1

Gli oratori di Cremona riflettono sulle ferite del mondo per guardare alla speranza della Pasqua

Sabato 1° aprile tutti gli oratori della città di Cremona si sono riuniti, alle 18, presso la chiesa di S. Agata per un momento di preghiera quaresimale in  preparazione alla Pasqua dal tema: “Le ferite del mondo”.

«Questo momento, che è stato proposto dagli oratori a tutta la città, è nato da un incontro dei giovani, un incontro cittadino dello scorso febbraio», ha spiegato don Pierluigi Fontana, vicario di Cristo Re e referente della pastorale giovanile cittadina, introducendo l’incontro. E ha proseguito: «Ci siamo messi davanti ad alcune delle ferite del mondo e ci siamo interrogati su che cosa la parola di Dio ci dice, che cosa la Chiesa ha detto nel tempo, che cosa troviamo nel Vangelo. La terra grida, l’umanità urla, ma anche Dio parla, attraverso la sua Parola, attraverso la Chiesa che cammina nel mondo».

L’evento è iniziato con la lettura e la possibilità di riflessione personale dei partecipanti su dieci installazioni collocate all’interno della chiesa, rappresentanti le “ferite del mondo”. Tra queste s“Terremoto e calamità naturali”, “Ambiente. Cambiamenri climatici e consumismo”, “Violenza sulle Donne”, “Guerra e conflitti”.

Le installazioni erano composte da articoli di attualità sui temi proposti, accompagnati da citazioni tratte da Vangeli, esortazioni apostoliche ed encicliche. Presenti sui pannelli anche opere artistiche a supporto del messaggio.

Nella seconda parte del pomeriggio vi è stato un momento di preghiera nel quale si è riflettuto sulla Passione del Signore, facendo riferimento alle piaghe che stanno affliggendo il mondo.

L’iniziativa, pensata dalla Pastorale giovanile della città di Cremona, aperta a giovani e non solo, ha visto un’ampia partecipazione.




Il vescovo ai futuri sposi: «La Chiesa al vostro servizio, perché non siate soli»

Guarda la photogallery completa dell’incontro

 

«Grazie per averci ricordato la bellezza di essere fidanzati e la bellezza anche del fare la scelta di sposarsi in chiesa». Così Roberto Dainesi, insieme alla moglie Maria Grazia Antonioli, responsabili dell’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare, ha aperto l’incontro dei futuri o novelli sposi con il Vescovo Napolioni. L’evento, che si è tenuto nel pomeriggio di domenica 19 marzo presso il Seminario vescovile a Cremona, intitolato “Come sigillo sul mio cuore “, ha visto intervenire quanti hanno preso parte quest’anno agli itinerari in preparazione al matrimonio, insieme ai sacerdoti e alle coppie che li hanno accompagnati in questo percorso.

L’incontro, introdotto delle canzoni “Per due che come noi” di Brunori Sas e “Sempre e per sempre” di Francesco De Gregori, come linguaggio della musica per esprimere l’amore, è stato caratterizzato anche dall’arte pittorica quale espressione di amore, attraverso il quadro “Compleanno” di Marc Chagall. Le coppie hanno posto su un pannello i frammenti che hanno composto l’opera simbolo dell’amore del pittore per la moglie attraverso un bacio in aria.

 

«È molto bella l’attenzione con cui l’artista fissa i particolari sulla tela, un po’ come riconoscere quello che lei fa per lui, commuoversi di fronte a quello che lei gli dona, ed è un po’ quello che noi come sposi siamo chiamati, il vedere la bellezza dell’altro», ha spiegato Maria Grazia Antonioli, prima di lasciare il microfono a Stefano Priori, che ha portato la testimonianza del suo rapporto matrimoniale attraverso un monologo nel quale ha raccontato aneddoti di vita quotidiana in modo ironico, sottolineando la ricchezza di essere diversi.

 

 

Ascolta il monologo proposto da Stefano Priori

 

Le coppie sono state poi suddivise in gruppi, all’interno dei quali si sono confrontate su tematiche riguardanti il “tutta la vita”, la fedeltà, il “sì”, il “dialogo”, i “figli” e il “sacramento”, partendo dalla lettura di brani dell’enciclica Amoris Laetitia. Riflessioni che sono diventate spunti di riflessione nel successivo dialogo con il vescovo Napolioni.

«Sono felicissimo di scoprire le domande che avete dentro e insieme seguirle come piste per il cammino, farò qualche passo insieme a voi sperando che questo non accada solo oggi, qui, ma che accada in tante altre occasioni», ha affermato mons. Napolioni prima di confrontarsi con le coppie.

«Perché scegliete di vivervi insieme, perché credete nella famiglia, se non perché tutto diventa possibile a chi crede, a chi ama, tutto è possibile a Dio e ai suoi piccoli figli che si fidano di lui. Tutto sarà possibile anche a voi. Da vescovo ve lo prometto e vi metto a servizio la mia Chiesa, perché non vi lasci soli» ha sottolineato il vescovo.

Presente anche don Enrico Trevisi, coordinatore dell’area pastorale Famiglia di famiglie, eletto vescovo di Trieste e che il 25 marzo sarà ordinato vescovo in Cattedrale, che ha affiancato monsignor Napolioni nel dialogo stimolato dalle domande poste dai futuri sposi.

Ascolta il dialogo tra il vescovo Napolioni e i fidanzati

L’incontro, che è stato molto partecipato, si è concluso con un momento di preghiera e il saluto del Vescovo Napolioni e don Enrico Trevisi che hanno distribuito d ogni coppia una calamita, come ricordo dell’incontro e augurio per l’inizio del cammino matrimoniale.

 

«Nei percorsi in preparazione al matrimonio tanti strumenti per vivere la nostra relazione»




Castelverde ricorda mons. Gardinali nell’80° anniversario della morte del fondatore dell’Opera Pia “SS. Redentore”

In occasione dell’80° anniversario della scomparsa di mons. Pietro Gardinali, arciprete per quarantotto anni di Castagnino Secco e fondatore dell’Opera Pia SS. Redentore, giovedì 12 gennaio alle 21 si è tenuta la commemorazione nella chiesa parrocchiale di Castelverde.

La serata è stata introdotta da don Giuliano Vezzosi, parroco dell’unità pastorale “Madonna della Speranza” di cui fa parte la parrocchia di Castelverde: «La parrocchia di Castelverde – ha detto – ha voluto commemorare con questa serata la figura di monsignor Pietro Gardinali per dare risalto alla figura carismatica e profetica di questo sacerdote che già più di cento anni fa, insieme ad altri sacerdoti cremonesi ha dato origine a un’attenzione profonda alla società di allora e soprattutto ai più bisognosi».

All’inizio della serata ha preso parola anche don Claudio Rasoli, presidente della Fondazione “Opera Pia Ss. Redentore” che ha espresso il suo pensiero riguardo la figura di mons. Gardinali:

«Ciò che mi ha colpito della figura di monsignor Gardinali è sicuramente la capacità di leggere i bisogni del tempo e trovare delle soluzioni immediate».

Il professor Matteo Morandi, storico locale, nella prima parte della serata ha letto il discorso scritto dal professor Giampietro Goffi, che non ha potuto presenziare, spiegando il contesto storico nel quale ha vissuto l’arciprete di Castagnino.

Nella seconda parte della serata il professor Morandi ha illustrato i quarantotto anni in cui il sacerdote è stato parroco a Castagnino.

«Don Pietro Gardinali ha rappresentato per la parrocchia un elemento particolarmente importante nella rifondazione di un’idea di comunità» ha sottolineato Il relatore.

La serata è stata impreziosita anche da alcuni brani musicali per organo e tromba interpretati dai maestri Giorgio Scolari e Giuseppe Riccucci. Presenti tra il pubblico una delegazione dell’amministrazione comunale e alcuni sacerdoti che negli anni hanno prestato servizio preso la parrocchia di Castelverde.

Tra le iniziative in occasione della commemorazione di mons. Gardinali da sabato 14 gennaio sarà possibile visitare, nell’ingresso dell’RSA dell’Opera Pia una piccola mostra fotografica dedicata al sacerdote e curata da Danio Milanesi e domenica 15 gennaio, alle 10.30, nella chiesa di S. Archelao, mons. Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa, presiederà la celebrazione in suffragio.




Il Vescovo al Te Deum: «Entriamo curiosi, disponibili, obbedienti a ciò che egli ci prepara nei giorni e negli anni e nell’eternità a venire»

 

Nel pomeriggio dell’ultimo giorno dell’anno il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto, come da tradizione, la santa Messa di ringraziamento presso la chiesa di S. Agostino a Cremona. A concelebrare insieme a mons. Napolioni il vescovo emerito Dante Lafranconi, don Irvano Maglia, parroco dell’Unità pastorale, con gli altri sacerdoti dell’Unità pastorale Cittanova.

Nella sua omelia il vescovo ha ricordato Papa Benedetto XVI, venuto a mancare proprio nella mattinata del 31 dicembre: «Riflettiamo un istante su di noi, sul nostro tempo, sull’anno che si conclude e si conclude con questa notizia, con questa voce, con questo volto» ha esordito mons. Napolioni.

Ha quindi proseguito la sua riflessione prendendo spunto dagli ultimi scritti di Papa Benedetto XVI in particolare dal dialogo intitolato Ultime Conversazioni.

«La sua speranza non è mai andata in pensione, ci fa bene riscoprire fino in fondo il suo sguardo sulla Chiesa – ha commentato il vescovo – ci aiuta a vivere questo assaggio di fine anno, perché il tempo rischia di schiacciarci»

E proprio allo scorrere del tempo mons. Napolioni ha dedicato la sua riflessione: «I tempi ideali non esistono, esiste l’anno di grazia del Signore, ogni anno è Anno Domini, è proprietà di Dio, è invenzione di Dio, è carità di Dio per darci il tempo di resistere, il tempo per credere, il tempo per amare, il tempo anche per soffrire, abbracciare e astenersi dagli abbracci»

«Auguriamoci davvero che l’anno che sta per iniziare dipenda dall’ascolto della Parola, dalla gioia della fede, dalla vita delle comunità, dall’operosità della nostra carità della nostra solidarietà, ma tutto ciò sempre come segno e seme di ciò che il Signore ha la fantasia di creare. Entriamo – ha concluso –curiosi, disponibili, obbedienti a ciò che egli ci prepara nei giorni e negli anni e nell’eternità a venire»

La Messa si è conclusa con la preghiera del Te Deum, inno cristiano di ringraziamento, cantato tradizionalmente la notte di San Silvestro per ringraziare il Signore dell’anno appena trascorso.




Inaugurata al Museo Diocesano la mostra fotografica “Exodus”

Guarda qui la photogallery completa

Nella mattinata di sabato 17 dicembre, presso il Museo Diocesano di Cremona, si è svolta l’inaugurazione della mostra fotografica “Exodus” di Nicolò Filippo Rosso. Il progetto fotografico nasce nel contesto del “Festival della Fotografia etica” di Lodi e nel progetto “Festival on the road” che permette di diffondere in modo capillare la mostra.

Arriva a Cremona nel periodo natalizio e, come ha sottolineato don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, è «occasione preziosa per raggiungere il centro nevralgico del tema del Natale, che è un Dio che scende in mezzo agli uomini e si fa uomo, ma in una condizione estremamente vicina al tema toccato nella mostra».

Prima mostra fotografica al Museo Diocesano, con lo scopo, come spiegato da Stefano Macconi, curatore del museo, di «mettere in dialogo la collezione di opere d’arte antica con fotografie contemporanee».

Il percorso espositivo (visitabile sino al 17 febbraio), come spiegato dal curatore del “Festival della Fotografia etica” di Lodi Alberto Prina, «racconta un tema importante, stringente. Sono storie uniche, emozionanti ma ancor di più necessarie- e prosegue Prina- pensiamo che Exodus sia veramente una storia che vale la pena vedere per raccontare, comprendere e approfondire il tema della migrazione».

Il fotografo Nicolò Filippo Rosso per quattro anni ha percorso le rotte migratorie documentando il viaggio di rifugiati e migranti dal Venezuela alla Colombia e dall’America centrale al Messico e agli Stati Uniti. Il fotografo, ancor prima di scattare, ha vissuto con queste persone, creando un dialogo e ascoltando con empatia le loro storie. Questo si può notare dalle fotografie, realizzate in bianco e nero, che mostrano la vicinanza dell’artista con i soggetti, non tiene le distanze ma è dentro la scena per raccontare in modo autentico la vita dei migranti.

Laura Covelli, curatrice della mostra, ha specificato che «spesso il fenomeno delle migrazioni è un tema anche monopolizzato, l’importanza invece per il fotografo è sempre di far emergere i volti dietro queste storie che spesso sono molto lontane e che in alcuni casi non sempre raggiungono i media tradizionali”- ha poi proseguito- Provare a far entrare il visitatore e catturarlo attraverso queste immagini impattanti è stato un po’ l’obiettivo del fotografo e del festival della fotografia etica di Lodi appunta con questa curatela all’interno del Museo Diocesano».

All’inaugurazione era presente anche l’assessore alla cultura del Comune di Cremona Luca Burgazzi.

 

Il progetto “Exodus”

In America Latina, la mancanza di opportunità lavorative e di accesso all’istruzione, la corruzione della politica e l’impunità, persistono da generazioni, alimentando un circolo vizioso di violenza e migrazioni, al tempo stesso sintomo e causa dell’esistenza di società disgregate.

Per quattro anni il fotografo ha percorso le rotte migratorie documentando il viaggio di rifugiati e migranti dal Venezuela alla Colombia e dall’America centrale al Messico e agli Stati Uniti. Raccontando le storie di bambini, adolescenti, donne incinte o che stavano allattando, provenienti da diversi Paesi, ha avuto modo di vedere come le innumerevoli storie di perdita si fondessero in un’unica narrazione attraverso gli occhi dei migranti più vulnerabili: quelli che nascono, crescono e muoiono in movimento.

La crisi politica e socio-economica che ha investito il Venezuela nel 2016, ha spinto cinque milioni di migranti ad andarsene dal Paese. La Colombia è la nazione più colpita da questo esodo. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), sono 1,8 milioni i venezuelani in Colombia, di cui mezzo milione bambini: un numero certamente sottostimato perché non tutti vengono registrati.

Nel 2021, dopo che gli uragani Eta e Iota hanno colpito il Centro America, Nicolò si è recato in Honduras. Inondazioni e smottamenti avevano colpito 4,5 milioni di vittime, alimentando una delle migrazioni più significative dell’ultimo decennio verso gli Stati Uniti. Questo lavoro documenta il viaggio dei migranti tenendo presente le differenti ragioni che spingono le popolazioni a emigrare, con la consapevolezza che la mobilità umana è ciò che definisce le società di questo continente. Decenni di guerra civile, povertà endemica o violenza rendono difficile per i migranti trovare condizioni migliori di quelle che lasciano. Attraversando terre di confine controllate da bande e gruppi ribelli, le persone sono esposte alla tratta e al reclutamento. Alcuni non raggiungono mai la loro destinazione, altri continuano a spostarsi, spesso a piedi, sperando di trovare un posto dove iniziare un nuovo capitolo della loro vita.

 

Nicolò Filippo Rosso

Nicolò Filippo Rosso (1985) è un fotografo documentarista italiano che vive in Colombia. Si è laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino, in Italia. Fotografare in America Latina significa spesso testimoniare storie di traumi, disuguaglianze e ingiustizie che hanno sconvolto il continente per generazioni. Nicolò ha scelto di raccontare storie di comunità abbandonate, crisi migratorie di massa, conflitti e cambiamenti climatici.

Dal 2018, dopo alcuni incarichi editoriali che documentano la migrazione venezuelana in Colombia, ha deciso di continuare a raccontare quel fenomeno storico anche attraverso i suoi progetti autoriali. Ha iniziato a trascorrere settimane e mesi in alcune zone di
confine, camminando lungo le rotte migratorie insieme a coloro che non dispongono del denaro per raggiungere una grande città o il confine più vicino in autobus.

La mobilità rappresenta una condizione umana del nostro tempo e, sebbene Nicolò volga il suo sguardo sull’America Latina, le famiglie di tutto il mondo sfuggono a guerre, disuguaglianze, povertà, disastri naturali e regimi totalitari.

Dopo molti anni passati a documentare storie di migrazione, ha capito che questi migranti continueranno ad essere al centro dei suoi progetti futuri. Ampliando un corpo di lavoro già esistente, nel 2021, si è recato in America Centrale e in Messico per documentare
l’attraversamento di rifugiati e migranti negli Stati Uniti.

Oltre ai suoi lavori personali ed editoriali per riviste, quotidiani e Ong, tiene spesso conferenze su fotografia e giornalismo nelle università colombiane, europee e statunitensi.

Ha ricevuto numerosi premi come il World Press Photo nella categoria Contemporary Issues, l’International Photography Award e il Getty grant per la fotografia editoriale. Il suo lavoro è stato ampiamente pubblicato su The Washington Post, Courrier International,
Le Point, Internazionale e Der Spiegel.




Il vescovo a Castelverde per la festa patronale di S. Archelao

Sfoglia la Photogallery completa

Nel pomeriggio di domenica 28 agosto presso la chiesa parrocchiale di Castelverde, nell’unità pastorale Madre Nostra formata dalle cinque comunità presenti nel comune di Castelverde, è stata celebrata la festa patronale di sant’Archelao con la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napoleoni e concelebrata dal parroco don Giuliano Vezzosi, dal vicario don Matteo Bottesini, dal collaboratore don Claudio Rasoli e dagli ex parroci della comunità. Presenti anche alcuni seminaristi che negli anni hanno prestato servizio presso l’unità pastorale.

La celebrazione è stata introdotta dalle parole del parroco: «Abbiamo voluto questo momento non solo come festa della parrocchia di Castelverde ma anche come inizio della festa degli oratori, dell’inizio di un nuovo anno pastorale». E ha proseguito don Vezzosi: «Proprio per questo abbiamo portato la statua della Madonna della Speranza, che poi girerà nelle nostre chiese, per fare in modo che l’inizio di questo anno pastorale sia l’inizio di un nuovo cammino delle nostre comunità riunite insieme ed essere, tutti insieme, come è stato sant’Archelao, testimoni del Vangelo». La celebrazione è iniziata con l’offerta dei ceri da parte della Amministrazione comunale, rappresentata dal sindaco Graziella Locci e dai membri della Giunta, segno di collaborazione e di cammino insieme.

«A che serve un patrono? – ha esordito il vescovo Napolioni nella sua omelia – Quanto avrei voglia di fare un’intervista ai più anziani della comunità per sapere come si sono affezionati nel tempo a una figura di cui conosciamo molto poco». «Diacono e martire – ha detto ancora in riferimento alla figura del patrono – sono due parole ricche, che ci bastano a sceglierlo, ad accoglierlo, a viverlo come patrono. Avere come patrono uno che ha fatto della sua vita un continuo servizio agli altri vuol dire che la sua vita serve». E ancora: «Ma se è martire vuol dire che la sua morte serve ancora di più, perché i martiri non sono morti a caso, per sbaglio, per una malattia, per un incidente, ma per amore di Cristo, per fedeltà, per grazie». Ha poi proseguito il vescovo: «Come far sì che il nostro Dio non sia deludente, e che anche i patroni e i santi non ci lascino a bocca asciutta? Bisogna accettare che Dio e i santi siano provocanti, sconcertanti, perché si accenda più luce nella mente, si scaldi il cuore e la speranza trovi le sue ragioni più profonde». Come ha sottolineato mons. Napolioni, «Sant’Archelao ci mostra un’altra strada, quella di entrare in una relazione talmente viva e forte con Gesù vivente, morto e risorto, con la sua Parola e con i suoi gesti da introdurre nella propria vita. Un principio di vita eterna, di immortalità, di fecondità inesauribile».

L’omelia che si è conclusa con un augurio: «Vi auguro un buon inizio, un nuovo inizio fino a quel giorno in cui sarà l’inizio eterno che ci vedrà in festa al di là dei limiti che abbiamo sperimentato sulla terra, perché sarà il Signore stesso a darcene il senso, lo stile, il ritmo, la pienezza».

La celebrazione si è conclusa con la processione accompagnata dalla banda Anelli di Trigolo.

A seguire la cena condivisa in oratorio, che ha permesso ai parrocchiani di vivere insieme un monto di condivisione e di festa.

La festa patronale di Sant’Archelao ha permesso alla comunità di riunirsi anche il sabato con la proposta di un laboratorio di gessetti per bambini realizzato da esperti Madonnari che durante il pomeriggio hanno realizzato opere d’arte poi esposte in chiesa. Sempre sabato 27 agosto, in serata, un pellegrinaggio di 16 km ha attraversato tutte e cinque le parrocchie dell’unità pastorale.




#WMOF22, Zona 3: teatro, musica e testimonianze a Borgo Loreto

L’oratorio di Borgo Loreto, a Cremona, è stato scelto come teatro della Giornata mondiale per le famiglie per le famiglie della zona 3, vissuta in contemporanea in tutte le zone pastorali della diocesi nel pomeriggio di sabato 25 giugno.

Prima l’accoglienza, durante la quale è stato dato alle famiglie un braccialetto per la divisione in quattro gruppi. Oltre al braccialetto, è stato consegnato un pezzo di un puzzle, che è servito poi, durante l’evento, a comporre il logo dell’Incontro mondiale.

Prima dell’inizio delle attività in chiesa è stato trasmesso il videomessaggio con il saluto che il vescovo Napolioni, da Roma, ha voluto rivolgere a tutte le famiglie riunite nelle diverse zone della diocesi.

Bambini e adulti si sono quindi messi in gioco, insieme, nelle varie attività distribuite tra quattro stand. Uno a stampo teatrale, allestito da Alberto Ferrari, Federico Benna e Silvia Botti, in cui alcuni ragazzi e adulti hanno reinterpretato i brani della Genesi rendendo più fruibile ai bambini il senso della famiglia sin dagli albori. Poi uno stand musicale, in cui i coniugi Betti e Giuseppe Ruggeri hanno guidato le famiglie a trasformare il testo di una popolare canzone: nuove parole a tema famigliare per una canzone imparata da tutti i gruppi e utilizzata come inno della giornata. Uno stand della testimonianza, in cui Maria Chiara Tolomini e i coniugi Eleonora e Davide Longhi hanno condiviso con i gruppi le loro esperienze di cura e di convivenza: cura di una madre anziana e convivenza nel contesto di Casa Beth, un condominio, sito in via Diritta 22, a Cremona, costituito da sette appartamenti autonomi, una taverna, una officina, un piccolo bagno, una lavanderia, due cortili e un giardino, in cui coabitano, per scelta, sette nuclei famigliari. Scelta avvenuta sì per necessità, ma compiuta per vivere una situazione di condivisione, sostegno e aiuto reciproco, valori che sono alla base del rapporto di amicizia che intercorre tra queste sette famiglie. Infine uno stand “creativo”, in cui i coniugi Lena e la famiglia Panena hanno guidato i presenti in un laboratorio manuale, ispirato al tema del brano del Vangelo delle nozze di Cana.

Le famiglie si sono poi riunite in chiesa per il momento di preghiera e per ascoltare insieme l’omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata in Piazza San PIetro nel pomeriggio proprio nel contesto del X Incontro mondiale delle famiglie.

L’incontro zonale si è concluso con la cena comunitaria per tutti i partecipanti all’incontro.




A Sospiro il Grest educa all’inclusione sociale

Sfoglia la photogallery completa

Grest è da sempre sinonimo di giochi, divertimento e costruzione di relazioni. Al grest dell’unità pastorale Madre Nostra, a Sospiro, sempre più importanti sono le collaborazioni con il territorio e in particolare con la realtà di Fondazione Sospiro.

In particolare ai ragazzi di quinta elementare e delle medie del Grest sono state aperte le porte di Cascina San Marco, l’impresa agricola sociale di Tidolo che si occupa di coltivazione, raccolta e trasformazione di frutti rossi. Protagonisti dell’azienda sono giovani con disabilità intellettiva e autismo che possono sperimentare la vita lavorativa partecipando in prima persona a tutte le fasi della produzione delle confetture guidati da personale qualificato.

Grazie alla collaborazione tra oratorio e Fondazione i ragazzi del Grest, accompagnati dagli animatori e dal vicario don Francesco Tassi, hanno potuto vivere alcuni momenti della raccolta dei frutti insieme agli ospiti di Fondazione Sospiro e tra i filari si sono costruite relazioni e nuove amicizie.

I bambini delle altre classi delle elementari, invece, pur rimanendo in oratorio hanno avuto la possibilità di svolgere laboratori di danza-movimento e di pittura insieme ai ragazzi di Fondazione, guidati da esperti che lavorano nella struttura dell’istituto ospedaliero di Sospiro.

«È bellissimo essere riusciti anche quest’anno – ha affermato Simone Zani, presidente di Cascina San Marco – a popolare la nostra realtà sociale con giovanissimi e adolescenti del Grest, impegnati a fianco dei nostri ragazzi nelle varie attività; un’esperienza educativa e di crescita che stiamo sviluppando da diversi anni grazie alla preziosa collaborazione con la Parrocchia di Sospiro».  E don Federico Celini, parroco e moderatore dell’unità pastorale conferma: «Una collaborazione intensa, la nostra, che si è sviluppata all’insegna di una forte e motivata condivisione di unità di intenti, che fa bene a tutti».

L’iniziativa, nelle sue diverse forme, ha permesso davvero di educare all’accoglienza, all’apertura e sensibilizzare all’inclusione sociale.




Feste Grest, una giornata di giochi e amicizia a Castelverde per gli oratori della Zona 2

Sfoglia la photogallery completa

 

Giochi, entusiasmo, divertimento e amicizia hanno caratterizzato la prima festa zonale dei Grest che si è svolta nella giornata di mercoledì 22 giugno presso l’oratorio di Castelverde.

Questo è stato il primo dei due incontri organizzati dalla zona pastorale 2, il secondo appuntamento sarà a Soresina il 29 giugno.

Presenti circa 650 tra bambini e animatori provenienti dagli oratori di Casalbuttano, Castelverde, Paderno Ponchielli, Sesto Cremonese, Spinadesco, Olmeneta, Pozzaglio, Corte de Frati, Casanova, Acquanegra e Fengo.

La giornata, coordinata da Gianluca Aleo (educatore del Grest di Castelverde), è iniziata alle 10 con l’ormai popolarissimo inno del Grest 2022 “Batticuore” ballato con energia contagiosa dagli animatori e da tutti i bambini presenti.

Il momento di preghiera è stato guidato da don Matteo Bottesini, vicario dell’unità pastorale “Madonna della Speranza” che, dopo la lettura del Vangelo di Marco sulla guarigione di un paralitico, ha proposto una riflessione adatta al clima della giornata: «Anche noi oggi abbiamo una missione grande – ha detto – , è bello avere degli amici che ci accompagnano; amici più grandi, come gli animatori, che oggi vi guideranno in questa giornata». E ha quindi proseguito: «I nostri amici, come quelli  del paralitico del Vangelo che lo hanno calato dal tetto, fanno di tutto per offrirci la cosa migliore. La cosa migliore per il paralitico era quella di arrivare a Gesù e perché accada i suoi amici arrivano ad un gesto che sembra quasi da pazzi. Ci vuole una parola chiave: ingegnarsi, usare la nostra creatività per riuscire a portare tutti al meglio che si può avere. È bello pensare che qualcuno fa di tutto perché noi possiamo stare bene, perché anche noi possiamo incontrare il Signore e vivere delle giornate belle. Oggi – ha concluso – ci diamo anche il tempo per accoglierci, aspettarci, conoscerci, metterci anche noi davanti a Gesù».

Con questo spirito di condivisione e di attenzione alle relazioni positive, gli animatori dei diversi oratori hanno organizzato giochi in diverse postazioni all’interno dell’oratorio e i bambini hanno potuto divertirsi e sfidarsi a tiro alla fune, calcio, basket, Twister, okay su prato, percorsi e tanti altri giochi.

Alle 12.30 il pranzo al sacco per rigenerarsi e poter ricominciare a giocare tutti insieme alle 13.30.

Nel pomeriggio protagonisti dei giochi anche gli animatori con la sfida a calcetto dei ragazzi e a tiri liberi a canestro delle ragazze, sempre accompagnati dal tifo entusiasta dei bambini.

A conclusione della giornata è stato proclamato vincitore della festa zonale dei Grest 2022 proprio l’oratorio ospitante di Castelverde.




Alle Colonie Padane lo spettacolo “I Benedetti” ha inaugurato gli eventi in città per l’Incontro mondiale delle famiglie

Nella serata di mercoledì 15 giugno alle Colonie Padane di Cremona è andato in scena lo spettacolo “I Benedetti”, interpretato da Giada Generali e Stefano Priori, quest’ultimo anche autore della rappresentazione. La serata, offerta dalla Zona pastorale 3, ha aperto il programma degli eventi promossi in città nell’ambito dell’Incontro mondiale delle famiglie che sabato 25 giugno coinvolgerà in una modalità diffusa le cinque zone pastorali della diocesi.

Lo spettacolo ha voluto mettere in luce il tema dell’affido ed è stato promosso e realizzato con la collaborazione de “Il Girasole”, associazione di famiglie affidatarie che opera da 25 anni sul territorio cremonese

La serata è stata introdotta dai coniugi Mariagrazia Antonioli e Roberto Dainesi, incaricati diocesani per la Pastorale familiare, che hanno aiutato a comprendere il prossimo evento mondiale delle famiglie a partire dal titolo “L’amore famigliare: meraviglioso e fragile”. «Pensiamo che l’occasione di stasera sia davvero un modo per celebrare un amore così grande e allo stesso tempo così bisognoso di cura e sostegno», ha sottolineato Maria Grazia Antonioli.

Prima dello spettacolo hanno preso la parola anche i coniugi Sara Chan e Stefano Gusperti, dell’associazione “Il Girasole”, che hanno portato la loro testimonianza di genitori affidatari. «Il nostro obiettivo come famiglia – hanno sottolineato – è quello di intravedere quello che il signore ci fa percepire in questi piccoli che hanno bisogno di essere accolti e amati nella nostra famiglia» ha affermato Stefano Gusperti e ha proseguito «Essere famiglia affidataria è meraviglioso ma al contempo impegnativo perché ci mette a dura prova; tuttavia, crediamo che essere famiglia affidataria sia la dimostrazione che si può amare in modo gratuito e incondizionato»

Tante le famiglie che hanno partecipato alla serata con grande interesse e voglia di stare insieme per riflettere su un tema molto importante quale l’affido. Durante lo spettacolo i più piccoli sono stati coinvolti in un momento di gioco garantito da animatori provenienti dagli oratori cittadini.

“I Benedetti” è la storia di due persone: l’incontro di due vite che, attraverso alcuni oggetti, rimettono in gioco e rileggono i propri ricordi alla luce del tempo che, passando, li ha fatti diventare adulti, percorrere strade diverse, ma non li ha fatti perdere di vista. Si inizia da un telefono che squilla e da una proposta: una bambina ha bisogno di una famiglia che la accolga. Sara arriva presto, poco prima di Natale e ad accoglierla c’è Paolo. Spaesati, confusi, entrambi pieni di aspettative ma anche di perplessità. In scena non ci sono le famiglie, non ci sono i servizi sociali, ma ci sono 2 figli con la loro storia, con la loro naturale quotidianità che viene raccontata in un’ora di spettacolo che affronta un tema serio con un linguaggio leggero, frizzante e divertente quanto basta. È proprio il rapporto tra due “quasi fratelli” – un figlio naturale e uno in affido, che vivono un tratto della loro vita, l’infanzia e l’adolescenza, sotto il tetto della famiglia Benedetti – ad essere raccontata e messa in scena. Inevitabili le gioie, gli attriti, le confidenze, i litigi, ma anche e soprattutto la vita di tutti i giorni. Proprio la vita di tutti i giorni emerge dirompente nella sua semplicità e naturalità, tanto che anche chi non ha mai sperimentato l’affido, vedendo certe scene, si può rispecchiare e sentirsi protagonista e partecipe di una vita che potrebbe essere anche la sua. Uno spettacolo adatto a un pubblico di adolescenti, ma anche di giovani e adulti, un metodo efficace per informare e sensibilizzare riguardo un tema tanto importante quanto delicato quale l’affido.

Lo spettacolo ha anticipato l’evento di sabato 25 giugno quando, nel pomeriggio, la Zona pastorale 3 si darà appuntamento dalle 17 all’oratorio di Borgo Loreto, in via Ceccopieri 1 (con possibilità di parcheggio in piazza don Amigoni): attività e stand aiuteranno a valorizzare diversi aspetti dell’essere famiglia oggi accompagnando verso il momento di preghiera comunitaria prevista per le 19. Un’occasione di incontro che continuerà con la cena insieme, per festeggiare così l’Incontro mondiale delle famiglie. Per ragioni organizzative è gradita l’adesione entro il 20 giugno, segnalando la partecipazione nelle parrocchie della città o scrivendo una mail a zona.terza@gmail.com.

Il programma degli eventi del 25 giugno nelle cinque zone pastorali

 

Scarica e condividi il post social