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06/02/2023 – Messa per san Francesco Spinelli (Casa Madre Adoratrici – Rivolta d’Adda)




Soncino, al via il recupero dell’antico organo Bernasconi della Pieve

L’antico organo Bernasconi della Pieve di Santa Maria Assunta di Soncino, fermo da una quindicina d’anni, se non di più, tornerà a suonare. Non subito ovviamente, ma nel 2027, perché l’operazione di totale restauro cui si è deciso di sottoporlo durerà circa tre anni. Un’operazione complicata e costosa, da circa 300mila euro complessivi. Decisivo pertanto è il contributo CEI attraverso i fondi garantiti grazie all’8xmille e che ammonta ad un terzo della somma totale, vale a dire 100mila euro.

Per il resto la Parrocchia utilizzerà fondi propri. Sia alcuni privati che alcune ditte hanno già manifestato l’intenzione di contribuire all’ingente spesa.

Il compito di restaurare il Bernasconi è stato affidato alla bottega organaria di Ugo Cremonesi, di Soncino, che nel borgo aveva già restaurato qualche anno fa l’organo Franceschini Benzi della chiesa di San Giacomo.

«L’organo – spiega il parroco don Giuseppe Nevi – è un pregiato Bernasconi del 1886. Non funziona più da almeno quindici, forse anche vent’anni, ma grazie a Dio si è ben conservato. Ciò non toglie che dovrà essere completamente restaurato. L’obiettivo è riportarlo all’origine e per questo servirà un lavoro lungo tre anni. Nel frattempo nella Pieve proseguiamo con l’utilizzo di un organo elettronico che dal punto di vista del suono è uno strumento di tutto rispetto».

Lo smontaggio dell’organo è iniziato in questi giorni anche se un’accelerata, in tal senso, arriverà dopo il periodo delle ferie. L’organo sarà restaurato a Soncino, nei laboratori della ditta incaricata.

Proprio il titolare ne descrive le caratteristiche. «È uno strumento di pregio, datato 1886 – dice Ugo Cremonesi –, con le canne centrali che risalgono a un Serassi del 1770. Questo è classificato come un organo monumentale, con tre tastiere con pedaliera e quasi 3.000 canne. Praticamente raccoglie tre strumenti in uno. Nel corso della sua storia ha subito un piccolo intervento di riforma ai primi del novecento. La cosa positiva è che è tutto ripristinabile: abbiamo documenti d’archivio che ci hanno portato a poter progettare un restauro definitivo. È altresì vero che non suona oramai da molti anni e che necessita di un restauro integrale ma è stato mantenuto discretamente. Nella nostra lunga attività abbiamo avuto modo di restaurare organi messi molto, ma molto peggio. In questo periodo si è provveduto alla rimozione delle grandi canne ma l’effettivo smontaggio è previsto per settembre».




Il Centro Caritas di Vailate è più bello con il dipinto di Rossana Muchetti

Entrare in una stanza e trovare una parete interamente affrescata con un dipinto che richiama la campagna, varie essenze floreali e la natura in generale, è molto diverso che entrare e trovare una parete spoglia. È proprio questo l’effetto che fa adesso il salone adibito a bar e ricreazione del centro “Aldo Fontana e Ornella Cervi” della Caritas parrocchiale di Vailate dove nel pomeriggio di domenica 7 luglio il parroco don Natalino Tibaldini, presenti i volontari e gli utenti della struttura di via Pietro Vailati, il collaboratore parrocchiale don Edoardo Nisoli e gli amministratori comunali, ha inaugurato l’opera, realizzata dall’artista vailatese Rossana Muchetti.

“Un giorno – ha raccontato Rossana – sono entrata al centro Caritas per bere un caffè con un’amica, che è anche una dei volontari del bar. Ho visto questa grande parete bianca ed ho pensato che avrei potuto dipingerla. In realtà ero partita con l’idea di affrescarne soltanto un angolo. Poi, dopo aver cominciato, sono andata avanti, e avanti ancora fino a dipingere tutta la parete, il retro del bancone del bar ed altri angoli. Non è proprio un affresco, io lo chiamerei semplicemente un dipinto su muro realizzato con acrilico e vinilico. Per dare il senso della profondità ho immaginato un affaccio da un davanzale dal quale si vede la campagna con Vailate da una parte ed il santuario di Santa Maria del Fonte dall’altra, entrambi in lontananza”.

“Avevamo bisogno – ha spiegato don Natalino – di dare un impulso al centro Caritas, abbellendolo, perché dopo la pandemia da Covid gli anziani hanno fatto un po’ fatica nel ritornare a frequentarlo. Rossana si è prestata a darci una mano. Ha iniziato a dipingere la parete dopodiché, per fortuna, si è fatta prendere dall’entusiasmo e alla fine ha realizzato questa meravigliosa sala. A quel punto, completata l’opera, così bella, abbiamo ritenuto che valesse la pena inaugurarla, anche per dare un ulteriore impulso alla vita di questo centro nella speranza che gli anziani lo utilizzino sempre di più. La buona volontà e le iniziative non mancano. Anche la Caritas zonale si ritrova qui, a volte, per svolgere delle attività”.

Dopo l’inaugurazione e la benedizione da parte di don Natalino, don Edoardo Nisoli ha celebrato proprio nel cortile del centro la Messa domenicale delle 18. Ricavato una trentina d’anni fa dalla riqualificazione dell’ex oratorio femminile ed intitolato ai due benefattori, i coniugi vailatesi Aldo Fontana e Ornella Cervi, il centro Caritas è gestito da volontari ed è frequentato anche da non vailatesi. Il salone bar e ricreazione è aperto dal martedì alla domenica dalle 14 alle 18. Il complesso ospita anche la sede del gruppo de I Ragazzi del Mercoledì, lo sportello Acli e lo sportello settimanale dell’Enercom.




Barbata dedica un’oasi di preghiera a Madre Teresa di Calcutta

 

Inaugurazione e benedizione, stamattina, per la statua e per la cappelletta dedicate a Santa Madre Teresa di Calcutta, donate alla parrocchia e alla comunità di Barbata dalla famiglia Coti Zelati, residente ad Antegnate ma originaria del paese.

Prima la Messa in chiesa allietata dal coro della parrocchia, poi, accompagnato dalle note della banda musicale di Fontanella diretta da Massimo Ranica, un corteo sino a via San Francesco dove la cappelletta è stata edificata e dove la statua, portata da volontari grazie ad un carrello, è stata posizionata prima di essere benedetta dal parroco don Angelo Rossi. “Ricordare Santa Madre Teresa – aveva detto poco prima il sacerdote introducendo la celebrazione della Messa – è come ricordare che il cuore della fede cristiana è la carità”. E ancora, durante l’omelia: “Santa Madre Teresa è un dono di Dio perché attraverso la sua figura possiamo anche noi arrivare alla santità. Il dono di Santa Madre Teresa ci aiuta a credere nei piccoli gesti d’amore, che sono quelli che Gesù ci chiede. Lei stessa, tanto piccola nella statura quanto gigantesca nella carità, diceva che conta soprattutto quanto amore ci mettiamo in ciò che facciamo”.

Alla Messa e alla benedizione della cappelletta hanno assistito diversi cittadini. C’erano anche i sindaci e gli amministratori dei comuni limitrofi come Romano di Lombardia, Fara Olivana con Sola, Antegnate, Isso, Covo e Cortenuova, il comandante della polizia locale di Fontanella e Barbata Antonio Lasigna ed il parroco di Antegnate don Angelo Maffioletti. A fare gli onori di casa, assieme a don Angelo, è stato Vincenzo Trapattoni, sindaco di Barbata: “La cappelletta che inauguriamo oggi – ha detto il primo cittadino nel suo discorso di saluto – va ad aggiungersi alle varie cappelle realizzate negli ultimi anni sul territorio comunale. Ricordo nello specifico San Francesco in piazza IV Novembre, San Giovanni XXIII in piazzetta Dei Ricordi, la santella della Madonna di Medjugorie dietro al comune, la via Crucis al cimitero, la grotta della Madonna di Lourdes nell’ex asilo e varie altre santelle. Saranno realizzate prossimamente una santella dedicata a Sant’Antonio da Padova ed una dedicata al Beato Carlo Acutis. Tutte queste opere sono state e saranno finanziate da privati a memoria di qualche parente defunto, come quella che inauguriamo oggi, offerta dalla famiglia Coti Zelati in ricordo del papà Roberto di cui oggi ricorre il compleanno. Chiudo con una frase di Madre Teresa che disse così: quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.

Dai presenti, e dalla banda, anche gli auguri di buon compleanno, in anticipo di un giorno, a don Angelo “che nonostante gli impegni in ospedale a Treviglio, dove è cappellano – ha precisato Trapattoni – è sempre un punto di riferimento per noi”.




A Misano il ricordo dei parroci don Luciano Manenti e don Gianfranco Castelli

La parrocchia di Misano Gera d’Adda ha ricordato domenica 23 giugno don Luciano Manenti e don Gianfranco Castelli, i due ex parroci che, avvicendandosi, hanno segnato un’epoca per la comunità di Misano. Lo ha fatto con una Messa di suffragio cui ha fatto seguito la scopertura e la benedizione di due lapidi presso la cappella dei preti al cimitero.

Non fosse stato per il maltempo la Messa delle 10.30 si sarebbe tenuta proprio al cimitero, invece è stata celebrata in chiesa parrocchiale dal parroco don Stefano Zoppi che, sia all’inizio della celebrazione che durante l’omelia, ha sottolineato l’importanza dell’operato di don Luciano e don Gianfranco, «nei quali ritrovo – ha detto – l’essenzialità dell’essere sacerdote e la capacità di trasmettere il vangelo secondo la realtà di oggi».

Don Luciano Manenti, nato a Vailate il 21 gennaio 1941 e morto l’11 febbraio 2019, ordinato prete nel 1964, laureato in Pedagogia, insegnante in Seminario a Cremona dal 1968 al 1983, ha guidato la comunità parrocchiale misanese dal 1983 al 1998. Successivamente è stato parroco a Brignano fino al 2017, quando è diventato collaboratore parrocchiale a Vailate. La lapide lo ricorda come “Solerte e impegnato pastore a Misano Gera d’Adda, operatore di fraternità, illuminato catecheta”.

Sulla lapide dedicata a don Gianfranco Castelli c’è invece scritto: “Devoto, creativo, eclettico. Un’anima vibrante e appassionata dell’amore di Dio, della bellezza del cuore degli uomini e dell’arte”. Nato a Brignano Gera d’Adda l’11 dicembre 1946 e morto nel luglio dello scorso anno, don Castelli dopo l’ordinazione sacerdotale datata 27 giugno 1971 ha iniziato il proprio ministero come vicario nella parrocchia di Sant’Imerio, a Cremona, per poi essere trasferito, ancora come vicario, a Soncino nel 1979. Diventare parroco di Fiesco nel 1986 e di Misano nel 1998, succedendo pripro a don Luciano Manenti e dove rimase sino al 2021.

È stato don Stefano Zoppi a scoprire, insieme al sindaco di Misano Ivan Tassi, le due lapidi e a benedirle alla presenza dei parenti dei due sacerdoti e dei rappresentanti delle associazioni di volontariato del paese.




Nuovo oratorio a Caravaggio, il Vescovo: «In oratorio i figli sono di tutti e ognuno ha il dovere di guardarli con senso di responsabilità e con rispetto»

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«La grande parrocchia di Caravaggio ritrova la sua casa, un tutt’uno con la chiesa nel cuore della città». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha aperto nel pomeriggio di domenica 9 giugno la Messa solenne che ha preceduto il taglio del nastro del nuovo oratorio San Luigi, a Caravaggio: un moderno e funzionale complesso che nasce dalla totale ristrutturazione di quello vecchio.

Un progetto da circa cinque milioni e mezzo di euro di costo, che consegna alla comunità il suo nuovo laboratorio di fraternità e di pace, finanziato con tre diversi contributi della Cei per un ammontare di 670mila euro (serviti per la realizzazione della casa degli scout, del salone e delle aule di catechismo), con un mutuo trentennale da 3,8 milioni di euro e la cessione allo stesso istituto di credito, per 99 anni, del diritto di superficie del nuovo parcheggio da settanta posti per 750mila euro e dalla cessione alla ditta appaltatrice dei lavori dell’ex campo da calcio della società sportiva parrocchiale Iris Caravaggio per altri 750mila euro.

Celebrata nel cortile del nuovo oratorio, la Messa è stata animata dal coro parrocchiale diretto da Sara Carminati.

Ai tanti fedeli che hanno partecipato all’Eucaristia il vescovo Napolioni ha ricordato nell’omelia ciò che l’oratorio deve essere: «Perché – ha esordito – facciamo ancora l’oratorio? Perché abbiamo paura che i nostri ragazzi si perdano? Anche qui si può giocare male, si può litigare male e, infatti, questo è un luogo anche per imparare a litigare bene. All’oratorio i figli sono di tutti e ognuno ha il dovere di guardarli con senso di responsabilità e con rispetto, ma senza fare del proprio figlio il principino o della propria figlia la reginetta. Tutti devono essere fratelli e sorelle che hanno Dio come padre, la Chiesa come madre e un futuro di fraternità da condividere». «Questo è il futuro dell’oratorio», ha detto il Vescovo, auspicando «che si possa venire qui per uscire come seminatori della gioia che al suo interno si sperimenta». Per questo «occorrerà giocare tanto, ma giocare bene. e per giocare bene è necessario ogni tanto fermarsi, pregare e lodare Dio che è fonte della gioia della vita».

Alle preghiere dei fedeli il vescovo ne ha voluto aggiungere due particolari: la prima per i volontari che hanno lavorato per regalare a Caravaggio questa struttura; la seconda a tutti quei volontari che non ci sono più.

Al termine della celebrazione il parroco di Caravaggio mons. Giansante Fusar Imperatore ha invitato a prendere la parola, per un breve intervento di saluto, sia il sindaco Claudio Bolandrini che il presidente della Bcc di Caravaggio, Adda e Cremasco Giorgio Merigo.

«È un momento importante per tutta la città – ha detto il sindaco – visto il ruolo fondamentale che riveste l’oratorio che non è solo una riserva di cattolici ma è anche e soprattutto un luogo in cui si trasmettono valori universali e fondamentali».

«Abbiamo accompagnato con impegno e anche apprensione – ha spiegato Giorgio Merigo – questo progetto. Essendo noi una banca di comunità non c’è niente di meglio che trovarci dentro i suoi sogni. Concretamente ci siamo presi in carico gli arredi del teatro, dedicato al nostro ex presidente Riccardo Formento».

Per ultimo ha parlato il parroco, con tanti ringraziamenti, in particolare ai volontari (definiti «forza propulsiva della comunità») e al suo predecessore don Angelo Lanzeni che ha iniziato i lavori, affidati alla ditta Art Edil. «Nel nuovo oratorio – ha detto monsignor Fusar Imperatore – c’è posto per tutti. Ci sono ancora spazi da arredare, cosa che faremo man mano. Intanto iniziamo a riempirlo con il Grest».

Terminata la Messa, la benedizione impartita dal Vescovo ha preceduto il taglio del nastro da parte del parroco, del vicario parrocchiale don Andrea Piana e del sindaco Bolandrini. Poi, tregua-meteo finita.




Mozzanica, tornato all’originario splendore l’organo Tamburini della parrocchiale

Dopo un doveroso ed approfondito lavoro di restauro durato circa un anno, il pregiato organo Tamburini della chiesa parrocchiale di Mozzanica è tornato al suo antico splendore. L’inaugurazione nei giorni scorsi, con una celebrazione solenne presieduta dal parroco don Bruno Galetti (con lui sull’altare i mozzanichesi don Andrea Piana, vicario a Caravaggio, e padre Gianni Nicoli, dehoniano) ed animata dai canti della corale Santo Stefano diretta da Emanuele Magli e accompagnata all’organo stesso da Denise Lamera. Al termine il gruppo Storie di Mozzanica ha curato un momento di divulgazione culturale con interviste ad Adriano Carpani, storico del paese che ha da poco dato alle stampe una pubblicazione dedicata alla famiglia di organari Lingiardi, una delle più importanti in Italia, originaria di Mozzanica e poi trasferitasi a Pavia, al restauratore dell’organo Tamburini Claudio Bonizzi, titolare della ditta “Inzoli cav. Pacifico” di Crema, un’eccellenza del settore, e a Rosalba Rapuzzi che si è occupata del restauro del coro ligneo ottocentesco all’interno del quale l’organo della chiesa di Santo Stefano trova posto.

Fabbricato dalla pontificia fabbrica “Giovanni Tamburini” di Crema, l’organo a canne della parrocchiale di Mozzanica compie proprio in questo 2024 ottant’anni. Il collaudo effettuato da Federico Caudana, organista e maestro di cappella della Cattedrale di Cremona, reca infatti la data del 25 giugno 1944.

Prima del Tamburini la chiesa di Santo Stefano era provvista di altri organi, di cui si ha notizia almeno dalla metà del XVIII secolo. Nel 1655, ad esempio, è documentato un regale, un organo a canne di piccole dimensioni. Nel 1790 è documentato uno strumento fabbricato dal bergamasco Giuseppe Bossi, sostituito nel 1847 dall’organo Lingiardi, fabbricato dai fratelli Giacomo e Luigi Lingiardi di Pavia, sostituito per l’appunto nel 1944 dal moderno organo a trasmissione elettrica dell’organaro cremasco Tamburini.

«Sono molto soddisfatto – commenta il parroco don Bruno Galetti – di come la ditta Inzoli ha condotto quest’operazione di restauro durata circa un anno. Non sono stati eseguiti solo interventi di riqualificazione dell’esistente ma con il benestare della Soprintendenza sono state aggiunte delle trombe e delle migliorie sui pedali che rendono ora lo strumento pienamente rispondente alle esigenze della liturgia. Peccato solo che negli anni quaranta del secolo scorso andò perduto l’organo Lingiardi che il Tamburini pensava di risistemare in una nuova cassa nella controfacciata e di unire al nuovo organo con una console di comando per entrambi situata dietro l’altare».

La spesa per il restauro delle parti esistenti è stata di 30mila euro, cui si aggiungono circa 29mila euro per le parti in aggiunta e per le migliorie. Dalla Bcc di Mozzanica è arrivato un contributo a fondo perduto di 20.000 euro che, sommato all’8 per mille della chiesa cattolica, ha permesso alla parrocchia di sostenere il costo di questo intervento.




Caravaggio, una manifestazione per il santuario e il suo territorio

Una manifestazione senza colore politico, pensata non contro qualcuno (nella fattispecie il Comune di Misano), ma a favore della vita del territorio.
Questo lo scopo della mobilitazione promossa nella mattinata di sabato 20 aprile presso il santuario di Caravaggio dal comitato Salviamo il suolo (nel pomeriggio ulteriore tappa al parco Delle Cave, nel Bresciano) a salvaguardia di un territorio che potrebbe essere presto interessato dall’arrivo di una nuova logistica da circa 57mila metri quadri, individuata in territorio misanese, a nord della provinciale Rivoltana, e quindi distante in linea d’aria solo poche centinaia di metri dalla basilica di Santa Maria del Fonte, che dal maggio 2023 può vantare il titolo di Santuario Regionale della Lombardia.

La manifestazione è stata divisa in tre fasi: la prima, a partire dalle 10, dedicata alla raccolta-firme per chiedere alla classe politica di presentare una proposta di legge regionale unitaria a tutela del suolo, la seconda caratterizzata da alcuni interventi, e la terza, coreografica, incentrata su un flash mob.

È stato il rettore del santuario, monsignor Amedeo Ferrari, a intervenire per primo chiarendo che non era una manifestazione contro qualcuno, per poi aggiungere: «Speriamo che la mobilitazione di oggi faccia crescere la sensibilità per questa terra e per questo cielo, perché il cielo di Lombardia è bello quando è bello. Se saremo in molti a manifestare, oggi e in seguito, a favore del santuario vorrà dire che ci sta a cuore, che sentiamo il bisogno di un luogo di raccoglimento e di silenzio e se ci interessa tutelare il santuario è per la salute completa delle persone che hanno bisogno di recuperare la testa e l’anima, oltre che lavoro e soldi».

I numeri dicono che al santuario mariano si sono presentate circa trecento persone. Tanti o pochi, l’importante è che i partecipanti fossero uniti nel loro intento, come ha detto nel suo intervento Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia: «La Regione, nel 2008 – ha affermato – ha inserito nella propria normativa il suolo come bene comune, ma forse non si è guardata abbastanza intorno. Non è vero che non si può chiedere a un operatore economico di fare scelte che vadano incontro alla tutela del suolo: bisogna farlo tutti insieme!».

Dal palco Paolo Falbo, docente universitario e membro del circolo Serio ed Oglio di Legambiente, ha speso più di una parola per i sindaci, persone che spesso alla guida di un piccolo comune si trovano davanti operatori commerciali che si presentano loro con capitali e avvocati, di fronte ai quali non hanno grosse possibilità di opporsi. «Dobbiamo rinforzare – ha detto – queste debolezze e qui sta il senso della nostra proposta: chiediamo che gli insediamenti come le logistiche e i data center vengano costruiti nelle aree dismesse, ne abbiamo per migliaia di metri quadri» e che «per interventi che comportino un consumo di suolo superiore a un ettaro sia obbligatoria la valutazione d’impatto ambientale»; inoltre che «i costi derivanti dall’inurbamento conseguente ai nuovi insediamenti siano a carico degli operatori economici che lì vanno ad insediarsi», e ancora che «i grandi insediamenti siano coperti da pannelli fotovoltaici». «E chiediamo  – ha aggiunto – la negatività termica».

La chiusura è stata affidata a Eugenio Bignardi, incaricato per la Pastorale sociale della diocesi di Cremona: «Vogliamo capire la situazione in cui viviamo, cercando di contenere i danni già avviati e chiedendo regole per la tutela di un bene prezioso», quello rappresentato dal santuario, dalla sua storia di fede e devozione e dall’ambiente in cui è inserito.

A seguire, il flash mob nell’ala ovest del santuario, una catena umana che a un certo punto ha alzato al cielo delle lettere che sono andate a formare tre frasi: “salviamo il santuario”, “salviamo il suolo”, “basta logistiche mangia suolo”.

Hanno aderito alla manifestazione gli eco-musei della Martesana e dell’Adda, diverse associazioni e parrocchie del territorio, dei gruppi diocesani legati in particolare agli uffici di pastorale sociale di Cremona, Bergamo e Crema, che ha messo a disposizione il palco.




Associazione collaboratori familiari del clero, a Caravaggio la giornata regionale di spiritualità

La recita delle Lodi seguita da un momento di riflessione e dalla celebrazione della Messa al mattino; di nuovo un incontro e una riflessione al pomeriggio. Questi i momenti che a Caravaggio, al Santuario di Santa Maria del Fonte, martedì 16 aprile hanno scandito la giornata regionale di spiritualità dell’Associazione collaboratori familiari del clero.

Un centinaio i presenti fra i quali la presidente nazionale Brunella Campedelli e la segretaria nazionale, nonché responsabile per la Diocesi di Milano, Maria Pia Caccia. A presiedere l’incontro, aperto dal saluto di Eliana Marcora, responsabile regionale dell’associazione, è stato il vescovo di Cremona Antonio Napolioni che, nell’auditorium del centro di spiritualità del Santuario, ha guidato la meditazione mattutina esortando i presenti a “Riflettere Cristo, luce del mondo, Cristo che è il nuovo, che è il futuro di noi come Chiesa intesa come famiglia di famiglie, di noi che non dobbiamo aver paura che il mondo scopra quanto Dio lo ami”.

Alle 11.30 monsignor Napolioni ha presieduto l’Eucaristia in basilica. Accanto a lui hanno concelebrato una dozzina di sacerdoti tra cui don Pierluigi Diaco, assiste spirituale nazionale dell’associazione.

Nell’omelia il vescovo ha fatto riferimento al martirio di santo Stefano, episodio narrato nel Vangelo del giorno. «Per essere così pieno di Spirito Santo – si è chiesto – a quante Messe avrà partecipato Stefano? Gli Atti non ce lo dicono. A qualcuna, ma gli è bastata. Quel nutrimento lo ha trasformato, lo ha unito talmente a Gesù da essere, Stefano stesso, un altro Cristo che genera a sua volta altri Cristi». «Signore – ha proseguito il vescovo – fa che questo nostro incontro ci faccia talmente bene da farci tornare a casa forti, coraggiosi, umili, appassionati di te, che costantemente guidi la storia». E ancora: «Che questa Eucaristia trovi ciascuno di noi a farsene portatore con la vita. Allora sì che saremo anche noi dei piccoli martiri».

Dopo pranzo il secondo momento di riflessione, ristretto ai collaboratori spirituali, agli incaricati diocesani e ai vertici associativi, ancora nell’auditorium del centro di spiritualità.

«Le nuove sfide di una società e di un mondo in continua evoluzione – ha detto nella sua relazione Maria Pia Caccia – ci portano a nuove sfide. L’invito del Concilio a leggere e interpretare i segni del tempo con fiducia, alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, rimane un obbligo e un impegno per tutti. Il nostro impegno non è per cambiare le verità della fede o per adeguarle alla nostra esistenza, ma siamo noi che dobbiamo cambiare per capire i segni dei tempi e per concretizzare i nostri pensieri in un’evoluzione personale e nella Chiesa».

Al termine della giornata si sono svolte le elezioni per la nomina del presidente regionale per il prossimo biennio: l’associazione Collaboratori Familiari del Clero della Lombardia ha confermato nell’incarico Eliana Marcora, al suo secondo mandato.




A Soncino e Antegnate le reliquie di Santa Teresa di Lisieux e dei suoi genitori, testimoni di santità famigliare

 

Hanno lasciato Soncino nella serata di venerdì 12 aprile le reliquie di Santa Teresa di Lisieux e dei suoi genitori, i Santi Luigi e Zelia Martin. Le urne sono partita poco dopo le 20.30 alla volta della parrocchia di San Michele Arcangelo di Antegnate dove rimarrà sino a domenica 21 aprile. A benedirle, prima che fossero caricate sul furgone che l’ha trasportata in Bassa Bergamasca, è stato il vescovo Antonio Napolioni, sul sagrato della Pieve.

A seguire, la Messa solenne nella maestosa chiesa dedicata a Santa Maria Assunta presieduta dal vescovo e concelebrata dal parroco di Soncino don Giuseppe Nevi, il vicario parrocchiale don Gabriele Barbieri, il parroco di Gallignano don Paolo Tomasi, l’ex parroco di Antegnate, il gallignanese don Rinaldo Salerno e il segretario del vescovo don Matteo Bottesini.

«Vogliamo ringraziare il Signore – ha detto don Nevi prima della benedizione delle reliquie – perché ha portato un po’ di cielo sulla nostra parrocchia. Questi giorni sono stati una preziosa esperienza di ascolto della parola di Dio che si è incarnata nella vita di queste persone». «Le reliquie sono partite verso Antegnate e adesso tocca a noi essere reliquie dei santi», ha quindi introdotto la celebrazione il vescovo Antonio Napolioni che nell’omelia ha presentato un bellissimo ritratto di Teresa di Lisieux e dei suoi genitori, raccontando alcuni momenti della vita di questa famiglia Santa. Solo per citarne alcuni, la morte di Zelia, avvenuta quando la piccola Teresa (che il vescovo ha definito «il capolavoro educativo di questa coppia») aveva solo 4 anni, la fede in Dio, incrollabile fino alla commozione, di Luigi, ma anche le sofferenze fisiche derivanti dalla malattia che lo colpì nella parte finale della sua vita. E ancora l’ingresso di Teresa in monastero e le parole che Luigi Martin scrisse nella sua ultima lettera alle figlie, nella quale descriveva la loro come «una famiglia umilissima, ma che ha avuto l’onore di essere nel novero delle famiglie privilegiate dal nostro adorato Creatore».

«Allora – ha detto mons. Napolioni – questi giorni, questa Eucaristia, questo nostro trovarci ci facciano pregare così, per la nostra famiglia e per tutte le famiglie; non ci dobbiamo sentire giudicati e schiacciati da una famiglia così eccelsa, perché in realtà una famiglia santa è il primato della piccolezza, della fiducia, della confidenza infantile: questo miracolo si rinnovi, specie per le famiglie più provate e più divise, grazie alla nostra preghiera e all’intercessione dei Santi».

Ascolta l’omelia del vescovo Antonio Napolioni

Al termine della Messa don Nevi ha ripreso la parola per una considerazione e un auspicio finale: «Grazie al nostro vescovo per il bellissimo ed efficacissimo ritratto di questi tre santi. Nel ritratto che si fa di una persona è importante saperne cogliere qualcosa e noi, della figura di Teresa e dei suoi genitori, dobbiamo cogliere quegli aspetti che ci spingono ad andare avanti con un sempre maggior fervore».

Da parte del vescovo, che ha voluto rivolgere un pensiero alla giovane brignanese Debora Nisoli, morta in un incidente stradale avvenuto a Soncino nei giorni scorsi, l’esortazione ai presenti a fare l’abitudine non al male ma al bene.

 

 

Le urne intanto venivano accolte all’oratorio di Antegnate, da dove è partita la fiaccolata che le ha accompagnate in chiesa parrocchiale per la celebrazione solenne presieduta dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, l’agnadellese Gian Carlo Perego. Anche nel paese della Bassa Bergamasca le reliquie rimarranno una decina di giorni, densi di appuntamenti in chiesa parrocchiale animati anche dalle parrocchie di Covo (la celebrazione eucaristica di lunedì 15 alle 20.30), di Fontanella, Barbata e Isso (la celebrazione eucaristica di martedì 16, alle 20.30) e di Calcio (la celebrazione eucaristica di giovedì 18, alle 20.30). Da segnalare anche l’incontro di venerdì 19, alle 20.30, con i coniugi Schillirò, genitori di Pietro, il bambino guarito grazie all’intercessione dei santi Luigi e Zelia Martin. Domenica 21 aprile, alle 10.30, si celebra la messa di saluto alle reliquie che partiranno per la parrocchia di Santo Spirito in Pignolo, sempre nella Bergamasca.

Le reliquie faranno quindi ritorno in diocesi di Cremona a fine mese, il 28 aprile, presso l’unità pastorale “Mons. Antonio Barosi” di Casteldidone, San Giovanni in Croce, Voltido, San Lorenzo Aroldo e Solarolo Rainerio dove rimarranno sino al 1° maggio.