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Una testimonianza di fede… con la maglietta a rovescio

Si è svolto sabato 15 dicembre il terzo incontro del ciclo di conferenze “Testimoni” organizzate dall’oratorio di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara dal titolo “Con la maglietta al rovescio. La storia di Filippo”. I molti presenti nella Chiesa di Vicomoscano hanno ascoltato una storia di sofferenza, quella di Filippo, un bambino romano che il 20 novembre 2014 non è sopravvissuto alla leucemia contro la quale lui e la sua famiglia hanno lottato diversi anni.

Niente di straordinario, di unico, di originale, qualcuno potrebbe pensare. Tante le morti di giovani vite ogni giorno nel mondo. Vero. Tanti i bambini che soffrono, lottano e, a volte, perdono.

Eppure, in quella Chiesa, in quell’ora, per chi era presente, la realtà è stata un’altra. Non sono solo le parole di due genitori straordinariamente veri che hanno raggiunto l’auditorium, non solo i racconti dei lunghi periodi nelle corsie di ospedale, nell’attesa del cambiamento, della buona notizia che facesse sperare. Altro è arrivato e non alle orecchie ma ai cuori. Una verità estrema che solo la morte può disvelare: Cristo è vicino a chi soffre, ai piccoli, agli ultimi della società, a chi in un determinato periodo della sua vita non può essere produttivo, efficiente, sorridente. Cristo è un po’ più vicino a chi lo invoca anche se con rabbia o interrogandolo e interrogandosi. Cristo stringe la mano a chi grida Abbà Padre. Perché la malattia, e per di più quella del giusto innocente, un bambino, mette in crisi anche le fedi migliori, anche le famiglie più solide. Una crisi che, se superata, rinforza e permette di divenire testimoni dell’amore di Gesù.

Ascolta qui l’audio della serata

Questo hanno raccontato Anna Mazzitelli e Stefano Bataloni, genitori di Filippo, sposi in Cristo, “evangelisti d’eccezione”, come don Baronio, parroco di Vicomoscano, li ha definiti. Ma anche tanto altro. Una sintesi di accoglienza, disponibilità, apertura e capacità di comprendere gli eventi in un’ottica di fede, che rivela il ben più ampio progetto che Dio ha su ogni uomo e che nel tempo si disvela. La grande difficoltà sta nell’accettarlo o meno, nel comprenderlo o nel rifiutarlo, nel riconoscersi come protagonisti di un “pellegrinaggio verso un’idea nuova di intendere la vita” (per citare papà Stefano) o nel limitare la propria intelligenza a un relativa lettura degli eventi.

Tanti gli spunti forniti dai due biologi romani, genitori di Filippo. In primis l’idea che da soli non si può affrontare le grandi prove e che la condivisione sia fondamentale sia nel racconto (da qui l’apertura del blog Piovono miracoli e le diverse testimonianze portate in giro per l’Italia) sia nella preghiera. In secondo luogo il rapporto di coppia, che in tanti casi entra in una reciproca incapacità di riconoscere e accettare l’altro per come assume la sua croce. Se non si accede all’intimo del proprio dialogo con Dio, affidandosi completamente al suo progetto, spesso anche il rapporto matrimoniale entra in crisi.

“Questo progetto di Dio su di noi, che cos’è?” il grande interrogativo che ha attraversato mamma Anna nei momenti più bui e dal quale entrambi i genitori sono emersi con una certezza: “Il nostro cammino di conversione ci ha portati a fidarci della volontà di Dio, che vuole il nostro bene, la nostra felicità. E abbiamo così capito che la cosa più importante per noi era salvare il nostro rapporto con Lui e non salvare a tutti i costi nostro figlio. Perdere l’amore di Dio sarebbe stato peggio che perdere nostro figlio”.

E’ stato appena sfiorato il tema dell’accanimento terapeutico ma il messaggio è stato comunque chiaro: accettare la morte che arriva, accompagnare negli ultimi momenti di questa esistenza anche chi, per la giovanissima età, avrebbe avuto tutto il diritto di superare la malattia, trovare il senso a quel rovescio della maglietta nel disegno d’amore di Dio, questo è quanto resterà di una serata irripetibile.

Per chi volesse conoscere la storia di Filippo e della sua maglietta a rovescio, è in vendita il libro “Con la maglietta a rovescio. Storia di Filippo Bataloni” (ed. La Porziuncola).




Il 16 dicembre il Vescovo incontra i politici a Casalmaggiore

Si svolgerà domenica 16 dicembre alle ore 9.15 presso il Salone Giovanni Paolo II dell’oratorio Maffei della parrocchia Santo Stefano a Casalmaggiore l’annuale incontro del vescovo Antonio Napolioni con gli esponenti del mondo politico, amministrativo, economico, sociale e lavorativo della diocesi.

A partire dalle 9.15, dopo un brunch offerto dalla parrocchia, mons. Napolioni proporrà una riflessione sul tema «La politica è la forma più alta della carità. Da San Paolo a papa Francesco: il cammino verso la civiltà dell’amore».

Scarica qui la locandina

A seguire sarà celebrata la Santa Messa nel Duomo di Santo Stefano.

L’iniziativa promossa dall’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Cremona, si rivolge agli amministratori del territorio e ai rappresentanti delle categorie produttive e del terzo settore. «Anche nella nostra diocesi – riflette Sante Mussetola, incaricato per la Pastorale Sociale e del Lavoro – si rende necessaria una riflessione di buon senso sui modi della politica, nel rispetto della pluralità e senza semplificazioni di una realtà complessa».

A ispirare l’intervento sarà la figura di San Paolo, in un parallelo con il Magistero di Papa Francesco. «Come ha ricordato anche l’arcivescovo di Milano Mario Delpini nel suo recente discorso alla città – aggiunge Mussetola – l’invito sempre attuale è quello di costruire le relazioni in funzione del bene comune, recuperando la capacità di pensiero e non limitandosi a slogan funzionali alla propaganda che non risolvono i problemi delle persone».

Per la seconda volta (dopo l’edizione del 2016 a Castelleone) l’incontro del Vescovo con il mondo politico, amministrativo, economico, sociale e lavorativo si svolge sul territorio diocesano, con un invito particolare ai laici della per la Zona Pastorale 5.

La mappa per il parcheggio




Un Museo da costruire insieme: incontro a Casalmaggiore

Si è tenuto giovedì 6 dicembre il Consiglio Pastorale delle parrocchie di S. Stefano e S. Leonardo in Casalmaggiore per discutere, tra le altre iniziative, della richiesta della Diocesi di ricevere in prestito la scultura del “Cristo deposto” attribuita a Jacopino da Tradate. L’opera è conservata nella Chiesa di S. Francesco da una data non meglio precisata ma collocata tra il 1806 e il 1850 e la proposta giunta dalla Diocesi è di trasferirla per un tempo determinato presso il nuovo Museo Diocesano.

La serata ha avuto come ospite don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni Culturali che, dopo aver introdotto il tema della nascita del nuovo Museo e di una visione programmatica per la messa in sicurezza degli edifici delle parrocchie, ha voluto ragionare insieme al Consiglio sulla necessità di condividere l’idea di progettazione del patrimonio culturale e artistico di Casalmaggiore.

Ispirandosi all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (letta nel corso del Consiglio), che al numero 33 invita a superare la logica del si è fatto sempre così e ad accedere alla pastorale con creatività e coraggio, il parroco don Rubagotti e don Gaiardi hanno insistito sull’importanza di superare i campanilismi e gli interventi emergenziali (anche nell’ottica della salvaguardia del patrimonio artistico locale), predisponendo una più ampia disamina delle priorità, attraverso un discernimento pastorale condiviso con tutto il territorio, dal popolo di Dio alla Diocesi.

“Spero che crediate nel conservare quello che vi è stato trasmesso. Adesso a voi, e alla vostra audace creatività, è richiesto di programmare e di pensare una realtà di pastorale integrata” le parole di don Gaiardi. Come a dire che raggiunge il risultato sperato chi sa programmare in condivisione e collaborazione con tutte le forze.

Ammettendo che la comunicazione in merito è stata probabilmente frettolosa e ha dato adito a incomprensioni da parte del territorio, che non ha vissuto con orgoglio l’ipotesi di poter vedere esposta una propria opera presso il nuovo Museo Diocesano, don Gaiardi ha narrato i passaggi che hanno portato alla richiesta e ha ribadito che il percorso di condivisione è solo all’inizio. Alla proposta del Vescovo condivisa con il parroco Rubagotti e con il Consiglio Pastorale seguiranno infatti altri momenti di riflessione comune.

È stato accolto, da ultimo, l’invito a ripensare il senso della collocazione e dell’esposizione museale dell’opera d’arte: occorre superare la funzione prettamente estetica o turistica e ripartire dalla narrazione della storia della Diocesi da cui l’opera proviene per evangelizzare, così come indicato dallo stesso Pontefice nel suo messaggio finale ai partecipanti al Convegno Dio non abita più qui? Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici, che si è tenuto presso la Pontificia Università Gregoriana il 29-30 novembre scorsi. “I beni culturali ecclesiastici sono testimoni della fede della comunità che li ha prodotti nei secoli e per questo sono a loro modo strumenti di evangelizzazione che si affiancano agli strumenti ordinari dell’annuncio, della predicazione e della catechesi. Ma questa loro eloquenza originaria può essere conservata anche quando non sono più utilizzati nella vita ordinaria del popolo di Dio, in particolare attraverso una corretta esposizione museale, che non li considera solo documenti della storia dell’arte, ma ridona loro quasi una nuova vita, così che possano continuare a svolgere una missione ecclesiale”.




Giovani e vocazione, riflessione e confronto con il vescovo Antonio

E’ stato ricco di spunti e di emozioni l’incontro tra i giovani  e il Vescovo Napolioni tenutosi venerdì 7 dicembre presso l’Auditorium Giovanni Paolo II nella Parrocchia di S. Stefano a Casalmaggiore. La serata è rientrata nel percorso proposto ai giovani della zona pastorale V “Chiedimi se sono felice” predisposto da Diocesi, Federazione oratori e Azione Cattolica. L’incontro, il secondo dopo quello del 16 novembre tenutosi presso l’oratorio San Pietro di Viadana, è stato incentrato sul tema della vocazione e ha avuto per titolo “Vivi o sopravvivi?”.

Presenti tanti giovani lavoratori, studenti universitari e liceali che hanno partecipato al Sinodo dei giovani da poco conclusosi e che hanno intrapreso un cammino di riflessione sulla loro vita e sul servizio prestato chi nelle parrocchie, chi nei viaggi organizzati a Lourdes con Unitalsi Cremona, tutti indistintamente nella propria realtà di riferimento. Giovani con gli occhi pieni di esperienze e tanta voglia di intervenire, dichiarare, riflettere, sintetizzare, partire dalle proprie scelte di vita e dai dubbi esistenziali per diventare adulti consapevoli e cristiani nel mondo.

Lo stesso Vescovo ha voluto predisporre la serata come possibilità di confronto sincero, di ricerca reciproca, di condivisione, permettendo che, dopo una breve premessa tratta dalla Lettera pastorale “Gesù per le strade. Il sinodo dei giovani ci spinge…”, da poco consegnata da Napolioni alla Diocesi, fossero proprio i giovani i protagonisti di questo momento.

A partire da parole-chiave rappresentative di alcune scelte del vivere quotidiano, i ragazzi hanno potuto sviluppare, in forma laboratoriale, un metodo di esplorazione del proprio vissuto, capace di condurre a conoscere se stessi e il proprio cuore. La domanda che si sono fatti è dove si nasconde la vocazione e come si vive una fede incarnata che modifica le aspettative, i progetti di vita, i piaceri, le curiosità. La risposta è stata trovata nella parola Amore. L’amore che sa vedere le necessità dell’altro e vi sa rispondere concretamente; l’amore che sa essere accettato e sa cogliere l’importanza della reciprocità.

Centrale dunque il tema della comunione. La vocazione non è un fatto privato, esclusivo ed escludente. L’amore vocazionale per essere tale deve essere condiviso, “effusivo e diffusivo” per usare i termini proposti dal Vescovo. Anche se certamente ha bisogno di coltivare nel silenzio la lealtà con se stessi e il riconoscimento della propria identità, la vocazione è relazione perché deriva dalla chiamata che l’uomo può rifiutare o accogliere, dopo una prima iniziale obiezione, paura, titubanza. Sarà il riconoscimento della propria volontà di vivere pienamente da Figlio di Dio, in ogni incontro, ambiente, dimensione del quotidiano, che permetterà alla propria esistenza di evolvere in maniera significativa, fino a giungere alla felicità piena.




A Casalmaggiore convegno sul tema «Ai confini… della vita»

Prosegue l’impegno della Diocesi di Cremona, e in particolare dell’Ufficio Pastorale della Salute in sinergia con Newtabor Onlus e la Cappellania dell’Ospedale OglioPo, nel preparare e accompagnare operatori sanitari, volontari e famiglie alla comprensione della sofferenza, della malattia e della cura, attraverso una serie di incontri diffusi in tutto il territorio diocesano.

Dopo il convegno dello scorso maggio “Mi comprendo, ti com-prendo” tenutosi presso l’Ospedale Oglio-Po, questa volta gli organizzatori hanno scelto come sede del convegno “Ai confini…della vita”, che si terrà sabato 1 dicembre dalle ore 8.45, l’Auditorium San Giovanni Paolo II presso la Parrocchia di S. Stefano in Casalmaggiore.

La locandina dell’evento

La scelta di un luogo aperto al pubblico e non principalmente deputato al servizio sanitario si deve alla volontà di coinvolgere tutta la cittadinanza, credenti e non, a sviluppare un approccio etico verso la malattia e il paziente, sia esso familiare curato tra le mura domestiche o paziente affidato alle terapie in struttura, attraverso un percorso di consapevolezza sempre più diffuso e capillare, che porti ad un confronto con la morte naturale e ad una riflessione sull’utilizzo delle cure palliative per lenire le sofferenze terminali. Si tratta dunque di saper rispondere alle sfide del nostro tempo a partire dal basso, dalle singole comunità parrocchiali, che abbiano al loro interno persone preparate secondo lo Spirito e la Dottrina della Chiesa.

La finalità di questo incontro è pertanto lontana dall’essere solo di stampo informativo, ma è volta a formare una coscienza collettiva che sia in grado di aderire alla Nuova carta degli operatori sanitari voluta da papa Francesco nel 2017, che verrà presentata nell’arco della mattinata da M. Jean-Marie Mate Musivi Mupendawatu, segretario delegato del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e già segretario del Pontificio Consiglio. Il documento, destinato a personale medico, infermieri e ausiliari, ma anche a professionisti quali biologi, farmacisti, amministratori, legislatori in materia sanitaria, vuole essere un vademecum per chi opera in un settore tanto discusso quale quello della bioetica, rispettando i princìpi del Cristianesimo e la dottrina del Magistero.

 




Casalmaggiore, cena solidale per un’Italia “caporalato free”

È stato un successo in termini di partecipazione e sensibilizzazione la serata voluta dalla Bottega NonSoloNoi, Commercio equo e solidale di Casalmaggiore, che sabato 24 novembre ha organizzato l’annuale cena di raccolta fondi cui hanno aderito un centinaio tra amici, soci e sostenitori.

Tema scelto dagli organizzatori è stato lo sfruttamento sul lavoro e l’interconnessione tra caporalato e mafie. Ospite il sociologo Marco Omizzolo (alla sua seconda visita a Casalmaggiore dopo l’intervento presso il Circolo ACLI il 2 giugno scorso), ricercatore Eurispes e fondatore della rivista Tempi moderni e della cooperativa In Migrazione, impegnata da anni al fianco dei lavoratori Sikh schiavizzati nelle campagne agro-pontine e di tutti i lavoratori migranti.

La serata si è aperta con la visione del cortometraggio La giornata, di Pippo Mezzapesa, che racconta la morte di fatica per due euro l’ora (come scritto nei titoli di coda) della bracciante pugliese Paola Clemente il 13 luglio 2015. A seguito di questa tragedia e dello sciopero del 18 aprile 2016, che lo stesso Omizzolo ha organizzato a Latina con 4 mila braccianti indiani per chiedere condizioni di lavoro dignitose, lo Stato Italiano ha risposto nel novembre 2016 con la legge 199 (e conseguente modifica dell’art. 603/bis del codice di diritto penale), introducendo il reato di caporalato, la confisca dei beni (come per le organizzazioni mafiose) e l’arresto in flagranza di caporali e datori di lavoro consapevoli dell’origine dello sfruttamento.

Nei processi ad oggi in corso i lavoratori migranti si sono costituiti parte civile, dimostrando la volontà di lottare insieme allo Stato contro le mafie, perché “il caporalato è un reato spia della presenza di attività mafiose” (Omizzolo, Migranti e diritti. Tra mutamento sociale e buone pratiche, in Tempi moderni, ed. Simple, 2017). Laddove sussistono vessazioni, maltrattamenti, paghe inique, violenze psicologiche e fisiche, sfruttamento sessuale ai danni delle lavoratrici, lo Stato è evidentemente assente e si lascia mano libera a quella che Omizzolo definisce, per il territorio di Latina, la Quinta mafia o Consorzio mafioso pontino. Si tratta di un’organizzazione sovrastrutturale e informale (Omizzolo, La quinta mafia, collana Banlieue, ed. Radici Future, 2016) che ha radici nei principali clan mafiosi già presenti sul territorio e ne ridefinisce gli obiettivi criminali e le strategie insediative, cercando di creare attività economiche ai limiti della legalità. I principali settori in cui agisce sono il contrabbando di merce contraffatta proveniente dalla Cina, il commercio di automobili, l’edilizia, il comparto alberghiero, la ristorazione, il traffico di stupefacenti e ovviamente il comparto ortofrutticolo.

Ma sarebbe sbagliato pensare che il problema sia lontano dal nostro territorio. Due sono le verità insindacabili emerse dall’incontro e che sfatano il mito del nord Italia immune dalla criminalità organizzata. La prima: le mafie agiscono trasversalmente in ogni regione del Paese e in ambiti professionali tra i più variegati, spaziando dal settore agricolo a quello assistenziale.

Molti i dati raccolti nella numerosa bibliografia del sociologo e molti altri quelli che emergeranno prossimamente, quando verranno pubblicati i risultati di una ricerca che Omizzolo condurrà nel territorio cremonese grazie alla sua partecipazione al progetto locale Semi di futuro, nato dalla collaborazione di 4 partners capofila (ACLI, ARCI, AUSER e Università Popolare). L’ambito di ricerca stavolta sarà il settore delle assistenti domiciliari (le cosiddette badanti).

E ancora. I lavoratori maggiormente colpiti dallo sfruttamento sono uomini e donne di origine straniera, che a causa dell’attuale legge sulle migrazioni e del debito spesso contratto per raggiungere l’Europa sono a tutti gli effetti i più ricattabili: è piuttosto diffuso che il datore di lavoro sottragga loro i documenti che gli permettono di vivere legalmente in Italia, o che caldeggi l’uso di droghe e sostanze dopanti per superare la fatica delle 12/14 ore di lavoro consecutive, o che si faccia pagare affitti onerosi per alloggi fatiscenti da condividere con altri lavoratori nella stessa condizione. Questo avviene nel Sud come nel Nord Italia. I recenti fatti di cronaca lo testimoniano.

Grazie all’attuale legge, allora, e anche al coraggio di tante persone che hanno deciso di aderire all’I CARE di Barbiana, la Guardia di Finanza nel 2017 ha sporto 380 denunce, che hanno come scopo sia arrestare questo fenomeno ma anche favorire la volontà di costruire alleanze con quella parte dell’imprenditoria italiana che, in particolare nell’ambito agroalimentare, sostiene una filiera etica cui il consumatore attento può e deve aderire.

Questo è quanto resta da una ricca serata di formazione e informazione, oltre che di tanta umanità: ogni cittadino, in forza del suo essere consumatore, è chiamato ad orientare il mercato e le politiche pubbliche verso la giustizia, i diritti, la legalità, perché la lotta contro tutte le mafie passa anche da quel che mettiamo nel piatto.




Da Baires al Vaticano. Momenti della vita di Jorge Mario Bergoglio

Si è aperta nel pomeriggio di giovedì 22 novembre la rassegna culturale Polo d’attrazione che vede impegnato, per il secondo anno consecutivo, l’Istituto Superiore G. Romani di Casalmaggiore. L’idea è nata lo scorso anno dalla dirigente scolastica dott.ssa Luisa Caterina Maria Spedini e da alcuni docenti, che hanno scelto di interagire con la cittadinanza costruendo momenti di riflessione condivisa, a partire dalle suggestioni offerte dal fermento culturale del territorio.

Dopo una prima sperimentazione dedicata a Giuseppe Diotti, quest’anno il tema proposto è l’Argentina, in linea con l’attuale rassegna Stupor Mundi – Argentina, organizzata e promossa dall’assessorato alla cultura del Comune di Casalmaggiore e coordinata dal direttore artistico del Teatro di Casalmaggiore dott. Giuseppe Romanetti. 

In questo contesto, e alla presenza di tutti i protagonisti, è stata introdotta dal prof. Stefano Prandini la prima conferenza dell’anno: Da Baires al Vaticano. Momenti della vita di Jorge Mario Bergoglio, che ha avuto come relatore don Antonio Agnelli, consulente ecclesiastico ACLI Cremona, nonché noto esperto di Oscar Romero e della storia della chiesa in Latino America. Il tentativo, pienamente riuscito, è stato quello di tracciare in poche battute il percorso di vita che ha condotto l’uomo Bergoglio a divenire il Papa delle periferie, dei poveri, degli ultimi.

Scorrendo le pagine di una densa bibliografia e percorrendo anno per anno i suoi progressi, le frenate, le scelte (talora difficili e non comprese) e infine l’arrivo al soglio di Roma, don Agnelli ha avuto la capacità di raccontare come un uomo comune, tifoso di calcio e amante del tango, abbia saputo apportare una notevole svolta nella vita della chiesa una volta divenuto Pontefice.

Si è partiti dagli anni del noviziato presso la Compagnia del Gesù in Argentina (fine anni ’50), caratterizzati dall’apprendimento di austerità e sobrietà, che diventeranno tratti distintivi di Bergoglio, per giungere agli anni trascorsi in Cile (primi anni ’60), ricordati per l’impronta mistica e sociale fornita al suo apostolato, avvenuta grazie all’incontro con Alberto Hurtado, gesuita cileno impegnato socialmente e fondatore del primo sindacato cristiano cileno.

Senza astenersi dall’affrontare il delicato tema della permanenza in Argentina durante la dittatura del General Videla, don Agnelli ha analizzato le critiche piovute su Bergoglio circa la sua presunta carente difesa dei gesuiti, dei quali è stato provinciale (responsabile) proprio negli anni che vanno dal 1973 al 1979. Periodo, questo, in cui nascono quelle che don Agnelli definisce le Teologie della Liberazione, cui molti sacerdoti aderiscono, in alcuni casi arrivando ad abbandonare il magistero per raggiungere il popolo nelle periferie, pronti taluni ad imbracciare le armi e combattere la giunta militare. L’accusa rivolta a Bergoglio è di non aver difeso i suoi al punto da aver indirettamente consegnato alla dittatura i tanti ministri che partecipavano alla rivoluzione. È invece lungo l’elenco dei nomi delle persone salvate nel silenzio (cf. Nello Scavo, La lista di Bergoglio. I salvati da Francesco durante la dittatura, Emi ed., 2013) e sono molte le riflessioni suggerite per contestualizzare e comprendere meglio il comportamento avuto da Bergoglio.

Negli anni successivi alla dittatura la sua vita cambia notevolmente: riprende gli studi, tra il 1980 e il 1986 è rettore del collegio di San Giuseppe in Argentina, nel marzo 1986 si trasferisce in Germania per ultimare la tesi dottorale e dal 1990 al 1992 viene destinato a tornare in Argentina in qualità di direttore spirituale e confessore per la chiesa gesuitica a Cordoba. Sono quelli che Bergoglio stesso ama definire gli anni della purificazione. Il 28 febbraio 1998 la svolta: viene eletto arcivescovo di Buenos Aires e intraprende così il percorso che lo porterà al soglio pontificio. Quando nel 2007 partecipa ad Aparecida (Brasile) alla V Conferenza generale dell’episcopato latino-americano e dei Caraibi, nel documento conclusivo stilerà quello che oggi potremmo definire il suo programma pontificale: vicinanza ai lontani, agli ultimi, ai malati, ai carcerati, ai poveri e promozione di una pastorale popolare, che sostenga le novene, le vie crucis, le feste patronali, i pellegrinaggi. È il modo della chiesa per essere vicino al popolo di Dio in cammino, pur mantenendosi lontana dall’approvare le idolatrie, siano esse conseguenza della deriva del comunismo che dimentica la centralità della persona, siano il risultato di un capitalismo selvaggio. In questo papa Francesco si ispira a due grandi profeti suoi predecessori: Leone XIII nella sua enciclica Rerum Novarum e Paolo VI in Populorum Progressio.

Partendo da questi presupposti, don Agnelli ha tracciato la lunga evoluzione spirituale e pastorale dall’uomo Bergoglio, che ha vissuto una storia densa e complessa, a papa Francesco, per cui la fede è elemento naturale nella vita delle persone e si attua nell’esperienza, nella realtà, nella capacità di puntare il dito contro ogni sistema che conduce l’uomo ad essere scarto, fuori dalla società, non-persona. Mentre l’uomo si riscopre cristiano quando si dichiara che la vicinanza ai poveri non è la moda di un pontificato ma il cuore del Vangelo. E nel Vangelo c’è la gioia di vivere. L’Evangelii gaudium, appunto.




Zona V, un percorso per i giovani sul tema “Chiedimi se sono felice”

“Chiedimi se sono felice”: Diocesi, Federazione oratori e Azione Cattolica hanno predisposto un calendario di incontri per i giovani della Zona pastorale V. Dopo l’aperitivo di presentazione del percorso, tenutosi nei giorni scorsi all’oratorio di Bozzolo, questa settimana si entra nel vivo: venerdì 16 novembre, all’oratorio di Viadana San Pietro, incontro sul tema “Dio dove sei? I giovani parlano ai giovani”.

I successivi appuntamenti. Il 7 dicembre all’oratorio di Casalmaggiore, “Vivi o sopravvivi?”: in dialogo col vescovo Antonio sulle scelte di vita. Il 25 gennaio 2019 a Vicomoscano, “Insieme è più bello”: testimonianza degli sposi Chiara e Luca sul tema della famiglia. Il 15 febbraio a Rivarolo Mantovano, “All you need is love… Quale?”: incontro con esperti sul tema della corporeità e gestualità dell’amore. L’8 marzo a Sabbioneta, “Chi non vive per servire, non serve per vivere”: testimonianza della volontaria Caritas Anna Maria Margini. Dal 15 al 17 marzo, esercizi spirituali a Tignale. Il 12 aprile ancora a Viadana San Pietro, “Il lavoro nobilita l’uomo?”: le testimonianze di un insegnante e di un giovane lavoratore. Per il 13 aprile 2019, tutti i giovani della Zona saranno invitati a partecipare alla Veglia delle Palme, al palasport di Cremona. Il 10 maggio, gran finale a Cicognara: l’incontro con un testimone sul tema “Pàthei màthos. Si impara solo dalla sofferenza”.

Non mancano le proposte estive, per completare l’anno nel segno dell’amicizia e del servizio: dal 4 al 9 agosto, sarà possibile prendere parte a un pellegrinaggio a Lourdes con Unitalsi Cremona, mentre per i giorni 5-11 agosto viene proposto un pellegrinaggio a Roma sulla via Francigena.

Sara Pisani




Vogliamo tutto: a 50 anni dal ’68 una mostra per parlare di giovani ieri, oggi e domani

Venerdì 26 ottobre presso l’auditorium Giovanni Paolo II, a Casalmaggiore, ha avuto luogo la conferenza di presentazione della mostra “Vogliamo tutto: 1968-2018″, organizzata dalla Commissione Famiglia del locale consiglio pastorale e dall’Associazione Famiglie di Santo Stefano. La mostra, composta da materiale fotografico e multimediale, sarà aperta in concomitanza con la fiera cittadina dal 1° all’11 novembre presso la chiesa di S. Chiara (via Formis 5), dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19, e sarà disponibile per gruppi e scolaresche dal 5 al 9 novembre su prenotazione.

Dopo i saluti di Pamela Carena, assessore alla cultura del Comune di Casalmaggiore, che ha collaborato alla realizzazione dell’evento, la parola è passata a Pietro Bongiolatti e Margherita Bertani, già ricercatore presso l’Università Cattolica il primo e studentessa universitaria la seconda, che insieme a un folto gruppo di docenti, ricercatori e studenti hanno curato la mostra nata dal coordinamento tra Università di Torino, Università Statale e Cattolica di Milano, ed esposta per la prima volta al XXXIX Meeting per l’amicizia fra i popoli.

L’evento propone un excursus storico relativo ai movimenti di opposizione studentesca degli anni Settanta, e spazia dagli USA all’Europa, compreso l’Est, senza dimenticare le differenze tra i due blocchi e i diversi motori che portarono alla ribellione. Scopo è rappresentare la storia dei movimenti alla luce di eventi detonatori sfociati nel desiderio di partecipazione e di rappresentazione delle proprie istanze, fino alle occupazioni delle facoltà e ad isolati atti di violenza che sembreranno tradire, col senno di poi, le stesse forze motrici del movimento.




Veglia missionaria/zona 5. A Casalmaggiore una serata di riflessione e adorazione eucaristica

Nella serata di sabato 20 ottobre nella chiesa di San Francesco, a Casalmaggiore, vi è stata la veglia missionaria per la zona pastorale 5, in comunione con quelle svoltesi contemporaneamente a Rivolta d’Adda, Castelleone e Motta Baluffi. Spunto per questo importante momento comunitario sia la recente canonizzazione di don Francesco Spinelli, che consegna alla Diocesi una riflessione sulla centralità dell’Eucarestia nella vita cristiana, sia la celebrazione della 92ma Giornata Missionaria Mondiale, di domenica 21 ottobre.

Alla presenza dei cantori della Zona, diretti dal maestro Donato Morselli, e delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento, congregazione fondata nel 1882 da don Spinelli, la veglia ha vissuto tre momenti centrali: la consegna all’altare del libro dei Vangeli da parte del diacono Luigi Lena accompagnato da don Barili e don Rubagotti; l’esposizione di una reliquia di san Francesco Spinelli, segno del Vangelo vissuto; l’adorazione eucaristica e il silenzio di adorazione, protratto fino alla mezzanotte.

Dopo la lettura della Parola e l’omelia da parte del vicario zonale, la riflessione è passata alla cremonese suor Antoniana Bertoni, delle Adoratrici, che, con la sua testimonianza di vita missionaria in Africa prima e in Sud America poi, ha raccontato come sia stato possibile realizzare gli insegnamenti di don Spinelli di abbandonarsi alla volontà del Padre per portare il Vangelo ad gentes. Senza dimenticare che la vocazione missionaria va vissuta da ogni battezzato in Cristo nella quotidianità, perché solo così si aderisce al percorso della Nuova Evangelizzazione che da san Giovanni Paolo II a papa Francesco, passando attraverso il cardinal Martini e la semplicità delle Sorelle cremonesi, ha reso  e rende ancora profetica la Chiesa.

 

Sara Pisani