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“Dolce e salato”, a Cremona il buono dell’integrazione sociale

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Occupazione e speranza non sono solamente parole o ideali da perseguire, ma si fanno concretezza ed azione nella cooperativa “Fratelli Tutti” che lo scorso 21 novembre ha aperto in via Buoso da Dovara 6C la pasticceria e panificio “Dolce e Salato”, nella quale alcuni ragazzi disabili e i detenuti del progetto di giustizia riparativa si impegnano quotidianamente ad imparare i meccanismi della realtà lavorativa in un progetto di integrazione sociale. A rendere possibile il progetto insieme alla cooperativa Fratelli Tutti è stata l’associazione Futura, che con la sua esperienza è da anni attiva sul territorio cremonese nel panorama della riabilitazione con ippoterapia.

«La nostra – spiega don Roberto Musa, cappellano della casa circondariale di Cremona e presidente della neonata cooperativa “Fratelli tutti” – è un’attività che favorisce l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani ragazzi che difficilmente si potrebbero affacciare a questa realtà così complessa. Il nostro negozio ha qualcosa di speciale: non è il solito panificio che si può trovare qui in città, la sua unicità si trova in quelle persone che permettono di farlo funzionare. “Dolce e Salato”, infatti, affianca l’esperienza di maestri pasticceri ormai in pensione alla voglia di mettersi in gioco dei ragazzi che ci lavorano: il risultato è un feedback positivo da parte dei clienti, visto che i nostri prodotti sono di ottima qualità».

La scommessa di “Fratelli Tutti” però non si ferma qui, con una promessa per il prossimo anno. «Non miriamo a un profitto economico – conclude don Musa -: il nostro obiettivo è l’apprendimento dei ragazzi. E visto il successo riscosso stiamo valutando nuove offerte che prenderanno piede già nel 2022, permettendo a questi giovani di trovare l’ambito nel quale le loro potenzialità si possono esprimere al meglio».

 

 




Il Vescovo all’Università Cattolica «L’eccellenza siete voi, profezia di un cambiamento necessario e possibile»

Nella mattinata di martedì 15 dicembre, nella sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato l’Eucaristia per studenti e professori, un momento di preghiera e meditazione in vista del Natale che è stato anche l’occasione per inaugurare ufficialmente la cappella del Campus recuperata nel complesso di Santa Monica.

A celebrare questo grande evento insieme al Vescovo vi erano don Maurizio Compiani, incaricato per la Pastorale Universitaria, padre Giorgio Viganò, barnabita responsabile della Residenza Universitaria di San Luca, don Roberto Maier, docente di Inglese e Mitologia e don Luigi Mantia, presente in rappresentanza della Società di Mutuo Soccorso del Clero. Tra i presenti il cavaliere Giovanni Arvedi con la moglie Luciana Buschini e i presidi di facoltà Anna Maria Fellegara (Economia e Giurisprudenza) e Marco Trevisan (Scienze Agrarie, alimentari e ambientali).

«Sapienza e scienza divina sono la pienezza di tutti i saperi possibili e sono il fondamento del rinnovarsi, del permettere agli uomini di andare al di là, non solo delle conoscenze scientifiche, giuridiche, economiche e pratiche, ma al di là del limite morale e spirituale, avendo dunque un potenziale di verità e creatività che non finisce di stupirci».

Sono queste le parole con le quali il Vescovo si è rivolto agli studenti presenti nella suggestiva aula magna, ricordando infatti che «le arti vanno oltre gli schemi e danno un respiro all’anima. Ma l’arte delle arti – diceva san Gregorio Magno – è il servizio e la guida delle anime, la cura delle coscienze, l’edificazione del Regno di Dio di cui il popolo di Dio è lo strumento, il lievito nella massa».

«Siamo in un tempo – ha proseguito nella sua riflessione – in cui la Chiesa, pur fiera delle sue istituzioni, non deve avere paura di essere minoranza». Così – ha aggiunto – «pur essendo felici di avere decine di migliaia di iscritti, questa dev’essere sempre un’università di eccellenza: e l’eccellenza siete voi, ragazzi, e i vostri professori». E l’eccellenza è – aggiunge – «la profezia di un cambiamento necessario e possibile»

Guardando poi alle discipline che il campus di Cremona offre nell’offerta formativa delle sue due facoltà, il vescovo ha allargato lo sguardo al futuro, al contributo di cambiamento che questa generazione di studenti può dare, al segno che può lasciare nel mondo: «Dobbiamo riuscire a dare cibo a tutti e in maniera sostenibile per l’ambiente, a rinnovare l’economia affinché esalti la dignità degli uomini, dia ai poveri ragioni di speranza e ai giovani spazio per esprimere la loro fantasia»

«Si può cambiare in meglio!» ha assicurato monsignor Napolioni: «Se noi pre-giudichiamo, bolliamo gli altri ed escludiamo facciamo la politica dello scarto. Invece la potenzialità di rinnovamento del mondo si nasconde dove meno ce l’aspettiamo. E viverlo in un luogo che ricorda questo riscatto, questo rinnovamento possibile è una grande notizia».

 

 

Durante la celebrazione le preghiere dei fedeli sono state lette ognuna in una lingua differente, come segno di multiculturalità, per essere esempio di una Chiesa che non sia solamente quella della propria singolarità, ma che si apra a tutto il mondo, sempre pronta ad accogliere e superare le sfide del domani.

Al termine della Messa, animata dai canti festosi e allegri degli studenti di Cremona, il Vescovo, seguito dagli altri sacerdoti e da tutti i fedeli, si è spostato nella nuova cappella dell’ateneo, per poterla benedire e quindi inaugurarla ufficialmente. «Ecco quindi il senso della cappella in un campus: è un luogo di silenzio, di raccoglimento, magari anche di riposo mentale, affinché si riscopra l’orizzonte dentro cui il vostro applicarsi allo studio riprende significato».




Il vescovo Antonio Napolioni a Ca’ del Ferro in dialogo con il mondo del carcere

«L’incontro con il Vescovo è per noi un momento di grande gioia, che a causa della pandemia non si teneva dal 2019, siamo felici di poterlo nuovamente accogliere qui nella nostra realtà, che ha tanto bisogno di essere ascoltata». Con queste parole, la direttrice del carcere di Cremona Rossella Padula, accoglie il vescovo Antonio Napolioni nel pomeriggio di lunedì 13 dicembre nella casa circondariale di Ca’ del Ferro in presenza dei cappellani don Roberto Musa e don Graziano Ghisolfi, del direttore della Caritas Cremonese don Pierluigi Codazzi, del diacono Marco Ruggeri, degli agenti di polizia penitenziaria e degli operatori che lavorano nella realtà carceraria.

Durante l’incontro ogni presente ha avuto la possibilità di intervenire per illustrare, dal proprio punto di vista e secondo le proprie mansioni, quali sono le criticità e i punti di forza nel rapporto fra gli operatori penitenziari e i detenuti, facendo emergere come sia sempre più difficile stabilire un rapporto di reciproca fiducia, spesso dettato dalla mancanza di risorse e iniziative per poterli riabilitare, al fine di fornire loro una seconda opportunità al di fuori del carcere.

Ricorda don Roberto Musa che «sono molti i casi in cui un detenuto, scontata la sua pena, non è in grado di riacquisire una vita fuori dalle sbarre, e quindi dopo un mese lo ritroviamo qua. C’è bisogno di avere la sicurezza che finiti i giorni di custodia, esista la possibilità di rimettersi in gioco come nuovi cittadini. Per far questo, da tempo ormai, si sono aperti un laboratorio e un negozio nei quali vengono prodotti e venduti dolci e cibarie, offrendo così un graduale riavvicinamento alla società per i detenuti, che in questo caso sono anche affiancati da ragazzi disabili che possono mettere in gioco le loro abilità».


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Leggi QUI il reportage di Riflessi Magazine dalla casa circondariale di Ca’ del Ferro


Alcuni operatori carcerari hanno approfittato della presenza del Vescovo anche per condividere alcune esperienze che hanno vissuto sulla loro pelle durante le ore di lavoro, molto dure e traumatiche, esternando i sentimenti che han provato e che cosa han pensato in quei momenti.

Le parole della direttrice Rossella Padula sull’incontro sottolineano come «il dialogo e il confronto sono stati i veri protagonisti oggi, ci siamo tutti stupiti dell’attenzione che ci ha dedicato il Vescovo, lasciandoci liberi, senza vincoli né censure, di dire ciò che ognuno sentiva sia sul mondo che viviamo, il “mondo carcere”, sia sulle attività quotidiane. Dalle parole di monsignor Napolioni è emersa una grande vicinanza da parte sua, vicinanza che però possiamo già tastare nella quotidianità, poiché è attiva, concreta e produttiva. La chiesa non è solamente quella fuori, ma siamo tutti noi qua dentro, al di la della confessione di ognuno, perché chiesa è servizio, sacrificio e disponibilità nei confronti degli altri».

Il Vescovo ha quindi concluso l’incontro, all’insegna della comunicazione attiva e produttiva, salutando i presenti invitandoli alla celebrazione con i detenuti nella mattinata del giorno di Natale: «Questa esperienza deve poterci scuotere tutti, – ha detto – perché è la cartina al tornasole della nostra civiltà. Oggi sono emerse tre parole chiave: bisogno di speranza, bisogno di senso e bisogno d’ascolto, ma in fondo è ciò che riguarda tutti, e allora ben venga che qui facciamo di più per farlo nella vita quotidiana fra di noi. Una comunicazione che sia veramente ricca di speranza e di senso delle cose, perché ci mettiamo realmente in ascolto gli uni degli altri».




Alla Beata Vergine l’incontro del Vescovo con i superiori delle case religiose

Nella mattinata di venerdì 10 dicembre si è tenuto, presso il salone Madre Lucia Perotti dell’Istituto Beata Vergine di Cremona, l’incontro fra il vescovo Antonio Napolioni e i superiori e le superiore degli ordini religiosi presenti sul territorio diocesano. Un momento di confronto che si è svolto in un clima di comunione e preghiera che ha permesso di parlare di temi tanto cari quanto vitali per le comunità religiose, legati al presente, alla modernità e alle nuove sfide che si presentano ogni giorno e verso le quali si ci può trovare spesso impreparati e disarmati.

In questa occasione, sotto l’attento ascolto del Vescovo e del delegato episcopale per la Vita consacrata don Giulio Brambilla, risoluti a conoscere e comprendere le opinioni dei presenti, ognuno ha avuto la possibilità di esporre i problemi e le difficoltà della propria comunità, evidenziandone anche i punti di forza che li contraddistinguono affinché anche gli altri possano trarne insegnamento e rafforzare quegli aspetti che sembrano più fragili.

«È stato per noi un onore accogliere i religiosi e le religiose in presenza del nostro Vescovo – ha commentato a margine dell’incontro la superiora generale dell’Istituto Beata Vergine, madre Piera Monzani – Questo incontro è stato fondamentale per ogni fratello e sorella e ringraziamo di averlo potuto ospitare nelle nostre amate sale. Spero che nei prossimi anni si possa ripetere l’esperienza, perché è dal confronto e dal dialogo che nasce il miglioramento».




«Fede e scienza devono rispettarsi reciprocamente»: la riflessione del Vescovo in Cattedrale per l’Immacolata

 

«Che cosa pensava e sentiva il Signore nella creazione?». Inizia riflettendo sulla creazione l’omelia che il vescovo Antonio Napolioni ha proposto durante la Messa nella solennità dell’Immacolata Concezione, presieduta  nella mattinata di mercoledì 8 dicembre in Cattedrale, alla presenza dei Canonici del Capitolo della Cattedrale, del rettore mons. Attilio Cibolini, e del parroco don Antonio Bandirali.

«Dio fin dall’inizio – ha detto – mostrava una fiducia sconfinata, non solo in sé stesso, ma anche in quell’avventura di libertà, quella storia di alleanza che è la vita. Dunque sin dall’inizio predestina, prevede, intuisce e genera potenzialità infinite di amore: sin dall’inizio pensa a Maria. La possibilità, le necessità che una di quelle piccole creature così fragili potesse diventare la nuova Eva, la madre che introduce alla pienezza di vita e di bellezza»

Il parallelismo fra scienza e fede è il tema centrale dell’omelia del Vescovo che ha voluto proporre una riflessione su un tema più che mai attuale: «Scienza e fede devono rispettarsi reciprocamente. Non si può in mome della fede dire “la scienza non mi serve”, “dalle malattie mi salverà solo la preghiera”. Ma non si può dire che la scienza e la tecnologia da sole ci salveranno senza il senso ultimo della vita, lo sguardo profondo nel cuore umano, il mistero della salvezza che genera la speranza»

E mettendo in guardia dalle facili scorciatoie e della divisione in fazioni, il vescovo invita a guardare al Maestro che chiama la nostra libertà al confronto con la sua verità: «La nostra vita è un concerto di pianoforte suonato a quattro mani, dove Dio ci indirizza e ci aiuta seduto al nostro fianco; ci possono essere momenti alti e altri bassi, momenti facili e momenti difficili, ma in tutta questa varietà di situazioni non siamo mai soli a condurre, il maestro è vicino che suona con noi, la mano di Dio guida la nostra, ci insegna. In queste settimane prima del Natale dobbiamo smettere di essere solisti, stonati e ritornare ad essere cantori innamorati della comunione con i fratelli, sotto lo sguardo premuroso di Maria, cosicché la sua bellezza sia anche la nostra».

La celebrazione si è conclusa con l’augurio rivolto da mons. Napolioni a tutti i fedeli per questa giornata così importante e significativa che invita a «prepararsi al Natale con gioia e letizia, vicini ai bisognosi e pronti ad aiutare, usando la libertà che ci è stata donata per donare a nostra volta, suonando in armonia col nostro maestro».




A Soresina l’ultimo saluto a don Giuseppe Giori

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Nella mattinata di martedì 7 dicembre, nella chiesa parrocchiale di San Siro a Soresina, sono stati celebrati i funerali di don Giuseppe Giori, sacerdote originario di Soresina spentosi all’alba di lunedì 5 dicembre all’ospedale di Cremona, dove era ricoverato da qualche tempo. Parroco emerito di Pugnolo, aveva compiuto 80 anni il 5 agosto.

Le esequie sono state presiedute dal vescovo emerito Dante Lafranconi, che ha espresso anche la vicinanza del vescovo Antonio Napolioni, che non ha potuto essere presente per una lieve indisposizione. Tra i diversi concelebranti il vicario generale don Massimo Calvi, il vicario episcopale per il Clero don Gianpaolo Maccagni e il parroco di Soresina don Angelo Piccinelli.

Nell’omelia il Vescovo emerito ha anzitutto voluto ricordare che più forte del sentimento di sofferenza per il distacco è la parola di consolazione del Signore. In particolare, prendendo spunto dalle letture e in particolare dal profeta Isaia ha voluto evidenziare tre aspetti.

A partire dall’importanza di valorizzare l’esistenza terrena in vista del compimento a cui si aspira. E qui il pensiero è andato alla fede semplice ma autentica di don Giuseppe, «che nasceva da un cuore che credeva veramente nel Signore» e lo portava a «rinnovare i suoi impegni di prete ogni giorno, nella gioia e nella speranza di quello che Dio ci ha dato e che  ha promesso».

Ricordando poi come la vita si consumi in fretta, monsignor Lafranconi ha sottolineato l’importanza «di fare ogni occasione della nostra vita la possibilità per compiere. giorno per giorno, la nostra conversione». Senza rimandare a domani «la fedeltà agli impegni del nostro battesimo». Ciò che anche don Giori ha vissuto nella propria vita di sacerdote, «vissuta con quello stile di servizio che mette in primo piano, più che la nostra azione, la fiducia nell’azione di Dio attraverso di noi». E in questo senso il Vescovo emerito ha voluto ricordare l’assiduità di don Giori nella preghiera: «una preghiera – ha detto – attraverso la quale ricordava a se stesso e anche a noi che non c’è da perdere tempo, perché la vita è breve e si consuma in fretta».

L’ultimo richiamo del Vescovo emerito è stato «al premio» garantito dal Signore e richiamato ogni anno dal mistero del Natale. Un amore, quello con cui Dio accompagna ciascuno e al quale si cerca di rispondere, infinitamente superiore a quello che si può meritare.

«Il fratello Giuseppe che ci ha preceduto – ha concluso il vescovo emerito Lafranconi – ci aiuti a conservare questi sentimenti, queste intenzioni e questo stile, perché l’incontro con il Signore ci riempie di consolazione e di pace».

 

Il suono delle campane ha accompagnato l’uscita del feretro di don Giori dalla chiesa. Intorno a lui si sono riuniti i fedeli presenti, i confratelli e i suoi affetti. Dopo l’estremo saluto il trasferimento nel locale cimitero per la tumulazione.

 

Profilo di don Giori

Don Giuseppe Giori, ordinato sacerdote il 24 giugno 1967, ha iniziato il proprio ministero svolgendo l’incarico di vicedirettore del Preseminario di Caravaggio. È stato quindi vicario a Casalmaggiore, nella parrocchia di S. Stefano (1972-1974), e a Cassano d’Adda, presso la comunità di S. Maria Immacolata e S. Zeno (1974-1980).

Nel 1980 è stato trasferito a Pugnolo, dove è rimasto come parroco per 31 anni. Successivamente, dal 2011 al 2012, don Giori era rimasto a servizio delle parrocchie di Pugnolo, Cella Dati e Derovere come collaboratore parrocchiale. Dal 1999 al 2006 ha anche ricoperto l’incarico di cappellano dell’ospedale Germani di Cingia de’ Botti.

Dal 2012 era residente a Pieve San Giacomo. Il 5 agosto scorso ha compiuto 80 anni.




La festa di Santa Barbara, in Cattedrale il ringraziamento del Vescovo ai vigili del fuoco

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Nella mattinata di venerdì 3 dicembre nella Cattedrale di Cremona il vescovo di Cremona ha presieduto la Messa nell’ambito della festa di santa Barbara, martire cristiana e patrona del corpo dei vigili del fuoco, alla presenza degli operatori e dei dirigenti della caserma di Cremona con il reggente del comando provinciale, ing. Antonio Pugliano, insieme al direttore regionale giunto in città per l’occasione e in presenza del prefetto Vito Danilo Gagliardi come rappresentate civile.

Nella sua riflessione il vescovo Napolioni, prendendo spunto dalle letture e in particolare dall’episodio evangelico della guarigione di due ciechi, ha evidenziato che, «come loro sono tornati a vedere, anche noi dobbiamo tornare alla luce. Ma per poter vedere nuovamente bisogna opporsi al buio, bisogna essere “vigili”, attenti a chi ha bisogno e pronti a sacrificarsi, come farebbe una madre con il suo bambino. Questo è quello che fanno i vigili del fuoco, sono vigili verso il pericolo, e non si fermano davanti a crolli, incendi o inondazioni».

Con queste parole il vescovo ha ringraziato i vigili del fuoco che si sacrificano ogni giorno per salvare vite, elogiandoli per lo spirito di altruismo e servizio che rievoca quello di santa Barbara, ricordando che per vincere la cecità c’è sempre bisogno della fede, della luce del Signore.

Come da tradizione al termine della Messa il toccante momento della preghiera del vigile del fuoco, di sotto riportata, che scalda i cuori e rafforza l’animo di quelli che tutti i giorni sfidano il rischio:

 

Iddio, che illumini i cieli e colmi gli abissi,
arda nei nostri petti, perpetua,
la fiamma del sacrificio.
Fa più ardente della fiamma
il sangue che scorre nelle vene,
vermiglio come un canto di vittoria.
Quando la sirena urla per le vie della città,
ascolta il palpito dei nostri cuori
votati alla rinuncia.
Quando a gara con le aquile
verso Te saliamo,
ci sorregga la Tua mano piagata.
Quando l’incendio, irresistibile avvampa,
bruci il male che si annida nelle case degli uomini,
non la ricchezza che accresce la potenza della Patria.
Signore, siamo i portatori della Tua croce,
e il rischio è il nostro pane quotidiano.
Un giorno senza rischio non è vissuto,
poiché per noi credenti la morte è vita,
è luce: nel terrore dei crolli,
nel furore delle acque,
nell’inferno dei roghi.
La nostra vita è il fuoco,
la nostra fede è Dio
Per Santa Barbara Martire

 

La celebrazione si è conclusa con un gradito regalo per il vescovo Napolioni: l’elmo protettivo di color argento utilizzato dai comandanti dei vigili del fuoco durante le operazioni in campo, «per ricordare che come un comandante del Corpo, anche il vescovo è colui che coordina le operazioni di fede nella diocesi e salva così numerose vite».

Al di fuori della cattedrale, in attesa in Piazza Duomo, erano parcheggiati i veicoli in servizio del comando di Cremona, affiancati dai vigili del fuoco che li utilizzano nelle loro operazioni di salvataggio e di prevenzione, dimostrando che per loro «un giorno senza rischio non è vissuto».




Il Vescovo al Politecnico: «La scommessa di Cremona: un futuro da città universitaria»

«Cremona sta scommettendo su se stessa per poter diventare una bella città universitaria, ma per farlo ci vuole l’impegno di tutti, bisogna diventare persone complete e pronte ad ascoltare, che non giudicano frettolosamente e che sanno riconoscere la realtà senza pregiudizi. La realtà è come un poliedro, ricca di sfaccettature e increspature, è quindi necessario saperla affrontare con prontezza di spirito e impegno». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni si è rivolto agli invitati alla consegna delle borse di studio del Politecnico di Cremona, che si è svolta nel pomeriggio di lunedì 29 novembre presso l’ateneo cremonese.

Il discorso del Vescovo non è stato solamente un invito a migliorarsi individualmente, ma ha voluto spronare tutta la comunità a farsi protagonista di un processo tanto forte quanto inarrestabile di rinnovamento della città, che grazie ai giovani, e in particolar modo alle “eccellenze”, può affermarsi in un panorama sempre più internazionale e moderno.

A testimoniare l’attenzione della Chiesa cremonese anche la presenza di don Maurizio Compiani, incaricato diocesano per la Pastorale universitaria, e don Francesco Fontana, incaricato diocesano per la Pastorale giovanile.

L’intervento del prorettore Gianni Ferretti ha elogiato l’impegno e la dedizione dei ragazzi che han meritato il riconoscimento accademico, infatti «il nostro futuro è nelle loro mani, loro possono dove noi abbiamo sbagliato, è questo che vogliamo per la nostra città: un posto che possa essere ereditato da chi verrà dopo, da chi non ha colpa di nulla».

Durante la cerimonia, iniziata alle 16 presso l’aula magna del Politecnico di Cremona, sono state distribuite diverse borse di studio agli studenti meritevoli:

  • Le Borse di Studio in memoria di Annalisa Lughignani.

La famiglia Lughignani per onorare la memoria della figlia Annalisa, prematuramente scomparsa il 21 ottobre 2003 all’età di 22 anni in un tragico incidente stradale, e per mantenere vivo il suo ricordo ha promosso questa iniziativa in collaborazione con il Politecnico di Milano – Polo di Cremona ed ha erogato 2 borse di studio da 1.000 € ciascuna che sono state assegnate a 2 studenti iscritti al secondo anno del Corso di Laurea in Ingegneria Informatica presso il Campus di Cremona. L’obiettivo della famiglia Lughignani è supportare economicamente gli studi di due alunni meritevoli e offrire così loro la possibilità di portare avanti i propri sogni ed interessi, mantenendo vivo il ricordo di Annalisa. La giovane, che al momento della scomparsa lavorava per una rete televisiva locale, ha sempre manifestato un grande amore per la musica e per la comunicazione, una passione che grazie a questa collaborazione ora potrà essere trasmessa agli studenti per risuonare tra le aule del Campus cremonese. Con la speranza che il sorriso, la voglia di vivere, di fare ed imparare di Annalisa possano splendere sul volto dei vincitori delle borse di studio a Lei intitolate ed il suo ricordo rimanga vivo in tutti coloro che l’hanno conosciuta ed apprezzata per le sue doti.

  • Le Borse di Studio riservate agli studenti delle Lauree Magistrali.

L’obiettivo di questi riconoscimenti è premiare il merito di chi decide di continuare gli studi, intraprendendo un percorso che si focalizza sull’acustica musicale, per diventare un Ingegnere Acustico, cioè un esperto dei sistemi vibranti e risonanti, progettista di sistemi per la produzione, la modifica, la manipolazione e la fruizione di campi acustici in ambito musicale e non. Da quest’anno il Campus di Cremona sostiene anche gli studenti meritevoli che hanno deciso di intraprendere il nuovo percorso di Laurea Magistrale in Agricultural Engineering per diventare Ingegneri dell’Agricoltura, cioè progettisti e gestori di sistemi produttivi agricoli e agroindustriali sostenibili a livello economico, ambientale e sociale. Questa figura, richiesta sia nel contesto nazionale che in quello internazionale, saprà gestire i diversi e complessi aspetti della produzione agricola e agro-industriale in questo particolare periodo, dove il settore sta affrontando una trasformazione sia di tipo tecnico ingegneristico che gestionale ed organizzativo per conseguire gli obiettivi di innovazione e sostenibilità non differibili e declinati nei 9 obiettivi della futura politica agricola comune europea.

  • I Percorsi di Eccellenza.

Aziende e istituzioni identificano in questa iniziativa un valore rilevante, infatti quest’anno Associazione Cremonese Studi Universitari (ACSU), Linea Group Holding – Gruppo A2A e Infor Srl hanno finanziato le borse di studio che han ricevuto i primi cinque assegnatari in graduatoria. Un’ulteriore conferma dell’efficacia di questo progetto è il ruolo ricoperto nelle aziende dai ragazzi che hanno completato con successo i Percorsi di Eccellenza: tutti hanno fatto strada anche nel mondo del lavoro e oggi ricoprono posizioni di rilievo sia in importanti aziende italiane sia in significative realtà straniere. Gli assegnatari di questo premio, oltre a ricevere una borsa di studio del valore complessivo di 5.000 €, potranno usufruire di ulteriori opportunità: prima fra tutte la possibilità di svolgere ogni estate un tirocinio in azienda, sperimentando in prima persona le dinamiche aziendali che entrano in gioco in un contesto diverso da quello universitario, dove la propositività, un impegno costante e il senso di responsabilità fanno la differenza. Imparare in un contesto lavorativo aiuta ad avere un metodo multidisciplinare rispetto alle tematiche affrontate e ad acquisire un approccio meritocratico. Nelle precedenti 13 edizioni sono stati attivati un totale di 117 tirocini estivi, traguardo raggiunto grazie al supporto di 62 aziende, in alcuni casi diventate finanziatrici dei Percorsi, che ne hanno condiviso gli obiettivi e hanno scelto di ospitare gli assegnatari nel periodo estivo per attivare una proficua collaborazione che per alcuni di loro è proseguita anche dopo la laurea.

Sono state consegnate le borse dei Percorsi di eccellenza finanziate dalle aziende:

  • il Claudio Sanna, Amministratore Delegato di Linea Group Holding – Gruppo A2A, che quest’anno ha siglato un protocollo d’intesa con il Comune di Cremona ed il Polo di Cremona del Politecnico di Milano con l’obiettivo di valorizzare il capitale territoriale nell’ambito della transizione energetica e dell’intelligenza artificiale.
  • il Fabrizio Montali, Amministratore Delegato di Infor Srl, che già da alcuni anni collabora con il Polo di Cremona ed ha già ospitato alcuni degli studenti assegnatari dei Percorsi durante i summer job.

 




Anche a Salvador De Bahia una settimana della carità

È arrivata sino in Brasile la “Settimana della carità”, l’iniziativa di solidarietà promossa della Chiesa cremonese in occasione della festa patronale di sant’Omobono. Dall’8 al 14 novembre, infatti, anche la comunità di Salvador de Bahia ha vissuto questa occasione che vuole ricordare l’importanza del dono gratuito e della carità nei confronti del prossimo. Nella parrocchia brasiliana di Gesù Cristo Salvatore, infatti, il legame con Cremona è sempre più forte: qui opera il sacerdote “fidei donum” cremonese don Davide Ferretti, che da ottobre è affiancato da Gloria Manfredini e nelle prossime settimane potrà contare anche sul supporto di un altro giovane cremonese, Marco Allegri, che proprio durante la veglia diocesana dei giovani, che si terrà al palasport di Cremona nella serata del 20 novembre, riceverà il mandato missionario dal vescovo Antonio Napolioni.

All’inizio della Settimana, durante la Messa, la comunità è stata chiamata a raccogliere generi alimentari e aiuti di ogni genere, che sono stati poi distribuiti alle famiglie più bisognose, bussando alle loro porte. L’incontro personale ha permesso di conoscere più da vicino i bisognosi, in modo da trovare il modo migliore per aiutarli.

Oltre ai generi alimentari raccolti durante la Messa, i ragazzi della parrocchia hanno distribuito, fuori della chiesa, più di cento sacchetti di fagioli, sui quali erano stampate le parole di Irma Dulce, la suora canonizzata nel 2019 da Papa Francesco e molto amata a Salvador de Bahia: «Tutto si riduce a questo: dai il meglio di te a tuo fratello, e allora ci sarà la pace sulla terra». Un messaggio molto forte e pieno di significato a Bahia, dove l’aiuto reciproco è spesso l’unico modo per poter continuare a vivere.

Lo testimonia ad esempio l’opera della signora Edivania che da più di vent’anni è impegnata nell’aiuto dei senzatetto che vivono per le strade della sua città, piegati da malattie e povertà, dovute alla difficoltà della vita che conducono, e dimenticati dalla società. Proprio per loro ha voluto fondare la «Casa di Marta e Maria», un ente non ufficiale, quanto piuttosto una comunità di persone che offre un aiuto stabile agli ultimi di Salvador, fondandosi sulla bontà dei cittadini e dei missionari, che in base alle proprio possibilità mantengono viva questa realtà.

In fondo proprio questo è il messaggio della Settimana della carità: aiutare il prossimo senza chiedere nulla in cambio, donare per permettere anche agli ultimi di vivere.