1

Il Vescovo dal Santuario della Misericordia: «Impariamo da Maria. La Chiesa può guardare avanti solo con gli occhi delle donne»

Le immagini della processione

Guarda qui la gallery completa

 

Da oltre 500 anni, ogni 11 maggio, giorno anniversario delle apparizioni della Madonna a Domenica Zanenga, avvenute a Castelleone nel 1511, la comunità castelleonese si reca in pellegrinaggio al Santuario dedicato a Maria. Anche quest’anno, dopo un momento di preghiera in Chiesa parrocchiale, guidato dal vescovo emerito Dante Lafranconi, la processione dei fedeli è partita dal centro della città verso la chiesa mariana.

È la Fiera della Madonna della Misericordia, festa particolarmente sentita dai castelleonesi che, nonostante il mutare dei tempi e il rapido cambiamento dei costumi, non cessano di rinnovare la loro fiducia in Maria. L’atteggiamento di filiale devozione è confermato dalla numerosa partecipazione di fedeli alla processione, anche se un maggio poco primaverile non favoriva il pellegrinaggio. Dopo la processione, il vescovo Antonio Napolioni, con il vescovo emerito mons. Dante Lafranconi e la partecipazione di numerosi sacerdoti, ha presieduto la messa Solenne in Santuario. All’inizio della celebrazione il sindaco Pietro Fiori, a nome dell’intera comunità di Castelleone, ha offerto il cero alla Vergine della Misericordia. Le letture, il libro di Ester e le nozze di Cana del vangelo di Giovanni, hanno guidato l’omelia del vescovo.

 

Le immagini della Messa in Santuario

Guarda qui la gallery completa

 

Attraverso le figure di Maria e di Ester, accomunate alle donne di casa nostra «che sanno guardare, pregare e cantare» e sanno guardare con l’occhio «di chi ha a cuore alla realtà, l’occhio di una madre, di una donna», lo stesso di Maria che alle nozze di Cana si accorge che il vino è finito e chiede al Figlio di fare qualcosa. È questo lo sguardo che il vescovo invita non solo a cogliere e conoscere, ma anche a valorizzare, oltre quel «maschilismo che allora come oggi rischia di impedire alla Chiesa e al mondo di essere fecondi, attenti». Lo sguardo di una Madre di cui la Chiesa ha oggi particolare bisogno, in questi tempi di smarrimento e «di paure» che «abbiamo bisogno di consegnare a lei».

«In un tempo in cui – ha aggiunto monsignor Napolioni, senza voler dare parole di giudizi né condanne – anche essere maschi e femmine è confuso abbiamo bisogno di guardare non solo al maschile la Chiesa e il mondo». Parole che il vescovo pronuncia riconoscendo di parlare «da un presbiterio in cui non c’è una donna, ma in cui potrà esserci sempre di più qualche donna accanto a noi» sottolineando però che «non è tanto decisivo quante donne vestiranno con il camice o presteranno servizio all’altare», quanto piuttosto «quanto noi nella comunità ascoltiamo la sensibilità, l’intelligenza, l’esperienza di donne che fanno tanto per la Chiesa e la gente, ma che non possono solo “fare”… devono aiutarci a capire».

 

Il video-racconto della mattinata

 

Maria ed Ester, le donne sante, le donne di casa nostra – ha quindi proseguito nell’omelia – «possono aiutare a guardare la realtà  e a presentarla a Dio perché Lui ci aiuti ad affrontarla con coraggio e a ritrovare il canto del Magnificat». Il canto di una giovane madre simile alle tante che anche nella mattinata di questo 11 maggio hanno partecipato alla preghiera della comunità in cammino verso il Santuario della Madre della Misericordia, testimoniando – ha osservato monsignor Napolioni – «che la vita è più forte della morte e richiamare alla comunità cristiana il dovere di essere feconda, anche se invecchiamo».

Da Maria e dalle donne sante di ogni tempo la riflessione del vescovo rivolge da Castelleone un invito a tutta la comunità della Chiesa cremonese: «Anche per noi è possibile guardare avanti, ma solo se guardiamo anche con gli occhi delle donne. E chiedo alle donne di essere così, donne che sanno guardare, sanno pregare, sanno cantare. E una Chiesa così seguirà il suo Signore attraverso tutte le tempeste, tutti  i deserti che potranno presentarsi nel futuro. Come Maria, come Ester, madri di Miserircordia che insegnano anche alla Chiesa ad essere altrettanto attenta, orante e felice».

 

Prima della benedizione il parroco di Castelleone, don Giambattista Piacentini, ha ringraziato  tutti coloro che hanno voluto vivere il momento condiviso di preghiera, il vescovo Dante, il vescovo Antonio per la loro presenza, tutti i sacerdoti che hanno esercitato il loro ministero a Castelleone o ne sono originari, e quelli che fanno parte della zona pastorale, ma ha soprattutto sottolineato la partecipazione alla celebrazione eucaristica dei quattro diaconi, tra i quali anche don Alex Malfasi di Castelleone, che ai primi di giugno saranno ordinati presbiteri.  A tutti don Giambattista ha assicurato il sostegno della comunità con la preghiera.

 

Il video integrale della celebrazione presieduta dal Vescovo




A Cassano d’Adda festa con il Vescovo per il 50° della chiesa di Cristo Risorto

Guarda la photogallery completa della celebrazione

Sono passati cinquant’anni da quel 5 maggio del 1973, giorno della dedicazione della chiesa di Cristo Risorto, a Cassano d’Adda. Un traguardo, quello del mezzo secolo del luogo di culto situato nell’omonima via, che le parrocchie di Cassano d’Adda hanno ricordato nella serata di venerdì 5 maggio con una Messa solenne che il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto proprio in una Cristo Risorto gremita di fedeli per quest’occasione così speciale. Con lui hanno concelebrato il parroco don Vittore Bariselli e i sacerdoti dell’unità pastorale cassanese, insieme anche ai preti che a Cristo Risorto hanno prestato servizio. Molto partecipata la Messa, accompagnata nel canto dalla corale parrocchiale ed animata, quanto al servizio liturgico, dagli ex chierichetti.

A don Bariselli il compito del saluto iniziale al vescovo, ai sacerdoti e ai fedeli presenti, nel quale ha ricordato la figura don Carlo Valli: nel 1969 partì da lui, allora parroco di Cassano, l’idea della costruzione della chiesa di Cristo Risorto.

Ascolta il saluto del parroco

«Non siete solo una chiesa, una parrocchia – ha risposto il vescovo – ma siamo un territorio con altri territori, un popolo con altri popoli. Nel tempo e nello spazio siamo uniti a Cristo Gesù».

Nell’omelia monsignor Napolioni ha esordito domandandosi quale sia la vera Chiesa di Cristo Risorto. Qual è la chiesa di Cristo Risorto che noi stiamo diventando? Tre le risposte individuate dal vescovo, tante quante le immagini di chiesa rappresentate da Cristo Risorto.

«La più potente è questa – ha detto –: la chiesa di Cristo Risorto è un sepolcro vuoto. Nel momento in cui siamo Chiesa di Cristo ci gettiamo la morte alle spalle. E lo facciamo se davvero ogni giorno ci apriamo a quella notizia che fa sì che i cristiani siano un po’ diversi dagli altri». La seconda immagine di Chiesa proposta è stata quella del cenacolo degli apostoli. «Lì, nel cenacolo – ha detto il vescovo – insieme gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo e trovarono la forza di non aver paura. Com’è il nostro cenacolo? C’è Lui fra noi? Fare 50 anni di memoria di una chiesa dev’essere un grande bagno alla sorgente. È nel cenacolo che nasce la missione, il cammino verso il cielo». La terza Chiesa il Cielo: «Dove c’è posto per tutti e tutti staremo abbracciati con il Padre e con il Figlio».

«Tutto questo – ha concluso il vescovo Napolioni – è tracciato con una strada. Ecco quindi che la chiesa in Cristo Risorto apre una strada e si sparge lungo le vie. Non dobbiamo avere paura del futuro, che è attirato da Cristo Risorto. Se percepiamo il suo passaggio sappiamo chi seguire anche dentro il frastuono e la confusione del nostro tempo».

Ascolta l’omelia del vescovo

La Messa ha aperto un programma di eventi per il 50° della dedicazione che prevede anche una mostra a carattere storico, allestita nel salone prospiciente il bar, e che prosegue nella giornata di sabato 6 maggio alle 16 con le visite guidate alla chiesa a cura del Gruppo Guide Cassanesi e in serata la cena seguita alla 22 da uno spettacolo pirotecnico. Domenica 7 maggio ancora con le visite guidate alle 16 e, dopo la cena, una serata musicale.

 

Cristo Risorto: la  storia

La chiesa di Cristo Risorto nacque sul progetto di Antonio Faranda, basato sul modello di un ovile dedicato a Cristo Risorto buon pastore che accoglie e custodisce il suo gregge. A Pasqua del 1970 venne annunciata alla comunità l’idea di costruire questa chiesa. Al 6 settembre dello stesso anno risale la posa della prima pietra. Il 12 dicembre 1971 venivano già celebrate le cresime, nonostante mancasse ancora il pavimento e sulle porte ci fosse ancora il cellophane. La sera del 5 maggio 1973, Giuseppe Amari, allora vescovo di Cremona, dedicava questa chiesa a Cristo Risorto. Si percepiva la gioia di aver raggiunto l’obiettivo: una chiesa a servizio del quartiere per la celebrazione della messa, la catechesi ed altri servizi religiosi. Dopo la nascita della parrocchia ogni aspetto della vita parrocchiale prese forma sotto la guida del parroco, del vicario e dei consigli parrocchiali e dell’oratorio.




Antegnate in preghiera con la Madonna pellegrina di Fatima

 

La statua della Madonna Pellegrina di Fatima è tornata in diocesi di Cremona. Dal pomeriggio di domenica 14 maggio si trova ad Antegnate dove è arrivata, proveniente da Milano, a bordo di un elicottero atterrato nel campo sportivo dell’oratorio, accolta dal parroco don Angelo Maffioletti, dal vicesindaco di Antegnate Giorgio Allegri, dai sindaci di Covo Andrea Capelletti e di Barbata Vincenzo Trapattoni e da numerosi fedeli.

Da lì, sulle note della banda musicale di Antegnate, in processione, portata a turno da diversi gruppi a cominciare da quello delle catechiste, la statua ha raggiunto la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo dove il vicario generale della diocesi di Milano, monsignor Franco Agnesi, ha celebrato una Messa solenne. A concelebrare, oltre a don Maffioletti anche il parroco di Covo don Lorenzo Nespoli, quello di Fontanella don Diego Poli, l’ex parroco di Mozzanica don Giuseppe Bernardi Pirini e don Giuliano Vagliati, sacerdote dell’Apostolato mondiale della Madonna di Fatima.

Numerosi gli appuntamenti da qui a domenica 21, quando la statua lascerà la bassa bergamasca. Ogni giorno, in chiesa parrocchiale, recita del rosario meditato alle 8.30, alle 15.30 e alle 20, incontro per bambini e ragazzi alle 16.30 e messa alle 20.30 seguita dall’adorazione eucaristica fino alle 23. Giovedì sera la celebrazione delle 20.30, sarà speciale perché vedrà presenti i preti originari di Antegnate e che ad Antegnate hanno prestato servizio. Sabato sera, alle 20.30 un momento da non perdere per i parrocchiani: la fiaccolata per le vie di Antegnate che terminerà con la consacrazione della parrocchia al cuore immacolato di Maria. Domenica, alle 15.30, saranno celebrati vespri dopodiché la comunità di Antegnate saluterà, sul sagrato della chiesa parrocchiale, la Madonna di Fatima.




Presentata a Santa Monica la nuova edizione de “Il senso religioso” di don Luigi Giussani

È stato presentato ieri sera – nella bellissima cornice del campus Santa Monica dell’Università Cattolica di Cremona – l’ultima edizione de “Il senso religioso” di don Luigi Giussani. Anche il vescovo Napolioni ha partecipato alla serata, in una sala gremita per ascoltare gli interventi di don Javier Prades, rettore dell’Università Ecclesiastica “San Dámaso” di Madrid e professore ordinario di Teologia dogmatica e Davide Prosperi, presidente Fraternità di Comunione e Liberazione.

Ritornare a interrogarsi sulla vita, sul senso della realtà, sull’esperienza umana: questo per don Luigi Giussani è alla base del percorso dell’uomo per trovare un significato all’esistenza e arrivare all’incontro con Dio. Le riflessioni del fondatore di Comunione e Liberazione – è stato ricordato – sono il cuore del volume, forse il più conosciuto e certamente il più tradotto del sacerdote brianzolo, scritto nel 1966 e oggi ripubblicato da Rizzoli con prefazione di Jorge Mario Bergoglio (il Papa la scrisse nel 1998 quando era vescovo di Buenos Aires).

«Questo testo – ha commentato Prosperi – è fondamentale non solo per i cristiani, ma per tutti gli uomini credenti e non credenti. E pur avendo tanti anni rimane attualissimo. Affronta il tema cruciale del rapporto dell’uomo con il significato delle cose. E lo fa da un punto di vista della ragione».

«Il libro parte dalle domande dell’uomo – incalza Prades – e per don Giussani le domande profonde sono già un inizio di risposta. Se si trascura questa dimensione profonda del cuore, si rischia di vivere senza scopo. A don Giussani, invece, premeva che ciascuno vivesse nell’intera sua statura umana, in pienezza. Non voleva che la domanda su Dio rimanesse astratta o qualcosa di lontano».

Del resto, lo ha confermato lo stesso Papa Francesco nella prefazione al testo: Il dramma del mondo d’oggi è il risultato non solamente dell’assenza di Dio, ma anche, e soprattutto, dell’assenza dell’uomo, della perdita della sua fisionomia, del suo destino, della sua identità, della capacità di spiegare le esigenze fondamentali che si annidano nel suo cuore. La mentalità comune, e purtroppo anche quella di molti cristiani, suppone che tra ragione e fede esista una contrapposizione insanabile. Invece – e qui sta un altro paradosso – “Il senso religioso” sottolinea il fatto che parlare seriamente di Dio significa esaltare e difendere la ragione e scoprirne il valore e il metodo corretto per usarla. Non una ragione intesa come misura prestabilita della realtà, ma una ragione aperta alla realtà nella totalità dei suoi fattori e che parte dall’esperienza, che parte da questo fondamento ontologico che suscita l’inquietudine del cuore.

Il volume presentato ieri sera sarà anche oggetto di lavoro della “scuola di comunità”, lo strumento educativo di chi partecipa al cammino di CL. Consiste nella meditazione personale di un testo, cui seguono incontri comunitari. Il lavoro è concepito proprio come una scuola: ha per metodo il paragone tra la proposta cristiana e la vita, per verificare come la fede risponde alle esigenze dell’uomo in ogni aspetto della realtà. La partecipazione è libera e proposta negli ambienti di vita, di studio e di lavoro.

Il libro

“Il senso religioso” (edizione Bur-Rizzoli, Milano, 2023) è il primo volume del PerCorso, nel quale Giussani riassume il suo itinerario di pensiero e di esperienza. Per il sacerdote brianzolo, il senso religioso è l’essenza stessa della razionalità e la radice della coscienza umana. Si colloca, infatti, a livello dell’esperienza elementare di ciascun uomo, là dove l’io si pone domande sul significato della vita, della realtà, di tutto ciò che accade. È la realtà, infatti, che mette in moto gli interrogativi ultimi sul significato dell’esistenza di ciascuno. Il contenuto del senso religioso coincide con queste domande e con qualunque risposta a queste stesse domande. Nell’ultimo capitolo del libro, monsignor Giussani introduce l’ipotesi della rivelazione, che cioè il Mistero ignoto prenda l’iniziativa e si faccia conoscere incontrando l’uomo. Il cristianesimo ha a che fare con il senso religioso proprio perché si propone come risposta imprevedibile, ma totalmente e pienamente ragionevole, al desiderio dell’uomo di vivere scoprendo e amando il proprio destino.




Alle Ancelle della Carità di Cremona inaugurata l’Area Donna del reparto radiologia

 

«Abbiamo cercato di creare un ambiente unico, un punto in cui le due diagnostiche comunicassero, dove si possa eseguire un esame mammografico seguito da un accertamento ecografico senza troppi disagi, con solo una porta a dividere le due zone». Sono queste le parole che il dottor Antonio Dell’Osso, responsabile di radiologia, ha usato per descrivere la nuova area dedicata alle donne nel complesso del servizio di radiologia della Casa di Cura Ancelle della Carità di Cremona, inaugurata nel pomeriggio di martedì 2 maggio. Presenti all’inaugurazione il vescovo Antonio Napolioni, il sindaco Gianluca Galimberti, del direttore sanitario dell’Asst Rosario Canino e il Consiglio di Amministrazione della fondazione Teresa Camplani di cui fa parte la casa di Cura delle Ancelle, guidato dal Presidente Alessandro Masetti Zannini, dal direttore generale Fabio Russo e dal direttore amministrativo Vittorio Marchetti.

«È un ambiente dove la donna trova la risposta ad una serie di possibili problematiche – ha continuato il dottor Dell’Osso – che non tralascia un certo gusto per il bello: abbiamo aggiunto alcune stampe realizzate con la tecnica della doppia esposizione, ridipinto le stanze e reso l’ambiente accogliente e familiare, ma voglio ricordare le parole di una nostra paziente: “La cosa importante è che ci siate voi medici e infermieri”».

Durante l’inaugurazione è poi intervenuta madre Maria Oliva Bufano, vicaria generale delle Ancelle della Carità fondata da Santa Maria Crocifissa di Rosa, aggiungendo che «c’è tanta gratitudine per tutti quelli che han contribuito a rendere possibile questa realtà, e un ringraziamento speciale al nostro Vescovo che è venuto a portare la benedizione del Signore. Noi siamo cittadine di Cremona dal 1841, la storia è lunga, e siamo state portate qua dalla nostra santa fondatrice per elargire il dono dell’assistenza e della cura a tutti i malati». Ha poi aggiunto che «l’Ancella può dare il massimo della sua capacità nell’assistenza al malato, può dare la propria vicinanza d cui ogni malato ha bisogno, e dove c’è necessità noi continuiamo con il nostro operato nel quale crediamo e nel quale continuiamo a credere ogni giorno».

Anche il vescovo di Cremona ha voluto condividere una breve riflessione con tutti i presenti. Soffermandosi su una diapositiva della presentazione che raffigurava una delle stampe citate dal dottor Dell’Osso, ha sottolineato che «questa immagine rappresenta una città; la città è donna, la Chiesa è donna, la comunità è donna, la salute è donna. Dire che c’è un’area che si prende cura delle nostre donne, delle nostre mamme, sorelle, figlie e amiche è un’attenzione che deve essere emblematica per la società, per la città e per la Chiesa. Che questo avvenga in una struttura sanitaria creata dalle suore, donne, e ispirata da una fondatrice, donna, ci ricorda che ci sono carismi potenti che aiutano ad essere umani, ad essere sul pezzo delle esigenze reali della vita».

Monsignor Napolioni ha poi concluso svelando che «ogni volta che vengo in questa struttura imparo la sinergia, la collaborazione e la stima reciproca. Guai a chi ci tocca le Ancelle, guai a chi ci tocca le nostre strutture, guai a chi ci tocca le nostre donne e le nostre famiglie delle quali dobbiamo prenderci cura proprio come si fa a Cremona».

L’inaugurazione dalla sala dedicata a suor Antonietta si è poi spostata nel reparto donna di radiologia dove si è svolto il taglio del nastro dando così ufficialmente inizio all’operato della nuova area.




Vocazioni, come un meraviglioso poliedro

Un meraviglioso poliedro. Questo il titolo scelto per la sessantesima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, celebrata a livello universale domenica 30 aprile. Un chiaro riferimento alle parole di Papa Francesco, che definisce proprio in questo modo la Chiesa nella Christus Vivit. Allo stesso tempo, un evidente richiamo alla missione di ogni cristiano, invitato a vedere nella comunità le sue molteplici sfaccettature per coglierne il grande valore.

Ospite della nuova puntata di “Chiesa di Casa”, don Francesco Cortellini, vicerettore del Seminario di Cremona e incaricato diocesano per la Pastorale vocazionale, ha ripreso il titolo della Giornata sottolineando la bellezza di «una Chiesa che si compone di molti volti, di molte facce, esattamente come un poliedro. Ed è proprio in questa differenziazione che si cela la presenza del Signore, che in modi diversi chiama gli uomini e le donne di ogni tempo a seguirlo».

Chiamata, invito, proposta sono dunque le parole chiave quando si parla di vocazione. «Immagino il disegno di Dio sulla vita di ciascuno – ha raccontato suor Valentina Campana, dell’equipe diocesana di pastorale vocazionale – come un progetto che ha come scopo ultimo la felicità dell’uomo. A noi è lasciata la libertà di decidere se rispondere alla chiamata del Signore, se accogliere la sua proposta di pienezza».

E se, da un lato, non è sempre semplice cogliere i segnali della vocazione, dall’altra «è forse più semplice – secondo Cortellini – prendere come esempio la dinamica dell’innamoramento: quando lo si sperimenta, ci si accorge di ciò che fa star bene. Allo stesso modo, parlando di vocazione, è importante provare a comprendere quali sono le esperienze che ci scaldano il cuore. Lì il Signore ci parla».

Parlare di vocazione, però, non significa limitarsi al mondo ecclesiastico, o religioso. «Come un meraviglioso poliedro, la Chiesa riconosce il valore di ogni vocazione, di ogni esperienza di vita», ha precisato suor Valentina Campana.

Ed è proprio questo lo scopo della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni: suscitare una riflessione sull’esperienza di vita di ciascuno. «C’è una dimensione di preghiera che è innanzitutto personale – ha concluso don Francesco Cortellini – per la comprensione e l’accompagnamento della vocazione di ciascuno. Ma c’è anche un valore comunitario: ciascuno di noi è invitato a pregare perché nella Chiesa ciascuno colga, viva e incarni la propria vocazione camminando verso la pienezza di vita che il Signore sa donare».

Questo è anche l’augurio che conclude il messaggio di Papa Francesco relativo a questa Giornata: “Le iniziative di preghiera e di animazione possano rafforzare la sensibilità vocazionale nelle nostre famiglie, nelle comunità parrocchiali e in quelle di vita consacrata, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali. Lo Spirito del Signore risorto ci scuota dall’apatia e ci doni simpatia ed empatia, per vivere ogni giorno rigenerati come figli di Dio”.




Soncino in preghiera e in festa con la statua della Madonna pellegrina di Fatima

«Maria è un aiuto a fidarvi della fede, a fidarvi di Gesù, il buon pastore». Così il vescovo emerito di Cremona, Dante Lafranconi, domenica 30 aprile nella chiesa della Pieve, a Soncino, in occasione dell’accoglienza della statua della Madonna pellegrina di Fatima, giunta da Chieti e che rimarrà nel borgo fino a sabato 6 maggio per accompagnare le celebrazioni mariane del mese di maggio in parrocchia, in vista anche dell’apparizione della Madonna di Fatima a tre pastorelli, la cui memoria liturgica ricorre il 13 maggio.

La copia della statua giunta a Soncino è una delle sei presenti al mondo. Proviene dal Portogallo ed è realizzata in legno di leccio. Resterà in Italia per due mesi.

Ad accogliere l’effige della Madonna al Castello il parroco don Giuseppe Nevi con numerosi fedeli e insieme anche il sindaco di Soncino, Gabriele Gallina, e quello di Casaletto di Sopra, Roberto Moreni, gli esponenti delle associazioni locali e la banda. Sono stati loro ad aprire la processione che ha condotto la statua di Nostra Signora di Fatima dalla rocca alla Pieve di Santa Maria Assunta per la celebrazione solenne, presieduta dal vescovo emerito Dante Lafranconi.

Se dal Vangelo di Giovanni emerge chiara «l’immagine di Gesù che è la porta verso la comunità cristiana», «il pastore, colui che ci guida», Maria invece «è colei che si è fidata della fede fino alla croce. O, meglio, è la donna che ha avanzato nella fede fino alla croce». Così il vescovo emerito Lafranconi nell’omelia, nella quale ha sottolineato che Maria «È colei che ci aiuta a fidarci della fede, che ci fa capire che Dio, anche nelle difficoltà, ci salva ed è con noi». E ancora: «Lo ha testimoniato con l’esperienza di Gesù, così ha scelto di mischiare la sua divinità all’umiltà, all’umanità. In questo momento difficile che stiamo vivendo, la fede ha bisogno di forza, di sostegno, di coraggio, ha bisogno di Maria, che ci aiuta ad avanzare con coraggio».

Le celebrazioni a Soncino alla presenza della statua della Madonna pellegrina di Fatima proseguiranno nel corso di tutta la settimana, secondo un ricco programma che potrà essere anche seguito attraverso il canale youtube della parrocchia. Ogni mattina, dopo le lodi mattutine delle 7, il Rosario alle 9 e l’adorazione eucaristica sino alle 12. Ogni sera alle 20.30 la Messa con meditazione.

Nel pomeriggio di lunedì 1° maggio appuntamento alle 15 di nuovo con il Rosario e alle 17 con l’inno akathistos alla Madre di Dio. Martedì, mercoledì, giovedì e venerdì al pomeriggio momenti di preghiera dedicati a bambini e adolescenti. Mercoledì spazio anche alle persone malate con alle 15 il Rosario insieme agli anziani e gli ospiti della casa di riposo. Giovedì 4 maggio la celebrazione serale sarà presieduta dal vescovo Antonio Napolioni. Sabato 6 maggio Messa alle 18 e alle 20.30, processione aux flambeaux fino all’oratorio e consacrazione al cuore immacolato di Maria prima della partenza della statua.

Di fronte a questa statua Papa Francesco ha consacrato l’Ucraina e la Russia chiedendo a Dio, per intercessione di Maria, il dono della pace. L’auspicio è che porti serenità a ciascuno di noi, in una settimana vissuta all’insegna della fede.

 

Il video integrale dell’accoglienza del 30 aprile

 

L’Immagine Pellegrina di Nostra Signora di Fatima

Scolpita seguendo le indicazioni di suor Lucia, la prima immagine Pellegrina di Nostra Signora di Fatima fu offerta dal vescovo di Leiria e coronata solennemente dall’arcivescovo di Evora il 13 maggio del 1947. A partire da questa data, l’immagine ha percorso, diverse volte, il mondo intero, portando con sé un messaggio di pace ed amore.

La genesi di questo percorso risale all’anno 1945, poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando il parroco di Berlino propose che un’immagine di Nostra Signora di Fatima percorresse tutte le capitali e città episcopali d’Europa, fino alla frontiera con la Russia. L’idea venne ripresa nell’aprile 1946, da un rappresentante del Lussemburgo nel Consiglio Internazionale della Gioventù Cattolica Femminile e, nell’anno successivo, nello stesso giorno della sua incoronazione, ebbe inizio il suo primo viaggio.

Dopo oltre mezzo secolo di pellegrinaggi, durante i quali l’Immagine ha visitato ben 64 paesi dei vari continenti, alcuni dei quali per più volte, la Direzione del Santuario di Fatima ha ritenuto opportuno che questa non viaggiasse ulteriormente, se non in occasione di circostanze straordinarie. Nel maggio del 2000 venne collocata presso la mostra “Fatima Luce e Pace”, nella quale venne venerata da decine di migliaia di visitatori. Trascorsi tre anni, più esattamente giorno 8 dicembre 2003, ricorrenza dell’Immacolata Concezione, l’immagine venne consacrata nella Basilica di Nostra Signora del Rosario di Fatima, dopo esser stata collocata su una colonna accanto all’Altare Maggiore. L’immagine pellegrinò nuovamente il 12 maggio del 2014, inizialmente per una visita alle comunità religiose contemplative esistenti in Portogallo (visita che si estese fino al 2 febbraio 2015) e successivamente in visita a tutte le diocesi portoghesi dal 13 maggio 2015 al 13 maggio 2016. Queste uscite hanno avuto come obiettivo il coinvolgimento delle comunità di preghiera e delle diocesi portoghesi nella celebrazione del Centenario delle Apparizioni di Fatima.

Al fine di rispondere alle infinite richieste provenienti da tutto il mondo, vennero nel frattempo realizzate varie repliche della prima immagine pellegrina, fino a raggiungere un totale di tredici.

Da tutti i luoghi visitati provengono resoconti straordinari della presenza dell’Immagine Pellegrina, delle migliaia che accorgono al suo passaggio, delle partecipazioni, che mai prima si sono verificate nelle varie celebrazioni, di un grande numero di penitenti che si prostrano per ottenere il sacramento della riconciliazione, dell’affluenza massiccia di ogni genere di persone, sia bambini che giovani, che adulti e malati, provenienti dai più disparati contesti sociali e perfino da diverse confessioni religiose, insomma resoconti dei significativi frutti pastorali e delle abbondanti grazie concesse.




Società e lavoro, guarda alla festa dei lavoratori la nuova puntata di Chiesa di casa

Lavoro e lavoratori. Questo il centro della festa del Primo Maggio, che pone l’attenzione sulle dinamiche interne al mondo del lavoro, con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Nata a Chicago come rivolta operaia nel 1886, la Festa dei lavoratori si è poi trasformata in un simbolo della lotta per i diritti, e viene celebrata ogni anno con manifestazioni, discorsi e attività culturali. In questo senso guarda al domani: il Primo Maggio non nasce semplicemente per ricordare le conquiste e le necessità dei lavoratori, ma si pone l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le singole coscienze sul valore del lavoro, sulle sue condizioni e sulla valorizzazione che esso merita.

Proprio per questo motivo la nuova puntata di Chiesa di casa, il talk settimanale che la Diocesi di Cremona dedica agli approfondimenti sulla vita della comunità, ha visto la presenza di Eugenio Bignardi, responsabile dell’ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro, e Michele Fusari, presidente del Movimento cristiano lavoratori di Cremona, Crema e Lodi.

«Per la Chiesa è importante parlare di lavoro – ha sottolineato Bignardi – perché rappresenta una parte consistente della vita di ciascuno. Sul lavoro si vivono relazioni, incontri e dinamiche che coinvolgono in modo consistente le persone, sia nei rapporti tra loro, sia con le istituzioni. L’ufficio di pastorale sociale cerca proprio di inserirsi in questo continuo dialogo per portare lo stile del Vangelo nel quotidiano della vita di ciascuno».

Oltre ad una presenza istituzionale, però, quella della Chiesa è anche una vicinanza concreta ai singoli lavoratori. «Noi come Movimento cristiano lavoratori – ha spiegato Fusari – cerchiamo di farci prossimi alle persone che incontriamo, occupandoci di formazione, accompagnamento e sostegno. Di fatto, ciò che ci sta maggiormente a cuore, è il bene della persona, che spesso passa anche dal suo modo di vivere il lavoro».

Di nuovo, lavoro e lavoratori. Cura del mondo sociale, ma, soprattutto, dei singoli. E a fare la differenza, secondo Bignardi, «è la capacità di sensibilizzare i lavoratori, stimolando, da parte loro, una vera e propria partecipazione attiva alla vita della società».

Lo stesso magistero della Chiesa prevede un coinvolgimento della comunità cristiana nelle dinamiche istituzionali e sociali di ogni tempo. «Mi piace pensare che ci sia chiesto di comprometterci con la realtà che ci circonda – ha scherzato il presidente di Movimento cristiano lavoratori – ovvero di non fermarci a guardare ciò che accade come spettatori. L’idea che ci guida è quella di entrare nel mondo per abitarlo davvero».

Il riferimento alle questioni salienti del nostro tempo è chiaro: crisi socio-economica, attenzione all’ambiente, ricerca di condizioni di lavoro eque… Per Bignardi «noi cristiani siamo invitati caldamente a dire la nostra, a interrogarci, a trovare e proporre strade e soluzioni utili al bene di tutti. Ecco perché il Primo Maggio è, una volta di più, occasione utile per fermarci a pensare al contributo che ciascuno di noi può dare alla realtà in cui vive».

Festa dei lavoratori, dunque, che non fa rima esclusivamente con il lavoro inteso in senso stretto. Secondo Michele Fusari, infatti, «è difficile pensare ad un agire umano, cristiano, che non abbia alla base un percorso di formazione spirituale. Ciò significa che a fare la differenza non sono semplicemente le nostre azioni, bensì ciò che le guida. Per questo la pastorale sociale e del lavoro è molto spesso un’esperienza di carità: non si limita a tentare di risolvere problemi, ma si preoccupa di farsi carico, a tutto tondo, della vita delle persone».

Lavoro e lavoratori. Ma non solo. Persone, si potrebbe dire, sintetizzando il pensiero della Chiesa, espresso da Eugenio Bignardi e Michele Fusari.

Il Primo Maggio, caratterizzato ancora oggi dalle battaglie per i diritti, portebbe essere l’occasione per portare alla luce l’interrogativo vero quello più autentico e personale, che ciascuno può rivolgere a se stesso: come portare l’umanità, il Vangelo, nel quotidiano? E anche un momento per celebrare i progressi fatti in questo campo e per guardare al futuro con speranza.




La città in cammino verso la Santa Casa, luogo di «umiltà e unità»

Guarda la fotogallery completa

 

Con un invito alla città di Cremona a «riscoprire l’umiltà e l’unità» e un incoraggiamento ai credenti ad «essere uniti da una fede gioiosa ed impegnata», il vescovo Antonio Napolioni ha aperto il mese mariano, la sera del 2 maggio, con la tradizionale processione dalla Cattedrale alla Santa Casa (copia del 1624 di quella di Loreto) in Sant’Abbondio.

Una serata corale che si è aperta in Cattedrale con una preghiera presieduta dal vescovo, accompagnato dall’emerito Dante Lafranconi, per «invocare lo Spirito Santo sulla Chiesa diocesana e sulla città attraverso l’intercessione di Maria», della Vergine lauretana in particolare, co-patrona di Cremona. Risale infatti al 1625 la decisione del Consiglio Generale di Cremona di porre sotto la protezione della Madonna nera la comunità locale.

Illuminata dai flambeaux, accesi con la fiamma del cero pasquale, dopo una breve preghiera, una processione di sacerdoti, in primis i canonici, seminaristi, religiosi, seguiti dal sindaco e dai fedeli laici si è snodata per le vie del centro, come in un pellegrinaggio verso Sant’Abbondio, dove ad accogliere tutti c’era il parroco don Andrea Foglia. Una processione di antica tradizione che ricalca quella solenne grandiosa, registrata dalla storia, nel 1630 quando i cremonesi invocarono l’aiuto della Madonna nera contro la diffusione della peste, ormai alle porte del centro cittadino. Una processione, durante la quale è stato recitato il rosario, che ancora oggi si fa testimonianza viva tra le case, nel cuore della diocesi, «non verso un alto monte, ma verso una piccola casa – ha detto Napolioni nella riflessione al termine della processione – nascosta tra le nostre case, un piccolo luogo che ci dona un grande messaggio: sono con voi sempre, sto nelle vostre case, sono di casa nel vostro cuore».

 

Guarda la fotogallery completa

 

Uno spazio, «una casa del Sì», come l’ha definita il vescovo, e non solo di quello pronunciato da Maria davanti all’angelo che le portava l’annuncio della nascita del Cristo. «Una casa di tutti i Sì», quelli dietro i quali ci sono scelte difficili, a volte dolorose o scelte di vita. Perché questo luogo dal sapore antico, voluto nel 1624 dal giureconsulto Gian Pietro Ala, è «un luogo dove cercare una certa intimità e quindi il senso della vita, dove educare i giovani chiamati alla libertà delle scelte». Ed anche il luogo al quale deve guardare l’intera città, la comunità civile e quella dei credenti. E infatti, come tradizione, il vescovo si è rivolto, per l’occasione, all’intera città auspicando «Umiltà ed unità per una Cremona bella, concreta e laboriosa», che sappia rivolgere lo sguardo all’unica madre. Con quella forza in più data dalla comunità dei credenti che devono sapere sfoderare una fede «gioiosa ed impegnata».

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni




A San Sigismondo la veglia di preghiera per le vocazioni guardando alla Gmg insieme ai giovani

«Io vi ascolterò. Non capita spesso che il vescovo presieda una preghiera, una messa, portandosi la penna. Perché dovrò scrivere quello che mi direte, e in base a questo proverò a restituirvi qualche traccia per il cammino». Con queste parole il vescovo di Cremona Antonio Napolioni si è rivolto ai giovani che in estate partiranno alla volta di Lisbona per la Giornata mondiale della gioventù. L’occasione è stata la veglia di preghiera che ha vissuto con loro in preparazione alla 60ᵃ Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni nella serata di venerdì 28 aprile nella chiesa monastica di San Sigismondo, a Cremona.

E proprio la comunità claustrale domenicana, nelle parole della priora, madre Caterina Aliani, ha voluto dare il benvenuto ai tanti giovani giunti dalle diverse parti della diocesi, esprimendo il desiderio delle monache a «unirci in preghiera con voi e per voi, perché l’esperienza a cui vi disponete sia bella e fruttuosa per la vostra crescita umana e cristiana». E precisando il carisma di un monastero di clausura ha auspicato che questo possa essere «il luogo ideale dove mettere le radici di un’esperienza che non è solo vostra, ma di tutta la Gmg», ricordando anche che «La vocazione alla preghiera dà alla nostra vita di monache un respiro grande quando il mondo». «Andare e restare» i due verbi che esprimono il modo con cui i giovani e le monache, nei rispettivi carismi, vivranno la prossima Gmg e la missione da discepoli. Divisi da centinaia di chilometri di distanza ma uniti da una forte comunione di fede.

Veri protagonisti della serata i pellegrini cremonesi pronti alla partenza (ma non solo), raccolti in una preghiera a misura di giovane, seguita dagli schermi degli smartphone e caratterizzata dalla collaborazione e dal confronto.

La vocazione è la linea che guiderà il viaggio verso la città portoghese, e a portarne la testimonianza è stata suor Michela Consolandi, giovane religiosa originaria di Cumignano sul Naviglio entrata nelle Figlie di Maria Ausiliatrice dopo averne conosciuto il carisma durante la Gmg del 2011 a Madrid. «Alla Gmg ho trovato una familiarità che mai avrei immaginato, un sentirmi a casa. – ha raccontato –. Da quel momento “il bambino sussultò di gioia nel suo grembo”, sussultò di gioia nel mio grembo e il magnificat da lì è sgorgato, da lì la mia vita non ha più potuto mettere fra parentesi questa esperienza della Gmg e questa esperienza di incontro con il carisma a cui ho aderito».

«Questa serata ha il sapore della gratitudine – ha affermato la religiosa salesiana –. Gratitudine per la Chiesa che mi ha generato alla fede, e porto la mia testimonianza togliendomi i sandali come ha fatto Mosè. Avevo da poco compiuto 20 anni quando per la prima volta sono andata in Gmg, insieme ai ragazzi e alle ragazze del movimento giovanile salesiano. Quanti giovani hanno intuito qual è il disegno di Dio nella loro vita grazie alla Gmg! Dobbiamo farci cercatori del disegno di Dio su ognuno di noi. A 20 anni il tempo che passavo tra le mura della chiesa non era mai abbastanza, ma cercavo da me la risposta alle mie inquietudini e ai miei dubbi. Mi sono proposta di vivere la Gmg pronta ad accogliere tutto quello che sarebbe venuto, e per la prima volta, tra i giovani che volevano solo far del bene, mi sono sentita veramente a casa. I gemiti del mio cuore avevano trovato il loro senso nello spendersi per gli altri, e la cosa più importante è diventata il “per chi” avrei vissuto da quel momento».

Ascolta la testimonianza di suor Michela

 

I giovani sono stati chiamati quindi a riflettere insieme in gruppi di lavoro, confrontandosi su alcuni dei temi che intendono affrontare nel loro viaggio, scrivendo e appuntando i propri pensieri. Per questo i bachi della chiesa monastica erano stati riordinati quasi a formare un cerchio che unisse la comunità claustrale e i presenti

Riflessioni che poi sono state condivise con il resto dei presenti e con il Vescovo, che armato di carta e penna, ha ascoltato con attenzione le questioni e le speranze espresse dai giovani: «La vostra vita è fatta di esperienze, speranze, momenti belli, momenti difficili, ma ognuno di questi istanti fa parte di un percorso – ha detto il Vescovo –. Fondamentale rimane avere il programma un progetto di vita, un traguardo che ci spinga a fare del bene, un traguardo che si pone il prossimo come obiettivo e non come mezzo. E proverete, per chi va in Gmg per la prima volta, che cosa significa condividere ogni momento con i propri compagni di viaggio».

Riferendosi poi alla Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il Vescovo ha preso in mano la lettera di papa Francesco per la Giornata mondiale della gioventù sintetizzandone alcuni passaggi, sottolineando che «la via della vocazione, la strada che porta a conoscere Dio, è composta da due parti, bisogna avvicinarsi e poi bisogna toccare». E ha proseguito: «Il viaggio che porta all’amore per il Signore è fatto di esperienze, di tanti momenti che ci fanno avvicinare, fino ad arrivare al punto in cui lo si tocca con mano, Lui ci tocca con mano, rendendoci testimoni della Parola».

Seguiranno altri momenti zonali in preparazione alle Gmg, fino alla partenza, preceduta da un altro momento diocesano promosso dalla Pastorale giovanile insieme al vescovo che conferirà ai pellegrini pronti a mettersi in viaggio il mandato.

 

“Non c’è vocazione senza missione“