare del Municipio. Accompagnato dal parroco don Angelo Storari, il vescovo è stato accolto dal sindaco Fabio Carminati. Il primo cittadino ha parlato al vescovo dei progetti relativi alla comunità, in particolare di quello che riguarda la costruzione del nuovo polo scolastico, dove sarà spostata anche la materna Don Bietti, per poi lasciare spazio ai rappresentanti delle singole realtà di volontariato locali che si sono a loro presentati.

Alle 21, l’incontro con gli adolescenti in oratorio. Con i giovani Napolioni ha parlato a ruota libera, rispondendo ad alcune domande che gli sono state poste.

Particolarmente toccante l’incontro, in chiesa parrocchiale, con gli anziani del paese, con i quali è stato recitato e meditato il rosario. «Non abbiate paura – ha detto loro il vescovo –, i vostri nipoti hanno bisogno di vedere che voi affrontate la vita con fiducia. Avete dato molto ma potete dare ancora molto testimoniando la gioia del vivere».

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Nella mattinata di domenica 12 marzo, in chiesa parrocchiale, la Messa di chiusura, seguita da un momento di festa sul sagrato con la banda e poi in oratorio. Nell’omelia il vescovo ha fatto riferimento al brano di Vangelo che narra dell’incontro, al pozzo, fra Gesù assetato e la donna samaritana. «Avete la fortuna – ha detto rivolgendosi ai parrocchiani – di essere una comunità non così invecchiata e spopolata come altre, ma anche in voi fornovesi c’è sete: la sete di gioia dei bambini, la sete di crescere degli adolescenti, la sete di fare scelte nei giovani, la sete di essere dei buoni genitori e poi la sete di pace e di serenità degli anziani. Una sete che può essere placata dall’acqua che dà il Signore; acqua che zampilla per l’eternità».

A fine celebrazione il saluto del parroco. «Ringrazio il vescovo Antonio –ha detto don Storari – per il tratto di umanità e di semplicità che di questa visita pastorale. Da questi incontri mi pare di leggere un invito a sentirci una comunità in cammino, una comunità che debba avere capacità di ascoltare e di dialogare e questo sarà il nostro impegno per il futuro».

 

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Associazioni e movimenti, presenza educativa negli oratori

Lo sguardo rivolto verso il futuro e al centro dell’attenzione il tema educativo. La presenza stessa di associazioni attive in questo ambito è un interrogativo forte per la Chiesa intera. E proprio sul senso di questa presenza si è sviluppato il confronto nell’ultima puntata di Chiesa di Casa, il talk di approfondimento settimanale sulla vita della Diocesi di Cremona. Ospiti del programma sono stati Emanuele Bellani, presidente diocesano di Azione Cattolica, e don Matteo Alberti, vicario parrocchiale e assistente ecclesiastico degli scout Agesci per la zona Cremona-Lodi. Sollecitazioni e stimoli utili a interrogarsi, a mettere in discussione ciò che è tradizionale e precostituito, in vista di un domani migliore.

Secondo Bellani «essere presenti significa esserci con lo stile del servizio, che non è accoglienza indiscriminata di tutto ciò che viene richiesto, ma disponibilità capace di cogliere le necessità della comunità con spirito critico. Far notare ciò che non va, con i giusti modi, è un esempio positivo di presenza».

Sulla stessa lunghezza d’onda si è articolato anche l’intervento di don Alberti, che ha sottolineato come «incontrare, condividere un pezzo di strada con le persone di una comunità è un bellissimo segno di presenza, che sta ancora a monte rispetto all’inizio del percorso scout. Lo stare con gli altri dice già molto dello stile che si vuole incarnare».

Il mettersi a fianco, in chiave educativa, è stato dunque individuato da entrambi come elemento chiave. Questa dinamica, però, come evidenziato dalla domanda provocatoria di una giovane, chiede un’attenzione particolare, insieme alla capacità di fare la differenza, rispetto a una società in cui, spesso, la parola chiave sembra essere «indifferenza».

«Il percorso scout – ha spiegato don Alberti – prevede la sua naturale conclusione con la “partenza”, ossia il momento in cui ciascun giovane, accolto quando era piccolo, è chiamato a fare una scelta profondamente politica: deve decidere come impegnare se stesso nella comunità, come, concretamente, essere un buon cittadino, e magari anche un buon cristiano. Questo è un modo per fare la differenza».

L’impegno politico e sociale ha un forte legame anche con la storia di Azione Cattolica. E infatti per Bellani «fare la differenza significa coltivare la capacità di pensare, di riflettere. In questo senso AC ha una tradizione educativa che parte dal vissuto di ciascuno, e questo aiuta a non pensarsi fuori dal quotidiano, ma ad abitarlo in modo positivo».

Il percorso educativo, però, non è mai esente da rischi e difficoltà. Le sfide del presente sono diverse da quelle del passato, «ma credo che il problema – secondo don Alberti – sia quello di sempre. Baden Powell invitava a cercare il 5% di bene che c’è in ognuno per farlo crescere a dismisura. Qui si gioca la partita».

Per Bellani il discorso non è legato agli strumenti con cui si tenta di educare. «L’educazione è una questione di cuore. Nel nostro caso è la fede a fare la differenza, ad offrire la motivazione necessaria. Se la base viene a mancare, qualsiasi contenitore educativo rimarrà vuoto».

A partire dal legame con la fede che molti cammini associativi propongono, in diocesi si stanno strutturando percorsi di iniziazione cristiana rinnovati. «Trovo molto interessante – ha concluso il presidente dell’Azione Cattolica cremonese – che anche nella nostra diocesi il percorso formativo di AC si inserisca all’interno del cammino di iniziazione cristiana. È una dimostrazione bella di come la Chiesa sia davvero rivolta a tutti, tenendo presente la storia personale e vocazionale di ciascuno».

La vera sfida secondo don Matteo Alberti è quindi quella di «provare a mettere da parte rivalità associative e personali, con l’idea di attuare un dialogo aperto, capace di generare confronto, così da poter essere utile alla crescita di tutti e della comunità stessa».

Questo è l’invito che Azione Cattolica e Agesci hanno rivolto alla Chiesa cremonese. Un invito fatto di provocazioni e spunti utili per guardare al futuro con rinnovata speranza.




Il cibo in relazione con l’universo: la visione induista nella rassegna “Religioni a tavola”

Nel terzo incontro sulla relazione tra le religioni e il cibo, tenutosi nel pomeriggio di giovedì 9 marzo all’interno della rassegna “Le religioni a tavola”, organizzata dal Centro pastorale della sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso l’aula magna del campus di via Bissolati, è stata approfondita la visione del cibo nell’Induismo.

Ospite relatore dell’incontro è stato il prof. Paolo Magnone, orientalista e sodale dell’Accademia Ambrosiana, già professore di Lingua e letteratura sanscrita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e docente di Introduzione all’Induismo presso l’Istituto superiore di scienze religiose di Milano. L’incontro, moderato da don Maurizio Compiani, assistente del campus Santa Monica, è stato introdotto dal prof. Marco Trevisan, preside della Facoltà di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali.

«Tanti possono essere i pregiudizi di questa religione per noi lontana e meno conosciuta rispetto alle religioni abramitiche più vicine a noi – ha esordito nel suo intervento Magnone – bisogna andare a fondo delle radici filosofiche indiane, che non sono in contrasto con la religione, ma vi è coincidenza».

La disamina di Magnone è proseguita illustrando il rapporto tra il cibo e il cosmo: «Tutto è mangiato e viene mangiato nell’universo, alimentando il ciclo cosmico tra umanità e divinità. Si mangia per mantenere il ritmo dell’universo, chi mangia così è un giusto mentre, al contrario, chi mangia senza preoccuparsi dell’universo mangia nel peccato».

AUDIO A BREVE

L’ultimo incontro del ciclo si terrà nel pomeriggio di giovedì 16 marzo (ore 16.30), sempre presso l’aula magna del campus di Santa Monica, con l’approfondimento del cibo nel Cristianesimo. Relatore sarà Antonio Giuseppe Maria Chizzoniti, direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche e professore ordinario di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico presso l’Università Cattolica del S. Cuore e direttore della collana di studi monografici Religioni, diritto, cultura e società (Rubettino editore).




«Io sono il pane», il cibo nella fede cristiana tra comunità e Sacramento

Nel quarto e ultimo incontro sulla relazione tra le religioni e il cibo, tenutosi nel pomeriggio di giovedì 16 marzo all’interno della rassegna “Le religioni a tavola”, organizzata dal Centro pastorale della sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso l’aula magna di via Bissolati è stata approfondita la visione del cibo per il cristianesimo.

Ospite relatore dell’incontro, moderato da don Maurizio Compiani, assistente del campus Santa Monica, è stato il prof. Antonio Giuseppe Maria Chizzoniti, direttore del dipartimento di Scienze giuridiche e professore ordinario di Diritto canonico ed ecclesiastico presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Inoltre, Chizzoniti è curatore della collana di studi monografici Religioni, diritto, cultura e società dell’editore Rubettino. «Le regole alimentari religiose sono formate da divieti ed obblighi che normano il cibo, i riti, le festività e le celebrazioni – ha esordito Chizzoniti – il messaggio del cristianesimo si può sintetizzare nelle tre regole: mangiare tutto, mangiare con tutti e ringraziare Dio».

«Nella Genesi Dio con l’uomo stipula il patto vegetale, con il diluvio universale, invece, il patto dell’arcobaleno con il quale si concede l’alimentazione della carne, ma non del sangue – ha spiegato il professore di scienze giuridiche – Io sono il pane, con queste parole di Gesù nell’ultima cena da vegetariani si passa diventare mangiatori di Dio».

Chizzoniti ha quindi proceduto con un excursus sulla relazione di Gesù con il cibo, accompagnando le sue parole con rappresentazioni artistiche come mosaici, affreschi e quadri: «Il primo miracolo di Gesù è un miracolo alimentare durante le nozze di Cana: mangiare con tutti, di questo verrà accusato Gesù, di essere un mangione e beone che stava a tavola con pubblicani e prostitute».

«L’ultima regola è quella del ringraziamento, un percorso che si completa nell’Eucarestia, ringraziamento, quel momento che all’inizio dei nostri pasti: possiamo vedere come l’atto del cucinare e quello di mangiare con tutti assume un senso di pienezza nella vita di Gesù» ha pertanto continuato il professore Chizzoniti.

Il prof. Chizzoniti, ha quindi concluso con il magistero di Papa Francesco: «Il Papa ci propone l’approccio ecologico che deve diventare un patto sociale, un patto per custodire il Creato:  la trasformazione del sistema alimentare per costruire nuovi modelli di sviluppo e che è basato sulla cura della nostra casa».

La disciplina penitenziale si è concentrata sul cibo perché è un elemento importante per la vita dell’uomo, ma l’astinenza e il digiuno nei giorni penitenziali possono contenere anche elementi differenti. Una serie di regole che sono entrate anche nel diritto canonico della Chiesa cattolica.

 

Ascolta l’intervento del prof. Chizzoniti




Musica e storie a Casa di Nostra Signora, che ha riaperto le porte in occasione della Festa della donna

In occasione della Giornata internazionale della donna, nel pomeriggio di mercoledì 8 marzo il primo concerto della rassegna “Il pane e le rose – Musica e Storie” ha segnato la riapertura alla città e al territorio, dopo la pandemia, di Casa di Nostra Signora, la struttura di via Ettore Sacchi, a Cremona, dedicata all’accoglienza “al femminile” e gestita dalla Caritas diocesana.

«L’idea è nata tre anni fa, l’obiettivo è quello di portare la musica al di fuori delle mura scolastiche per condividerla in una struttura che si impegna nel sostegno delle donne in difficoltà». Sono queste le parole con cui Angela Alessi, docente presso il liceo musicale Stradivari di Cremona, che racconta il progetto “Il pane e le rose”, rassegna nata dalla collaborazione fra la professoressa Alessi e Nicoletta D’Oria Colonna, coordinatrice della struttura diocesana.

Primo di tre incontri, quello dell’8 marzo ha voluto rimarcare l’importanza di una festività che a Casa di Nostra Signora si celebra ogni giorno dell’anno. L’obiettivo del concerto, con violini e voci, è stato infatti proprio quello di mettere in relazione la cultura musicale con l’operato che sta dietro al sostegno delle donne in difficoltà, portando così un momento di leggerezza che si interpone fra le storie dei residenti della struttura e i trascorsi prima di unirsi alla grande famiglia della struttura diocesana.

A dar voce al bisogno di riscatto e di emancipazione sono stati gli strumenti e la abilità delle mani delle giovani violiniste del liceo musicale Stradivari di Cremona, un’orchestra di archi squisitamente femminile che ha avvolto con la bellezza della musica classica la sala della struttura d’accoglienza.

Oltre alla musica ha trovato spazio anche la letteratura, affrontata attraverso la recitazione di brani tratti da alcune letture a cura dell’attore Massimiliano Pegorini e di alcune allieve del liceo sul tema della relazione tra donne e professione musicale.

A raccontare dell’operato della struttura è proprio la coordinatrice della struttura, Nicoletta D’Oria Colonna, spiegando che «indigenza, problemi psichiatrici e solitudine sono solamente alcuni dei motivi per i quali la struttura interviene. Grazie ai Servizi sociali si crea un progetto che ha come fine ultimo quello di dare autonomia alle donne così da poter ricominciare con le proprie capacità. Entrare in contatti con alcuni ambiti culturali risulta essere difficile, per questo ci impegniamo a portarli nella nostra struttura, e proprio per questo motivo riproponiamo “Il pane e le rose” dopo un arresto momentaneo dovuto alla pandemia».

Il nome della rassegna nasce proprio da una storia di cultura ed emancipazione del tutto femminile, bisogna infatti tornare indietro di centro anni, più precisamente nel 1912, «Il pane e le rose» è stato un motto delle operaie tessili americane, ben consapevoli dell’importanza dei bisogni primari, ma allo stesso tempo sicure che oltre al pane c’è bisogno anche delle rose, a rappresentare la necessità di una vita fatta anche di arte e bellezza.

Il secondo appuntamento sarà “Due di due – Omaggio a Bela Bartók”, in programma domenica 2 aprile, alle 16.30, e nasce in seguito ai contatti tra le maestre di violino Angela Alessi e Renata Lacko, musiciste dal profilo eclettico con esperienza decennale come professori d’orchestra, docenti e organizzatrici di eventi culturali.

Il gran finale sarà venerdì 12 maggio, con l’esibizione dell’Orchestra d’Archi “Stradivari”, in programma alle 18.30.

Durante gli incontri saranno presentati due libri: il primo è il frutto di un cammino di rinascita scritto da Daria Varasano che, sollecitata dai laboratori autobiografici nella “Casa di Nostra Signora” è arrivata a scrivere Non volevo diventare una panchina rossa nel parco. Il secondo è l’ultima opera della scrittrice Laura Falqui, che chiude la Trilogia della vita vagabonda. Oltre ai libri, sarà possibile acquistare alcuni prodotti realizzati e proposti dalle ospiti ed il ricavato andrà interamente in beneficenza a loro vantaggio.