1

«Camminiamo insieme come sapienti profeti»: a Caravaggio l’assemblea zona dei catechisti della zona 1

«Che sia un cammino da sapienti profeti». Questa l’esortazione di don Andrea Lamperti Tornaghi, vicario parrocchiale di Pandino, che lunedì sera, nella basilica del santuario di Santa Maria del Fonte, ha presieduto la veglia per la preghiera di inizio Avvento dei catechisti della zona pastorale I organizzata dall’équipe zonale catechisti. La meditazione alternata alla preghiera, un gesto di carità ed uno simbolico, a fine serata, hanno caratterizzato questa veglia, allietata delle voci dei cantori della corale parrocchiale di Arzago. Quattro le tracce seguite (altrettanti i vangeli letti e meditati): l’accoglienza, con la promessa di Maria; l’ascolto, con il sogno di Giuseppe; la condivisione, con la gioia dei pastori; la ripartenza, quella dei Magi da Betlemme.

«C’è un filo rosso che lega i quattro vangeli di stasera – ha detto don Andrea nella sua riflessione – ed è l’espressione “Non temere”, la stessa che Gesù rivolge nelle apparizioni pasquali. Legati fra loro, questi quattro brani del Vangelo diventano delle vie da percorrere, ma non in solitaria, perché siamo chiamati a camminare insieme, nell’ascolto attento dello Spirito Santo che ci permette di tradurre in parole ed iniziative il sogno di Dio, un Dio che vuole tutti nel suo regno. Care sorelle e cari fratelli – ha proseguito il sacerdote -, coraggio. Che il cammino di quest’Avvento non sia un rito scontato e stanco ma sia un cammino in compagnia del Signore che ci chiede di essere sapienti profeti con il gusto di cercare fra le pieghe della storia i germogli del suo regno e non fra i morti colui che è il Vivente».

Come gesto di carità, i presenti sono stati invitati a recarsi all’altare e, dopo aver messo un granello d’incenso nel braciere, a lasciare un contributo, ognuno secondo il proprio sentire, che sarà destinato alla Caritas per il progetto Bolletta sospesa. Infine, il gesto simbolico. Ad un rappresentante di ogni parrocchia o unità pastorale, già definita oppure erigenda, è stata donata una lanterna, che sarà collocata in oratorio o in chiesa: una luce-guida in questo tempo di attesa del Natale.




A Misano intitolata una piazza a don Amigoni

Una piazza dedicata a don Franco Amigoni, cappellano militare degli Alpini durante la seconda guerra mondiale. È lo spazio pubblico retrostante il centro civico comunale di Misano Gera d’Adda, con accesso (solo pedonale) dalla centrale via Roma e da via Marconi, che ha cambiato denominazione, abbandonando quella di “Piazza Giovani per un Mondo Unito” per essere dedicata al sacerdote nato il 1° novembre 1912 in paese.

La cerimonia ufficiale d’intitolazione si è tenuta nel pomeriggio di sabato 12 novembre, organizzata dal locale gruppo alpini (anch’esso intitolato a don Franco).

Ordinato prete il 22 maggio 1937, nel 1942 don Amigoni si arruolò volontario negli Alpini, come cappellano. Fu inviato in Francia, presso l’ospedale da campo numero 819, e durante il conflitto si prodigò per salvare molte persone dalla fucilazione, dalla prigionia e dai lavori forzati. Al suo ritorno divenne parroco di Borgo Loreto a Cremona, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 17 novembre 1982, e dove si distinse per la costruzione di una nuova chiesa e per le tante opere di carità, fra le quali quelle a favore dei profughi istriani e fiumani giunti nel dopoguerra a Cremona.

La cerimonia di intitolazione e di benedizione della piazza, accompagnata dalle note della fanfara alpina di Prezzate, è iniziata alle 17. Mauro Strada, capogruppo degli alpini misanesi, e il sindaco Daisy Pirovano hanno ricordato la figura di don Franco, figlio di contadini originari di Calvenzano. La Pirovano ha anche voluto sottolineare una particolarità. Con piazza Don Franco Amigoni confina la via Don Alessandro Battaglia: il secondo battezzò il primo. «Sarà una casualità – ha sottolineato il sindaco – ma ha un suo perché».

Dopo la scopertura della lapide che reca l’intitolazione della piazza, donata da Lino Saio e installata da Massimo Marcialli gratuitamente, il parroco di Misano don Stefano Zoppi ha impartito la benedizione.

Successivamente i presenti, in corteo, hanno raggiunto la chiesa parrocchiale per la celebrazione della Messa.

In questo periodo la piazza è interessata dai lavori di riqualificazione. Il progetto, da 50mila euro, è di Nunzio Mussi, geometra responsabile dell’area tecnica del Comune di Misano. L’obiettivo dell’intervento è di migliorare l’estetica e la sicurezza e il risparmio energetico di questo luogo, situato dietro il centro civico comunale.




Caravaggio, tornano a splendere gli affreschi della chiesa di San Bernardino

Verranno presentati ed inaugurati nella mattinata di sabato 5 novembre i restauri degli antichi affreschi presso la chiesa dei religiosi del complesso di San Bernardino. Decisivo, per il ritorno all’antico splendore delle opere d’arte firmate nel 1759 dai fratelli Fabrizio e Giovanni Antonio Galliari, il contributo messo a disposizione da FAI e Intesa Sanpaolo nell’ambito del censimento “I Luoghi del Cuore”, cui si sono aggiunti quelli della Fondazione Banca Popolare di Bergamo e dell’associazione “Salviamo San Bernardino Onlus”. Da diversi anni l’amministrazione comunale di Caravaggio, proprietaria del complesso, sta lavorando al recupero dell’inestimabile patrimonio culturale della chiesa di San Bernardino: il valore dell’operazione è stato pubblicamente riconosciuto con l’assegnazione del 4° posto nel concorso nazionale “Progetto Art Bonus-edizione 2019”.

Una spinta fondamentale è stata data sin dal 2014, quando 17.018 persone hanno votato questa chiesa come proprio “Luogo del Cuore” in occasione della settima edizione del censimento nazionale dei luoghi italiani promosso dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Nel 2015 il Comune aveva presentato una richiesta di sostegno al programma di restauri avviato sulla chiesa al bando che il FAI lancia dopo ogni edizione del censimento; la richiesta, all’epoca non finanziata per l’esaurimento dei fondi a disposizione, è stata riammessa per ordine di graduatoria nel 2019, a seguito della revoca di un intervento su un altro Luogo del Cuore. San Bernardino ha così potuto beneficiare di un contributo di 30.000 euro da parte del FAI e di Intesa Sanpaolo, destinato al restauro degli affreschi del coro nella parte presbiterale del complesso. Al contributo “I Luoghi del Cuore” si sono uniti i cofinanziamenti di 20.000 euro da parte della Fondazione Banca Popolare di Bergamo (ex Fondazione UBI Banca) e di 17.500 euro dell’associazione caravaggina “Salviamo San Bernardino Onlus”, che aveva promosso la raccolta voti al censimento del FAI nel 2014.

È stato così possibile concludere i lavori di recupero dell’aula orientale della chiesa, un tempo riservata alla comunità dei frati francescani del convento, lavori che si sono resi necessari per contrastare il deperimento delle superfici interne dovuto soprattutto all’esecuzione a mezzo fresco e all’umidità che intaccava le murature. Oltre a garantirne nel tempo la conservazione dei dipinti, l’intervento ha restituito i caratteri originali al ciclo, ripristinandone l’unitarietà. La progettazione generale e la direzione dei lavori sono state affidate agli architetti Gian Maria Labaa e Maria Teresa Piovesan di Bergamo; il restauro dei dipinti alla ditta OM Restauri di Maurizio Orlando di Curno con la supervisione di Luca Rinaldi e Laura Sala della Soprintendenza di Bergamo e Brescia. «Quello che stupisce di quest’ultimo restauro –afferma Claudio Bolandrini, sindaco di Caravaggio- sono i colori: le tinte rosa, verdi e oro, tornate a illuminare il presbiterio, insieme alle linee precise e ai dettagli che rendono unica la scenografia affrescata dai fratelli Galliari in cui sono incorniciati volti noti e cari». Secondo Lara Magoni, assessore regionale al Turismo, Marketing territoriale e Moda, si tratta di «un intervento di grande importanza, che fa tornare agli antichi fasti la chiesa di San Bernardino». «“È una grande soddisfazione – commenta il presidente della Provincia di Bergamo Pasquale Gandolfi – vedere questi affreschi ritornare al loro antico splendore; un ulteriore traguardo raggiunto nella complessa opera di recupero della Chiesa di San Bernardino, uno dei grandi tesori della bergamasca».




Messa con il Vescovo a Caravaggio per ricordare il 50° della consacrazione dell’altare della parrocchiale

Il 4 novembre 1972, l’allora vescovo di Cremona Danio Bolognini celebrò a Caravaggio la Messa della consacrazione dell’altare della chiesa parrocchiale che l’allora parroco monsignor Stelio Placchi fece preparare per adeguare la conformazione della chiesa dei Santi Fermo e Rustico alla riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II.

CInquant’anni dopo, nella serata del 4 novembre 2022, la stessa chiesa ha ospitato la messa solenne, presieduta dal vescovo Napolioni, in ricordo di quel momento. La celebrazione, accompagnata dai canti della corale “Don Vecchi” diretta da Roberto Grazioli, è stata l’occasione per ammettere i cresimandi al Sacramento che riceveranno nel maggio 2023.

«Domenica in Cattedrale toccherà a me dedicare un altare – ha detto il vescovo rispondendo al saluto del parroco don Giansante Fusar Imperatore, prima dell’inizio della Messa -, altare che però non dev’essere solo un oggetto, un pezzo di pietra, ma un centro vivo. La terra da sola non ce la può fare. Serve il Cielo e la Chiesa è uno squarcio di cielo».

Nell’omelia mons. Napolioni ha fatto riferimento ad un quadro allegorico, custodito nella chiesa cremonese di Sant’Agostino. «Questo quadro – ha spiegato – raffigura Gesù che viene spremuto da un torchio. Da questa torchiatura esce il sangue del Cristo che viene raccolto dai Santi, dagli Angeli e dai cristiani. È quello che accade sull’altare e quello che deve accadere nella nostra vita. Il Vangelo lo dice chiaramente: Gesù è la vite e noi siamo i tralci».

Ai cresimandi una raccomandazione: «Gesù non si manifesta, si nasconde sotto l’apparenza delle cose di ogni giorno, ma se io credo bevo con lui il vino nuovo, buono, che dà gioia. Che le persone che vi incontrino possano allora ubriacarsi della vostra gioia».

Dopo l’omelia, ad uno ad uno i cresimandi hanno risposto eccomi alla chiamata del vescovo per poi radunarsi assieme a lui ai piedi dell’altare. Alcuni di loro hanno anche compiuto il gesto simbolico di portare una lampada all’altare (sette in totale, come i sette sacramenti). «Gesù – ha detto il Vescovo – prima di impartire la benedizione finale ai tanti fedeli presenti in chiesa – c’è sempre. Basta avere il fiuto della sua presenza. Auguro a tutti che questa messa possa risvegliare in noi questo fiuto».




Il grazie dell’arcivescovo Delpini ai Famigliari del Clero: «Per un prete sapere di poter contare su di voi è un grande dono»

Una disponibilità che rappresenta un modo per stare vicino a Dio servendo i preti. Ad offrirla sono i collaboratori famigliari del clero. Martedì 11 ottobre al Santuario di Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, si sono ritrovati in circa duecento, provenienti da tutta la Lombardia e anche dal Triveneto in occasione del 70° di costituzione dell’Associazione Collaboratori Famigliari del Clero della diocesi di Milano, per una giornata all’insegna della preghiera e della riflessione, ma anche della voglia di stare insieme dopo il lungo periodo di restrizioni dovute alla pandemia.

Invitato speciale l’arcivescovo di Milano Mario Delpini che alle 10, presso l’auditorium del centro di spiritualità, ha aperto la giornata guidando una meditazione. Prima del suo intervento, i saluti di rito a cura di Maria Pia Caccia, presidente dell’Associazione Collaboratori Famigliari del Clero della diocesi di Milano, e dell’assistente diocesano milanese don Giuseppe Aloisio. Presenti fra gli altri anche l’assistente nazionale don Piergiulio Diaco, quello regionale don Irvano Maglia e la presidente nazionale Brunella Campedelli.

«Sento sempre di dover esprimere della gratitudine – ha esordito monsignor Delpini – nei confronti di voi che attorno a noi preti create un clima di famigliarità e un’offerta di disponibilità. Per un prete sapere di poter contare su una o più persone come voi è un grande dono».

Tre gli spunti di riflessione, incentrati su Nazareth, su Gesù nel suo ministero itinerante e su san Paolo, che secondo l’arcivescovo possono spronare il cammino dei collaboratori famigliari del clero. «Il periodo di Nazareth – ha spiegato – accompagna il figlio di Dio nell’essere figlio dell’uomo. Possiamo immaginare che gli anni di vita nascosta di Gesù a Nazareth facciano anch’essi parte dell’opera di salvezza anche se in quel periodo non gli vengono risparmiati momenti di tensione nella più santa delle famiglie». Come Maria e Giuseppe che, pur non comprendendo la risposta che Gesù diede loro quando, bambino, venne ritrovato ad insegnare al tempio, accettarono la loro responsabilità, anche i famigliari del clero debbono quindi porsi su questo piano.

Per quanto riguarda il secondo spunto, relativo al ministero itinerante di Gesù, «i vangeli – ha sottolineato l’arcivescovo – parlano anche delle persone che erano con lui. Non solo gli apostoli, ma anche le donne, che lo accompagnano fino alla scena del Calvario e per questo sono emblema di perseveranza e di umiltà del servire che è un modo di essere discepoli che non rivendicano i primi posti». Sottinteso: come i collaboratori famigliari del clero.

Della figura di San Paolo l’arcivescovo ha parlato per dimostrare come la missione non sia mai un‘opera solitaria. «Ovunque vada – ha concluso – Paolo stabilisce delle famigliarità. Il rischio è che il sacerdote venga considerato come qualcuno che fa tutto da sé. In realtà nessuno è solo se vuole essere in missione per il Signore perché la missione è sempre principio di rapporti famigliari».

Alle 11.30 l’arcivescovo Delpini ha presieduto la Messa in basilica. Nel pomeriggio, dopo il pranzo comunitario, i collaboratori famigliari del clero si sono ritrovati al centro di spiritualità per alcune testimonianze prima della conclusione della giornata con la recita del Rosario.

 

L’annata 2022/23 dell’Associazione cremonese

Il tema scelto per gli incontri dell’Associazione in Diocesi di Cremona, guidata dal presidente Cesare Fontana, seguirà nell’anno 2022/23 le indicazioni pastorali del Vescovo: ripartire da Betania, dove l’ascolto della Parola genera un nuovo stile di servizio. Gli incontri si svolgeranno in Seminario, nel consueto stile di ascolto e preghiera che generano l’impegno, secondo il seguente programma: 13 dicembre (con scambio di auguri natalizi) e 25 marzo nella festa dell’Associazione con la consegna degli attestati ai Familiari che da 25 anni seguono i loro preti ordinati nel 1998 (don Massimo Cortellazzi, don Alberto Martinelli, don Andrea Spreafico e don Pier Altero Ziglioli). Ultimo incontro il 9 maggio presso il Centro di spiritualità Piccola Betania alla BADIA di Bozzolo.

 

I 70 anni nell’Arcidiocesi di Milano

L’Associazione, presente in molte Diocesi italiane, a Milano è costituita da Gruppi che si ritrovano regolarmente a livello decanale o zonale per momenti di preghiera e di formazione, guidati dagli assistenti e dai responsabili.

L’Associazione sorse a Milano sorse nel lontano 1952. Fu legata all’opera di grandi sacerdoti ambrosiani che l’hanno accompagnata e seguita come padre Giuseppe Zanoni e monsignor Primo Gasparini. Essi assistevano e formavano i laici impegnati in un prezioso servizio ecclesiale accanto ai sacerdoti. Nel 1982 l’Associazione di Milano si unì alla nascente Associazione Nazionale, nata per l’impegno di laici – uomini e donne – che, rispondendo a una particolare chiamata, si dedicano al servizio delle molteplici realtà ecclesiali, in un rapporto di familiarità con il prete. La Chiesa approvò il primo Statuto dell’Associazione nel 1982.

Nel 2016, l’Associazione a livello nazionale ha concretizzato i primi risultati dell’impegno di revisione dello Statuto, adeguandolo ai cambiamenti culturali e sociali e mutando il nome in “Associazione dei Collaboratori Familiari del Clero”. Il testo è stato approvato dalla Conferenza Episcopale Italiana.




A Rivolta d’Adda la professione perpetua di suor Evelina Dabellani, il Vescovo: «Il trionfo della gratuità»

Una storia di dono, di gratuità e di bellezza. Una vocazione è tutto questo. Come quella di suor Evelina Dabellani, che nel pomeriggio di sabato 1 ottobre, nella chiesa della casa madre dell’Istituto della Suore Adoratrici del SS. Sacramento, a Rivolta d’Adda, ha emesso i voti perpetui di povertà, castità e obbedienza entrando definitivamente a far parte dell’ordine fondato da San Francesco Spinelli.

Per le Adoratrici un’altra professione perpetua dopo quella di suor Roberta Valeri del giugno scorso, entrambe originarie della diocesi di Cremona. Suor Evelina, classe 1966, nata a Casalmaggiore ma di fatto originaria di San Giovanni in Croce, ex geometra ed ex disegnatrice meccanica presso ditte del settore metalmeccanico, un’esperienza di vita comunitaria nella Ianua Coeli di Stilo de’ Mariani, ha pronunciato la formula di rito davanti al vescovo Antonio Napolioni che ha presieduto la Messa, iniziata alle 16.30 ed animata nel canto dalle voci dei cantori della corale di Pessina Cremonese. Diversi i sacerdoti presenti.

Fra i banchi, oltre ai famigliari di suor Dabellani, anche una delegazione proveniente dalla Calabria, dalla diocesi di Cosenza, dove la religiosa, che attualmente presta servizio nella casa di spiritualità delle Adoratrici di Lenno, sul lago di Como, risiedeva fino all’anno scorso.

Per il vescovo «la professione di oggi è il trionfo della gratuità». «Se agli occhi del mondo farsi suora o farsi prete – ha affermato nell’omelia – non comporta nessun guadagno, il cuore degli uomini è sempre alla ricerca di qualcosa che non si compra e non si vende». E ha proseguito rivolto proprio alla religiosa: «La tua storia, Evelina, sia quindi una storia di gratuità, di stupore e di bellezza. Come disse San Paolo a Timoteo, ce la farai se ravviverai il dono che ti viene dato. Non te ne vergognare, siine fiera e custodiscilo per mezzo dello Spirito Santo il bene che ti è stato affidato».

Dopo l’omelia, i riti tipici della professione perpetua: le risposte della religiosa alle domande del vescovo; la recita, da parte di suor Evelina, della formula di rito accanto alla superiora generale madre Isabella Vecchio («Io suor Evelina Dabellani, davanti alle sorelle qui presenti faccio voto per tutta la vita di castità, povertà e obbedienza») e la consegna dell’anello, simbolo dell’assoluta fedeltà a Cristo, sposo celeste.

Al termine della Messa il saluto della superiora generale. «Mi piace pensare – ha detto madre Isabella Vecchio – alle parole pronunciate domenica scorsa da papa Francesco, che dice che è possibile sognare una Chiesa fatta di uomini e donne che sanno inginocchiarsi davanti all’Eucarestia, ma sanno anche piegarsi alle ferite di chi soffre. Che la tua professione, Evelina, ravvivi anche in noi il desiderio di continuare a sognare. Ti auguriamo di essere Adoratrice secondo il volere di Dio».

La preghiera a san Francesco Spinelli, il fondatore della Adoratrici, davanti alla sua tomba, nella cappella della chiesa ha concluso la cerimonia lasciando poi spazio al momento di festa che suor Evelina ha condiviso con le consorelle, i familiari e gli amici.

 

Sabato a Rivolta d’Adda la professione perpetua di suor Evelina Dabellani




La cura della casa comune in mostra a Brignano

Stimolare a risvegliarsi dal torpore dell’indifferenza globalizzata e diventare elemento attivo del cambiamento, migliorando le proprie abitudini e non spegnendo mai la fiamma dell’indignazione. Questo lo scopo de “La cura della casa comune” (dove per casa comune si intende il pianeta terra, con tutto ciò che ospita e contiene, compreso l’uomo), mostra itinerante allestita presso la chiesa di Sant’Agnese, a Brignano Gera d’Adda, fino al 25 settembre su iniziativa del gruppo zonale Laudato si’ con la collaborazione del centro culturale “Monsignor Cesare Donini” di Brignano nell’ambito delle iniziative sul territorio diocesano per il Tempo del Creato.

Nella serata di martedì 20 settembre, in Sant’Agnese, la presentazione pubblica con don Cristiano Re, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Bergamo, e Matteo Marsala, formatore certificato Laudato si’, relatori sul tema “Economia integrale”.

«Non siamo più quelli di prima – ha esordito don Cristiano Re – perché viviamo in un momento caratterizzato dall’incertezza e da un imprevisto che si prolunga nel tempo. Dobbiamo guardarci in faccia e chiederci come io ho bisogno degli altri e come gli altri hanno bisogno di me». È il momento, secondo il sacerdote, di essere interconnessi, di pensare di fare assieme delle cose che siano al servizio di tutti e non del singolo individuo. «Non possiamo più pensare – ha specificato – che noi, gli altri, la terra non siano interconnessi. È finito questo tempo. Dobbiamo diventare dei medici sociali».

La mostra – una decina di pannelli, ciascuno con un proprio argomento – fa riflettere proprio su questo. «Mette a disposizione delle porte – ha sottolineato Matteo Marsala – che ci permettono, se vi guardiamo dentro, di assumere consapevolezza dei problemi della cura della casa comune». Marsala è entrato nello specifico dell’esposizione, che sarà visitata anche dai bambini e dai ragazzi delle scuole di Brignano. «La mostra – ha detto il formatore – parte da questioni che sono fondamentali per il nostro tempo. Ogni pannello riporta un’immagine ribaltata, un versetto dell’enciclica Laudato si’ e qualche dato. Le immagini ribaltate stanno a significare come questo mondo sia ribaltato, non più a misura umana. Ci sono tante cose che noi possiamo fare ma la conversione ecologica deve essere il primo dei nostri pensieri».

Don Cristiano Re ha concluso la serata lasciando due spunti: «Dobbiamo cambiare le nostre abitudini; dobbiamo pensare a tutto quello di cui possiamo fare a meno».

Il prossimo appuntamento zonale per il Tempo del Creato sarà sabato 24 settembre, alle 16, al Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio, dove Elena Granata, docente di Urbanistica al Politecnico di Milano, terrà un incontro sul tema “Homo agens. Come passare dalla comprensione all’azione ecologica”.




Pumenengo accoglie don Fabio Santambrogio. Nasce l’unità pastorale con Calcio e Santa Maria in Campagna

Nasce l’unità pastorale di Calcio, Pumenengo e Santa Maria in Campagna che diventa ufficiale dopo un percorso condiviso tra le parrocchie. A guidarla è don Fabio Santambrogio, attuale parroco di Calcio, nominato dal vescovo Napolioni parroco anche di Pumenengo, dove ha fatto il suo ingresso nella mattinata di domenica 18 settembre, e di Santa Maria in Campagna, frazione di Torre Pallavicina, che invece lo accoglierà la settimana prossima alle ore 11.

La cerimonia d’ingresso a Pumenengo ha avuto inizio con la preghiera di don Fabio al santuario della Madonna della Rotonda («Tienimi saldamente la mano», l’invocazione letta da don Fabio) alla quale il 54enne sacerdote nativo di Milano ma cresciuto a Rivolta d’Adda ha affidato il suo mandato e l’intera unità pastorale. Da lì un corteo, accompagnato dal banda musicale San Gottardo di Calcio e dai confratelli del Santissimo Sacramento, si è diretto verso la chiesa parrocchiale dove alle 10.30 don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per la pastorale ed il clero, ha presieduto la Messa solenne, allietata dalle voci dei cantori parrocchiali.

Dopo il saluto iniziale di don Andrea Oldoni, cui don Fabio succede come parroco e che rimane collaboratore parrocchiale dell’unità pastorale al pari di don Antonio Allevi e di don Silvio Soldo (con don Michele Rocchetti come vicario), Lorena Cantù ha letto il messaggio di benvenuto dei parrocchiani. «Ti chiediamo di essere padre e maestro e di aiutarci a costruire una comunità che sia come le prime comunità cristiane».

Nell’omelia don Maccagni ha parlato dell’unità pastorale. «Oggi ci sono problemi talmente grandi – ha detto – che da soli rischieremmo di essere un’isola in mezzo al mare, che il mare travolge. Certo, camminare da soli è più semplice ma è anche triste, monotono. Insieme è più complicato, ma c’è condivisione e questa è la logica di una Chiesa che vuole essere germe di fraternità. Una Chiesa che non rinnega il passato, ma che nemmeno si lascia imprigionare dalla solita frase: “noi abbiamo sempre fatto così”».

A fine celebrazione ha preso la parola don Fabio: «Sono qui a camminare con voi – ha esordito rivolgendosi ai fedeli (in prima fila c’erano i sindaci di Calcio, Elena Comendulli, e di Pumenengo, Mauro Barelli)  ma non aspettatevi grandi cose. Ciò che verrà sarà un grande dono di Dio ma vi prometto che le mie mani saranno all’opera per voi e vi assicuro che dove si farà fatica a camminare io ci sarò. Molto è stato fatto – ha proseguito – ma molto c’è da fare. Chiedo al Signore che mi aiuti a mantenere uno sguardo verso i deboli, i giovani, gli adolescenti, gli ammalati e le famiglie. Spero che la porta del vostro cuore sia sempre aperta per me». Da ultimo, don Fabio ha rivolto il suo grazie al vescovo Antonio e ai preti che stanno collaborando e che collaboreranno con lui affidando la sua missione pastorale a Maria «affinché – ha detto – ci porti a Gesù dicendoci: “fate quello che lui vi dirà”».

 

Biografia del nuovo parroco

Don Fabio Santambrogio, nato a Milano nel 1968, è stato ordinato sacerdote a Verona nella Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza (Opera don Calabria) il 25 maggio 1996. È stato vicario in diocesi di Roma prima nella comunità cittadina di S. Maria Assunta (2004-2007) e poi a San Paolo in Genazzano (2007-2008). Dal 2008 al 2009 è stato collaboratore parrocchiale a Soncino (S. Maria Assunta e S. Pietro) e a Isengo. Nel 2009 è stato incardinato in diocesi ed è stato nominato vicario parrocchiale di Soncino (S. Maria Assunta e S. Pietro) e di Isengo dove è rimasto fino al 2013 quando è stato promosso parroco di Santa Lucia in Martignana di Po. Nel settembre 2015 ha fatto il suo ingresso come parroco della parrocchia “S. Vittore martire” in Calcio, che ora affiancherà anche alla guida delle parrocchie “Santi Pietro e Paolo apostoli” in Pumenengo e “S. Maria assunta” in Santa Maria in Campagna (Torre Pallavicina).

 

Il saluto di don Fabio Santambrogio

Carissimi parrocchiani di Pumenengo e di S. Maria in Campagna: sarò il vostro parroco e per Calcio continuerò a esserlo!
Vi saluto fraternamente nel Signore.
Il Vescovo Antonio mi ha chiamato a questo compito-missione.
Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?
“Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore!” (Sl 115,12-13) Mi appresto a dire poche parole, partendo proprio da questa espressione del salmo: “Alzerò il calice della salvezza”.
Che cosa vorrei, che cosa sogno, che cosa desidero?
Che questa comunità (auspico fortemente che le tre parrocchie diventino UNA COMUNITÀ) e io, come suo parroco, in questo momento fossimo innalzati! Questa elevazione sarà possibile solo se ci lasceremo guidare da alcuni registri: anzitutto quello dello Spirito, quindi quello della qualità delle relazioni e, ancora, il registro della gratuità. Tutti e tre sono, si manifestano e si esprimono, nell’Eucaristia; essa è il modello del nostro essere, del nostro agire, del nostro vivere, del nostro testimoniare l’esperienza cristiana. Con il termine “cristiano” non si intende un aggettivo che si aggiunge alla nostra vita, ma si indica l’essere come Cristo e fare quello che Lui ha fatto. Ho poi un sogno, un desiderio che ritengo importante, una testimonianza dovuta agli uomini. Essi vogliono vedere da noi una qualità di relazione che non è semplicemente dettata dalle simpatie, dai favori, dall’interesse, ma unicamente e soltanto dall’amore, dal rispetto, dall’essere tutti e sempre come il buon samaritano che si prende cura, che è capace, come ci dice il Vangelo, non di amare perché si è stati amati, ma di amare per primi, di amare senza ritorno, di amare senza interessi, di amare tutti, di amare nonostante tutto, di amare il tutto. In tutta franchezza vorrei dirvi che ho intenzione di fare il parroco e non altro.
A ognuno il proprio compito!
Sarò, perciò, colui che vi aiuterà a vivere nella comunità le relazioni.
E questo mi impegna a mettermi in ascolto, a non chiudere gli occhi e, a volte, nemmeno la bocca. Vorrei che si mettessero a fuoco le relazioni.
La relazione con Dio, innanzitutto, perché sia una comunità secondo il Vangelo. In secondo luogo vorrei che ci si focalizzasse sulla relazione con gli altri, nella parrocchia e al di fuori di essa.
Ogni volta che ci chiuderemo nel difendere privilegi di lobby parrocchiali che dividono, deturperemo il volto bello della comunità.
Dobbiamo aiutarci a combattere quella “cultura dello scarto” di cui parla Papa Francesco. Ogni persona del popolo e del popolo di Dio ha un valore assoluto e grande. Non possiamo lasciare indietro alcuno!
In questo cammino di servizio, noi cristiani siamo chiamati a essere testimoni di un amore ancora più grande, ancora più aperto, gratuito e generoso. Guai se elevassimo muri proprio noi!
Non possiamo preoccuparci soltanto di coccolare il sentimento religioso delle persone, perché noi dobbiamo costruire insieme la civiltà.
E questo richiede uno sforzo di accoglienza da parte di tutti.
Richiede l’impegno di un confronto e di una mano tesa da parte di tutti.
Così dobbiamo costruire! Altrimenti si creano realtà in cui ci si giudica, ci si condanna e non ci si stima. Un ultimo punto è la relazione con noi stessi, quella grande capacità di dialogo con la nostra vita, quel chiedere un di più a noi, quel chiedere in un rapporto difficile, sempre un supplemento di amore, di fiducia verso gli altri. Sono queste le piccole cose che vorremmo sognare tutti e se le sogneremo insieme si realizzeranno, perché fin quando un sogno è solo mio, resta tale, ma quando è condiviso, quando è un sogno di tutti, allora diventa realtà.
Ma ci sarà tempo, fratelli e sorelle, perché i sogni siano condivisi e diventino progetto e cammino. Invoco il nome del Signore su di te, carissimo Vescovo Antonio. Sempre e in ogni tuo intervento mi hai dimostrato il tuo affetto di padre, il tuo incoraggiamento, sostenendomi nell’accettare e nell’accogliere la volontà del Signore. Grazie! Invoco il nome del Signore su tutta la famiglia dei sacerdoti che collaborano con me in questa nuova esperienza: don Silvio, don Andrea, don Antonio e don Michele. Invoco il nome del Signore su tutta l’articolazione di questa comunità ricca e bella che il Signore oggi mi dà come un regalo, come una dote. Grazie! Cercheremo di vivere, di lavorare, di impegnarci tutti nella vigna del Signore. Concludo con un’immagine che vorrei donarvi come inizio di questa avventura e come provocazione e spunto di riflessione.
Mi sembra una bella parabola visiva: il relitto della Concordia.
A volte la Chiesa, come la Concordia, finisce sugli scogli. Conosciamo tutti la vicenda di quella nave da crociera. Era facile dire “È stato uno solo che ha sbagliato tutto”. Scusate, ma non ci credo! Non sono l’avvocato di Schettino. Ma la Concordia è finita sugli scogli, perché ha finito di essere Concordia ed è diventata discordia. Questo è il motivo! Io credo che possiamo farcela anche con la nostra comunità cristiana. Se siamo disposti a non essere discordia e opereremo per essere concordia, la nostra comunità potrà camminare e arrivare lontano. Questo credo sia il nostro programma da vivere assieme! Non ci rimane che cominciare a lavorare unitamente e ne ho proprio voglia!
S. Maria della Rotonda ci guidi e ci appassioni sempre di più in una fraternità cristiana!

Il vostro parroco
Don Fabio Santambrogio

 

 

 




Alla vigilia del pellegrinaggio diocesano a Caravaggio veglia in Santuario con i futuri diaconi

In preghiera al Santuario di Caravaggio, per affidare a Santa Maria del Fonte il cammino dei quattro seminaristi che nel pomeriggio di domenica 18 settembre, nello stesso luogo mariano, nell’ambito del consueto pellegrinaggio diocesano che apre l’anno pastorale, saranno ordinati diaconi dal vescovo Antonio Napolioni.

La veglia, presieduta da don Maurizio Lucini, direttore spirituale del Seminario vescovile di Cremona, si è tenuta nella serata di sabato 17 settembre nella basilica di Santa Maria del Fonte, a Caravaggio. Una preghiera animata anche e soprattutto dai quattro ordinandi: Andrea Bani, di Agnadello, Claudio Mario Bressani, di Caravaggio, Alex Malfasi, di Castelleone, e Jacopo Mariotti di Cremona (Cristo Re).

Tre i momenti della celebrazione. Il primo dedicato a “L’Eucaristia come mistero dell’amore che si dona”, il secondo al concetto di “Servire, per amare come Lui ci ha amati” e il terzo incentrato su “L’amore come parola incarnata di ogni servizio”.

I canti del coro della parrocchia di Caravaggio, che solitamente anima la Messa mattutina domenicale, alcune letture e le riflessioni guidate dagli ordinandi hanno caratterizzato ciascuna delle tre parti della veglia, conclusasi con l’affidamento del cammino spirituale dei quattro giovani all’intercessione di Maria, “Donna del servizio e Madre dell’Amore”.

 

A Caravaggio il pellegrinaggio diocesano di apertura dell’anno pastorale con le ordinazioni diaconali di quattro seminaristi

 




Pellegrinaggio regionale preti anziani e malati, il Papa: “Segni viventi della benevolenza di Dio”

Guarda la photogallery completa

“Segni viventi della benevolenza di Dio”. Così Papa Francesco nel suo messaggio di saluto ha definito i preti e i diaconi anziani ed ammalati della Lombardia che la mattina di giovedì 15 settembre si sono ritrovati al Santuario di Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, per l’ottava giornata annuale dedicata loro dall’Unitalsi regionale in collaborazione con la Conferenza Episcopale Lombarda.

Nel messaggio, letto all’inizio della Messa dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni, il Papa ha anche ricordato come per i sacerdoti e i diaconi anziani non sia ancora il momento di “Tirare i remi in barca, di vivere la rassegnazione”. “Con la vostra saggezza – ha precisato il Pontefice – potete invece portare molto frutto: avete molto tempo per poter pregare per la Chiesa e per i vostri confratelli più giovani perché siano fedeli alla parola di Gesù; potete ascoltare con magnanimità e pazienza le confessioni; potete testimoniare quanto sia importante guardare e leggere la storia a partire dai molti segni di tenerezza che Dio Padre ha disseminato nella nostra vita”.

Più di cento i presbiteri presenti, insieme a una ventina fra vescovi e vescovi emeriti, in rappresentanza di tutte le diocesi della Lombardia.

Ha presieduto la messa il cardinale Oscar Cantoni, vescovo di Como. Accanto a lui l’arcivescovo di Milano e metropolita di Lombardia, Mario Delpini, e il “padrone di casa”, il vescovo di Cremona Antonio Napolioni.

Nell’omelia Delpini ha espresso un elogio di coloro «che stanno presso la croce: i preti ed i diaconi». «Facciamo l’elogio – ha detto – di coloro che stanno. Stanno lì, presso la croce del Signore Gesù. Facciamo l’elogio di tutti quelli che stanno: quelli che non sono andati via, quelli che non si sono stancati, quelli che non sono stati presi dalla paura per il contesto ostile. Quelli che stanno non sono eroi che vogliono sfidare il mondo, non sono più coraggiosi degli altri, non sono persone che vogliono dimostrare qualcosa, rimproverare gli altri per essere stati vili o infedeli». E ancora: «Stanno presso la croce perché amano Gesù al punto da non poter vivere senza di lui. Dipendono in tutto da Gesù e tengono fisso lo sguardo su di lui». «I preti e i diaconi che sono qui radunati oggi e tutti quelli che non  hanno potuto partecipare a questo momento commovente e suggestivo nel santuario di Caravaggio – ha detto ancora monsignor Delpini – possono riconoscersi fra coloro che stanno presso la croce. Stanno lì ed ascoltano, pregano e tengono lo sguardo fisso su Gesù». «Facciamo l’elogio – ha concluso – di coloro che stanno e ci mettiamo anche tutti noi, popolo di Dio, vescovi, preti e diacono, consacrati e consacrate, insieme con Maria, fra coloro che stanno presso la croce».

Al termine della celebrazione il saluto del nuovo presidente regionale dell’Unitalsi Luciano Pivetti: «Fra qualche giorno – ha annunciato – si svolgerà il pellegrinaggio nazionale dell’Unitalsi a Lourdes e la sezione regionale lombarda porterà con sé l’immagine di Santa Maria del Fonte». Poi un breve ricordo del cardinal Carlo Maria Martini nel decennale della morte, la cui famiglia ha donato al santuario di Caravaggio una delle rose a lui dedicate.