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«Una vita che rifiorisce»: la mattina di Natale il Vescovo ha presieduto in carcere la Messa dell’aurora

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La mattina di Natale, prima di presiedere la solenne Messa pontificale in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto l’Eucaristia per i detenuti all’interno della Casa circondariale di Cremona. Un momento atteso e particolarmente sentito durante il quale monsignor Napolioni ha messo al centro il tema della luce: «Noi siamo fatti per il giorno, per la luce e per la gioia – ha detto –: siamo fatti per il paradiso e vorremmo inizi già qui, anche se a volte sembra che qui sia l’inferno. La luce combatte con le tenebre e quest’anno siamo tutti più preoccupati per la guerra, per il futuro della nostra società e per le difficoltà che affrontano i giovani».

«L’aurora – ha quindi proseguito il vescovo con riferimento alla Messa dell’aurora che si stava celebrando – è il segno di una vita che rifiorisce. Ogni giorno nuovo che ci è dato è un giorno in meno di carcere, ma è un giorno in più come possibilità di rinascere ed essere migliori, per accogliere i doni della vita, per sperare e per amare. Nell’aurora c’è un po’ di notte e c’è un po’ di giorno, c’è il rischio di confonderci, dunque c’è la necessità di vigilare e vegliare come i pastori del presepe».

Monsignor Napolioni ha quindi proseguito nella sua omelia con un’immagine densa di significato: «Possiamo attraversare la notte come un bambino tenuto per mano dal padre e dalla madre con la lanterna accesa, che impara a prendere confidenza con il buio, a non cedere ai fantasmi e ad aspettare l’aurora».

Il vescovo ha quindi terminato la sua riflessione con un augurio: «Vi auguro che questo sia un buon Natale nonostante le famiglie lontane e la difficoltà a comunicare che rende più doloroso il giorno della festa, ma nella comunione che viviamo nel Signore tutti diventano vicini».

La celebrazione si è conclusa con il saluto di Matteo, un detenuto, che a nome di tutta la comunità carceraria ha voluto ringraziare il vescovo per la celebrazione della Messa natalizia e quanti con costante impegno prestano il loro servizio in carcere, permettendo ai detenuti di vivere questo momento della vita in modo più lieve.

Al termine della Messa il vescovo ha personalmente consegnato a ogni detenuto presente un piccolo dono natalizio: un braccialetto da portare sempre al polso, approfittando dell’occasione per un augurio personale con ciascuno.

La celebrazione è stata concelebrata dal cappellano don Graziano Ghisolfi, dal cappellano aggiunto don Nicolas Diène e dal segretario vescovile don Flavio Meani. Ha prestato servizio dall’altare il diacono Marco Ruggeri, operatore di Caritas Cremonese che svolge il proprio servizio presso la casa circondariale di Cremona.

La celebrazione natalizia in carcere ha fatto seguito all’incontro, di alcuni giorni prima, in occasione del Natale tra il vescovo, il personale penitenziario, gli operatori e i volontari della casa circondariale di Cremona.




Mazzolari, il ricordo alla cascina san Colombano è un’occasione per riflettere oggi sulla “pace integrale”

In occasione del 133° anniversario della nascita di don Primo Mazzolari, avvenuta il 13 gennaio 1890, come ogni anno un gruppo di associazioni cremonesi ha fatto visita alla cascina San Colombano presso il quartiere Boschetto.

Il tradizionale incontro nel luogo dove nacque il sacerdote cremonese, che ormai da diciassette anni viene organizzato in questo anniversario, è stata quest’anno in particolare un’occasione di riflessione sul tema della pace: don Mazzolari, infatti, con il suo pensiero ha ribaltato la teologia della “guerra giusta“ proponendo una visione profetica della pace,  la cui eco giunge fino si giorni nostri con straordinaria attualità nel magistero di Papa Francesco.

Durante gli interventi presso l’aia della cascina è emerso come il pensiero di pace “integrale” di don Primo è diventato nel tempo punto di riferimento non solo per i credenti.

Tra gli interventi delle diverse persone presenti, tra cui alcuni esponenti della Tavola della Pace di Cremona, è intervenuto anche Giancarlo Ghidorsi, per oltre vent’anni segretario della Fondazione don Primo Mazzolari e chierichetto dello stesso don Primo. Ghidorsi ha raccontato del lavoro di catalogazione degli oltre 35mila scritti del sacerdote di Bozzolo e di come proprio lui abbia registrato alcune delle famose omelie di Mazzolari, oggi restaurate e che consentono di poter ascoltare la sua viva voce e il suo stile intenso del predicare. Ghidorsi ha voluto anche sottolineare come, nelle sue omelie, il parroco di Bozzolo non facesse mai mancare anche i riferimenti alla giustizia sociale e alla dignità del lavoro.

Nelle parole dei presenti anche il ricordo di don Giuseppe Giussani, sacerdote cremonese e secondo presidente della Fondazione deceduto nel dicembre 2020, che nel corso degli anni ha saputo custodire e diffondere il pensiero di Mazzolari con coerenza evangelica e storica.

Si è quindi sottolineato come il pensiero di don Primo sulla pace, ben sintetizzato nel suo libro Tu non uccidere, sia ancora oggi estremamente attuale con l’idea di superamento dello scontro tra blocchi tra le grandi potenze, la contrarietà al riarmo e la condanna dell’arma atomica.

 




Giornata dell’Unitalsi, il Vescovo: «Vivremo un Natale più forte di ogni guerra se ci saremo allenati a camminare insieme al passo dei più deboli»

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La Giornata dell’adesione dell’Unitalsi, che come sempre si celera la prima Domenica di Avvento, a Cremona è stata festeggiata nella mattinata di domenica 27 novembre durante la Messa delle 11 in Cattedrale presieduta dal vescovo Antonio Napolioni. Hanno concelebrato don Maurizio Lucini, assistente dell’Unitalsi cremonese, e a alcuni canonici del Capitolo. Nelle prime file il presidente della sottosezione di Cremona dell’Unitalsi, Tiziano Guarneri, insieme a dame e barellieri, che hanno accompagnato anziani e disabili.

Nell’omelia mons. Napolioni ha voluto ricordare come l’Avvento sia un periodo denso di pensieri e desideri, ma la comunità cristiana lo vive con uno stile diverso: «ritrova la sobrietà dei segni e ascolta dalla Parola una ricchezza di immagini che altrimenti si rischia di ridurre a vuota retorica». E ha proseguito: «Oggi la giornata dell’Unitalsi ci aiuta a concretizzare e a scoprire che l’Avvento è fruttuoso se è fatto di esperienze, di gesti: sono anni e anni di pellegrinaggi, durante i quali si sperimentano tante cose».

Quindi tre sottolineature: «L’Unitalsi trasporta gli ammalati: un verbo umano che indica il proprio trasporto. come motivazione e desiderio, che si è fatto esperienza di mettersi in cammino. E non da soli, ma al passo con i più deboli».

Il secondo elemento è stato incentrato sulle relazioni che si creano durante i pellegrinaggi: «Attorno a questa fragilità, riscoperta nella sua dignità come tesoro della comunità, si fa amicizia. La seconda esperienza è questa: perché non solo si prega, ma si creano rapporti e ci si conosce vincendo la solitudine».

Infine, il terzo aspett: «Questo pellegrinaggio è verso la casa della Madre, un cammino di popolo umile ma fiducioso».

Quindi, concludendo l’omelia, l’augurio per questo Avvento: «Vivremo un Natale di guerra, ma in realtà di pace più forte di ogni guerra se ci saremo allenati a camminare insieme al passo dei più deboli e sostando in silenzio a invocare la Madre, che ci donerà il Figlio che ci renderà fratelli».

Prima della benedizione finale Tiziano Guarneri, presidente della sottosezione Unitalsi di Cremona, ha rivolto all’assemblea e al vescovo alcune parole a nome di tutta l’Unitalsi: «I fratelli e le sorelle che, a motivo della sofferenza fisica o spirituale, sono particolarmente uniti alla passione di Gesù occupano un posto privilegiato nel cuore della Chiesa nostra madre: facendo parte di questa associazione ecclesiale ci sentiamo impegnati ad offrire il nostro tempo e le nostre capacità per alleviare i disagi e le difficoltà e ridonare un sorriso e una speranza che viene solo dalla fede».

Dopo la celebrazioni il gruppo unitalsiano, insieme agli amici e i sostenitori si è spostato in Seminario dove la giornata di festa è proseguita con un momento conviviale e di amicizia.

 

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Domenica a San Luca il concerto per il 150° dalla nascita di don Lorenzo Perosi

In occasione del 150° anniversario dalla nascita di don Lorenzo Perosi, domenica 20 novembre, alle 17, presso la chiesa di San Luca, a Cremona, si terrà il concerto, organizzato dai Chierici regolari di San Paolo, diretto dal maestro Marco Granata, musicista, organista e apprezzata voce solista, che per l’occasione ha vestito i panni di direttore artistico mettendo insieme diversi elementi: il coro delle Voci Virili di Cremona (maestro preparatore don Graziano Ghisolfi) si affiancherà alla Corale S. Cecilia Don A. Ghidini di Asola. In aggiunta tre solisti d’eccezione provenienti dal coro del Teatro alla Scala di Milano: Luigi Albani (tenore), Andrzej Glowinka (tenore) e Davide Rocca (basso). Il suono dell’organo non solo accompagnerà le voci, ma entrerà in un vero dialogo come altro protagonista: il maestro Alberto Pozzaglio, organista titolare della chiesa di San Pietro al Po, suonerà l’organo appena restaurato per volere dei padri Barnabiti.

L’organo Rotelli del 1901, infatti, insieme alla Messa da Requiem, il Magnificat e alcuni estratti della Missa Pontificalis Prima, faranno da tributo all’eredità di don Perosi, musicista, compositore di musica sacra e direttore della Cappella Sistina che incarnò perfettamente quel periodo storico diventando un eccellente esponente del movimento ceciliano che si proponeva di ripristinare la musica sacra alla sua purezza, eliminando le tendenze operistiche.

Quest’anno in Italia sono numerose le iniziative in corso per celebrare il genio musicale di Perosi, primo fra tutti il ricco calendario di eventi a Tortona, dove il presbitero compositore è sepolto, e anche Cremona non ha voluto mancare: il concerto presso la chiesa di San Luca segue, infatti, un’altra rappresentazione tenutasi il mese scorso ad Asola.




Antegnate in festa per la Nostra Signora del Rosario

Un intenso fine settimana di preghiera, contemplazione e condivisione si è svolto ad Antegnte in occasione della Festa dell’Apparizione di Nostra Signora del Rosario. La festa è iniziata la sera di venerdì 4 novembre presso la chiesa parrocchiale con la veglia della vigilia, introdotta dal canto dell’Angelus prima della Messa, seguito dal rito della luce e dal coprimento dell’immagine della Madonna, rimasta coperta fino al disvelamento il giorno successivo, riprendendo un antico tradizionale rito.

La mattina del sabato si è aperta con la celebrazione delle lodi presso il santuario di Nostra Signora del Rosario, la cappella situata all’interno della chiesa parrocchiale, alla quale si può accedere dalla “Scala Santa”, percorribile solo quattro volte l’anno.

È quindi seguito un momento molto significativo e commovente nella chiesa parrocchiale gremita di tanti bambini, tra cui gli studenti delle scuole elementari e medie accompagnati dai loro insegnanti, affiancati dai molti genitori e adulti presenti per l’occasione, con lo spettacolo teatrale della compagnia “Studio Olda” che ha messo in scena una rappresentazione teatrale incentrata sul perdono e sull’intervento di Maria che duellando con un soldato francese, gli fa deporre le armi. «Fa parte della storia di questo popolo, e un popolo senza memoria è destinato a ripetere gli errori del passato – ha voluto commentare don Angelo Maffioletti, parroco di Antegnate – questa storia che viene tramandata parla di sopruso, di violenza di occupazione, ma anche di pace di riconciliazione, di perdono e di una donna che porta la pace. Il mio augurio è che anche oggi nel nostro mondo tante donne abbiano un ruolo di pace».

Le celebrazioni sono quindi proseguite nel pomeriggio con il suggestivo corteo storico lungo le vie di Antegnate: i cavalieri del gruppo storico “Pietro Micca” di Torino hanno aperto il lungo corteo di figuranti che si percorrendo le strade del paese accompagnato dalle note della banda Manara di Antegnate, è arrivato fino al santuario.

In santuario è quindi seguita la Messa presieduta da monsignor Ovidio Vezzoli, vescovo di Fidenza che ha voluto commentare l’evento appena conclusosi andando al centro dello spirito delle iniziative organizzate: «Tutto quanto abbiamo vissuto oggi si potrebbe giudicare come folclore, ma in queste cose è il cuore che conta e si può vedere l’affetto sincero di questo gesto molto bello».

La festa è proseguita Domenica 6 con l’omaggio floreale dei bambini a Maria durante la Messa del mattino e il concerto mariano eseguito dal Coro di Mozzanica nel pomeriggio.

La devozione di Antegnate

Quando nel 1705 i francesi assediarono l’antico borgo di Antegnate, nella bassa bergamasca, poco prima dell’assalto videro sulle mura una moltitudine di soldati. Erano guidati da un condottiero che prendeva ordini da una donna ferma sul soglio della chiesa: dentro l’edificio, impauriti, si erano rifugiati anziani, donne e bambini. L’esercito francese pensando di essere in posizione d’inferiorità decide di non attaccare e solo successivamente avrebbe scoperto che non vi era alcun soldato a presidiare Antegnate e che quella donna era identica alla statua della Madonna del Rosario venerata dagli abitanti del luogo.

Questi eventi miracolosi sono ancora oggi ricordati con grande fede e devozione dai fedeli della quattrocentesca chiesa di San Michele: dietro l’altare maggiore, ma in posizione elevata, si trova un piccolo santuario dedicato alla Vergine al quale si accede tramite una Scala Santa che viene aperta eccezionalmente quattro volte l’anno.

Nel piccolo santuario ancora oggi è conservata la preziosa statua della Madonna, rivestita di abiti preziosi e incoronata con corone del Capitolo vaticano.




Santa Rita, presentato il nuovo organo

Il nuovo organo della chiesa di Santa Rita, come a Cremona è conosciuta la rettoria delle Ss. Margherita e Pelagia, è stato presentato ufficialmente nel pomeriggio di domenica 23 ottobre con un’esibizione del maestro Marco Fracassi. I brani per l’esibizione sono stati scelti in armonia con lo stile barocco delle decorazioni della chiesa, attingendo da un repertorio di compositori dell’epoca tra cui Haendel, Pachelbel e Sweelinck.

A fare gli onori di casa il rettore don Claudio Anselmi, che ha voluto specificare come il nuovo organo è frutto della scelta di dotare il piccolo tempio cittadino di uno strumento adatto e più consono rispetto al precedente strumento elettronico sempre meno in buona salute.

La sensibilità del rettore e dei membri del Consiglio dell’Associazione “Amici di S. Rita Onlus” ha quindi reso possibile un deciso “cambio di registro”, dotando la chiesa di un “organo cassapanca”, che avesse da un lato una disposizione fonica adeguata e dall’altro un impatto visivo non stridente rispetto a quel vero scrigno d’arte che è questa piccola chiesa.

Il maestro Fracassi ha anche voluto specificare l’occasione che è stata colta nell’acquistare un pezzo usato, una scelta che ha permesso un notevole risparmio economico. Si tratta, infatti, di uno strumento dalla dotazione del Ginnasio di Osnabruck, città tedesca della Bassa Sassonia. L’organo a trasmissione meccanica rimane peraltro un ottimo investimento, poiché strumenti di questo tipo possono restare in uso anche per diversi secoli.

L’organo è stato completamente ricondizionato dalla Casa organaria Pedrini di Binanuova (Cr) e da alcune domeniche già accompagna le celebrazioni liturgiche.

Al termine del concerto il maestro Fracassi ha voluto mostrare anche l’anima dello strumento: aprendo le ante dell’organo ha illustrato ai presenti le oltre 200 canne dalle diverse forme e materiali celate dietro le ante intagliate, suddivise secondo i diversi registri.

La configurazione fonica dello strumento, oltre a svolgere il compito primario di guida ed accompagnamento del canto assembleare, si presterà all’esecuzione in ambito culturale di un’ampia letteratura organistica, soprattutto rinascimentale e barocca.

Le caratteristiche dell’organo sono le seguenti: costruito dalla Casa organaria Kreienbrink di Osnabruck, tastiera di 54 note Do-Fa in ebano, trasmissione integralmente meccanica, registri (pomoli tiranti), Bordone 8’, Flauto a camino 4’, Principalino 2’, Quinta 1’1/3, totale canne n° 216, di cui 36 di legno (abete) e 180 di metallo (lega di stagno e piombo), cassa in rovere massello con fregi scolpiti in tiglio rappresentanti un’allegoria musicale della città di Cremona e la Rosa di Santa Rita simbolo dell’associazione onlus, appositamente realizzata dallo scultore altoatesino Helmuth Runggaldier.




Il vescovo Napolioni, guardando ai drammi dell’oggi: «È tempo di diventare tutti francescani»

 

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È stato il vescovo Antonio Napolioni a presiedere la Messa nella festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia e degli ecologisti, celebrata nel pomeriggio di martedì 4 ottobre presso la chiesa di San Giuseppe dei frati Cappuccini di Cremona. A concelebrare insieme al vescovo Napolioni anche l’emerito Dante Lafranconi, il guardiano del convento di via Brescia padre Giorgio Peracchi, il vicario zonale e parroco di San Bernardo don Pietro Samarini con anche alcuni altri frati e sacerdoti.

Aprendo la celebrazione eucaristica monsignor Napolioni ha sottolineato come la solennità di san Francesco sia ancora una ricorrenza sentita anche dalla comunità civile, ricordando le celebrazioni civili alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella e la Messa celebrata ad Assisi dal cardinale Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana.

Nella festa del poverello di Assisi il vescovo Napolioni ha proposto nell’omelia una riflessione sui tre drammi che stiamo vivendo: «La guerra, l’emergenza ambientale con il pianeta che rischia di essere distrutto da noi e la crisi economica… la pandemia la lasciamo da parte, ma sullo sfondo c’è il legame di queste tre con la pandemia. Francesco d’Assisi è la risposta a questi drammi perché è uomo di pace, è uomo che sa trattare la natura e il Creato con rispetto e con amore e ha scelto madonna povertà».

«Pensate l’attualità di Francesco – ha proseguito Napolioni –. Pensate quanto non l’abbiamo seguito abbastanza: altrimenti non saremmo in questa situazione. Pensate quanto è necessario rileggere la sua testimonianza e ricevere la sua intercessione. Non bastano tutti i frati del mondo, non bastano tutte le famiglie francescane: è tempo di diventare tutti francescani! Vescovi compresi, industriali, famiglie, non si tratta di vestirci di marrone, ma di dire no a altre risposte a altre sfide».

La figura del frate medioevale, simbolo anche di pace, è stata quindi affiancata a un’altra figura dei giorni nostri: «Davanti alle sfide di oggi cosa avrebbe fatto Francesco? Quello che un altro Francesco sta cercando di fare: era giovane quello di Assisi, è vecchio e infermo quello di Roma, ma annuncia lo stesso Vangelo, della fraternità e della riconciliazione, del dialogo a ogni costo e dell’andare incontro per primi anche se costa, anche io lo faccio molto poco». «Francesco d’Assisi e Francesco di Roma sono gli imprudenti del Vangelo che non si arrendono all’inevitabilità della guerra, che non si rassegnano all’inquinamento, allo sfruttamento sconsiderato delle risorse, all’ingiustizia tra i popoli e le classi sociali per cui il divario tra ricchi e poveri si allarga  a dismisura», ha proseguito il vescovo di Cremona.

Da queste premesse monsignor Napolioni ha quindi proseguito: «Cosa fare dunque? Può sembrare una riflessione sociale, invece siamo in chiesa. Qui è esattamente il modo e il luogo dove Francesco non ci lascia in pace, non ci lascia soli, perché è Cristo che non lascia in pace né lui né noi e ci si consegna inerme. Qual è la nostra medicina, la nostra forza?».

Nel concludere l’omelia un invito forte e un auspicio al futuro da parte del Vescovo: «Il mondo è un po’ crocifisso, non alla maniera di Cristo, ma alla maniera dei maledetti: c’è il modo di Gesù, quello di cui Francesco porta le stigmate, con i poveri che si stringono a Gesù per partecipare almeno un po’ a quell’amore con cui il Padre non ha condannato il mondo, ma ha donato il figlio per salvarci: l’offrirsi gratis, il sacrificio e la condivisione sono la nostra forza: non siamo autorizzati a mollare, lo dobbiamo per fedeltà a Dio e agli uomini, a chi nel mondo aspetta che si manifesti l’armonia tra i figli di Dio, il Creato e le nazioni. Non c’è altro futuro: rimettere in ordine le cose lasciando che sia la croce a scrivere i segni di questa nuova vita».




L’unità pastorale Cafarnao ha accolto don Pierluigi Capelli

 

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Nella mattinata di domenica 18 settembre le comunità dell’unità pastorale Cafarnao hanno accolto don Pierluigi Capelli come nuovo parroco in solido nella celebrazione presieduta dal vescovo Antonio Napolioni presso la chiesa di Sant’Andrea a Pescarolo.

Don Capelli entra in servizio a fianco dei parroci in solido don Alessandro Bertoni e don Giovanni Fiocchi (moderatore) nelle parrocchie di Vescovato, Binanuova, Ca’ de’ Stefani, Gabbioneta, Pescarolo e Pieve Terzagni.

Ad accogliere il nuovo parroco sul sagrato davanti alla chiesa i tre sindaci di Pescarolo ed Uniti, di Gabbioneta Binanuova e di Vescovato che hanno voluto rivolgere il loro saluto di ringraziamento e di benvenuto al vescovo di Cremona e al nuovo parroco.

A fianco di don Pierluigi, oltre agli altri parroci dell’unità pastorale e il vicario zonale don Antonio Pezzetti, anche alcuni sacerdoti e un diacono della diocesi di Mantova, dove il sacerdote cremonese ha svolto il servizio negli ultimi anni. Nei primi banchi della chiesa la mamma e i parenti più stretti, insieme ai tanti parrocchiani insieme anche a diversi fedeli provenienti dalla diocesi di Mantova che hanno voluto accompagnare il loro parroco uscente. Il grande coro interparrocchiale dell’unità pastorale, riunito al completo per l’importante occasione, ha animato la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Napolioni.

A don Antonio Pezzetti, come vicario zonale, il compito di leggere il decreto di nomina di don Pierluigi Capelli, seguito poi dal canto di invocazione allo Spirito Santo. La Messa è proseguita quindi con i riti esplicativi di aspersione dell’assemblea e l’incensazione dell’altare per mano del nuovo parroco, seguiti dal saluto della comunità, accompagnato dal dono di un’icona bizantina della Sacra famiglia per il neoparroco.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha voluto iniziare mettendo in risalto la centralità dell’unità: «Gesù a Cafarnao incontrò i pescatori, una piccola cooperativa, non erano i potenti, i migliori, gli istruiti, i migliori, ma Gesù chiama loro e li chiama insieme. Da allora la Chiesa resiste alle tempeste della storia e ai peccati che commettiamo per la grazia dell’unità, che non è un accessorio, ma la sostanza».

«L’amore è eterno, mentre le vicende del nostro corpo sono a scadenza, come le chiese di mattoni, le montagne e i ghiacciai, le ricchezze della terra mentre c’è un tesoro che non si consuma e di cui le donne e gli uomini sono capaci di creare perché creati a immagine e somiglianza di Dio – ha quindi proseguito il vescovo nella sua riflessione –. L’invito di Gesù è di farci degli amici mentre con le cose materiali devono essere subordinate alla qualità dei nostri rapporti».

Mons. Napolioni ha quindi concluso con un appello all’unità e un riferimento all’attualità: «Domenica prossima si va a votare e il mio auspicio è di andare a votare perché un popolo che si disinteressa è un popolo destinato al suicidio. Duemila anni fa san Paolo scriveva a Timoteo che ci si salva impegnandosi, che tutti quelli che ricevono potere dalla collettività, nel suo piccolo anche il parroco, lo devono usare. A che scopo? Non dobbiamo fare miracoli, ma vivere nella pace: capite oggi com’è densa questa parola! La pace comincia qui, dal condividere le risorse, inizia dallo stare insieme e ben venga la collaborazione tra chi ha responsabilità. Chiedo ai miei preti di essere di esempio».

Al termine della celebrazione il saluto del nuovo parroco che ha voluto ricordare: «Arrivo con una mia storia e uno zaino con le esperienze fatte finora: esperienze che mi hanno arricchito e mi hanno permesso di allargare un po’ gli orizzonti, anche con l’esperienza in un’altra diocesi». Don Pierluigi ha quindi terminato con un augurio per se stesso, i confratelli sacerdoti e la comunità intera: «Cercheremo di camminare insieme, però vi chiedo di darci il tempo di conoscerci con don Giovanni e don Alessandro, magari anche dandoci il tempo di litigare per chiarirsi se serve e avendo a cuore le comunità con punti di vista differenti. Buon cammino e stiamo pronti a quello che il Signore ci chiede».

A prendere la parola anche una rappresentante della comunità mantovana che ha accompagnato don Pierluigi nel nuovi incarico.

La mattinata di festa, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è quindi proseguita con un momento di rinfresco in oratorio e con il taglio della torta per celebrare convivialmente l’arrivo del nuovo parroco e scambiare le prime parole di conoscenza.

 

Biografia del nuovo parroco

Don Pierluigi Capelli, classe 1970, originario di Torre de’ Picenardi, è stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1997. Dopo essere stato vicario a Piadena (1997-2002), Fontanella (2002-2008) e Viadana S. Pietro (2008-2010), dal 2019 era collaboratore parrocchiale nell’unità pastorale di Bondeno, Palidano, Pegognaga e Polesine in diocesi di Mantova. Rientrato in diocesi è stato nominato parroco in solido dell’unità pastorale “Cafarnao”, composta dalle parrocchie di Vescovato, Binanuova, Ca’ de’ Stefani, Gabbioneta, Pescarolo e Pieve Terzagni. Prendendo il testimone da don Paolo Tomasi (trasferito a Soncino), collaborerà con gli altri due parroci in solido: don Alessandro Bertoni e don Giovanni Fiocchi (moderatore).

 

Il saluto di don Pierluigi Capelli

Cari parrocchiani dell’U.P. Cafarnao,
quando don Giovanni mi ha contattato per chiedere alcune righe per il giornalino di settembre ero impegnato con un campo di gruppo degli Scout di Gonzaga e non sapendo bene cosa scrivere mi sono lasciato ispirare da alcuni aspetti dell’esperienza che sto vivendo, per evitare parole di circostanza. In particolare ho pensato a uno dei canti che maggiormente coinvolgono gli scout quando viene cantato e che nel ritornello ripete: “Estote parati un grido s’alzerà e mille voci a far da eco ad una voce fioca ormai e allora dai, vieni con noi, è un’avventura in mare aperto e viaggerai insieme a noi nella natura controvento”.
È l’invito a stare pronti per viaggiare insieme ed essere testimoni di Dio che ho colto come rivolto a noi: compiere un viaggio insieme tutti, con don Giovanni e don Alessandro, per le strade delle nostre comunità, pronti ad essere testimoni di Dio, con la forza di andare controcorrente, sempre pronti per rispondere a quello che la realtà attorno a noi ci chiede.
E lo stile di questo nostro camminare (o navigare per restare legati al testo della canzone) ce lo dice il fondatore degli scout nella sua ultima lettera ai ragazzi, dove invita a guardare “al lato bello delle cose e non al lato brutto” perché, continua nella sua lettera, “il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Preoccupatevi di lasciare questo mondo un po’ migliore di come lo avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere fatto ‘del vostro meglio’ “.
Fare del nostro meglio per rendere migliore questo mondo, stando pronti a percorrere le strade che coglieremo come risposta alla chiamata ad essere testimoni di Dio.
d. Pierluigi

 
 




A Isola l’ingresso di don Loda Ghida, il Vescovo: «Ti affido questo popolo perché tu possa gioire e soffrire insieme a lui verso il Signore»

 

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Le comunità di Isola Dovarese, Pessina Cremonese, Stilo de’ Mariani e Villarocca hanno accolto, nel pomeriggio di sabato 17 settembre, don Antonio Loda Ghida, nuovo parroco in solido e moderatore dell’unità pastorale, che prende il testimone da don Adelio Bucellè.

Il saluto delle trombe, suonate dai figuranti del Palio di Isola Dovarese, tenutosi solo pochi giorni prima nel paese, ha accolto l’arrivo del nuovo parroco, accompagnato dal vescovo Antonio Napolioni, dal parroco in solido don Riccardo Vespertini, dal vicario zonale don Antonio Pezzetti e alcuni altri sacerdoti.

Sul sagrato insieme ai figuranti del Palio negli abiti storici erano presenti i rappresentanti della protezione civile, dell’Avis e alcuni templari. Dopo gli applausi di apprezzamento è stato quindi il momento del saluto dei sindaci di Isola Dovarese, Gianpaolo Gansi, e di Pessina Cremonese, Ester Stanga, che nel dare il benvenuto al nuovo parroco hanno espresso la loro gratitudine al vescovo per aver nominato il nuovo parroco e a don Antonio per aver accettato l’incarico. Accanto a loro anche Donato Losito, il sindaco di Malagnino, comunità che don Loda Ghida ha servito negli ultimi anni.

Subito dopo è iniziata la celebrazione solenne nella parrocchiale di San Nicolò vescovo di Isola Dovarese, presieduta dal vescovo di Cremona e animata con il canto dalla corale parrocchiale. Presenti in chiesa anche tanti parrocchiani di Malagnino che hanno voluto accompagnare il loro parroco uscente in questa celebrazione festosa.

A don Antonio Pezzetti, come vicario zonale, il compito di leggere il decreto di nomina di don Loda Ghida, seguito poi dal canto di invocazione allo Spirito Santo. La Messa è proseguita quindi con i riti esplicativi di aspersione dell’assemblea e l’incensazione dell’altare per mano del nuovo parroco seguiti dal saluto della comunità, accompagnato dal dono di un camicie e di una stola per don Loda Ghida.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha voluto iniziare dalla centralità della Parola: «Uno dei motivi di gioia che io sperimento è aprire la Parola di Dio e coglierne la verità, la bellezza, l’attualità e la forza: mi cambia lo sguardo sulle cose, anche se non riesco a viverla fino in fondo. Sentire che Gesù ha affidato a queste pagine antiche tutta la sapienza di cui abbiamo bisogno mi libera dalla solitudine e dai pensieri».

E ha proseguito: «Il Papa ci suggerisce che tutta la ricchezza del mondo non ci serve a nulla se non ci sono degli amici: ci sono amici nelle dimore eterne – ha quindi proseguito il vescovo nella sua riflessione – nel consegnarvi don Antonio, che insieme a don Riccardo si prenderà cura delle vostre comunità, mi chiedo quale sia il miracolo». Un quesito al quale il Vescovo ha dato risposta con un augurio finale: «Chi sceglie di seguire Dio avrà una marea di amici, perché ha capacità di ascolto, di comprensione, di condivisione, di compassione, perché vede le cose alla maniera di Gesù e non si tira indietro anche nel momento più duro: siamo lì e ci stiamo perché quell’amicizia vale più di qualunque ricchezza e rende possibile un nuovo inizio con la fantasia dell’amore. Don Antonio ti affido questo popolo perché tu possa gioire e soffrire insieme a lui verso il Signore».

La celebrazione eucaristica è terminata con il saluto del nuovo parroco, che ha accolto l’invito del Vescovo con le parole di Gesù: «“I discepoli siano una cosa sola con il Padre, nell’unità e nella perfezione dell’amore”: la strada è già delineata, noi abbiamo bisogno di percorrerla con pazienza nella quotidianità come negli eventi eccezionali». Tanti i ringraziamenti nelle parole del nuovo parroco: «Essere comunità non vuol dire solo essere comunità cristiana, vuol dire anche essere comunità sociale e civile: camminiamo insieme nella reciproca collaborazione, come fratelli e sorelle che hanno come unico intento lo stare insieme condividendo gioie e fatiche nella vita, come ha detto il vescovo, la condivisione di avere amici».

Per concludere il pomeriggio di festa, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato quindi il momento di un rinfresco in oratorio per celebrare convivialmente l’arrivo del nuovo parroco e per scambiare le prime parole di conoscenza.

 

 

Biografia del nuovo parroco

Classe 1963, originario della parrocchia di S. Sebastiano in Cremona, don Loda Ghida è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 2000. È stato vicario a Casirate d’Adda (2000-2002), San Bassano (2002-2006), Soncino, S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo (2006-2008); quindi parroco di Torricella del Pizzo (2008-2011) e Paderno Ponchielli (2011-2014). Dal 2014 era parroco in solido e moderatore delle parrocchie di Malagnino.

 

 

 




Sabato a Isola Dovarese l’insediamento di don Loda Ghida

Le parrocchie di Isola Dovarese, Pessina, Stilo de’ Mariani e Villarocca accoglieranno, nel pomeriggio di sabato 17 settembre, don Antonio Loda Ghida, il nuovo parroco moderatore dell’unità pastorale, che prende il posto di don Adelio Bucellè.

Il programma prevede il ritrovo alle 17, sul sagrato della chiesa parrocchiale di San Nicolò vescovo, a Isola Dovarese, dove il nuovo parroco, accompagnato dal vescovo Antonio Napolioni e il vicario zonale don Antonio Pezzetti, riceverà il saluto delle comunità nelle parole dei sindaci del territorio.

Subito dopo, all’interno della chiesa parrocchiale, il vescovo Antonio Napolioni presiederà la solenne Messa d’insediamento.

Al termine, rinfresco presso l’oratorio parrocchiale dove i parrocchiani potranno salutare don Antonio appena insediatosi come loro pastore.

In preparazione all’evento nella serata di giovedì 15 settembre, in San Nicolò vescovo, un incontro di preghiera guidato da don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero.

Nel suo nuovo incarico don Loda Ghida potrà contare sulla collaborazione di don Riccardo Vespertini che da dieci anni è parroco in solido dell’unità pastorale, oltre che assistente spirituale all’Ospedale di Cremona.

 

Biografia del nuovo parroco

Classe 1963, originario della parrocchia di S. Sebastiano in Cremona, don Loda Ghida è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 2000. È stato vicario a Casirate d’Adda (2000-2002), San Bassano (2002-2006), Soncino, S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo (2006-2008); quindi parroco di Torricella del Pizzo (2008-2011) e Paderno Ponchielli (2011-2014). Dal 2014 era parroco in solido e moderatore delle parrocchie di Malagnino.