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“Andiamo a nozze”, nelle fotografie la storia del Matrimonio a Martignana di Po

In occasione della celebrazione della festa della Sacra Famiglia di domenica 26 dicembre, la Parrocchia di S. Lucia Vergine e Martire in Martignana di Po, in collaborazione con le ACLI locali e con Aquile odv, ha organizzato la proiezione della rassegna fotografica “Andiamo a nozze!”.

La mostra, proiettata per la prima volta al termine della S. Messa mattutina e poi aperta al pubblico ogni pomeriggio dalle 15 alle 17.30 fino al 9 gennaio compreso, rappresenta i cambiamenti avvenuti nella celebrazione del sacramento matrimoniale in un arco di tempo che va dal 1945 al 2014 ed è stata resa possibile grazie alla disponibilità di 26 famiglie martignanesi, che hanno aderito con entusiasmo alla raccolta immagini avvenuta nei mesi precedenti.




“Dieci comandamenti”, al Santuario della Fontana un percorso di spiritualità per persone in ricerca

Ha avuto inizio martedì 8 marzo alle 20.45, presso il Santuario della Madonna della Fontana a Casalmaggiore, il percorso “I 10 comandamenti”, un cammino di evangelizzazione per giovani e adulti tenuto da padre Francesco Serra, guardiano rettore del Santuario dal 2020.

«Non si tratta di un ciclo di conferenze o di lezioni» dichiara il padre cappuccino a inizio serata. Ma è una catechesi comunitaria rivolta «a chi si sente con un buco allo stomaco, a chi pensa che qualcosa nella sua vita possa ancora cambiare e ha bisogno di essere guidato dalla Parola di Dio e dai 10 Comandamenti».

Ogni martedì sera l’assemblea, che al primo incontro ha aderito numerosa, sarà accolta da un relatore diverso che, attualizzando il Vangelo del giorno, percorrerà un cammino lungo circa un anno, fatto di incontri presso il Santuario ma anche di ritiri di alcuni giorni e di un ritiro più impegnativo a fine percorso.

La formula del ritiro è molto importante perché «è un passaggio» dice padre Serra «necessario nella vita delle persone che sono in ricerca». L’invito è rivolto in particolare modo ai giovani e giovani adulti, per avviare una riflessione sulla propria vita. Ma ovviamente è aperto a tutti.




Sinodo, incontro in Zona 5: «È Gesù la “dinamite” che cambia le cose e ci salva dal buio»

È una Chiesa in cammino quella che si è incontrata venerdì sera presso il Centro Parrocchiale di Rivarolo Mantovano, per il primo incontro di formazione per il cammino sinodale della zona 5.

Alla presenza del vescovo Antonio Napolioni, anche gli operatori pastorali e i rappresentanti delle comunità del territorio, come precedentemente le altre zone, si sono ritrovati a riflettere sul senso dell’essere Chiesa oggi.

Dopo aver ascoltato la cantata sacra “Letizia d’amore, stelle e precipizio”, composta da Federico Mantovani su testo poetico di Davide Rondoni ispirato all’esortazione apostolica di Papa Francesco “Amoris Laetitia”, l’assemblea riunita ha riflettuto insieme al Vescovo sul momento storico attuale e sulle prospettive di cambiamento che si aprono: «Abbiamo percepito la gravità del momento in cui viviamo – ha detto Mons. Napolioni – Quante volte lo Spirito, però, ha determinato una nuova nascita».

E, ricordando la figura del cardinal Martini, ha proseguito riflettendo su come «la Chiesa si è come seduta nell’epoca della cristianità e deve ora ri-imparare a dialogare con il mondo per essere sacramento».

Il riferimento è al Concilio Vaticano II, da Papa Giovanni XXIII a Papa Paolo VI, e ai documenti di Lumen Gentium, Sacrosanctum Concilium, Ecclesiam Suam. «Prima di metterci in cammino insieme, dovremmo riconoscere che siamo stati salvati dal caos del buio». E ha concluso esortando i presenti: «Dobbiamo essere più vicini alla gente che si sente schiava, lontano dai moralismi. La gente vuole la “dinamite” che cambia le cose e questa “dinamite” si chiama Gesù».

La riflessione è proseguita sabato mattina con dei lavori di gruppo preceduti da un momento di preghiera comunitaria.




Tenda di Cristo di Rivarolo del Re e Acli cremonesi a Sant’Egidio nella Giornata mondiale del povero

In occasione della V Giornata mondale dei poveri, voluta da Papa Francesco nel 2016 e che quest’anno è stata celebrata domenica 14 novembre, l’associazione Tenda di Cristo di Rivarolo del Re e le ACLI cremonesi – Circolo di Casalmaggiore, hanno partecipato a Roma al pranzo dei poveri organizzato dalla Comunità di S. Egidio.

Grazie all’amicizia che da anni lega la Tenda a S. Egidio, per aver collaborato nel 2018 ai corridoi umanitari accogliendo quattro giovani siriani, le due associazioni casalesi hanno potuto vivere la chiamata del Vangelo a riconoscere Cristo nel volto dei poveri. Poveri che hanno incontrato in una delle città italiane con il maggior numero di persone senza fissa dimora, dove solo lo scorso inverno sono morte per l’emergenza freddo ben 13 senza fissa dimora e dove, a causa della pandemia, la mensa di S. Egidio per la distribuzione dei pasti caldi è stata riaperta solo da poche settimane.

«La mensa di via Dandolo 10 – racconta Marina Ceccarelli, responsabile di S. Egidio – accoglie numerose situazioni di fragilità sociale. Giovani, anziani, donne, uomini che hanno perso il lavoro e non riescono con i sussidi ad arrivare alla fine del mese. Tre giorni alla settimana e due domeniche al mese ognuno di loro viene accolto dagli operatori, tutti volontari, che attraverso un tracciamento informatizzato consegnano loro un pasto caldo e molti sorrisi. Conosciamo i nostri ospiti e le loro storie una ad una. E chiamiamo i nostri amici per nome».

Solo chi è in possesso di green pass può accedere ai locali per consumare il pasto al chiuso. Per tutti gli altri i volontari preparano una busta take-away, contenente un pasto caldo composto da primo e secondo, con frutta e dolce, che viene distribuita all’ingresso o portata direttamente agli “irriducibili”, coloro che non lasciano la loro casa a cielo aperto. Non tutti sono vaccinati, infatti. Perché, soprattutto durante la prima ondata della pandemia, è stato rilevato l’enorme disagio dovuto all’impossibilità di accedere, senza residenza, a un hub vaccinale. Al problema si è ovviato aprendo un hub di S. Egidio, grazie alla collaborazione con il generale Figliuolo e il Ministero della sanità, in cui sono stati impiegati tutti i volontari medici e infermieri della comunità. Ma la questione della residenza rimane tutt’ora un grande problema, a cui si è ovviato convogliando diversi senza fissa dimora in via Modesta Valenti, via fittizia creata in memoria di una donna senza fissa dimora morta per mancanza di cure in Stazione Termini il 31 gennaio 1983. Da allora in quella data è stata istituita la Giornata dei senza fissa dimora.

«Nella giornata trascorsa insieme abbiamo potuto visitare i locali di distribuzione pasto e le cucine, da cui anche durante il lockdown uscivano i pasti caldi che i volontari di S. Egidio distribuivano per la strada» racconta Pierangela Cattaneo, responsabile di Casa Paola di Rivarolo del Re. Che prosegue: «S. Egidio può sempre contare su numerosi volontari, giovani e meno giovani, studenti o professionisti, che dedicano con costanza il loro tempo libero alla preparazione dei pasti, alla gestione delle cucine e del servizio. Volontari che negli anni hanno fatto sentire persone anche gli ultimi degli ultimi, e questo si vede dal senso di rispetto che si respira in mensa».

Per un giorno anche Tenda e ACLI sono stati volontari di questa realtà, dando seguito alle parole pronunciate all’Angelus di domenica 14 novembre da papa Francesco. «Oggi celebriamo la V Giornata Mondiale dei Poveri, nata come frutto del Giubileo della Misericordia. Tema di quest’anno sono le parole di Gesù «I poveri li avete sempre con voi» (14,7). Ed è vero: l’umanità progredisce, si sviluppa, ma i poveri sono sempre con noi, sempre ce ne sono, e in loro è presente Cristo, nel povero è presente Cristo».




Il Vescovo a Vicobellignano nel ricordo di san Vincenzo Grossi: «Siamo tutti chiamati alla santità, cioè a una vita nel Signore»

Domenica 7 novembre, nella memoria liturgica di san Vincenzo Grossi, il sacerdote pizzighettonese fondatore delle Figlie dell’Oratorio che a Vicobellignano è stato parroco dal 1883 sino alla morte (avvenuta il 7 novembre 1917), il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato l’Eucaristia nella chiesa parrocchiale di Vicobellignano, affiancato dal parroco don Gabriele Bonoldi e da don Franco Vecchini, parroco emerito residente in paese.

«Siamo qui per ricordare insieme il giorno in cui san Vincenzo raggiungeva quel Gesù che aveva amato e cercato di fare amare da tutti – ha detto don Bonoldi all’inizio della celebrazione -. Lo aveva fatto con la parola, i sacramenti e la vita. In lui affidava pensieri e propostiti. Spetta a noi non lasciar spegnere quella luce di santità che ha brillato in questa chiesa».

Dopo aver confidato il piacere nel vedere un’intera comunità «dal passeggino al bastone» riunita tutta in chiesa, il vescovo Napolioni si è soffermato sulla Parola del giorno per comprendere meglio la vicinanza dei Santi, in particolare alla comunità insieme alla quale hanno vissuto buona parte della loro vocazione.

«Noi facciamo la festa ai santi – ha detto monsignor Napolioni – ma alla fine ci incontriamo tutti nel Signore Gesù, unico figlio di Dio che ha dato la vita per noi e continua a darci gioia e speranza». È sull’esempio testimoniato dai profeti, sia vetero-testamentari (come il profeta Elia della seconda lettura) che contemporanei (come san Grossi), che «siamo tutti chiamati alla santità con San Vincenzo Grossi, cioè a una vita nel Signore. E, qualunque sia la nostra vocazione, a spenderci totalmente».

Avvicinando quindi la figura di san Vincenzo Grossi a quella del profeta Elia, monsignor Napolioni ha proseguito: «Gli assomiglia perché come lui era convincente portatore della forza di Dio. Entrambi infatti hanno combattuto contro i falsi profeti con le armi di Dio che sono l’essergli fedele e l’avere pazienza».

Quali sono state dunque le iniziative prese dall’allora don Vincenzo per rendere la parrocchia una bella comunità? «Attirare i giovani, le donne, gli animatori, i catechisti e gli allenatori. Dando a ciascuno il suo spazio in comunità. E soprattutto inventando nel 1885 la Congregazione delle Figlie dell’Oratorio».

Dove ha trovato san Vincenzo la forza del suo coraggio? «Nella preghiera costante davanti a questo altare, in questa chiesa in cui per tanti anni don Vincenzo rimaneva solo a pregare e ritrovava la forza per essere un convincente testimone della sua esperienza di fede».

Da ultimo, soffermandosi sul Vangelo della povera vedova che dona la sua unica moneta, il Vescovo ha fatto un appello ai numerosi bambini e ragazzi presenti alla celebrazione: «Promettetemi che non butterete mai più il pane che avanza in tavola. Il pane non si butta mai, sprecare oggi nel mondo è un delitto!». E, fuor di metafora, ha concluso dicendo: «La parrocchia povera assomiglia alla vedova. Come si fa a essere una bella comunità? Se ognuno mette la sua monetina, se ognuno mette se stesso. Allora – ha terminato – che ne dite di mettere tutta la vostra gioia, i nostri sogni e il vostro futuro nel tesoro della comunità?».

Alla celebrazione – che è stata animata con il canto dalla corale parrocchiale diretta dal maestro Maurizio Monti, con all’organo il maestro Vittorio Rizzi – ha preso parte anche una rappresentanza delle Figlie dell’Oratorio, l’istituto religioso fondato da san Vincenzo Grossi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

San Vincenzo Grossi

San Vincenzo Grossi nacque il 9 marzo 1845 a Pizzighettone (Cremona) da una umile famiglia. A diciannove anni nel 1864 entrò nel nostro Seminario e fu ordinato sacerdote il 22 maggio 1869. Da allora tutta la sua attività pastorale si svolse in diverse parrocchie della nostra Diocesi (fu successivamente vicario a S. Rocco di Gera di Pizzighettone, a Sesto Cremonese, economo spirituale a Ca’ de Soresini). Nel 1873 fu nominato parroco di Regona di Pizzighettone e nel 1883 passò a Vicobellignano. Tutta la sua vita fu spesa nel ministero pastorale: animazione delle comunità a lui affidate, predicazione di missioni al popolo, formazione spirituale delle coscienze, attenzione ai poveri, educazione dei fanciulli e dei giovani. Per aiutare i sacerdoti nella catechesi e nella formazione umana, soprattutto della gioventù femminile, don Vincenzo cominciò a raccogliere attorno a sé delle giovani, con le quali diede vita all’Istituto delle Figlie dell’Oratorio. Morì a Vicobellignano il 7 novembre 1917. Fu canonizzato da papa Francesco il 18 ottobre 2015.

 

Lo speciale del nostro portale per la canonizzazione del 2015

 




Inaugurato a Casalmaggiore il nuovo “Spazio Tenda”

Sabato 6 novembre nel cuore di Casalmaggiore è stato inaugurato il nuovo “Spazio Tenda”, centro di raccolta e smistamento di abiti di seconda mano ma anche luogo di incontro tra persone e associazioni.

Di questo si tratta. Dell’incontro avvenuto tra l’associazione Aquile di Martignana di Po, le ACLI – Circolo di Casalmaggiore e Tenda di Cristo, che quel luogo ha fondato nel 2017 grazie alla presenza di Franca, sarta per mestiere e volontaria per passione.

Nei tre piani siti in via Pozzi 15 nel tempo si sono incrociate molte storie di vita. Quella stessa vita interrotta dall’arrivo della pandemia che ha costretto anche i volontari di Tenda a chiudere battenti per più di un anno. Ma ora soffia un vento nuovo e ci si riprova. Grazie alla complicità di una rete di associazioni che in maniera spontanea si sono organizzate per assicurarne l’apertura, Spazio Tenda si prospetta essere non solo luogo di riuso e vendita a offerta libera, ma anche spazio di incontro con le famiglie (è stato preparato un apposito angolo bimbo con libri, giochi in scatola, strumenti musicali dal mondo) e con tutti coloro che vorranno fermarsi a raccontarsi davanti a un buon tè.

«È con gioia che abbiamo deciso di riaprire nuovamente e con ottimismo, lo Spazio Tenda – dichiara padre Francesco Zambotti, fondatore e responsabile di Tenda di Cristo -. L’idea di aprire Spazio Tenda nell’ottobre del 2017 è nata dal desiderio di condividere le varie donazioni che arrivavano nelle nostre comunità, per aprirci al territorio e metterci in ascolto delle persone e delle nuove necessità».

E Pierangela Cattaneo, responsabile di Casa Paola, aggiunge «In questi mesi abbiamo accolto con gioia ed entusiasmo la proposta di riaprire grazie alla collaborazione dell’associazionismo locale. Lo Spazio Tenda vuole essere una vetrina sul mondo del volontariato, una vetrina del “positivo” che molte volte è nascosto».

Come ci raccontano i volontari presenti, molte idee sono in cantiere. Spazio Tenda vuole diventare un “punto di comunità” dove la persona si senta accolta e ascoltata.

Questo sarà possibile grazie al coordinamento della rete che assicura una presenza efficace e creativa sul territorio, per ora nelle giornate di venerdì e sabato, in grado di ascoltare i bisogni delle persone ed elaborare proposte di condivisione e inclusione.

«L’arrivo di nuovi volontari – dichiara Maurizio Stradiotti, presidente dell’associazione Le Aquile – e fra tutti in particolare di Casajus Jorgelina, che è responsabile del progetto, ha dato il là per iniziare questa nuova esperienza». E conclude «Rispondere ai bisogni del prossimo è diventato per noi volontari importante tanto quanto il tema del riuso e del NON-spreco».

Non solo abiti, dunque, ma anche prodotti di artigianato provenienti dai numerosi viaggi di padre Zambotti in Messico e Brasile. Non solo libri per bambini, ma anche giochi, accessori, scarpe, stoffe, pietre, gioielli. Anche e soprattutto, però, come dichiara Alda Cozzini, responsabile delle ACLI di Casalmaggiore «un’idea, quella dell’incontro, dell’accoglienza con la multiculturalità che vive le nostre città, un luogo educativo che insegna l’arte del riuso e del riciclo, dove tutti possono entrare per portare un oggetto che non usano più o per raccontare un’idea che vogliono mettere al servizio della comunità».

A concludere la giornata, dopo una preghiera e la benedizione del padre camilliano, un aperitivo offerto dalla Bottega di commercio equo e solidale e una foto di gruppo con volontari, bambini, amici e il sindaco di Rivarolo del Re, Luca Zanichelli, che ha presenziato all’evento.




La commozione del Vescovo al cimitero nel ricordo «delle bare che non abbiamo potuto toccare»

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Nel pomeriggio di martedì 2 novembre le parrocchie della città di Cremona si sono ritrovare presso il civico cimitero per la consueta preghiera in suffragio dei defunti presieduta dal vescovo. Accanto a monsignor Antonio Napolioni il vescovo emerito Dante Lafranconi e il vicario zonale don Pietro Samarini con gli altri sacerdoti della città. Un momento particolarmente sentito in città e che ha visto la presenza del sindaco Gianluca Galimberti insieme alle autorità cittadine.

Presenze che testimoniano – ha sottolineato monsignor Napolioni – «la comunione delle parrocchie di città in questo luogo che a tutti appartiene». Il Vescovo ha quindi rivolto un sentito ringraziamento ai presenti e un particolare pensiero di vicinanza a chi ha seguito la preghiera da casa per l’impossibilità di recarsi al camposanto.

A guidare la riflessione è stata la pagina del Vangelo di Luca, che narra la risurrezione del figlio della vedova di Nain. Il Vescovo ha invitato a chiedere al Signore «che aumenti la nostra fede in lui morto, sepolto e risorto per la salvezza del mondo». E ha proseguito «Il Signore ci dia la certezza che anche i corpi mortali si risveglieranno e saranno associati a lui nel trionfo sulla morte».

La vicenda di Naim è storia di riconciliazione della città attorno alla figura di una madre che ha perso suo figlio, ed è il racconto di gesti d’amore compiuti da Gesù, che coglie nell’imprevista richiesta della donna la possibilità di manifestare la «potenza della sua compassione». «Gesù non era preso tanto dalle sue cose da non accettare un imprevisto – ha riflettuto il Vescovo -. Quell’imprevisto rivelerà la potenza della sua compassione, che si manifesterà con il suo avvicinarsi e toccare la bara».

E ha proseguito: «Non posso non pensare alle bare che un anno fa non abbiamo potuto toccare». E visibilmente commosso ha aggiunto «Non ho potuto baciare alcuni di quei miei preti e mi fa ancora male. Gesù ci insegna a riscoprire quei gesti di prossimità, ci insegna a non cancellare la memoria, ad abitare il dolore, a toccare la bara. Ci insegna a non cancellare in fretta le tracce, anche se ci fanno male».

E concludendo ha esortato la Chiesa, i cristiani e tutti «a continuare a toccare la morte affinché non ci faccia paura, ma la rispettiamo come momento riassuntivo di un’esistenza. Perché anche oggi – ha detto abbiamo bisogno di avere questo senso profondo delle cose, non la spavalderia di chi si gloria di se stesso ma il noi filiale di chi sa che il Padre ha cura dei suoi figli nella vita e nella morte. Questa è la certezza di fede con cui preghiamo per i nostri cari, camminiamo dietro di loro a testa alta, grati per ogni giorno della vita, pronti a riconsegnarla per vivere in eterno nella comunione dei santi».

 




Defunti, il Vescovo in Cattedrale: «Attesi a un banchetto che ci coinvolge tutti»

«Le memorie dei nostri defunti si fondano e diventano comunitarie, ecclesiali. Queste memorie diventano Eucaristia, memoriale della morte e della risurrezione del Signore e ci forniscono la possibilità di credere e di sperare al di là del dolore, trasfigurando le nostre ferite aperte e le nostre prove». Così il vescovo Antonio Napolioni nella Messa presieduta nel pomeriggio di martedì 2 novembre in Cattedrale nella commemorazione dei fedeli defunti.

Durante la celebrazione, concelebrata dai canonici del Capitolo della Cattedrale, monsignor Napolioni si è soffermato in particolare nella pagina in cui l’evangelista Matteo narra la separazione dei salvati dai dannati per le opere compiute in vita. Chiara l’immagine del banchetto, preparato «coinvolgendo tutti noi nei preparativi, sia i morti che chi è ancora vivo. Perché anche i santi partecipano dell’opera salvifica che si attualizza attraverso la loro intercessione e la sollecitudine dei santi patroni». E che può essere pregustato attraverso il banchetto sacramentale, che è l’Eucaristia.

«Ecco dunque come possiamo prepararci nel banchetto celeste – ha evidenziato il Vescovo -. Entrando nella logica di cura reciproca, affinché nessuno manchi alla festa. Aiutando a sorridere, rigenerando la benevolenza, e compiendo opere di misericordia temporali e spirituali». Perché nel lasciarci toccare dalla misericordia e dal perdono, si rivelerà il progetto del Padre, in cui è il nostro vero bene.




Il Vescovo in Cattedrale il 1° novembre: «La santità è un cammino proposto a tutti, oltre le differenze di cultura e religione»

Si è celebrata nella mattinata di lunedì 1 novembre la S. Messa per la solennità di Tutti i Santi, presieduta da Mons. Antonio Napolioni in Cattedrale a Cremona.

La riflessione proposta dal Vescovo ha richiamato l’attenzione dei fedeli sulla possibilità che Dio offre a ogni uomo e donna, appartenente a qualsiasi religione e cultura, di perseguire la santità quale stile di vita e accoglimento del disegno di Dio per sé e per il mondo.

«La santità è il disegno originario di Dio – ha detto – ed è il nostro destino e cammino nel tempo», un tempo in cui la nostra fragilità umana incontra la forza dello Spirito per divenire frutto nel contesto di vita. 

Ricordando il Convegno della Chiesa Italiana che 15 anni fa motivava all’analisi della situazione ecclesiale a partire dalle iconografie dei Santi di ogni diocesi,  il Vescovo chiede alla Chiesa cremonese uno sforzo di realtà. Abbandonare l’immagine “da figurina” dei Santi come uomini e donne perfetti e aderire a un modello, quello cristiano, che fa del cammino verso la santità la ragione della nostra gioia e della nostra speranza. «La santità non è un optional – ha detto durante l’omelia – ma la vera grande questione della nostra esistenza. Non come un peso, ma come una grande opportunità offerta davvero a tutti, secondo il disegno originario che attinge la sua sorgente all’abisso d’amore della Santissima Trinità».

Quello della santità  – aggiunge il Vescovo – è «un cammino che non compiamo da soli, perché siamo in Sinodo, in cammino condiviso con il Signore e con tutti i fratelli e le sorelle che ci mette accanto».

Un cammino di speranza anche «in una società che invecchia e sembra non trasmettere più ragioni di speranza», perché «noi sappiamo che quando il Signore si manifesterà appieno noi saremo simili a lui. Questa chiamata alla somiglianza segna il tragitto della storia: siamo stati pensati simili a Dio, saremo per sempre simili a Lui. Si compirà il destino che il Signore non scrive da solo, ma scrive assieme alla libertà, alla responsabilità, alla vicenda di ciascuno di noi».

Un disegno, un destino che il Signore non scrive da solo, ma che racchiude la libertà e la responsabilità delle vite di tutti noi. Dentro e fuori dalla Chiesa: «Siamo stati creati fratelli e sorelle – ha concluso mons. Napolioni – abitanti di questo pianeta che ora rischia e che ha bisogno di un sussulto di santità, la santità cristiana ma anche di tutti coloro che cercano vita, il vero bene, il futuro per tutti. Nel destino di santità c’è, sì, la gloria della Chiesa celeste, ma quante sorprese avremo! I giusti tra le nazioni, i poveri del mondo, chi è stato fedele alla sua coscienza, chi avrà operato per il bene di tutti, al di là delle differenze di razza e di religione. Perché il Padre manifesterà il compimento del suo disegno universale».

E  in un periodo storico in cui la Chiesa mostra li segni della sua fragilità, il vescovo ricorda come continuino a « fiorire i martiri, i seminatori, i costruttori. Che danno luce al mondo come il Signore Gesù». 

Anche questo è segno della fedeltà di Dio Padre alla nostra umanità. Anche questo significa che la Santità non è un miraggio ma una possibilità offerta alla vita di tutti.




«La funzione educativa della scuola è di insegnare la strada che conduce ad un’assunzione di responsabilità che rende adulti»

È ormai tradizione che il vescovo Antonio Napolioni, dopo l’avvio dell’anno scolastico, voglia dedicare una celebrazione eucaristica dalla Cattedrale di Cremona al mondo della scuola. Quest’anno l’appuntamento con dirigenti scolastici e docenti si è svolto sabato 23 ottobre.

Alla presenza di alcuni dei sacerdoti impegnati nel mondo della scuola, e tra loro don Giovanni Tonani, incaricato diocesano per la Pastorale scolastica e responsabile dell’Insegnamento della religione cattolica, il Vescovo si è soffermato nella sua omelia sul valore educativo dell’essere docente oggi più che mai e su come ogni contesto possa divenire, alla luce del Vangelo, un banco di prova per essere tutti insieme, famiglie, nonni, società civile, “mondo della scuola”.

«Tutti siamo del mondo della scuola – ha dichiarato-. Di una scuola cuore che batte in un corpo che ha bisogno di aver cura di se stesso e di tutte le sue membra». Il compito educativo a cui siamo chiamati è un compito di crescita,  dunque, in quanto finalizzato ad agevolare l’incontro di cui ogni essere umano sente necessità perché «ogni vivente ha bisogno di una trasmissione di vita».

Traendo spunto dal Vangelo del giorno che narra la guarigione del cieco nato, la riflessione proposta si sofferma sull’importanza del ridare luce alle giovani generazioni, spesso attirate da false promesse che le allontanano dalla comprensione della realtà. La funzione educativa della scuola, di ogni ordine e grado, pubblica o paritaria, sia allora quella di insegnare la strada che conduce ad un’assunzione di responsabilità che rende adulti, perché «il campo degli obiettivi educativi è grande quanto l’esistenza» e gli educatori che incontrano i fanciulli e i ragazzi che frequentano il modo della scuola possono e devono essere «conduttori, testimoni, narratori, interpreti di una luce che trasmette le ragioni del coraggio, che dà la forza di alzarsi e narra il fascino della chiamata».

La stessa chiamata, o vocazione, che i docenti hanno ascoltato e che l’Eucaristia odierna ha benedetto. «Che tutti noi possiamo essere quella parola detta con amore – ha concluso il Vescovo Napolioni – per illuminare la vita dei ragazzi».