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L’unità pastorale Cafarnao domenica accoglie don Pierluigi Capelli

Si terrà nella mattinata di domenica 18, alle 9.30, presso la chiesa di Sant’Andrea, a Pescarolo, l’insediamento di don Pierluigi Capelli come nuovo parroco in solido dell’unità pastorale “Cafarnao”, formata dalle parrocchie “San Leonardo” in Vescovato, “San Bartolomeo apostolo” in Ca’ de’ Stefani, “Sant’Andrea apostolo” in Pescarolo, “San Giovanni decollato” in Pieve Terzagni, “Santi Martino e Nicola” in Binanuova, “Sant’Ambrogio vescovo” in Gabbioneta. Don Pierluigi andrà ad affiancarsi agli altri due parroci in solido: don Giovanni Fiocchi (moderatore) e don Alessandro Bertoni.

La celebrazione, che sarà presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, sarà preceduta dal saluto delle tre amministrazioni comunali del territorio e si concluderà con un momento di festa nel quale la comunità parrocchiale darà il benvenuto al nuovo sacerdote.

In preparazione all’ingresso sono stati programmati alcuni momenti di spiritualità e riflessione: mercoledì 14 settembre alle 21 nella chiesa parrocchiale di San Leonardo a Vescovato l’adorazione eucaristica per la pace che si volgerà in tutta Italia sarà anche occasione per pregare per don Pierluigi. A seguire nella serata di venerdì 16 settembre nella chiesa parrocchiale di Pescarolo si terrà la celebrazione penitenziale.

Nei giorni successivi all’ingresso don Pierluigi Capelli incontrerà tutte le comunità parrocchiali dell’unità pastorale, in particolar modo nella celebrazione dell’eucarestia domenicale.

 

Biografia del nuovo parroco

Don Pierluigi Capelli, classe 1970, originario di Torre de’ Picenardi, è stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1997. Dopo essere stato vicario a Piadena (1997-2002), Fontanella (2002-2008) e Viadana S. Pietro (2008-2010), dal 2019 era collaboratore parrocchiale nell’unità pastorale di Bondeno, Palidano, Pegognaga e Polesine in diocesi di Mantova. Rientrato in diocesi è stato nominato parroco in solido dell’unità pastorale “Cafarnao”, composta dalle parrocchie di Vescovato, Binanuova, Ca’ de’ Stefani, Gabbioneta, Pescarolo e Pieve Terzagni. Prendendo il testimone da don Paolo Tomasi (trasferito a Soncino), collaborerà con gli altri due parroci in solido: don Alessandro Bertoni e don Giovanni Fiocchi (moderatore).

 

Il saluto di don Pierluigi Capelli

Cari parrocchiani dell’U.P. Cafarnao,
quando don Giovanni mi ha contattato per chiedere alcune righe per il giornalino di settembre ero impegnato con un campo di gruppo degli Scout di Gonzaga e non sapendo bene cosa scrivere mi sono lasciato ispirare da alcuni aspetti dell’esperienza che sto vivendo, per evitare parole di circostanza. In particolare ho pensato a uno dei canti che maggiormente coinvolgono gli scout quando viene cantato e che nel ritornello ripete: “Estote parati un grido s’alzerà e mille voci a far da eco ad una voce fioca ormai e allora dai, vieni con noi, è un’avventura in mare aperto e viaggerai insieme a noi nella natura controvento”.
È l’invito a stare pronti per viaggiare insieme ed essere testimoni di Dio che ho colto come rivolto a noi: compiere un viaggio insieme tutti, con don Giovanni e don Alessandro, per le strade delle nostre comunità, pronti ad essere testimoni di Dio, con la forza di andare controcorrente, sempre pronti per rispondere a quello che la realtà attorno a noi ci chiede.
E lo stile di questo nostro camminare (o navigare per restare legati al testo della canzone) ce lo dice il fondatore degli scout nella sua ultima lettera ai ragazzi, dove invita a guardare “al lato bello delle cose e non al lato brutto” perché, continua nella sua lettera, “il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Preoccupatevi di lasciare questo mondo un po’ migliore di come lo avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere fatto ‘del vostro meglio’ “.
Fare del nostro meglio per rendere migliore questo mondo, stando pronti a percorrere le strade che coglieremo come risposta alla chiamata ad essere testimoni di Dio.
d. Pierluigi



Vicomoscano in festa per don Anton Jicmon

 

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Domenica 11 settembre l’unità pastorale formata dalle parrocchie di Vicomoscano, Casalbellotto, Fossacaprara e Quattrocase ha vissuto una mattinata di festa per l’ingresso di don Anton Jicmon come nuovo parroco, succedendo a don Giuseppe Manzoni. Don Jicmon, originario della Romania e recentemente incardinato in diocesi dopo quasi vent’anni di servizio in terra cremonese, è il primo parroco d’origine straniera della Chiesa cremonese.

La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal vescovo Antonio Napolioni presso la chiesa di San Pietro a Vicomoscano. 

La celebrazione eucaristica è stata anticipata dall’accoglienza, sul sagrato della chiesa parrocchiale, di Filippo Bongiovanni, il sindaco di Casalmaggiore di cui le frazioni fanno parte, il quale ha dato il benvenuto al vescovo di Cremona e al nuovo parroco.

Accanto al vescovo Napolioni, insieme al vicario zonale don Davide Barili, era presente il parroco di Casalmaggiore, don Claudio Rubagotti, e diversi altri sacerdoti che hanno accompagnato don Anton durante questi suoi anni di servizio a Cremona. Nell’assemblea eucaristica, tra i numerosi parrocchiani presenti ad accogliere il nuovo parroco, anche numerosi amici di don Anton in rappresentanza della comunità cattolica romena, alcune suore delle Figlie di San Camillo (della cui casa di cura era cappellano) e le suore Catechiste di Sant’Anna, originarie dell’India, in servizio presso la Casa dell’Accoglienza di Cremona (dove don Jicmon ha sempre riesieduto) .

Al termine dei riti di ingresso della Messa il vicario zonale don Davide Barili ha dato lettura del decreto di nomina. La liturgia è proseguita quindi con l’invocazione dello Spirito Santo, seguita dall’aspersione dei presenti e dall’incensazione dell’altare da parte di don Anton.

Una ragazza ha quindi portato il saluto della comunità al nuovo parroco, sottolineando specialmente l’attesa e l’entusiasmo dei giovani per questo nuovo percorso che inizia con la celebrazione dell’ingresso.

Dopo le letture del giorno, è stata l’omelia del Vescovo a offrire ulteriori spunti di riflessione: «Siete un parroco e una comunità fortunati a ricevere un Vangelo così oggi: Gesù ci dice ciò che pensa nelle parabole del capitolo 15 del Vangelo di Luca, parabole tanto famose quanto poco accolte da noi preti e cristiani praticanti, tanto che non è più una sola la pecorella smarrita, ma sono tante. Il primo invito al parroco è quindi di non chiudersi in casa, ma andare a cercarle. Oppure di fare come la donna, che cerca tutti i tesori nascosti nella casa».

«Questo Vangelo ci accompagna con cinque angeli: quello che fa il sarto, quello che fa il gioielliere, quello che fa il ciabattino, quello che fa il cuoco e il quinto lo scopriamo alla fine – ha ripreso mons. Napolioni – serve un angelo che fa il vestito per il figlio che torna, perché questo è nel cuore del padre. Che ognuno scopra la sua dignità come figlio di Dio e si rivesta».

Ha quindi continuato il Vescovo: «L’anello al dito è il segno che Cristo ha dato tutto per noi e ognuno di noi per lui è come la sposa. Poi serve il ciabattino per i sandali, perché il cristiano che ha scoperto la sua dignità non può stare sul divano ma deve mettersi in cammino, verso i poveri, i malati, ad annunciare la pace. Vedo che qui i cuochi non mancano e il momento del cibo può essere la verifica di una vita comunitaria: per verificare che ci sia pane, speranza e spazio per tutti e ci si dispiace quando qualcuno non c’è perché siamo una sola famiglia».

Il vescovo ha poi concluso: «Il quinto angelo nella parabola è colui che ha la pazienza, il silenzio, la carità per sopportare il fratello maggiore, per andare a cercarlo come fa il padre: quel cristiano per bene che non ha mai dato fastidio e che però rischia di non aver apprezzato la misericordia di Dio. E che rischia di giudicare per la sua gelosia e misura corta delle cose. Non si può essere cristiani così e serve un angelo che se ne prenda cura per fargli scoprire che esiste la famiglia».

La celebrazione eucaristica è quindi continuata con la liturgia eucaristica e dopo le Comunioni ha visto il nuovo parroco prendere la parola per un saluto alla comunità che lo ha accolto: «Contento e pieno di gioia saluto tutti voi e al vostro saluto di benvenuto rispondo con il saluto di bentrovato. Tramite voi saluto anche chi non ha potuto partecipare, i malati e gli anziani che vorranno conoscere il nuovo parroco nei prossimi mesi. Spero di essere il vostro parroco a lungo, almeno per i nove anni previsti: in questo momento non ho programmi particolari, ma è sufficiente una nostra prima conoscenza nel primo anno».

L’attenzione di don Jicmon è quindi andata al cuore della sua nuova missione da parroco: «Vengo nella vostra comunità con il desiderio di mettere Gesù al centro di tutto ciò che faremo. Per ricordarvelo meglio vi racconto la storia vera di un parroco che, dopo alcune celebrazioni mal riuscite, si decise di preparare personalmente con meticolosità la processione del Corpus Domini». Ha quindi proseguito don Jicmon: «Quando dalla chiesa uscì lentamente il baldacchino con il pesante ostensorio dorato incastonato con pietre preziose, un parrocchiano si avvicinò al parroco per fargli notare che mancava l’ostia nell’ostensorio, mancava proprio Gesù. “Non vedi tutto quello di cui mi devo occupare, non posso occuparmi anche dei dettagli” gli rispose seccato il parroco. Questo racconto è uno spunto per chiedervi di non lasciare mai che il vostro parroco debba pensare a tutto, trascurando in questo modo l’unico dettaglio che conta: Gesù».

«Non lasciate solo il vostro parroco, anche se nei primi giorni qui a Vicomoscano ho visto un bel movimento: continuiamo così! Quando organizzeremo iniziative e vi accorgerete che manca Gesù tirate le orecchie al parroco con proposte positive», ha infine concluso don Anton prima dei ringraziamenti finali e ricordando la Messa di lunedì 12 settembre alle ore 18.30 per i defunti di tutte le parrocchie.

Per concludere la mattinata di gioia, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato quindi il momento di un ricco rinfresco in oratorio per festeggiare insieme e scambiare le prime parole di conoscenza con il parroco appena accolto.

 

Biografia del nuovo parroco

Don Anton Jicmon, classe 1965, è originario di Luizi-Calugara, in Romania, dove è stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1991 nella Diocesi di Iasi. Dopo essere stato viceparroco a Vale Mare (1991-1993) e Bacau (1993-1997) e parroco di Vaslui (1997-2002), è giunto in Italia ricoprendo l’incarico di assistente spirituale dei cattolici romeni di Torino.

Dal 2005 ha svolto il proprio ministero a servizio della comunità cattolica romena in diocesi di Cremona, dove nel 2022 è stato incardinato. Dal 2007 era anche cappellano della casa di cura Figlie di San Camillo di Cremona. Dal 2016 al 2017 è stato incaricato diocesano per la Pastorale delle migrazioni.

Ora il vescovo Napolioni gli affidato l’incarico di parroco delle Parrocchie di Vicomoscano, Casalbellotto, Fossacaprara e Quattrocase: don Anton Jicmon prende il testimone da don Giuseppe Manzoni, che si trasferisce a Dumenza per un anno di esperienza monastica.

 




Domenica mattina l’ingresso di don Jicmon a Vicomoscano

Si terrà nella mattinata di domenica 11 settembre, alle 10, presso la chiesa di San Pietro apostolo di Vicomoscano, l’insediamento di don Anton Jicmon come nuovo parroco dell’unità pastorale formata dalle parrocchie di Vicomoscano, Casalbellotto, Fossacaprara e Quattrocase.

La celebrazione, che sarà presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, sarà preceduta sul sagrato dal saluto dell’Amministrazione comunale e si concluderà con un momento di festa nel quale la comunità parrocchiale darà il benvenuto al nuovo parroco.

Nella serata di giovedì 8 settembre nella chiesa di Casalbellotto sarà celebrata la Messa patronale di Santa Maria Nascente. La celebrazione, presieduta da don Davide Barili, vicario zonale della Zona pastorale 5, sarà occasione di riflessione e preghiera proprio in vista dell’ingresso di don Jicmon.

Per il sacerdote originario della Romania, e recentemente incardinato in Diocesi di Cremona, dove ha prestato servizio per molti anni, sarà la prima esperienza da parroco in Italia.

 

Biografia del nuovo parroco

Don Anton Jicmon, classe 1965, è originario di Luizi-Calugara, in Romania, dove è stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1991 nella Diocesi di Iasi. Dopo essere stato viceparroco a Vale Mare (1991-1993) e Bacau (1993-1997) e parroco di Vaslui (1997-2002), è giunto in Italia ricoprendo l’incarico di assistente spirituale dei cattolici romeni di Torino.

Dal 2005 ha svolto il proprio ministero a servizio della comunità cattolica romena in diocesi di Cremona, dove nel 2022 è stato incardinato. Dal 2007 era anche cappellano della casa di cura Figlie di San Camillo di Cremona. Dal 2016 al 2017 è stato incaricato diocesano per la Pastorale delle migrazioni.

Ora il vescovo Napolioni gli affidato l’incarico di parroco delle Parrocchie di Vicomoscano, Casalbellotto, Fossacaprara e Quattrocase: don Anton Jicmon prende il testimone da don Giuseppe Manzoni, che si trasferisce a Dumenza per un anno di esperienza monastica.




Il Vescovo per gli anniversari di don Silvano Rossi, don Mario Olivi e don Sergio Lodigiani: «Possiamo continuare a seminare fino all’ultimo giorno»

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«205 anni di sacerdozio, circa ottantamila Messe e decine di migliaia di confessioni: con questi conti un po’ sommari vogliamo ricordare oggi i vostri anniversari di ordinazione sacerdotale». Così il vescovo Antonio Napolioni si è rivolto a don Silvano Rossi, don Mario Olivi e don Sergio Lodigiani nella Messa celebrata nella mattinata di mercoledì 29 giugno, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, presso la casa di riposo Giovanni e Luciana Arvedi, nella struttura di via Massarotti, a Cremona, gestita dalla Fondazione La Pace Onlus. Un momento celebrativo solenne, al quale hanno partecipato tanti volti amici che negli anni hanno incontrato i tre presbiteri e diversi sacerdoti: tra loro il vicario episcopale per il Clero don Gianpaolo Maccagni, il presidente della Fondazione La Pace don Roberto Rorta e il cappellano don Luigi Mantia. L’occasione sono stati i 70° di ordinazione presbiterale per don Silvano Rossi e don Mario Olivi e il 65° di don Sergio Lodigiani.

«Festa dei santi Pietro e Paolo, dunque del Papa e dell’unità della Chiesa cattolica, un’unità missionaria – ha ricordato il vescovo all’inizio della sua omelia –. Una Chiesa in cammino nel tempo, anche “a rotelle”, come il Papa in questo periodo. Ma le rotelle del cervello e del cuore funzionano ancora e continua a servire la Chiesa con i suoi 85 anni. Noi preghiamo per lui, ringraziamo il Signore per il suo ministero e soprattutto seguiamo il suo insegnamento».

La riflessione di mons. Napolioni è proseguita ragionando, quindi, sul trascorrere del tempo nella vita sacerdotale: «In questo momento di vacanze, che fanno bene per riposarci, c’è il rischio di rimanere con un pugno di mosche. E, magari, ci si sente così anche dopo una lunga vita sacerdotale in cui ci si è sentiti impegnatissimi e adesso ci si interroga sul senso delle proprie giornate».

Il vescovo Napolioni ha proseguito riflettendo, sulle orme di san Pietro, sul percorso di fede durante l’ultima parte della vita dei cristiani: «Mi chiedo se si può entrare in corsi di fede da vecchi? Credo di sì, ma credo si possa anche riscoprire il volto di Gesù: Gesù chiede ai discepoli “chi dite che io sia” e questa è la possibilità di dire “tu sei il Cristo” come gli dice Pietro, pur nel suo amore piccolo e fragile».

L’omelia del Vescovo è terminata ricordando una parte importante della missione presbiterale: «Vi sentite di aver portato a compimento la missione, come scrive Paolo? Non è seguire le persone lungo tutto il loro percorso, perché come le madri bisogna lasciare i figli alla loro vita, l’importante è aver portato a compimento l’annuncio, la semina, poi altri raccoglieranno. Noi possiamo continuare a seminare fino all’ultimo giorno».

Prima di concludere la celebrazione eucaristica sono stati offerti dei doni ai sacerdoti festeggiati e il vescovo si è rivolto a ciascuno di loro invitandoli a porgere un saluto ai presenti raccontando un aneddoto della loro vita sacerdotale nel solco dell’annuncio evangelico.

Finita la celebrazione, quindi il momento dei saluti, degli auguri e l’occasione di scattare qualche foto ricordo con gli amici giunti per festeggiare questo importante anniversario.




«Un pane essenziale per la vita», il Vescovo ha guidato a Cremona la processione del Corpus Domini

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Nella serata di giovedì 16 giugno 2022 il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, ha presieduto la celebrazione della solennità del Corpus Domini con la Messa nella chiesa cittadina di Sant’Agata, seguita dalla processione fino alla chiesa di San Luca, dove è terminata con l’adorazione eucaristica.

I membri del Capitolo della Cattedrale hanno concelebrato insieme a molti dei parroci e dei vicari della città mentre hanno affiancato il vescovo di Cremona il vicario generale don Massimo Calvi e il vicario episcopale per il Clero e il Coordinamento pastorale don Gianpaolo Maccagni.

All’inizio della Messa mons. Napolioni ha ricordato la particolarità di celebrare la solennità in una chiesa diversa dalla Cattedrale: «L’esigenza di essere qui è dovuta al fatto che in Cattedrale sono in corso i preparativi per i lavori che si realizzeranno nei prossimi mesi: questo gesto può avere un grande significato – quindi il vescovo di Cremona ha lanciato una proposta – in futuro potremmo vivere la solennità del Corpus Domini insieme in varie parti della città: ci penseremo con il vicario zonale e i parroci della città, perché c’è un centro nella Cattedrale, ma le strade, le periferie, i quartieri sono altrettanto membra vive del corpo di Cristo».

 

L’omelia del Vescovo

 

Nella sua omelia mons. Napolioni ha sottolineato l’importanza dell’Eucaristia nella vita quotidiana dei cristiani: «È proprio essenziale il pane di Dio: è nostro nutrimento e pane dell’anima, perché essa governi le altre facoltà umane rendendoci umani, fraterni, figli e fratelli: un pane dunque essenziale per vivere, per sperare e per essere uniti».

«Se tutti i giorni chiediamo questo mi viene da dire che è sempre Corpus Domini: questa è una legge della vita cristiana – ha quindi proseguito il vescovo soffermandosi sul senso delle festività cristiane – esistono le feste per trasformare la ferialità, esistono dei picchi nel momento in cui saliamo sul monte e facciamo l’esperienza di Dio per portarlo con noi in qualsiasi attività e gesto. Allora davvero Corpus Domini è ogni vita umana, in particolare ogni vita provata, sofferta; è ciò che ci trafigge il cuore perché constatiamo in noi stessi e attorno a noi la potenza del male. Il corpo crocifisso racconta una morte, una violenza scatenatasi su un innocente».

Nelle sue parole mons. Napolioni ha pertanto proseguito spiegando come il sacramento dell’Eucaristia può avere un forte ruolo di unità comunitaria: «È un corpo ferito, ma anche un corpo che si prende cura delle proprie ferite, delle ferite delle membra del corpo che è la Chiesa: un corpo comunitario, ecclesiale non perché facciamo l’appello, ma perché siamo qui comunque per tutti e con tutti con cuore grato perché ne abbiamo il privilegio, il tempo, la voglia, la salute di essere qui e questo ci responsabilizza a condividere il dono ricevuto con la capacità di diffondere il profumo buono del pane».

«Gesù dice pregando di non sprecare parole. Pensate se facessimo la processione in silenzio – ha voluto provocare il Vescovo – parlerebbe il mistero e la sfida di questo pezzetto di pane che coagula ancora uomini e donne, famiglie e sacerdoti. Generazioni diverse, ma tutti attratti, fortificati e trasformati da colui che è sempre con noi».

Infine, nella sua omelia il vescovo Napolioni ha ricordato il 125° anniversario della canonizzazione di sant’Antonio Maria Zaccaria: «Il percorso è stato deciso perché è semplice e comodo, però il Signore con la sua regia ci ha fatto riscoprire questo anniversario che noi ricordiamo anche perché questo santo cremonese ha voluto educare non solo i suoi figli alla devozione dell’Eucaristia, ma ha diffuso la pratica delle Quarantore, l’adorazione prolungata alla presenza del Signore».

Al termine della Messa è iniziata la processione lungo corso Garibaldi: i fedeli, le religiose, i ministranti e le autorità hanno accompagnato il Vescovo con l’ostensorio contenente il Santissimo Sacramento. La presenza del gonfalone della città e del sindaco Gianluca Galimberti è stata segno della partecipazione dell’intera comunità cittadina al momento di preghiera.

Arrivati nella chiesa dei padri barnabiti è quindi iniziato l’ultimo momento di preghiera con l’adorazione eucaristica: l’assemblea dei fedeli insieme al vescovo è rimasta in adorazione dell’Eucarestia accompagnata dal tradizionale canto del Tantum ergo e dalle intenzioni di preghiera, prima della solenne benedizione eucaristica.




Tra crisi mondiale e sfide del cambiamento: all’Università Cattolica un convegno sul futuro del sistema agro-alimentare

 

Un momento di approfondimento sui temi dell’attualità del futuro del sistema agro-alimentare si è svolto presso l’aula magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona gremita dagli studenti e alla presenza delle autorità cittadine nel pomeriggio di mercoledì 8 giugno 2022.

Ad aprire i lavori dell’incontro intitolato “L’impatto del nuovo contesto geopolitico sul futuro del sistema agro-alimentare: crisi congiunturale o cambiamento strutturale?” è stato il rettore dell’Ateneo Franco Anelli, che ha voluto sottolineare l’importanza del ruolo dell’università nell’analizzare e riflettere sulla complessità delle sfide che si pongono con sempre nuova urgenza nel periodo storico che stiamo attraversando: «È necessaria – ha detto – la capacità di comprendere la complessità dei fenomeni del nostro tempo. Noi cosa possiamo fare? Dobbiamo pensare e riflettere, e forse – ha aggiunto – anche affidarci alla Provvidenza»,

Non sono mancati quindi i saluti di mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, che ha tenuto a ricordare «il secondo secolo dell’Università Cattolica è un tempo che dev’essere fecondo per il pensiero, per la ricerca e per la formazione. Questa sera verranno affrontate delle tematiche che vedono anche la comunità ecclesiale attenta».

Il dibattito è quindi proseguito moderato da Tonia Cartolano, vicecaporedattrice Anchor e reporter presso Sky TG24 con gli interventi di Lea Pallaroni, segretaria generale Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici (ASSALZOO), Simone Tagliapietra, della facoltà di Scienze politiche e sociali e Guglielmo Gennaro Auricchio, presidente Giovani imprenditori di Federalimentare.

Al termine della tavola rotonda sono state consegnate le borse di studio promosse dalla Fondazione “Romeo ed Enrica Invernizzi” e da “Syngenta Italia S.p.a.”.




«Il pieno di Spirito Santo»: il mandato ai giovani che si preparano ad un’estate di missione

 

«Vogliamo fare il pieno di Spirito Santo per essere capaci di intenderci al di là delle lingue umane» l’augurio del vescovo Napolioni ai sei giovani che quest’estate partiranno per la missione nella parrocchia di Cristo Risorto di Salvador de Bahia (Brasile) durante l’intimo e raccolto incontro tenutosi nel pomeriggio di domenica 5 giugno presso la chiesa di S. Ambrogio a Cremona.

Insieme al vescovo di Cremona è stato presente anche don Maurizio Ghilardi, incaricato diocesano Pastorale missionaria, il quale accompagnerà i giovani nella missione brasiliana. Prima della preghiera un semplice e aperto momento di condivisione tra mons. Napolioni e i giovani in partenza: Marta Ferrari, Tommaso Grasselli, Sara Di Lauro, Anna Capitano, Alessandra Misani e Davide Chiari.

«Una sincronia perfetta in questa Domenica di Pentecoste: anche i dodici erano riuniti insieme. Se in quel giorno lo Spirito agì in modo straordinario, da quel giorno agisce in maniera ordinaria, costante, capillare, nascosta e infinita nella sua fantasia» ha riflettuto il Vescovo aprendo la sua breve riflessione.

Il commento è quindi proseguito nella riflessione della memoria della Pentecoste: «Vogliamo fare il pieno di Spirito Santo, non per fare a meno di studiare un po’ di portoghese che aiuta, ma per essere capaci di intenderci al di là delle lingue umane, riuscendo a comunicare nello spirito, in ciò che è profondo ed essenziale. Il linguaggio della fede è davvero universale perché da quando il Figlio di Dio si è incarnato è la carne umana il sacramento primordiale».

 

 

«Mi piace che la vostra partenza avvenga in questa grande chiesa vuota senza una grande assemblea che vi applaude o vi manda – ha quindi proseguito mons. Napolioni rivolgendosi ai giovani in partenza allargando l’idea della missionarietà – ma mi piace pensare che quando tornerete sarà bello incontrare una grande assemblea, magari tante piccole assemblee, le vostre comunità. Tornerete alle vostre attività, ma mi auguro che questa esperienza non resti chiusa nel cassetto del cuore».

Infine, l’augurio per la partenza nella speranza che l’esperienza potrà portare ulteriori frutti una volta tornati: «Vi aspetto l’indomani per ascoltare i vostri racconti, le vostre impressioni e per elaborare insieme i passi successivi, mi auguro che questa esperienza non vi lasci indifferenti e ci aiuti ad essere la Chiesa di Pentecoste sempre».

Prima della benedizione finale sono stati consegnati ai giovani dei quadernini come segno del mandato ricevuto.

Una missione che non è improvvisata: infatti nel frattempo, don Davide Ferretti, Marco Allegri e Gloria Manfredini, già attivi da tempo a Salvador de Bahia, hanno già steso un ricco programma per questi giovani, pronti a mettere in luce la loro intraprendenza e la loro dedizione.

 

 




«La Cattedrale sia casa nostra, casa di tutti, casa della comunità cristiana»

 

Nella mattina di giovedì 2 giugno, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto in Duomo la Messa in occasione della Dedicazione della Cattedrale, avvenuta il 2 giugno 1592 alla presenza del vescovo Cesare Speciano, che intitolò a Santa Maria Assunta e Sant’Omobono la chiesa madre, ampliamento di quella fondata nel 1107.

All’inizio della celebrazione eucaristica mons. Ruggero Zucchelli, presidente del Capitolo della Cattedrale, ha voluto ringraziare il vescovo per la partecipazione e ricordare la speciale occasione ai fedeli presenti.

«La triplice dedicazione del vescovo Speciano della Cattedrale, a Dio, a Maria Santissima Assunta in cielo e a Sant’Omobono, mi guida a meditare su tre immagini consegnate dalle letture: il tempio, la casa e la tenda» ha riflettuto il vescovo aprendo la sua omelia.

Mons. Napolioni ha quindi iniziato riflettendo sulla prima immagine: «Dio davvero abita la Cattedrale con la Sua presenza sacramentale, con il mistero della sua trascendenza. Un tempio che non lo imprigiona, ma lo racconta anche con la sua bellezza: si viene in Cattedrale per incontrare ed ascoltare Dio e lo benedico perché pur essendo un luogo attraente dal punto di vista artistico e culturale non fa prevalere il turismo sulla preghiera».

 

Il pensiero è stato quindi per il Capitolo della Cattedrale, in buona parte presente a concelebrare insieme al vescovo: «Vi ringrazio perché assicurate la preghiera e il servizio dell’ascolto nelle confessioni, dono di grazia che Dio trasmette attraverso la nostra povertà».

Il vescovo ha quindi proseguito nella sua meditazione rivolta ai fedeli: «La Cattedrale è anche casa, perché se dedicata a Maria il pensiero non può andare che alla famigliarità domestica e feriale, in cui la ragazza di Nazareth accoglie il verbo e lo fa crescere nella sua casa insieme a Giuseppe, introducendolo all’alfabeto dell’umano e gli trasmette i sentimenti e gli atteggiamenti più belli. Che bello quindi che la Cattedrale sia casa nostra, casa di tutti, casa della comunità cristiana e luogo di incontro dove ci si riconosce fratelli, ci si riconosce popolo e da cui si riparte per affrontare la vita e tornare nelle nostre case meno soli, consolati e incoraggiati».

Mons. Napolioni ha quindi proseguito la sua riflessione con l’ultima immagine: «Lego la dedicazione a Sant’Omobono in maniera simbolica all’altra espressione che abbiamo sentito nelle letture, il popolo nel deserto aveva la “tenda della testimonianza”: questa fragilità di Dio in mezzo agli uomini viene spiegata dalla Lettera agli ebrei dove ci viene spiegato che la vera tenda di Gesù è la sua carne, anzi la carne e la vita di ciascuno di noi. Non possiamo adorare Dio su un monte piuttosto che su un altro, misurando la sua presenza perché Dio è nel cuore di ogni uomo».

Nel concludere la sua meditazione, il Vescovo ha anche voluto far riferimento alla giornata di festa civile della Repubblica: «La santità di Omobono ci ricorda come sia possibile essere santi lavorando e impegnandosi nella società, operando per la pace e la riconciliazione. Quanto è bello dirlo oggi, Festa della Repubblica, che ci fa dire cosa la Chiesa dona a tutti: una casa che è luogo di preghiera e di incontro, una casa che educa all’umano».

 

 

Al termine della celebrazione, prima della benedizione finale, il vescovo di Cremona ha voluto far notare ai presenti il restauro delle cantorie sul presbiterio appena conclusosi e ha dato notizia dell’inizio dei lavori per il rinnovamento del presbiterio della Cattedrale: infatti, nei prossimi giorni inizieranno alcuni lavori di prova per poi poter partire in autunno con i lavori veri e propri.

Il vescovo Napolioni, finita la Messa, si è quindi spostato in piazza del Comune per partecipare alle celebrazioni della Festa della Repubblica che si sono tenute per la prima volta dopo l’avvento della pandemia con la partecipazione delle autorità civili e militari: particolarmente spettacolare l’esposizione dell’enorme tricolore, srotolato dai vigili del fuoco al termine della celebrazione civile.




Castelverde in festa per i 120 anni della Fondazione Opera Pia SS. Redentore

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Una mattina di festa e di ringraziamento nel segno della preghiera, della musica e dello stare insieme ha caratterizzato la celebrazione dei 120 anni della Fondazione Opera Pia SS. Redentore di Castelverde. La festa è iniziata con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, affiancato dal presidente della Fondazione don Claudio Rasoli, dal parroco di Castelverde don Giuliano Vezzosi e da mons. Carlo Rodolfi, canonico della Cattedrale che in passato fu parroco di Castelverde per diversi anni.

Ad animare la celebrazione gli ospiti della RSA e della RSA insieme ai lavoratori della struttura e ai tanti parenti e amici che per l’occasione non hanno voluto mancare. Presenti per festeggiare questo anniversario anche la sindaca di Castelverde Graziella Locci e il direttore generale Fabio Berusi.

Nel saluto iniziale don Rasoli ha voluto ricordare la storia dell’istituto, nato per accogliere i contadini della zona, ripercorrendo le tappe storiche principali: «Dopo 120 anni siamo riuniti per ringraziare il Signore per le persone che hanno avuto questa sensibilità: dai primi diciassette ospiti, oggi siamo a più di duecento ospiti». Il Presidente Rasoli ha quindi voluto ricordare tutti i sostenitori dell’Opera Pia: «Un ringraziamento a tutti, a partire da chi in questi 120 anni ha contribuito a sostenere questo luogo, i fondatori e gli amministratori che si sono succeduti nel corso dei decenni, il sostegno delle associazioni di volontariato e dell’Amministrazione comunale, le suore che vi hanno prestato servizio e il vescovo Lafranconi che ha voluto essere oggi presente». E non è mancato un pensiero alle difficoltà degli ultimi anni: «Usciamo da due anni difficilissimi e ci vorrà ancora tempo per tornare alla normalità, ma sono certo che ce la faremo grazie all’abnegazione, la professionalità, lo spirito di sacrificio e l’amore dei nostri dipendenti che in questi anni hanno fatto davvero tantissimo».

Il vescovo emerito Lafranconi nella sua omelia ha voluto riflettere sul senso di celebrare questo anniversario: «Quando si commemora un’istituzione è bene guardare al passato per vedere con quale spirito gli uomini di allora si sono messi a dare avvio a quest’opera: con lo spirito della solidarietà, dell’amore. Potremmo dire lo spirito del Vangelo che ci aiuta una volta che lo guardiamo attentamente a scoprire le dimensioni più vere e più giuste della vita umana e delle relazioni». E ancora: «Non vogliamo essere schiavi dell’essere chiusi nella mentalità del presente, dove non si può sperare in un miglioramento – ha aggiunto Lafranconi – la speranza non guarda solo vagamente al futuro, ma è qualcosa che si impegna a rivificare quotidianamente la memoria del passato: il Vangelo ci dice che persino nei momenti difficili possiamo guardare con speranza al futuro». Il vescovo ha quindi concluso: «È bello il nome Divino Redentore, perché ci ricorda che possiamo procedere con gioia affrontando qualsiasi condizione futura perché la sua grazia e il suo spirito continuano ad accompagnarci».

Un allegro e gioioso momento musicale ha poi intrattenuto gli ospiti della struttura che hanno assistito alla Messa nel giardino e dalle balconate dei reparti: il corpo bandistico “Giuseppe Anelli” di Trigolo, diretto dal maestro Vittorio Zanibelli, ha infatti divertito i presenti, che hanno molto apprezzato questo momento di svago.

La festa si è conclusa con il taglio della grossa torta – per mano del presidente Rasoli, della sindaca Locci e della presidente San Vincenzo Iole Nava – e un semplice rinfresco per celebrare convivialmente l’anniversario.

 

Storia dell’Opera Pia SS. Redentore

L’Opera Pia “SS. Redentore” fu fondata in seno alla Società S. Vincenzo da’ Paoli nel 1897, per iniziativa del medico condotto del comune, dottor Ercolano Cappi, con il sostegno dell’allora parroco mons. Pietro Gardinali; tra i fondatori figurano altresì Primo Ferrari, Enrico Ferrari, Secondo Balteri e il dott. Giuseppe Camerini.

Lo scopo originario era quello di offrire ai malati cronici del comune di Castelverde una sistemazione adeguata, sia in termini di assistenza sia di vicinanza con i parenti. L’opera nacque dalla convinzione che l’anziano malato rappresenta sempre una forza positiva e, nonostante le sue fragilità, può aiutare a scoprire il valore della vita.

Il 20 marzo 1901 presero il via i lavori di costruzione dell’ospedale, la cui attività fu autorizzata dal prefetto di Cremona il 10 giugno 1902, mentre l’apertura seguì a pochi giorni di distanza: il 1° luglio 1902. Il registro di allora contava diciassette ammalati, dei comuni di Castelverde e Tredossi.

Successivamente il numero degli ospiti crebbe insieme alle esigenze assistenziali. La struttura fu allargata con la costruzione di due infermerie per cento posti letto e una cappella per il culto.

Fin dall’inizio la presenza di personale religioso si rivelò discreta, efficace ed essenziale, prima con le Canossiane (1902/1907), quindi con le Adoratrici del SS. Sacramento (dal gennaio 1908 al 2003). A partire dal 1931, anno in cui l’Opera Pia fu eretta ad ente morale diventando Ipab (Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza), si aprirono nuove prospettive di azione, prima con la creazione della “Casa S. Giuseppe” per disabili (1932), poi, su progetto dell’ing. Giulio Ceruti, con la costruzione della scuola materna (1933), in capo alla Fondazione fino al 2005.

Dal 1° gennaio 2003, con la privatizzazione dell’ente, la gestione della Rsa (con 133 posti convenzionati e 7 solventi) e della Rsd (60 posti) è stata affidata alla Fondazione Opera Pia “SS. Redentore” onlus. Dal dicembre 2010 è stato altresì istituito come servizio per il territorio il Centro diurno integrato per anziani (12 posti) e, infine, dal luglio 2012 la struttura si è arricchita di un servizio di fisioterapia aperto agli esterni. A seguire anche il potenziamento dei servizi territoriali: assistenza domiciliare, voucher dimissioni protette, pasti a domicilio. Dal 2019 l’ente ha ottenuto un budget per la gestione della misura regionale Rsa aperta.

Dall’8 luglio 2022 presidente è don Claudio Rasoli, coadiuvato dai consiglieri di amministrazione Francesca Mondini, Linda Cottarelli, Francesco Longo e don Giuliano Vezzosi.




A Sant’Ambrogio una giornata di preghiera e gioco con le famiglie ucraine

Un momento di condivisione della fede e di momenti sereni di convivialità e gioco si è svolto per le famiglie ucraine del territorio nel caldo pomeriggio di domenica 15 maggio presso la parrocchia di Sant’Ambrogio in Cremona.

La giornata di condivisione è iniziata nel pomeriggio di sabato con l’arrivo dei ragazzi degli scout Agesci del Cremona2 che si sono accampati nel prato della parrocchia e con un momento di testimonianza e condivisione serale insieme a un’avvocata ucraina giunta sul territorio parrocchiale col figlio già da un paio di mesi.

La domenica è iniziata con il pranzo preparato dalle donne ucraine e dagli scout in un menù condiviso nel verde prato della parrocchia: è stato infatti proposto il boršč, la tradizionale zuppa ucraina, insieme alla pizza, alla pasta e una fresca insalata.

Terminato il pranzo è quindi iniziato il momento di condivisione nel gioco anche per i bambini grazie all’animazione organizzata dagli scout del Cremona2: giochi insieme, trucchi, attività di bricolage e tanto divertimento per i più piccoli.

Il pomeriggio è stato anche occasione per celebrare la Messa in lingua ucraina grazie alla presenza di don Vasi Merchuk, che ha presieduto la lunga liturgia cantata secondo il rito cattolico orientale.

La liturgia in rito orientale in ucraino già si teneva mensilmente presso la Casa dell’accoglienza per permettere alla comunità ucraina presente nel cremonese di ritrovarsi nella preghiera: da quando sono arrivati i profughi è stato però ritenuto opportuno offrire la grande chiesa parrocchiale in modo da poter accogliere tutti.

La parrocchia di Sant’Ambrogio è diventato uno dei tanti luoghi di ospitalità per gli ucraini in città e in diocesi: anche qui sono ospitati alcuni dei 142 profughi fuggiti dall’Ucraina, di cui 64 sono minori. Questo incontro è stato il secondo organizzato presso questa parrocchia, dopo la celebrazione eucaristica nel pomeriggio di Pasqua: questi momenti sono un’occasione preziosa per potersi riunire tutti insieme, non solo nella liturgia, ma anche nella semplicità della convivialità e del gioco, che restituisce sorrisi e attimi di serenità ai più piccoli.

Ad oggi sono 24 le comunità in diocesi protagoniste dell’accoglienza, con 36 alloggi messi a disposizione, insieme alle raccolte alimentari e le diverse donazioni. Nella maggior parte dei casi chi è arrivato aveva già parenti sul territorio cremonese che lavorano in Italia da diversi anni.

Nell’animo dei presenti è stata tanta la speranza per la fine del conflitto, come è forte la fede nel Signore e la fiducia della protezione di Dio per i propri cari, il loro Paese e tutto il mondo intero.

Emergenza ucraina: 24 comunità protagoniste dell’accoglienza