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Circoli Acli verso la ripresa: sul territorio gli incontri con il presidente Tagliati

A più di un anno dall’isolamento dovuto alla pandemia da Covid-19, il presidente delle Acli della provincia di Cremona, Bruno Tagliati, ha ripreso a incontrare i soci dei circoli per ridiscutere la loro organizzazione alla luce delle numerose difficoltà incontrate in questi ultimi mesi. «I circoli ACLI non possono ancora rientrare a pieno regime per effetto dell’attuale Dpcm – dichiara Tagliati -. Questo ci impedisce di riavviare le attività di accoglienza presso le nostre strutture, oltre che di riattivarci sulle numerose necessità del territorio in cui cerchiamo da sempre di essere presenti».

Di questo, e molto altro, si è discusso in particolare domenica 9 maggio durante la visita che il presidente Tagliati ha avuto presso il Circolo ACLI Cornaleto aps, dove i soci hanno lamentato una situazione di sconforto e disagio provocati dalla prolungata chiusura del circolo.

«In una realtà di paese – prosegue Tagliati – il Circolo ACLI rappresenta un’icona del paese, indispensabile per la vita sociale, culla delle relazioni umane, una delle più importanti occasioni di socialità e di vita ricreativa». L’ulteriore chiusura decisa a livello politico può mettere in crisi i beneficiari dei servizi che i circoli ACLI propongono. Ci si augura che a breve si possa ripartire con tutte le attività, in piena sintonia tra il Circolo ACLI di Cremona  e i circoli provinciali, perché l’unione fa la forza. Il che, in questo momento, davvero non guasta.




Accoglienza, due richiedenti asilo accolti in famiglia a Casalmaggiore

La Diocesi di Cremona aderisce al progetto di Caritas Italiana “Apri”, acronimo di “Accogliere Proteggere promuovere Integrare”.

Nato dal precedente “Protetto. Rifugiato a casa mia”, che Caritas nazionale aveva sperimentato a partire dal 2013-2014, il progetto “Apri” si presenta come un’ulteriore opportunità per la comunità ecclesiale di essere messa al centro di un percorso di seconda accoglienza per i richiedenti asilo residenti nel territorio cremonese. Destinatari del progetto sono infatti uomini e donne con alle spalle un percorso migratorio sfociato nel riconoscimento del titolo di asilo o protezione umanitaria, in procinto di uscire dalla prima accoglienza per affacciarsi a un futuro autonomo e integrato. Qui sta il ruolo della società accogliente che, con la sua rete di contatti e di collaborazioni accompagna il beneficiario, per i sei mesi previsti dal progetto, nella ricerca di un lavoro, di un’abitazione, di una maggiore conoscenza delle istituzioni locali e dei servizi offerti.

In particolare, la Diocesi di Cremona ha avviato nel gennaio 2020 una prima fase di sensibilizzazione sul territorio attraverso l’incontro con gli operatori pastorali dislocati nelle varie zone. Nonostante lo stop dovuto alla pandemia, che ha notevolmente prolungato i tempi, il progetto non è stato accantonato ma si è potuto implementare a partire dal gennaio 2021 in tre realtà diocesane che ricoprono una larga fetta dell’esteso territorio. A Cremona e a Piadena le accoglienze attivate sono tre, due invece a Casalmaggiore. In tutti i casi la seconda accoglienza trascorrerà presso strutture parrocchiali, il che descrive lo sforzo congiunto di Caritas e comunità parrocchiale, che mette a disposizione spazi e famiglie tutor.

In particolare a Casalmaggiore la struttura prescelta per permettere questo passaggio verso un futuro di autonomia è la Casa dell’accoglienza, fondata nel 1989 dall’allora parroco della città don Paolo Antonini, dal 2003 affidata dalla Parrocchia di Santo Stefano alla Caritas diocesana. In due dei quattro mini-alloggi dotati di servizi indipendenti, adibiti alla seconda accoglienza, vivono David e  James, giovani di origini ghanesi con regolare permesso di soggiorno, residenti nel nord Italia da diversi anni. Affidati all’accompagnamento di due famiglie casalasche, che hanno aderito al progetto a partire dall’impegno sul tema migratorio del circolo ACLI di Casalmaggiore di cui fanno parte, David e James presentano come personale vulnerabilità la ricerca di un alloggio indipendente, che non sono riusciti a trovare nonostante il lavoro fisso. Le famiglie tutor li aiuteranno in questa ricerca e nel tessere una trama proficua tra la loro necessità e l’offerta presente sul territorio.

Tutte le accoglienze avviate in Diocesi riguardano uomini dai 20 ai 40 anni, generalmente provenienti dal continente africano dell’est (Gambia, Ghana, Senegal), in generale titolari di protezione umanitaria o di un permesso di soggiorno definitivo.

Alla comunità locale non resta altro che aprire un canale di interazione che permetta loro di inserirsi completamente nel tessuto sociale cittadino, portando a compimento il percorso verso l’autonomia e la cittadinanza. Una cittadinanza attiva, di cui essere tutti protagonisti, insieme.




Il cammino verso Santiago protagonista venerdì sera nella chiesa di Borgolieto

Prende avvio alla fine del mese di aprile un ciclo di conferenze sul tema del pellegrinaggio, organizzato dalla Parrocchia di Gussola e dal Segretariato diocesano pellegrinaggi. Venerdì 30 aprile alle ore 20.45 si svolgerà, presso la chiesa di Borgolieto, la prima tappa di questo percorso, che, in occasione anche dell’Anno Santo Compostelano, vedrà come protagonista il pellegrinaggio a Santiago de Compostela.

L’occasione è fornita dalla presentazione del volume “Santiago de Compostela – il cammino”, di cui è autore don Roberto Rota, parroco di Gussola e Torricella del Pizzo nonché incaricato diocesano per i pellegrinaggi e la pastorale del turismo.

Ad accompagnarlo, in questa prima serata pubblica in presenza, dopo tanto tempo, che si svolgerà con la massima osservanza ai protocolli anti-Covid, il maestro Alessandro Zaini, che intervallerà con musica dal vivo la descrizione del testo.

«Si tratta di uno strumento di preparazione e riflessione sul senso di un’esperienza dal punto di vista della fede – spiega don Rota -. All’interno del volume prendono spazio le motivazioni che portano al pellegrinaggio a Santiago. Ma anche le tappe dove sono venerati alcuni santi antichi, citati dal Codice Callistino, e altri santi moderni».

Il tema del pellegrinaggio sarà affrontato, quindi, per recuperarne il senso originario, quello che risiede nello «spirito della fede», dove la motivazione a intraprendere un cammino tanto impegnativo (800 km circa) si basa sulla ricerca interiore di sé come «specchio della vita», perché «la mia vita si specchia in questa impresa che si sta intraprendendo nel silenzio, nella riflessione e nella preghiera».

Se pur si limita ancora a un vago progetto, la serata getterà le basi per una prossima proposta di partenza in direzione Santiago de Compostela, in pellegrinaggio sulla tomba dell’apostolo Giacomo.

Il prossimo appuntamento, che si terrà a giugno in data da destinarsi, verterà sul pellegrinaggio a Gerusalemme.

 

L’Anno Santo Compostelano

A Santiago de Compostela si celebra l’anno giubilare ogni volta che il 25 luglio cade di domenica. Questo accade con una sequenza temporale ogni sei, cinque, sei e undici anni. Si inaugura con l’apertura della Porta Santa la sera del 31 dicembre dell’anno precedente. Come un simbolo della durezza del Cammino, l’arcivescovo di Santiago colpisce con un martello d’argento tre volte dall’esterno il muro che chiude questo accesso. La porta rimarrà aperta i dodici mesi successivi e sarà l’accesso che utilizzeranno tradizionalmente i pellegrini per entrare nel tempio.

La creazione dell’Anno Santo a Santiago risale al XV secolo. Si ritiene che il primo nella storia sia stato il Giubileo del 1428, o forse quello del 1434, entrambi indetti dall’arcivescovo Don Lope de Mendoza.

Tuttavia, prima dell’ufficializzazione dell’Anno Santo Compostelano, durante il Medioevo i pellegrini potevano ottenere numerose indulgenze a Santiago, concesse dalla Chiesa compostelana in rappresentanza dell’Apostolo, avvocato dei suoi pellegrini dinanzi al Giudice Supremo. Le indulgenze sono benefici spirituali per lo stesso pellegrino, o per una persona ammalata o defunta che lui rappresenta.

A partire dalla creazione dell’Anno Santo, potevano ottenere la stessa grazia anche i pellegrini che, in un anno normale, visitassero la cattedrale il 25 luglio, festa della Passione di Santiago, o nella festa della Dedicazione della cattedrale, il 21 aprile, o nella festa della traslazione del corpo dell’Apostolo in Galizia, il 30 dicembre. Così si riduceva la pressione che avrebbe potuto provocare la concentrazione di pellegrini in un solo giorno d’estate, il 25 luglio, convocando i pellegrini anche in primavera e in inverno.

Ottenere il giubileo equivale ad ottenere l’indulgenza plenaria o il perdono dei peccati che concede la Chiesa. Per questo motivo, i pellegrini devono osservare alcuni precetti indicati dalla Chiesa, come visitare la cattedrale di Santiago oltre a pregare e a ricevere i sacramenti della penitenza e della comunione.




Un dolce augurio di Pasqua alle strutture Caritas

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi la carità, sarei un bronzo risonante o un cembalo che tintinna”. Così insegnava Paolo di Tarso alle neonate comunità cristiane in Corinto nel I secolo dopo Cristo. Regola aurea anche oggi, che porta diverse realtà cittadine a destinare il loro pensiero e una buona dose di dolcezza (quantificabile in un gran numero di uova di cioccolato) a Casa Nostra Signora e alle altre strutture “opera segno” di Caritas cremonese.

La parrocchia di Cristo Re, il Lyons Club Torrazzo e Lyons Club provinciale, oltre a tanti privati, hanno infatti donato alle ospiti presenti nelle strutture di accoglienza un segno della loro vicinanza in un tempo pasquale che sembra non terminare mai. Ogni giorno si vive nell’attesa della Resurrezione, che poi arriva anche in semplici gesti.

Nicoletta D’Oria Colonna, responsabile di Casa Nostra Signora, ci confida la sorpresa nel verificare che «pur in un tempo così apparentemente privo di speranze, c’è chi non perde l’occasione per offrire un accompagnamento», che si traduce in fare volontariato e organizzare raccolte benefiche a favore di chi vive nelle strutture di accoglienza.

«In questo anno i numeri dei collocamenti sono aumentati – prosegue la D’Oria Colonna – al punto che in qualche occasione non si è potuto procedere con le accoglienze». Molti però hanno cercato un modo per poter essere operativi e dare il proprio contributo personale e umano, dettato dalla voglia di essere “accanto a”. «Penso a quando ci arrivano i doni per bambini e donne, che vengono accompagnati da un biglietto in cui le parole si elevano a diventare filo di connessione tra anime. In questo mondo liquido, digitale, ritroviamo la bellezza semplice di una parola scritta sulla carta».

E di bellezza la Caritas cremonese è davvero ricolma se don Pier Codazzi, che di Caritas è responsabile, afferma: «In questi mesi molti si sono ingaggiati nel cercare risposte alle difficoltà del tempo che viviamo. Dai contributi alla “Borsa di S. Omobono”, alla donazione di generi alimentari, fino ai concreti, nascosti e quotidiani gesti di solidarietà e di vicinanza a chi è in difficoltà». Concludendo con una riflessione teologica: «Nella Chiesa la “carità” che viene da Dio si declina come “segno” che interpella il mondo», don Codazzi riflette il segno tracciato dal popolo di Dio cremonese, operante in nome della più grande delle virtù teologali, la carità, e a cui rivolge un personale ringraziamento. «Un grazie sincero a Dio e a tutti i testimoni di carità».




Nuova luce per il Duomo di Casalmaggiore

Si sono conclusi i lavori di installazione della nuova illuminazione a led nel Duomo di Casalmaggiore. La realizzazione, affidata alla ditta Polato Impianti Elettrici di Valeggio sul Mincio, è stata voluta dal parroco don Claudio Rubagotti e dai suoi collaboratori per intervenire sui costi proibitivi dovuti a un impianto ormai vetusto.

L’inaugurazione, anticipata durante la Messa di San Giuseppe con una parziale accensione del nuovo impianto, ha avuto luogo durante la Veglia di Pasqua.

«Oltre a voler onorare la memoria di don Alberto Franzini, che aveva progettato nel 2002 l’allora nuova illuminazione – dichiara don Rubagotti – c’è anche un discorso economico ed ecologico. Ora abbiamo un’illuminazione decisamente migliore a metà del costo».

Citando il Salmo 36, «alla tua luce vediamo la luce», il parroco ragiona sul senso di intraprendere quest’intervento in un tempo oscuro come quello attraversato. «Dare nuova luce al nostro Duomo – conclude – permette la visione dei suoi stucchi, affreschi, quadri finora nascosti dalle tenebre e consente di rigustare i colori della vita. Come in antichità, durante i momenti di oscurità è bello far festa. E l’assemblea vedrà che l’atmosfera creata è davvero festosa».




Maria Paola Negri (Cif): «La parità nasce nelle relazioni e ci riguarda tutti»

Alla vigilia delle celebrazioni dell’8 marzo, giornata internazionale dei diritti della donna dal 1977, la pagina domenicale di Avvenire dedicata alla Diocesi di Cremona ha proposto un’intervista a Maria Paola Negri, presidente del Centro femminile italiano (Cif) di Cremona, a comporre una panoramica sulle donne nella Chiesa. Tra le voci anche quelle di Paola Bignardi e Isabella Guanzini (apri la pagina diocesana di Avvenire del 7 marzo).

Professoressa Negri, il fil rouge della giornata dell’8 marzo 2021 per il Centro italiano femminile è «Ripensare la relazione: uguaglianza, differenza, alleanza». Qual è il contributo che l’essere donna cristiana può portare al tema della parità di genere? «Il tema che abbiamo individuato, in un periodo così difficile per la storia dell’umanità, si rivolge sia agli uomini che alle donne. L’attenzione si concentra, infatti, sulle relazioni. È un richiamo al dibattito di questi ultimi mesi sulla presenza femminile, con particolare riguardo all’uguaglianza delle opportunità, alla differenza, riferita alla specificità di genere, e all’alleanza possibile tra uomo e donna. Il contributo fondamentale che le donne cristiane intendono portare alla conquista di una parità, ancora lontana, si fonda sul valore della dignità della persona e sulla appartenenza all’unica famiglia umana. Questi temi sono importanti anche per lo sviluppo nella Chiesa di un progressivo riconoscimento della specificità della donna e del suo contributo alla comunità ecclesiale».

Alla luce della sua esperienza personale, come è possibile conciliare il ruolo privato della donna con quello sociale e pubblico? «La conciliazione tra impegni di famiglia e professione è un tema complesso. Il cammino da fare in questa direzione per consentire a ogni donna di esprimersi nel lavoro e nelle esperienze di cittadinanza attiva è molto lungo. Si tratta di modificare quanto ancora nella mentalità corrente penalizza le donne. Da moglie, madre e professionista riconosco alla relazione di coppia e alla positiva condivisione dei compiti in famiglia un ruolo fondamentale per la piena realizzazione della donna anche nel mondo del lavoro».

Una parola sui prossimi obiettivi del Cif di Cremona. «La presenza del Cif cremonese si qualifica per un’attenzione costante all’autentica promozione della donna in ogni ambito. Sono stati realizzati momenti formativi, anche online, in collaborazione con l’Università Cattolica, per facilitare l’incontro tra generazioni. Prosegue, inoltre, la collaborazione con gli uffici diocesani per la pastorale scolastica e quella sociale e del lavoro. La sede dell’associazione presso Casa di Nostra Signora ci impegna a una presa in carico delle situazioni di fragilità e di marginalità vissute da molte donne, italiane e straniere. Nella pagina facebook del Cif Lombardia sono presentate le iniziative per l’anno in corso; sul sito www.cifnazionale.it, inoltre, sono proposti tre incontri per riflettere su come le donne abitano un mondo che le considera ancora straniere».

Sara Pisani




Il vescovo ha aperto l’anno della famiglia, dove «l’amore umano può diventare infinito» (VIDEO E FOTO)

Come accogliere l’appello di papa Francesco a mettere la famiglia al centro della vita della Chiesa, in un tempo in cui le famiglie sono messe in forte crisi per mancanza di lavoro, difficoltà economiche, isolamento dei figli in dad? Come richiamare a gesti di maternità e paternità in un periodo in cui anche lo scambio di pace durante la S. Messa può al massimo passare da uno sguardo e da un sorriso abbozzato a fior di mascherina?

La Chiesa cremonese fa propri gli interrogativi, le riflessioni e le sfide che accompagnano nell’anno che il Santo Padre ha voluto intitolare “Famiglia Amoris Laetitia”, a cinque anni dalla pubblicazione della esortazione apostolica, e che si è aperto proprio nella giornata della festa di San Giuseppe, il 19 marzo

Il vescovo Antonio Napolioni ha inaugurato in diocesi questo speciale anno celebrando nella serata di venerdì 19 marzo la Messa nella Chiesa di Cristo Re, di cui è parroco don Enrico Trevisi, coordinatore del tavolo pastorale “Comunità educante, famiglia di famiglie”, e vi risiedono Maria Grazia e Roberto Dainesi, sposi cremonesi che dirigono l’Ufficio per la pastorale familiare.

La fotogallery della celebrazione

«Oggi ha inizio l’anno della famiglia Amoris laetitia – ha dichiarato don Trevisi introducendo la celebrazione – per rilanciare che in ogni famiglia ci sia al centro il Signore e che al centro della Chiesa ci sia la famiglia». E ha proseguito «Otto anni fa Francesco iniziava sua missione e subito ha posto attenzione alla famiglia. Il tempo che passa rivela questa scelta necessaria e profetica».

Come profetico fu, in diocesi di Cremona, porre una coppia di sposi come incaricati di l’Ufficio per la pastorale familiare che durante tutto l’anno sostiene la costituzione di gruppi famiglia, organizza iniziative in collaborazione con associazioni dislocate sui territori, propone corsi prematrimoniali e momenti di accompagnamento per divorziati, separati e in nuova unione.

Allora inaugurare l’anno della famiglia a partire dalla festa del papà è un richiamo ad una maggiore attenzione che anche la comunità cristiana deve riporre nei confronti dei cambiamenti vissuti dalla famiglia, dalle coppie, dalle differenti generazioni.

«Ascoltare e conoscere quel che accade nelle case – ha riflettuto il Vescovo Napolioni nella sua omelia – non sia per controllare o insegnare ma per comprendere e cogliere il cammino a cui andiamo incontro». Per far sì che quest’anno rimetta al centro della comunità cristiana la gioia data dall’incontro d’amore, nella consapevolezza che «l’amore umano ha dei limiti ma può diventare infinito se riconosce di essere inscritto in una storia di amore potente, quella di Dio padre fedele e misericordioso».

Quando la famiglia, anche quella ferita, diventa scuola di vocazione, ad ogni caduta segue una risurrezione. «Così sono fatte le nostre relazioni – ha concluso monsignor Napolioni – Se le parrocchie e le comunità vivessero questo tutti i giorni nelle piccole cose, non avremmo bisogno di fare altro».

Così come Papa Francesco ha insegnato a pregare San Giuseppe nella sua lettera apostolica “Patris Corde”, allo stesso modo la comunità orante di Cristo Re si è appellata a lui, alla fine della celebrazione liturgica, pregando le litanie e sostando di fronte all’immagine della Sacra Famiglia di Nazareth. Con lo sguardo rivolto a Giugno 2022, quando a Roma si terrà l’incontro mondiale delle famiglie. «Magari passata la pandemia andremo a Roma a fare festa con il Papa – ha concluso il vescovo Napolioni – ma la cosa veramente importante è fare festa già da stasera con Gesù che abita le nostre case».

Il video della celebrazione




I volti, le famiglie, le povertà… si è conclusa la Visita pastorale del vescovo Napolioni a Casalmaggiore (GALLERY E VIDEO)

È terminata domenica 28 febbraio con la Messa festiva delle ore 11 nella Chiesa di S. Stefano in Casalmaggiore la Visita Pastorale del vescovo Napolioni alla città iniziata nella giornata di venerdì.

Particolarmente significativa, tra i molti incontri vissuti dal Vescovo Napolioni, la visita al Campo della comunità Sinti di Casalmaggiore, avvenuta sabato 27 in mattinata. Dopo aver incontrato la Comunità Socio-Sanitaria “Casa Giardino”, struttura gestita dalle suore di Gesù sofferente, che accoglie ragazzi disabili, anziani soli e persone con parziale o temporanea non autosufficienza, il Vescovo è stato accompagnato dal parroco don Claudio Rubagotti, alla presenza di don Arrigo Durante e di don Angelo Bravi, presso campo sinti di via del Porto, che da decenni ospita diverse famiglie di etnia sinti e che nel 2013 è divenuta a tutti gli effetti un quartiere di Casalmaggiore, grazie a un importante processo di integrazione e riqualificazione urbana.

Ad accogliere monsignor Napolioni c’era Maria, abitante del campo dalla prima generazione, quando nel 1986 i rom sinti provenienti dalla regione indiana del Punjub decisero di divenire stanziali e di farlo in questa zolla di terra casalasca dimenticata da tutti: da un lato il fiume Po e dall’altro la discarica cittadina.

«Vi ringrazio di avermi accolto nella vostra casa» ha dichiarato il Vescovo salutando i bambini che numerosi accorrevano a lui. «Oggi con voi conosco un angolo di Casalmaggiore che non mi era noto». A contenere l’entusiasmo dei bimbi Achemi, Paola e Marisa, che con il marito Franco costituiscono da sempre il nucleo centrale del campo.

È proprio Franco a spiegare il perché della specificità di questo quartiere di Casalmaggiore che un tempo veniva definito, contro tutte le evidenze, “campo nomadi”. «Mio nonno è originario della Sicilia – ha spiegato al Vescovo -. Ma noi siamo lombardi da generazioni e abitiamo in case fisse. Per noi la stanzialità è una scelta».

Guarda la gallery completa della visita al campo Sinti

Nel campo di Casalmaggiore, infatti, le tipiche roulotte a cui il nostro immaginario si è abituato sono state sostituite alla fine degli anni ‘80 da case con tutte le forniture idro-elettriche. È il risultato di uno storico accordo tra gli abitanti del Campo e l’allora Amministrazione comunale, che ha permesso a tanti bambini sinti di frequentare la scuola. E che fa sì che dal 1998 a Casalmaggiore si abbia la prima generazione scolarizzata tra i Sinti di tutta la Regione Lombardia.

Al Vescovo sono state narrate le storie belle di rivalsa, di diplomi presi, di matrimoni riusciti, di integrazione. Così come i problemi comuni a tutti i quartieri di una città di medie dimensioni. «Non si può vivere – ha denunciato Marisa- sui fontanazzi sopra cui sono state costruite le nostre case. Ad ogni alzata del fiume portano centimetri d’acqua tra bagno e cucina». Il Vescovo, in ascolto silenzioso, ha condiviso preoccupazioni e portato il suo conforto.

Non è mancata poi la visita alla piccola chiesetta costruita al centro del Campo, dove ogni settimana (in periodo di Covid i tempi si sono dilatati) viene ricevuto il pastore della Chiesa Evangelica di Mantova o di Piacenza e i tanti giovani del campo pregano e cantano inni al Signore.

Cantano come avvenuto sabato mattina, sotto il pergolato apparecchiato per l’occasione con un lauto aperitivo. Imbracciata la chitarra, Kamir (divenuto dopo gli studi capo-magazziniere in un noto supermercato della zona) ha intonato il primo canto di Lode a Dio, accompagnato da Dameris, Sciatilo, Jessica, Mosè, Achemi, Keira, Belen, Freida e molti altri. Sono la terza generazione dei Sinti di Casalmaggiore. Qualcuno abita ancora nel campo, altri hanno trovato una sistemazione diversa ma tornano sempre nelle occasioni speciali, come questa della visita del Vescovo Antonio. Loro, che non si dichiarano cattolici ma uomini di profonda fede, per cui Dio ha lasciato segni indelebili nelle loro vite, alzano le braccia al cielo in segno di preghiera, tutti insieme, padroni di casa e ospiti, invocando il Padre Nostro in un clima di fratellanza e reciproca fiducia. «Oggi ci avete testimoniato l’amore che parla al Signore -ha concluso Mons. Napolioni- che dà senso alla fatica di crescere e di costruire un mondo nuovo insieme, a partire dallo stesso Gesù». E, benedicendo i presenti, «su di voi, sui vostri sogni, sui vostri desideri, scenda la benedizione di Dio che ci unisce oggi in una grande e sola famiglia».

 

Guarda la gallery completa della visita alla Casa Giardino

Nel pomeriggio il Vescovo ha avuto l’occasione di incontrare gli operatori della carità, in un dialogo aperto e sincero sulle necessità che le associazioni locali impegnate nel sociale stanno riscontrando, in tempi in cui la povertà aumenta e le risorse vanno equamente distribuite. «Saremo giudicati sulla carità perché questo è il nostro primo comandamento» Monsignor Napolioni ha incitato i rappresentanti delle associazioni presenti nella Chiesa di San Francesco, Centro di aiuto alla vita, San Vincenzo de’ Paoli, Croce Rossa, Protezione Civile e Acli. Alla presenza di don Pier Codazzi, responsabile di Caritas Cremona, il Vescovo, ha rilanciato su alcuni risultati che vanno perseguiti: maggiore partecipazione dei giovani alle azioni di volontariato, maggiore sinergia tra gli enti e le istituzioni, cambio di mentalità nell’ottica di riconoscere come “fratelli tutti”, principio fondatore della Croce Rossa Italiana che richiama da vicino il senso e il titolo dell’ultima enciclica di Papa Francesco.

«C’è un’urgenza – ha dichiarato il Vescovo -. Come dare speranza alle tante famiglie che hanno necessità impellenti». E, citando un brano di “Fratelli tutti”, ha ricordato che per avere un mondo aperto servono uomini e donne dal cuore aperto.

«Non esiste carità senza preghiera, senza oratorio e senza fare rete. Dobbiamo aprirci di più per far crescere la rete. Per noi tutti sono figli di Dio. In quest’ottica la comunità deve avere un progetto condiviso, che vada al di là degli steccati ideologici».

Ha concluso l’incontro un pensiero di don Codazzi: «Ho il desiderio che tutte queste realtà qui rappresentate trovino un senso di unità», aggiungendo «Vorrei che la Casa di accoglienza (fondata nel 1989 da don Paolo Antonini, ndr) ritornasse ad essere un segno per tutta la cittadinanza». Il riferimento implicito è all’avvio del Progetto APRI di Caritas Italiana anche a Casalmaggiore, grazie ad alcune famiglie che vi hanno aderito con entusiasmo.

Nel pomeriggio hanno fatto seguito altri incontri, con le famiglie di bambini e ragazzi in procinto di ricevere i Sacramenti; e un incontro ecumenico tra il Vescovo e la comunità cattolica ghanese di Casalmaggiore, la comunità pentecostale e quella metodista. Entrambi i momenti hanno richiamato numerosi cittadini, che hanno potuto dialogare francamente con il loro Vescovo.

Infine, ultima tappa della Visita, la celebrazione della S. Messa di domenica 28, presieduta dal Vescovo, concelebrata dal parroco don Claudio Rubagotti e dai collaboratori don Angelo Bravi e don Cesare Castelli.

«Oggi vengo da voi per confermare che Dio è con noi e che ad ogni sofferenza segue la risposta della trasfigurazione» ha esordito il Vescovo nell’omelia, facendo riferimento alla Parola del giorno. «Il Padre ha trasfigurato il dolore in amore eterno. A noi spetta consegnare ai giovani la speranza della trasfigurazione, superando la tentazione della continua lamentela». E ha concluso dando appuntamento al prossimo anno per raccontarsi se siamo stati in grado di «percorrere la strada dell’amato che ci indica il cammino».

A chiusura della celebrazione la comunità ha voluto fargli dono di un segno ricco di significato, una croce pettorale di color argento su sfondo color oro. Ad accompagnare il gesto Letizia Frigerio, conservatore del Museo del Bijou di Casalmaggiore.

«Nel pensare quest’opera – ha dichiarato la Frigerio – l’artista si è ispirato al patrimonio del Museo del Bijou, in ricordo di operai e operaie capaci di creare con materiali umili oggetti belli e preziosi. Lo doniamo a Lei con la speranza di imparare ad essere parte viva di una Chiesa umile in un mondo fragile».

È seguito, tra gli applausi, un pensiero all’«amato don Alberto Franzini che – ha dichiarato il Vescovo- avrebbe sicuramente apprezzato». La celebrazione si è conclusa con i ringraziamenti da parte del Parroco don Rubagotti a tutti coloro che si sono impegnati in questa tre giorni di Visita Pastorale.




Nel fine settimana la visita pastorale fa tappa a Casalmaggiore

C’è fermento nelle parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo, a Casalmaggiore, per la visita pastorale del vescovo Antonio Napolioni, che dal 26 al 28 febbraio giungerà in città.

Diverse le iniziative messe in campo dal Consiglio pastorale – composto da 33 rappresentanti tra religiosi e religiose, laici e laiche – che negli ultimi mesi ha organizzato il tutto nei minimi particolari, facendo fronte all’emergenza sanitaria attraverso la creazione di incontri a piccoli gruppi o da remoto.

Come ha precisato il parroco don Claudio Rubagotti, le giornate prendono il nome di “Gesù per le strade. Chiesa di discepoli missionari” e si collocano sulla strada della nuova evangelizzazione. «Il titolo della visita – ha spiegato nell’ultimo Consiglio pastorale preparatorio – è un richiamo alla nostra essenza di Chiesa. Siamo discepoli perché siamo chiamati ad ascoltare, e siamo missionari in quanto testimoni». E ancora: «Una Chiesa che torna al suo Signore per imparare è una Chiesa che vive quello che ha imparato dal suo Signore».

Diversamente dalle precedenti, la visita pastorale 2021 non avrà un momento di apertura ufficiale che inviti i cittadini alla partecipazione, sia per evitare assembramenti sia perché è volontà del Vescovo entrare in punta di piedi nell’ordinarietà della vita parrocchiale, incontrando comunità, associazioni, famiglie, giovani e anziani che rendono viva la Chiesa di Casalmaggiore.

Si aprirà però con un momento particolarmente significativo per tutti i casalaschi, quando nella mattinata di venerdì 26 febbraio monsignor Napolioni visiterà la comunità dei Frati Cappuccini, che il 12 febbraio  scorso ha perso padre Francesco Pesenti, responsabile del gruppo di preghiera San Pio, deceduto per un malore dopo aver trascorso setti anni al Santuario della Fontana.

Altrettanto importanti saranno la preghiera al cimitero cittadino, ove sarà rivolta un’intenzione particolare per quanti hanno perso la vita a causa della pandemia, la visita alla Fondazione Busi (casa di riposo per anziani e comunità socio sanitaria per persone disabili “I Gira soli”) e agli ospiti della cooperativa sociale Santa Federici, l’incontro con i giovani e con le famiglie dei bambini che riceveranno i sacramenti, la visita a Casa Giardino per una speciale benedizione ai suoi “figliuoli” e la tappa al Campo Sinto, dove i ragazzi diplomati all’istituto alberghiero prepareranno uno speciale aperitivo di benvenuto e racconteranno il loro percorso di vita.

Nel pomeriggio di sabato 27 il Vescovo incontrerà gli operatori della carità per conoscere più da vicino i percorsi sociali che la comunità conduce grazie all’impegno di associazioni locali quali San Vincenzo de’ Paoli, Centro di aiuto alla vita, ACLI Casalmaggiore. Nella giornata di domenica, prima della ripartenza, il Vescovo rivolgerà un particolare saluto alle autorità cittadine.

Ogni giorno si terranno momenti di ascolto della Parola, preghiera e celebrazioni eucaristiche. E di incontro tra le famiglie e colui che, amichevolmente, tutti chiamano il vescovo Antonio.

La celebrazione eucaristica a conclusione della visita pastorale sarà presieduta nella mattinata di domenica 28 febbraio nel Duomo di Casalmaggiore, alle 11, con diretta sui canali web della diocesi e in tv su Cremona1 (canale 80).




Custodia del creato, uno sguardo ecumenico. Incontro online con don Bruno Bignami

Nell’ambito della Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani, che quest’anno ha avuto come tratto distintivo il brano del vangelo di Giovanni “Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto”, la Comunità Laudato Sì’ di Viadana- Marcaria ha organizzato nella serata di martedì 16 febbraio un incontro con don Bruno Bignami, sacerdote della Diocesi di Cremona già presidente di Fondazione Mazzolari, ora direttore dell’Ufficio nazionale dei problemi sociali e del lavoro della Chiesa Cattolica.

L’incontro è entrato a far parte di un ciclo a cui hanno aderito la comunità valdese e la chiesa ortodossa e ha portato a una riflessione condivisa sulla custodia del creato «a partire dalla sorgente unica che è Cristo».

Don Bignami ha condotto l’auditorium virtuale a meditare su cosa significhi abitare il mondo nel rispetto reciproco per tutte le creature viventi, in linea con il progetto originario di Dio descritto nel Libro di Genesi, che descrive l’abitare non solo come «luogo della tradizione biblica» ma anche come «condizione esistenziale che emerge dentro a una relazione». La riflessione è stata condotta a partire dall’enciclica Laudato Si’.

«Il frutto che possiamo generare – dichiara in apertura don Bignami in riferimento al titolo assegnato alla settimana di preghiera 2021- è dato dal modo di abitare il mondo». E prosegue «In questo tempo di pandemia ci accorgiamo che abbiamo disimparato l’abitare il mondo e che le nostre modalità non sono sempre consone alle modalità bibliche».

Quali sarebbero, dunque, le modalità che potrebbero favorire il mantenimento dell’equilibrio primigenio tra creature? Quale modo di vivere nell’epoca dell’antropocene potrebbe agevolare il processo di sviluppo senza cadere in un antropocentrico dispotico e nella cultura dello scarto?

La risposta viene data citando le quattro tipologie di relazione che ci contraddistinguono come persone, sintetizzate nel sesto capitolo dell’Enciclica Laudato Si’: relazione con dio, relazione con gli altri, relazione con le altre specie viventi e, da ultimo, forse la più difficile da realizzare, relazione con noi stessi. Dall’incapacità dell’uomo di rispettare l’altro uomo nasce la cultura utilitaristica, che porta inesauribilmente a scardinare l’equilibrio dell’ecosistema cui apparteniamo ma che non ci appartiene di diritto. Se qualcosa ci appartiene, piuttosto, si tratta del compito di “coltivare e custodire” la biodiversità e la vita che racchiude (il riferimento è a Gn 1 e 2).

«Il vero lavoro dell’uomo è quello che salvaguarda la vita, è il prendersi cura della vita. La vera  sfida oggi è la sostenibilità», che riconduce l’intervento dell’uomo sul pianeta quale riflesso del progetto di Dio sulla creazione. In campo ci sono temi quali l’uso dei combustibili fossili e l’alternativa nelle energie rinnovabili, la riduzione di anidride carbonica, la perdita di biodiversità e di foreste, le migrazioni climatiche. Tutto questo – ha riflettuto don Bignami – va affrontato, come Chiesa, nell’ottica dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, ma anche in dialogo con la scienza e con i movimenti ecologisti.

La serata è stata arricchita da numerosi interventi dei partecipanti e si è conclusa con un arrivederci all’appuntamento di venerdì 19 febbraio ore 21 con padre Sorin Croitoru della Chiesa ortodossa rumena.