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Visita pastorale: Isola, Pessina, Stilo e Villarocca aprono gli incontri del 2024

Sarà l’unità pastorale di Isola Dovarese, Pessina Cremonese, Stilo de’ Mariani e Villarocca ad aprire, all’inizio del nuovo anno, la visita pastorale “Gesù per le strade” del vescovo Antonio Napolioni, che nel 2024 prosegue con ulteriori otto tappe, in programma da metà gennaio a metà marzo, subito prima della Settimana Santa. Da venerdì 12 a domenica 14 gennaio monsignor Napolioni incontrerà le comunità guidate da don Antonio Loda Ghida.

«Nei nostri paesi – spiega il parroco – il dramma principale è il calo demografico: nascono pochissimi bambini e il numero di anziani è di gran lunga superiore a quello dei giovani. Siamo però una realtà intraprendente e attiva: chi si dedica alla parrocchia lo fa sempre con entusiasmo e spirito di iniziativa, l’aiuto dei laici è fondamentale per il funzionamento degli oratori e della vita parrocchiale: una fortuna non da sottovalutare per la quale sono molto grato».

La visita pastorale nell’unità pastorale della zona pastorale 4 prenderà avvio la mattina di venerdì 12 gennaio, con l’incontro a Villarocca fra il Vescovo e gli anziani (ore 9.30), proseguendo poi a Isola Dovarese dove, alle 11, monsignor Napolioni trascorrerà un momento nella scuola primaria del paese per un incontro insieme a bambini e insegnanti. Nel pomeriggio, dopo la visita nelle case ad alcune famiglie della comunità di Isola, in particolare con anziani soli o malati, alle 16 il vescovo presiederà l’Eucaristia presso la Fondazione San Giuseppe, la casa di riposo di Isola. Alle 17.15, invece, presso la sala consiliare del Comune di Isola Dovarese si terrà l’incontro con le autorità dei comuni che formano l’unità pastorale (oltre a Isola Dovarese il Comune di Pessina Cremonese, con le frazioni di Stilo de’ Mariani e Villarocca). Alle 18, nel teatro parrocchiale, il Vescovo si confronterà con i giovani e gli adolescenti. La giornata di venerdì si concluderà con il “Giorno dell’ascolto” nella cappellina a Stilo de’ Mariani alle 20.45.

La giornata di sabato 13 gennaio inizierà alle 9 con la Messa nella chiesa sussidiaria dell’Annunciazione di Maria Vergine a a Monticelli Ripa d’Oglio, frazione di Isola Dovarese. Alle 10.30 si terrà l’incontro con le associazioni del territorio all’interno del teatro parrocchiale a Isola. Il pomeriggio, a Pessina Cremonese, alle 15 il vescovo incontrerà i catechisti, le famiglie e i bambini del percorso di iniziazione cristiana; dopo la Messa dalle 18 la giornata si concluderà con un momento di convivialità.

A chiudere la visita pastorale, domenica 14 gennaio, dopo l’incontro con il Consiglio pastorale unitario e il Consiglio degli affari economici, sarà la Messa delle 11 nella chiesa parrocchiale di Isola Dovarese, presieduta dal vescovo e trasmessa in diretta tv su Cremona1 (canale 19) e in streaming sui canali web e social della Diocesi.

 

Visita pastorale, nel quarto anno altre otto tappe tra gennaio e marzo




Vespri dell’Epifania a San Sigismondo con il pensiero rivolto a Gerusalemme

Nel pomeriggio di venerdì 6 gennaio, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto i Secondi Vespri della solennità dell’Epifania nella chiesa di San Sigismondo, a Cremona, insieme alla comunità claustrale Domenicana, per la quale il giorno dell’Epifania segna l’anniversario – quest’anno i 16 anni – dalla posa della clausura papale sul monastero.

Una ricorrenza molto cara alle monache del complesso di San Sigismondo che, dopo aver accolto il Vescovo lo scorso 1° gennaio per al celebrazione dell’Eucaristia, per l’Epifania hanno nuovamente condiviso un intenso momento di preghiera con monsignor Napolioni insieme anche a diversi sacerdoti e fedeli legati al monastero di largo Bianca Maria Visconti. Un appuntamento che ogni anno diventa, per la Chiesa cremonese, l’occasione per esprimere alle claustrali l’affetto e la riconoscenza per il loro impegno orante. «La clausura – hanno ricordato infatti le religiose – è segno della nostra dedizione esclusiva a Dio e nella Chiesa locale”.

È stato un momento di preghiera intenso, tra le lodi nel canto e l’adorazione silenziosa davanti al SS. Sacramento.

“Chiedete pace per Gerusalemme”. Attorno a queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha sviluppato la sua riflessione, focalizzata sul dualismo fra la Gerusalemme terrena, segnata da guerra e ingiustizia, e la Gerusalemme celeste, perfetta e tempio di Dio. «Gerusalemme è costruita nel cielo come città che è congiunta a se stessa sulla terra», ha detto riferendosi al Targum, la versione aramaica della Bibbia. Il Vescovo ha quindi descritto la Gerusalemme del cielo «dove l’armonia dell’architettura rivela l’unità della comunità, in cui la totalità delle genti, nel tempo e nello spazio, da Israele alla Chiesa, una, inclusiva e molteplice, è chiamata a essere un cuor solo e un’anima sola. In essa si amministra la giustizia, grazie ai troni e ai seggi della casa regale di Davide». E in un altro passaggio ha aggiunto: «Lo scopo ultimo di questo pellegrinaggio continuo dei popoli e dei credenti è lodare in essa il nome del Signore, che risuona specialmente nella grandiosa liturgia del tempio. Lo splendore di Gerusalemme così acquista un carattere sponsale, particolarmente significativo per la comunità con cui stiamo pregando».

Al centro della riflessione proposta da monsignor Napolioni tante citazioni bibliche, con sempre al centro Gerusalemme. Come il capitolo 62 di Isaia. «Questo testo – ha detto il vescovo – illumina anche la coscienza di ciascuno di noi. Va pregato anche personalmente, perché ogni nostra anima è anche un’anima ecclesiale, popolare, personale e collettiva insieme». O il Salmo 122 con la supplica “Domandate pace per Gerusalemme”: «Domandate pace – ha detto – per tutti i luoghi e i loro abitanti, per il popolo di amici che forma ovunque la casa del Signore, insegnando che l’amore fraterno è il vero culto al Signore». E ha proseguito: «Tutto molto bello, ma la storia, il presente della Gerusalemme di quaggiù paiono smentirlo: Gerusalemme è divisa, è contesa, non è mai in pace. È città di pace più come progetto che come realtà».

«Il Nuovo Testamento – ha proseguito il vescovo citando alcuni passaggi evangelici e san Paolo – ci conduce al passaggio dal tempio alla chiesa». E ha aggiunto: «La Chiesa non dimentica Gerusalemme. Continua a guardare verso di essa, ma dentro di sé: nella Chiesa e nel Cielo, in prospettiva spirituale ed escatologica, sapendo che l’alleanza della legge è compiuta e superata da quella della libertà redenta».

Un percorso dall’Antico al Nuovo Testamento, sino a giungere all’Apocalisse: “Nuovo cielo e nuova terra (…) vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da parte di Dio: splendente, bella come una sposa alle sue nozze”. Citando poi Origene e Agostino: “Corriamo alla casa del Signore, e la nostra anima gioisca per coloro che ci ripetono queste parole. Coloro che ce le riferiscono han visto prima di noi la patria e, da lontano, a noi che li seguiamo, gridano: Andremo nella casa del Signore. Camminate, correte!”. E il vescovo ha quindi concluso: «Lodiamo e ringraziamo il Signore perché nell’Eucaristia ci dà la forza, la luce e la grazia necessaria per riprendere la corsa verso la città di Dio, verso la casa della pace».

Accanto al vescovo il delegato episcopale per la Vita consacrata don Enrico Maggi, i rappresentanti degli istituti religiosi maschili presenti in città – padre Andrea Cassinelli (Cappuccini) e padre Virginio Benner (Camilliani) –, il cerimoniere episcopale don Matteo Bottesini e il cancelliere vescovile don Paolo Carraro.

 




In Cattedrale il nuovo anno si è aperto auspicando mentalità di pace

 

«Iniziamo sotto lo sguardo di Maria, Madre di Dio, in comunione con tutta la Chiesa, l’anno di grazia del Signore 2024. Vuol dire che Dio ha confezionato un anno perfetto: sta a noi interpretarlo, attuarlo, nella scia della sua grazia, e non come bambini capricciosi e ribelli ostacolare il disegno d’amore. Siamo qui per imparare le vie di Dio, e percorrerle insieme: sono le vie della pace, della comunione, del dialogo, della fratellanza, sono le vie a cui convertirci tutti, perché nel mondo davvero la fraternità prevalga sulla divisione».  È con queste parole che il vescovo Antonio Napolioni ha introdotto la celebrazione della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, che nel pomeriggio di lunedì 1° gennaio ha presieduto in Cattedrale affiancato dai canonici del Capitolo e dal parroco dell’unità pastorale Sant’Omobono.

Un momento di preghiera che sancisce l’impegno sempre maggiore e rinnovato a vivere un nuovo anno fatto di azioni e gesti mossi da un cuore che ascolta e mette in pratica il messaggio del Vangelo. La preghiera è stata elevata dal canto del coro della Cattedrale di Cremona, che ha accolto i fedeli con la melodia del “Santissima”, accompagnata dalle note dell’organo suonato dal maestro Fausto Caporali.

«Abbiamo il diritto di sperare, abbiamo il dovere di operare secondo questa speranza, artificiando qualcosa, facendo ad arte cose per la vita del mondo», ha affermato mons. Napolioni durante l’omelia. Con un riferimento ai fuochi d’artificio di fine anno, il vescovo si è voluto soffermare sull’aggettivo “artificiale”, che «ricorre anche nel messaggio che il Papa ha inviato alla Chiesa e al mondo» in occasione della 57ª Giornata mondiale della pace che si è celebrata proprio il 1° gennaio sul tema Intelligenza artificiale e pace. «La Chiesa – ha precisato il vescovo – non vuole essere oscurantista, non teme il progresso della scienza, ma, come anche il presidente Mattarella ieri sera ha saputo raccomandare, questi progressi devono essere governati da un’intelligenza umana».

L’intelligenza umana è però soggetta a egoismo e prevaricazione, oscurata spesso dall’avidità personale piuttosto che essere rivolta al bene fraterno. Ma, oltre a quella artificiale e a quella umana, esiste una terza intelligenza: quella spirituale: «Abbiamo lì una risorsa profonda, decisiva, che fa la differenza», ha evidenziato monsignor Napolioni guardando quindi al mistero dell’Incarnazione.

Il Vescovo ha voluto sottolineare l’impegno che gli operatori della comunicazione diocesana mettono nella realizzazione dei contenuti pubblicati sul portale online della diocesi e non solo, rivolgendo in particolare la sua riflessione sull’ultima uscita della rivista Riflessi Magazine (riflessimag.it), che a fine dicembre ha articolato i contenuti dell’edizione attorno alla parola pace. «Se andate ad aprire questo strumento multimediale – è stato l’invito del vescovo – trovate con i linguaggi e la narrazione dell’immagine, della musica e della cultura tanti riflessi di pace, tanti pensieri di pace che diventano cammini di pace, educazione alla pace. Occorre una mentalità di pace, in noi innanzitutto, e non solo nei potenti. Perché noi stessi, senza volerlo, possiamo essere dei guerrafondai anche nel nostro piccolo, dei tifosi delle divisioni, delle ostilità, dell’uso maldestro delle nostre identità e tradizioni». E sempre riferito a Riflessi Magazine ha proseguito: «In questo strumento multimediale troverete tante storie belle della nostra terra, della nostra comunità, di giovani e adulti che stanno coltivando l’intelligenza spirituale della vita che genera la speranza e la fiducia nella pace».

Ed è proprio quello della pace il messaggio che il vescovo di Cremona ha rivolto non solo ai fedeli presenti, ma a un mondo diviso dalle guerre e in cui la miseria è sempre più in aumento. Un messaggio che non invecchia, ma che, al contrario, si ripropone con più forza anche dove solo in apparenza sembrerebbe non trovare spazio.

Al termine dell’omelia il Vescovo ha condiviso con tutti una speranza, un augurio per il 2024 ma che vale non solo per il futuro più prossimo: «Possa la nostra Chiesa crescere in questa maternità ospitale e coraggiosa, umile e fiera, perché abitata dalla Parola e dallo Spirito, che non ci lascia soli nel cammino, ma ci fa andare incontro a chiunque stia cercando vie della giustizia e della pace».

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

Papa Francesco: “Le nuove tecnologie non promuovano la follia della guerra”

https://www.diocesidicremona.it/la-piace-in-piazza-giornata-di-festa-a-cremona-il-28-gennaio-30-12-2023.html




L’ultimo saluto a Mario Gnocchi, uomo di fede, modello nella ricerca del dialogo e nella passione educativa

 

Una chiesa gremita di tanti familiari, amici e fedeli che si sono raccolti per dare l’estremo saluto al professor Mario Gnocchi, stimata figura di spicco del panorama culturale e religioso cremonese, deceduto lo scorso venerdì 22 dicembre all’età di 89 anni. Nella chiesa di Sant’Agata a Cremona si sono tenuti i funerali, presieduti dal vescovo emerito Dante Lanfranconi, che ha portato ai familiari il caloroso abbraccio del vescovo Antonio Napolioni, e i numerosi sacerdoti presenti. Tra i concelebranti don Irvano Maglia, parroco moderatore dell’Unità pastorale “Cittanova”, e don Federico Celini, incaricato diocesano per la Pastorale ecumenica e il dialogo interreligioso.

Presenti, in segno di fraterna comunione, anche alcuni rappresentanti delle chiese cristiane del territorio che con il professor Gnocchi hanno condiviso l’impegno ecumenico.

Mario Gnocchi è stato professore di Letteratura Italiana e Latino del liceo Classico Manin di Cremona, dove ha insegnato per 34 anni, dal 1961 fino al 1995, e si è distinto lungo tutta la sua vita per la fede e l’impegno ecclesiale dal Gruppo Laureati Cattolici di Cremona al Comitato di direzione della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo, passando per la passione ecumenica che ha coltivato e condiviso attraverso l’intensa attività con il Segretariato Attività Ecumeniche (Sae) di cui è stato presidente nazionale dal 2004 al 2012.

«Dio ci ama, Dio ama ogni uomo, e questo suo condividere la condizione umana non è solo un segno evidente, tangibile, concreto che ama ogni uomo, ma è anche il compimento di un disegno che Dio, fin dalla creazione, ha sull’uomo, perché ciascuno è chiamato a condividere la stessa beatitudine di Dio. Ecco, Dio ci ama – spiega monsignor Lafranconi nell’omelia –. Io mi sento di chiedere davanti al caro Mario: ma io ci credo veramente che Dio mi ama? Perché non c’è la possibilità di dire fede, che vuol dire fiducia, se non sai di essere amato! Se non crediamo con certezza che Dio ci ama, neanche la nostra fede sta in piedi».

 

 

Una fede consapevole e matura – ha quindi proseguito nella sua riflessione il vescovo emerito – offre un solido fondamento alla vita, come è stato per il professor Gnocchi: «Questa fede è alla base del cammino ecumenico che Mario ha così amato, per il quale ha così lavorato, ci ha messo l’anima e la sua intelligenza, il suo spirito. Il cammino ecumenico si basa su questo, nella condivisa certezza che Dio ci ama, tutti». Rivolgendosi poi ai familiari del defunto, il mons. Lafranconi ha sottolineato il ricordo «del professor Mario, ma anche del papà Mario, questo suo impegno educativo che non si accontentava di trasmettere, ma cercava di aprire le parti dell’intelligenza, la capacità della comprensione, cercava di suggerire i comportamenti coerenti, di guidare sulle strade giuste. Caro Mario – ha aggiunto rivolgendosi ad un amico – lasciaci la passione di questo compito educativo come l’hai vissuto tu, come l’hai inteso tu. Quanti ti ricordano per questo».

«Caro fratello Mario – ha quindi concluso la sua omelia – aiutaci a mantenere salda la nostra fede in questa certezza: che Dio ci ama, sempre, aiutaci a guardare il nostro prossimo, le persone con cui condividiamo la nostra vita quotidiana e conoscendo che ciascuno di essi è portatore della tua presenza. Ed è con questa certezza nel cuore che noi vogliamo continuare la nostra vita facendo tesoro anche della tua vita, anche del tuo insegnamento e del tuo esempio».

Al termine della celebrazione un momento di ricordo con i sentiti interventi del professor Simone Morandini vicepreside dell’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia  e del figlio Giovanni.

 

Deceduto il prof. Mario Gnocchi: uomo di cultura e di fede, dal 2004 al 2012 fu presidente nazionale del Segretariato Attività Ecumeniche




Al Museo Diocesano la mostra dei capolavori ritrovati

 

«L’ultima proposta di quest’anno per il Museo Diocesano, un saluto natalizio che vogliamo rivolgere a tutti quelli che son venuti e che verranno ad ammirare la proposta artistica che offriamo». Sono queste le parole con le quali Stefano Macconi, curatore del Museo Diocesano di Cremona, ha presentato la nuova mostra inaugurata nella mattinata di sabato 2 dicembre. Lost and Found – Four Rediscovered Masterpieces  si struttura come un percorso espositivo che che mette in luce la meraviglia di tre dipinti e una scultura in terracotta che derivano dalla tradizione storico-artistica cremonese, opere riscoperte e valorizzate grazie al contributo di PQV fine art Cremona.

Le opere esposte fino al 14 gennaio saranno una tavola raffigurante Madonna con bambino e San Giovannino della bottega del Correggio; la tavola raffigurante un San Benedetto di sicura autografia riferita a Bernardino Campi che apre nuovi scenari sull’attività del maestro legata alle committenze delle monache Benedettine presenti a Cremona; il San Sebastiano, uno dei dieci dipinti più importanti di Antonio Campi, forse realizzato per Sant’Antonino a Milano, per Danese Filiodoni, già podestà di Cremona e gran cancelliere dello Stato di Milano; un busto in terracotta raffigurante un Cristo, dall’intensa forza drammatica, attribuito alla mano di Giovanni de Fondulis.

Ospite dell’inaugurazione, il cavaliere Giandomenico Auricchio ha sottolineato che l’impegno della Camera di Commercio a sostegno dell’iniziativa: «Saremo sempre vicini alle iniziative che promuovono e valorizzano l’arte e il patrimonio artistico – ha detto – in una consapevolezza etica dell’arte come bene di tutta la comunità, ma anche perché convinti che valorizzando l’arte si valorizzi anche l’economia del territorio. Sappiamo infatti come, utilizzando particolari coefficienti, si può valutare quanto investire sull’arte restituisca al territorio risorse di tipo economico».

Pietro Quattriglia Venneri, titolare della galleria di PQV fine art di Cremona, ha proseguito l’inaugurazione con il suo intervento, nel quale ha voluto ricordare che «il lavoro fatto dagli studiosi per presentare al pubblico queste quattro opere è stato ammirevole e di grande importanza per tutta la città. Quella di oggi è solo la prima tappa di questa esperienza, la seconda si terrà il 5 gennaio, e in quel momento avremo il piacere di ascoltare gli esperti che hanno dato vita alla mostra Lost and Found».

Stefano Macconi ha quindi descritto nei minimi particolari l’opera sulla quale ha personalmente lavorato al fine di ricostruire il background storico, culturale e sociale che ha portato alla sua realizzazione. Si tratta dell’opera raffigurante Madonna con bambino e San Giovannino della bottega del Correggio, «un’opera dalle origini della creazione incerte e non ancora precise, quasi straniera fra le altre ma sicuramente legata al lascito artistico del Correggio – spiega Stefano Macconi –, ma soprattutto legata all’altrettanto incerta Madonna di Casalmaggiore. Abbiamo studiato molto e ricercato numerose informazioni su quest’opera, probabilmente è stata commissionata per una devozione privata e lo si deduce dalle dimensioni ridotte. Potrebbe essere un’opera frutto di più mani, elemento avvalorato dalle differenze tecniche che si possono notare fra i personaggi. Le analisi continueranno e maggiori informazioni saranno condivise grazie agli interventi delle studiose Beatrice Tanzi e Raffaella Poltronieri il prossimo 5 gennaio».

Al termine dell’inaugurazione i presenti si sono spostati nelle sale del Museo Diocesano, dove hanno potuto ammirare i tre dipinti esposti e la scultura di terracotta posta al centro, un momento che si è subito trasformato nell’occasione per poter visitare tutto il museo nella sua interezza.




Giunta da Betlemme la “Luce della Pace”

Dalla chiesa di San Girolamo di via Sicardo, a Cremona, sabato 16 dicembre, al calar della sera, una processione di luci è partita per arrivare fin sotto la Bertazzola del Torrazzo, in un momento di preghiera e condivisione. Un segno di pace non nuovo per la città e il territorio che quest’anno assume un significato ancora più particolare: quella luce, simbolo di pace, che da anni gli scout diffondono nel mondo attingendo dalla fiamma che in modo perenne arde nella grotta della Basilica della Natività, a Betlemme, quest’anno più che mai vuole illuminare nel segno della pace. A partire dal Medio Oriente, da dove a fatica è partita, riscaldando il cuore di tutti perché il mondo intero possa ritrovare la pace: in tutti quei luoghi di conflitto sparsi nel mondo, ma anche nella quotidianità di ciascuno.

L’iniziativa è stata organizzata come consueto dagli Scout adulti del Masci, che con costanza e dedizione si impegnano ogni anno a far giungere la “Luce della pace di Betlemme” sul territorio per accendere un contagioso diffondersi di luce che coinvolge parrocchie e gruppi, luoghi istituzionali, senza mai tralasciare i luoghi di sofferenza, come ospedali, case di riposo e di cura e raggiungendo anche chi è in carcere.

«Il bisogno di pace si sente ancora più forte in questi mesi – spiega Elisabetta Manni Rodini, responsabile della comunità Masci Cremona 1 –. Lo scout austriaco è riuscito anche quest’anno ad attingere alla fiamma a Betlemme». E prosegue: «La pace è un cammino complesso, complicato, non è una cosa che si risolve velocemente. Serve dialogo, serve che tutte le parti comunichino per un bene comune. La pace comincia da noi, comincia dalle piccole cose, dallo sforzo personale. Il nostro modello di riflessione deve fondarsi sulla riflessione e sul dialogo, che parte dalla propria casa, fino ad arrivare alla propria parrocchia e alla nostra comunità”.

“Fare Pace rende felici” è il motto che accompagna quest’anno la distribuzione della Luce della Pace di Betlemme. Un augurio che quest’anno è ancora più forte dopo un viaggio che ha condotto la luce anche in Italia attraversando due continenti, 10 Paesi, coprendo più di 3.700 chilometri. Un viaggio in Italia e nel resto d’Europa: il treno partito da Trieste ha raggiunto Milano e Bologna. Fra le tappe anche Brescia, dove gli scout del Masci Cremona1 e Cremona2 hanno attinto la fiamma per portarla all’ombra Torrazzo. Analogamente, da Treviglio, hanno fatto i gruppi Masci della Bergamasca, portando la fiamma anche alle comunità della Zona pastorale 1 della Diocesi.

«Costruire esempi di Pace in questo momento storico, in questo mondo che sembra aver perso questo valore, diventa un dovere, ma anche una gioia che porta serenità – spiegano dal Masci di Cremona –. È compito di tutti noi lavorare e difenderlo giorno dopo giorno».

Dopo un momento di raccoglimento e preghiera che si è tenuto nella chiesa di San Girolamo, la comunità scout si è spostata davanti alla Cattedrale, dove sotto la Bertazzola ha condiviso il prezioso dono che porta con sé il messaggio di pace e fratellanza del Vangelo a quanti volessero.

E a sancire inequivocabilmente il bisogno di pace, proprio in piazza del Comune, la Luce della pace di Betlemme ha incontrato la fiaccolata che, partita da Palazzo Cittanova è passando per le vie della città, è giunto fino al Duomo chiedendo pubblicamente l’immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.

Il viaggio della Luce della pace di Betlemme nei prossimi giorni continuerà nelle comunità, nelle case e ovunque ci sia qualcuno pronto ad accoglierla, nei luoghi dove più c’è bisogno del calore e dell’amore del Signore, portando il più autentico segno del Natale.




Torna nel refettorio di San Pietro al Po la tradizionale mostra dei presepi

 

Lo scorso 9 dicembre è stata inaugurata la “Mostra di Presepi” nel refettorio della chiesa di San Pietro al Po di via Cesari. Una tradizione che da 12 anni non manca di sancire l’inizio del periodo natalizio a Cremona, soprattutto grazie all’impegno che gli artisti e i modellisti mettono nella creazione dei loro diorami, proponendo così ai visitatori un’esposizione sempre nuova ed innovativa. 

Veterana dell’arte del presepe ed appassionata della sua storia, Anita Diana, presidentessa dell’associazione Amici del Presepe di Cremona, è la principale responsabile dell’esposizione, e grazie all’aiuto incrollabile del marito da oltre un decennio riesce a collezionare ogni anno presepi diversi da esporre. Un pellegrinaggio quello della mostra di presepi che nacque con un carattere itinerante; infatti nel corso delle varie edizioni diverse chiese hanno fatto da sfondo all’esposizione,, fino ad arrivare in sede stabile nel refettorio della chiesa di San Pietro al Po, dove il parroco don Antonio Bandirali ha voluto che si tenesse ogni anno la mostra.

«Ogni anno i presepi sono diversi – spiega Anita Diana –. L’idea della mostra nasce dalla passione mia e di mio marito, quando abbiamo conosciuto l’associazione Amici del Presepe abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con altri appassionati e da lì è nata l’idea di mettere in mostra i capolavori di questi artisti». E ogni anno la proposta espositiva si fa sempre nuova, infatti «si fa scambio di diorami con gli altri membri lombardi dell’associazione, in questo modo ognuno ha la fortuna di mostrare il suo progetto nelle varie città della regione, e tutto viene fatto a titolo gratuito, quasi a dimostrare l’amore che ognuno mette nel proprio lavoro».

Un anno quello del 2023 molto importanti per i presepisti, racconta infatti la presidentessa Diana che «ricorre quest’anno l’ottocentesimo anniversario dalla creazione del primo presepe, realizzato da San Francesco d’Assisi nel 1323. Il Santo ha raccolto persone ed animali in una stalla, così da rappresentare il miracolo della natività, e oggi noi ripercorriamo le sue orme, più in piccolo, certo, ma con lo stesso spirito di allora».

I presepi esposti alla mostra non si limitano solamente a copie da ammirare singolarmente, perché la novità sta nel percorso che i diorami raccontano. Messi uno di fianco all’altro, i presepi raccontano la storia della vita di Cristo, partendo dall’Annunciazione, soffermandosi all’incontro di Maria con la cugina Elisabetta, arrivando come da tradizione alla nascita del Salvatore, e concludendo l’excursus storico e tematico mostrando momenti della vita familiare di Gesù, come quelli che vive nella bottega insieme a San Giuseppe mentre impara l’arte della falegnameria. 

Sono presenti anche esposizioni di natura più inusuale, non tradizionali rappresentazioni della mangiatoia col bue e l’asinello, ma interpretazioni che collocano la natività in altri ambiti e contesti riproponendo il messaggio del Vangelo, che in questi casi viene letto ed analizzato sotto punti di vista completamente diversi da quelli più abitudinari. Un esempio è il diorama dal titolo Non ho né razza né colore, ascoltate solo la mia voce, che mostra la nascita di un bambino portato in braccio dalla madre, ma non c’è nessuna mangiatoia, tantomeno i magi. Al loro posto son presenti sullo sfondo elefanti, giraffe e leoni, animali tipici della savana centroafricana, regioni da cui intere famiglie partono affrontando viaggi pericolosi verso la promessa di una vita migliore.

La “Mostra di Presepi” sarà visitabile fino al 7 gennaio, con possibilità di accesso al sabato, dalle 15 alle 18, e nei giorni festivi dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18. Le visite saranno possibili anche a Natale e Capodanno, dalle 15.30 alle 18. Una sezione della mostra è invece allestita nel Salone dei Decurioni del Palazzo comunale di Cremona ed è accessibile dal lunedì al sabato dalle 9 alle 18.




Mons. Napolioni a politici e amministratori: «Condivido il mio impegno con voi, “vescovi” della società, responsabili della comunità»

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«Iniziamo la preparazione al Natale nella palestra del grazie. Qui i grazie umani diventano il grazie eucaristico». Con queste parole il vescovo di Cremona Antonio Napolioni ha accolto gli esponenti del mondo politico, amministrativo, economico, sociale e del lavoro nella cappella del Seminario Vescovile. Un appuntamento, quello promosso dalla Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi, ormai divenuto appuntamento fisso all’inizio dell’Avvento. Un momento di ascolto e di dialogo che quest’anno è stato incentrato sul tema “Comunità e partecipazione nella ricerca del bene comune”.

L’incontro è iniziato con un saluto di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, che ha evidenziato l’aspetto della vita comunitaria anche nell’ottica di un cammino diocesano versa la Settimana sociale dei cattolici in Italia che dal 3 al 7 luglio si svolgerà a Trieste. «Come Chiesa – ha detto Bignardi – ci si interroga sulle trasformazioni politiche e sociali che stiamo vivendo», evidenziando quindi che «l’obiettivo è quello di creare un confronto e un dialogo con chi vive ogni giorno queste trasformazioni». L’incontro di inizio Avvento non assume più solo il tono degli “auguri del vescovo”, ma diventa un momento condiviso nella ricerca del bene comune. «Il tema della partecipazione e della presenza nel sociale, capire le trasformazioni, è un impegno di tutti noi», ha affermato Bignardi.

Dopo un breve momento di preghiera è intervenuto il vescovo Napolioni che ha evidenziato come «anche io metto i miei piccoli grazie nei confronti di tutti voi, di quelli che come voi spendono tempo e passione per servire la comunità in vari modi. Non abbiate paura di contagiare altri in questa missionarietà, come credenti». E ha proseguito: «Portiamo anche i volti, i nomi e le storie, il dramma di questi giorni che si è consumato fra i nostri cittadini. Non affrettiamoci a giudicare, ma portiamo conforto e preghiera».

Riferendosi poi al brano dell’Apocalisse letto durante la preghiera ha ricordato che «Chiesa non significa edificio sacro, preti e vescovi, ma significa un popolo radunato; assemblea, anche legislativa; assemblea del popolo di Dio». E ha continuato: «Poiché vescovo significa responsabile, io condivido il mio impegno con voi, vescovi della società, responsabili della comunità».

Si è poi chiesto quale sia oggi la “tiepidezza”. Individuata nell’indifferenza, nel chiudersi in casa, nel menefreghismo. «Possiamo avere nostalgia delle ideologie, ma talvolta le ideologie hanno compiuto delitti. Non dobbiamo temere di avere delle filosofie, delle idee, dei progetti che scaldino il cuore, che vincano la tiepidezza e che riscaldino la società». Perché «c’è bisogno di chi riscaldi attraverso un esempio di passione autentica». «Essere ricco può comportare una autosufficienza accentuata dal potere della tecnologia. Chi è più ricco e ha più tecnologia governa il mondo». Questa una ulteriore provocazione offerta dal vescovo, che ha chiamato i presenti a individuare i possibili «rimedia a questa tiepidezza».

«Non tutto l’oro è uguale: c’è un oro purificato. C’è un denaro sporco e un denaro pulito, c’è un denaro speso bene e un denaro speso male. Quanto è importante rendicontare che i soldi sono stati spesi bene, specie se sono quelli della comunità», ha detto ancora il vescovo. «Un rimedio alla tiepidezza è la capacità di discernimento, aver la vista lunga capace di prevedere e progettare un futuro che altrimenti viene imposto e non sognato e condiviso. Che bello sapere che abbiamo un formatore, un educatore in Dio che continua a prendersi cura di noi come ha fatto Gesù con gli apostoli, si prende cura di chi ha delle responsabilità. I grandi padri della chiesa sono sempre rappresentati in ascolto, per essere uomini che prima hanno ascoltato la città, e poi sono diventati testimoni di Pietro».

Ha poi concluso la riflessione dicendo che «è l’eccomi di Dio che ci rassicura. Lui ci guida, ci accompagna, ci precede. La cattolicità è l’universo, perché il tutti per il quale ha dato la vita sia concretizzato dai passi dei credenti, andando a cercare, andando a servire, andare a dialogare».

 

La riflessione del Vescovo

 

Ha poi preso la parola la professoressa Luisa Tinelli per presentare il lavoro di interviste e ricerca condotto dalla Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi, raccogliendo le voci di otto sindaci che hanno voluto condividere la propria esperienza a conclusione dei due mandati. «Riconoscenza e gratitudine sono il raccolto che cogliamo dopo anni di amministrazione, insieme a molte critiche, a volte costruttive ma troppo spesso fini a se stesse – ha detto Luisa Tinelli dando voce ai protagonisti del documento –. È davanti agli occhi di tutti la spaccatura fra cittadini e democrazia, con il tempo riusciremo a coglierne gli aspetti». E ancora: «Oggi siamo calati in un contesto di spoliticizzazione di tutti i cittadini che si manifesta con indifferenza e apatia, come diceva don Mazzolari negli anni Trenta». Ha poi spiegato alcune delle domande poste ai primi cittadini per produrre il documento: «Dalle risposte – è stato evidenziato – si è potuto capire che esistono comunità differenti in base a come le si guarda. Esistono comunità come gruppi di persone, come condivisone di valori, come coscienza di un patrimonio artistico e tradizionale e comunità come interazione fra territorio, imprese e servizi». Tre le domande le sfide e le opportunità incontrate durante i due mandati, se si ritiene di aver coinvolto i giovani. E ancora il tema della cura dei cittadini. Con pure la richiesta di offrire alcuni consigli ai futuri candidati.

Il pomeriggio è quindi proseguito con i presenti che, suddivisi in tre gruppi, hanno dato forma a tavoli di confronto in cui riflettere sulle tematiche emerse interrogandosi su quale sia la strada da seguire per una buona amministrazione.




La tradizionale Messa natalizia con il Vescovo all’Università Cattolica, «nell’aula dove si celebra l’incontro»

 

Nel pomeriggio di mercoledì 13 dicembre il Vescovo di Cremona ha presieduto la Messa natalizia nella cappella del Campus Santa Monica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, affiancato dai docenti di Teologia don Maurizio Compiani (che è anche assistente spirituale del campus), don Matteo Tolomelli, e don Pier Codazzi, in rappresentanza dei referenti delle residenze universitarie.

Un appuntamento tradizionale con l’avvicinarsi delle festività natalizie, in cui docenti, studenti e personale hanno l’occasione di ritrovarsi insieme per un momento di preghiera e di scambio di auguri. La novità di quest’anno è che l’invito a partecipare è stato esteso non solo ai referenti delle varie residenze universitarie della città, ma a tutti quanti desiderassero partecipare. Sono tanti, infatti, coloro che, a vario titolo, si sentono legati all’Ateneo, e al campus di S. Monica in particolare. La direzione di sede ha perciò inteso ampliare l’evento natalizio in un abbraccio familiare ad amici, benefattori e cittadini.

«Siamo felici di essere piccoli ed uniti – ha introdotto il Vescovo all’inizio della Messa –. Siamo in questa che chiamiamo cappella ma che quasi quasi chiamerei in un altro modo. Questo è un luogo di aule e questa è l’aula liturgica; l’aula in cui non solo si fa lezione, si fa lectio, si ascolta la Parola madre di sapienza, ma è l’aula in cui si celebra l’incontro». E riferendosi all’arrivo del Natale ha aggiunto che «oggi lo anticipiamo coltivando in noi il desiderio di Natale, che ci ha dato motivazioni storiche, attuali, personali, profonde, reali, che non possiamo ignorare».

Per abbracciare lo spirito di fraternità e vicinanza che il Natale porta con sé ogni anno, coinvolgendo anche i tanti studenti giunti a Cremona da altri Paesi per i corsi internazionali proposti dall’Ateneo, durante la celebrazione della Santa Messa si è deciso di cantare il ritornello del Salmo responsoriale in spagnolo, traducendo poi in inglese il vangelo di Matteo, a dimostrazione che «ognuno di noi ha una sua lingua – spiega mons. Napolioni durante l’omelia – e il Signore ci sta a raggiungerci secondo la nostra unicità».

Soffermandosi sul messaggio del profeta Isaia, il Vescovo ha quindi sottolineato che «il tema della relazione fra le generazioni è sempre più cruciale nella vita delle nostre comunità, nel mondo. È grave se i giovani iniziano già a stancarsi, a stancarsi delle parole, a stancarsi delle promesse. Gli adulti inciampano sulle loro illusioni e sulle loro realizzazioni alle quali attaccano se stessi perdendo di vista il bene comune, perdendo di vista Dio stesso, e cadono. E c’è il rischio di inciampare gli uni sugli altri, ma la buona notizia è che quanti sperano nel Signore riacquistano forza!».

«Il Signore dov’è? È nel cielo e dal cielo fa piovere le sue grazie sui buoni? – ha poi chiesto il Vescovo – Lui fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, non perché sia indifferente, ma perché è misericordioso, sovrabbondante, stupefacente nella sua fedeltà al progetto d’amore col quale ha dato vita all’universo. E noi siamo in Lui, dentro di Lui, respiriamo Lui, come il pesce nell’acqua, per questo stiamo male quando smarriamo la coscienza di Dio oppure abbiamo una coscienza deformata di Dio, una visione antropomorfica, infantile».

Mons. Napolioni  poi concluso la sua riflessione dicendo che «noi oggi prepariamo l’incontro. Prepariamo l’incontro del nostro cuore, delle nostre famiglie, dei nostri pezzi di storia con il Signore che viene, e prepariamo l’incontro con i fratelli e le sorelle dentro di Lui, grazie a Lui, nella comunione con Lui, che ci sorprenderà, perché davvero Egli è fedele e misericordioso».

Al termine della Messa il Vescovo ha fatto gli auguri a tutti i presenti, augurando un Natale all’insegna della pace e dell’amore, per Dio e per i fratelli, perché solo così sarà possibile raggiungere quella pace di cui tanto si parla, ma per la quale si fa ancora troppo poco per far sì che diventi realtà.

 

Ascolta l’omelia del Vescovo




Il Vescovo ai medici cattolici di Cremona: vicini e partecipi alle fragilità dei fratelli sostenuti dal nostro grande Medico Divino

 

«Vegliare nell’attesa del Signore non è solo l’atteggiamento dell’Avvento prima del Natale, è l’atteggiamento di chi soffre e di chi cura, perché si attende la guarigione, si attende la vita, si attende il meglio per noi e per le persone che amiamo».

Con queste parole il vescovo di Cremona Antonio Napolioni ha accolto i rappresentanti dell’Associazione Medici Cattolici Italiani nella cripta della Cattedrale, dove ha presieduto la Santa Messa in occasione del Natale concelebrata da don Maurizio Lucini, incaricato diocesano per la pastorale della salute e consulente ecclesiastico dell’associazione.

AMCI è un’associazione che nasce a Roma nel 1944, durante le Seconda guerra mondiale; in quel periodo si avvertiva la necessità di sviluppare un organizzazione di apostolato dei laici, integrata con organizzazioni capaci di dare agli iscritti una formazione specifica ed una capacità di incidere nell’ambiente professionale. Prendendo come esempio di condotta il santo cremonese Antonio Maria Zaccaria, fondatore dell’ordine monastico dei Barnabiti, Agostino Maltarello ed alcuni suoi colleghi presero l’impegno di dar vita ad un’associazione di medici cattolici, tutti accomunati dalla fede e da un grande impegno responsabile nell’Azione Cattolica.

Nella sua omelia il Vescovo, facendo riferimento al brano di Vangelo che parla del Battista, ha fatto osservare come «Giovanni prepara la strada e chiede anche a noi di preparare la strada al Signore che viene, indicandoci il rapporto corretto tra dimensione umana, scientifica, medica; tra le nostre responsabilità e il dono di Dio della salvezza; il rapporto tra salute e salvezza. Dunque – ha aggiunto – ben venga chi prepara, chi fa tutto ciò che è nelle nostre possibilità perché ci sia più vita, più benessere, più salute, sapendo però che non è tutto, anzi! Si può fare anche un uso maldestro della salute e della vita, tanto da giustificare la domanda del salmista: “Perché l’empio prospera e perché l’innocente soffre?”». Mentre – ha concluso mons. Napolioni – «il Signore è il grande medico divino davanti al quale, nelle mani del quale, è bello essere pazienti. Noi siamo i pazienti del medico divino. Pazienti in tutti i sensi, anche perché dobbiamo attendere il suo manifestarsi».

Essere medici significa vivere in contatto con chi è in difficoltà per colpa della malattia, e spesso non è facile condividere con i propri pazienti la patologia che li affligge, ha riflettuto il Vescovo: «Il medico a volte annuncia notizie cattive»; è la grazia della fede che può «farle diventare liete notizie, perché la fede porta a intravedere un bene sempre possibile, porta a non darla vinta al male, a non dargli l’ultima parola. Quante storie di santità, di dignità umana, magari anche di riconciliazione tra le famiglie. Avete conosciuto e conoscete intorno alla fragilità e alla debolezza: “alza la voce”, “dai queste liete notizie!”».

Il riferimento della riflessione va ai tratti significativi della professione e del servizio di chi si prende cura della salute dei fratelli, della comunità: la consolazione, la gentilezza, la capacità di cogliere il comune «bisogno di contatto umano», dentro la concretezza di una realtà che non può non coinvolgere. E che – ha aggiunto – trova sostegno e linfa nel dono dono dello spirito Santo: «Lo Spirito Santo davvero è il dito di Dio, la medicina di Dio. Non bastano le parole per dire l’Onnipotenza capillare di un progetto di servizio all’unità della persona e della famiglia umana. è lo spirito di amore che unisce Padre e Figlio, diventa capacità di ricucire, di curare, di guarire e persino di dare nuova vita»

Concludendo l’omelia, il vescovo ha ricordato che «la parola di Dio ci fa una grande compagnia: essendo la Parola del Medico Divino noi dovremmo essere impazienti di ascoltarla, affamati per nutrirci e poi pazienti nel ruminarla come una flebo che instancabilmente ci lava la mente e il cuore, ci restituisce ragioni vere di fede, di speranza e carità, che non si basano sulla nostra sola volontà, ma sull’incontro liberante fra l’amore di Dio che ci viene dato gratis e la nostra disponibilità, che per quanto sia piccola è però decisiva perché la scintilla accenda e riscaldi la porzione di vita che ci è affidata».

 

 

Al termine della celebrazione ha preso la parola la dottoressa Rosalia Dellanoce, presidentessa dell’associazione AMCI Cremona, che davanti ai suoi colleghi ha sottolineato che «dobbiamo ringraziarci tutti reciprocamente. È un momento difficile per tutti noi, per chi ha deciso di servire col proprio lavoro le persone nel momento della malattia, il momento in cui ci si rende conto che la vita potrebbe sfuggirci». Ha poi rivelato che «condividere queste fragilità è un momento di grande grazia e passione, e far parte di un’associazione significa non essere soli, significa condividere. Come diceva il Vescovo, il Signore è il primo maestro, e noi ci rimettiamo ai suoi insegnamenti».

E come ricorda don Maurizio Lucini, l’Avvento che prepara all’arrivo del Natale porta a tutta la città un dono molto gradito, il nuovo ambulatorio infermieristico dell’Opera Pia Casa della Provvidenza, che verrà inaugurato a gennaio. Creato nel 1998 e chiuso durante la pandemia e finalmente pronto a tornare in attività, affinché diventi un luogo di ascolto e accoglienza delle fragilità, in particolare per gli anziani, che nel mondo della sanità vivono spesso situazioni di smarrimento.