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Ddl Zan, Family day: «Una legge inutile, dannosa e pericolosa»

«Una legge inutile, dannosa e pericolosa». Netta e inequivocabile è la posizione assunta dalla Associazione Family Day in merito alla proposta del cosiddetto “Ddl Zan” sull’omofobia. Una posizione chiaramente ribadita la sera di venerdì 25 settembre nel corso dell’incontro ospitato presso il Centro pastorale di Cremona e ispirato nel titolo al verso dantesco “Libertà vo’cercando, ch’è sì cara”. L’incontro, moderato dalla giornalista cremonese Francesca Morandi, ha visto come relatori il prof. Massimo Gandolfini (presidente nazionale Family Day) e l’avvocato Piercarlo Peroni (referente Family Day di Brescia).

«Si dice che questa legge venga proposta per colmare un presunto vuoto legislativo, ma questo non corrisponde affatto a verità; – è la posizione dell’avvocato Peroni – il Codice penale è già sufficiente garanzia per la tutela della persona, con la garanzia della reciprocità. Con la proposta  Zan ci si trova invece a dividere tra chi è tutelato e chi deve stare attento a come agire e comportarsi». «Il nostro Codice penale – ha poi proseguito – non deve diventare lo strumento per punire chi la pensa diversamente, reintroducendo il reato di opinione».

L’intervento di Gandolfini ha preso avvio da una premessa: «L’Italia è tra i Paesi d’Europa e del mondo più “gayfriendly”. La nostra cultura cristiana, del resto, guida il nostro atteggiamento di partecipazione ed empatia con chiunque». «Questa proposta di legge è pericolosa perché può procurare reazioni contrarie da parte di chi si sente meno tutelato – ha poi ulteriormente precisato il Presidente del Family Day –. È sbagliato pensare in termini eterosessuale/omosessuale come fossero razze diverse: è la persona che va tutelata nella sua interezza».

«Che cosa potrà accadere una volta approvata questa legge? Si  potrà ancora dire che è un diritto del bambino avere un padre e una madre, che l’utero in affitto è incivile? E le “quote rosa” che fine faranno?» si  è interrogato Gandolfini, che ha poi richiamato un «clima di odio e ostilità» nei confronti di chi si atteggia criticamente nei confronti di questa proposta.

«L’impegno di FamilyDay – hanno concluso i relatori – è di fare informazione, affinché nessuno si senta escluso o possa in un prossimo futuro sentirsi offeso o escluso».




A Cassano i festeggiamenti per la Madonna del Miracolo

Nell’estate del 1615 il quindicenne Francesco Campi da Gussago, ammutolito e paralizzato in seguito ad un forte spavento, giungeva a Cassano d’Adda con la sua famiglia, di passaggio verso Milano alla ricerca di una grazia risanatrice da implorare presso la tomba di San Carlo Borromeo. Dopo una sosta presso la chiesa di San Dionigi e una preghiera davanti all’immagine della Vergine Maria, il giovane Francesco – nello stupore generale – ne usciva completamente risanato. Un rapido ma rigoroso processo diocesano accertava, l’anno successivo, la soprannaturalità dell’evento.

È questa l’origine storica della festa legata alla Madonna del Miracolo che si celebra ogni 17 agosto presso la chiesa cassanese di San Dionigi. Una ricorrenza   sempre molto sentita dalla comunità cittadina, molto più della Sagra di ottobre legata alla memoria della Madonna del Rosario. Un evento di sincera fede, preghiera e devozione che la tradizione popolare ha ribattezzato col termine di “Perdunen”, considerata la vicinanza temporale con il più celebre “Perdono di Assisi”.

L’emergenza sanitaria legata alla pandemia ha solo in parte ridimensionato il calendario di manifestazioni legato alla ricorrenza, senza tuttavia intaccarne la forte valenza spirituale e devozionale. Per tutta la Novena, iniziata sabato 8 agosto, si  svolgeranno la Messa mattutina delle 7 (7.30 la domenica) e il Rosario serale alle 20.45. Venerdì 14 agosto alle 21.15 appuntamento con la conferenza di padre Alberto Rocca sul tema “Beata colei che ha creduto”. Sabato 15 agosto alle 16 la recita dei Vespri e alle 21.15 la tombolata.

Lunedì 17 agosto – memoria del Miracolo – si snoderà il ricco calendario di preghiere e celebrazioni, con Messe per l’intera mattinata dalle ore 7 con la tradizionale concelebrazione delle 11.00  alla presenza dei sacerdoti cassanesi o che hanno esercitato la loro missione nelle parrocchie cittadine. Al pomeriggio alle 16.30 si vivrà il suggestivo momento della consacrazione de bambini, alle 20.45 Rosario e gran finale, attorno alle 21.15, con il concerto della Banda cittadina e l’estrazione della sottoscrizione a premi.




Il Vescovo: a Brignano tante vocazioni grazie al contagio del dovere, della fiducia, della fede

«Grazie per la sua carezza, grazie per esserci vicino nel momento del dolore»: così il parroco di Brignano Gera d’Adda, don Giuseppe Ferri, ha salutato il vescovo Napolioni all’inizio della Messa di suffragio celebrata, la sera di lunedì 1° giugno, a ricordo dei tre sacerdoti brignanesi deceduti durante la pandemia sanitaria e dei quali non è stato possibile celebrare le esequie.

Una celebrazione vissuta con intensità dalla comunità brignanese, duramente colpita dal Covid, e che non ha esitato a stringersi con affetto e riconoscenza attorno al ricordo di mons. Giuseppe Aresi, don Vito Magri e don Francesco Nisoli.

«Non rievocherò gli incarichi e le opere personali di questi sacerdoti – ha esordito il Vescovo – ogni volta che celebriamo da credenti il riassunto di una vita umana, la vera parola conclusiva non la possiamo dire noi ma Dio”.  «Chi veramente sia stato ognuno di noi lo sa solo il Signore, – ha proseguito – certamente sorge il desiderio di rileggere i numerosi libri di don Aresi; rievocare i tanti aneddoti della vita di don Magri, simpatico e pungente ma fraterno; viene il bisogno di fare un salto in Brasile per parlare con chi ha condiviso i tanti anni di missione missionaria di don Nisoli». Tre sacerdoti, tre battezzati, tre amici, tre fratelli, «tre figli di Brignano» che vanno ricordati sotto una luce «che aiuta a non divagare: quella della memoria di Maria madre della Chiesa che si celebra proprio oggi».

Brignano ha generato tante vocazioni alla vita consacrata, «significa che questa parrocchia è materna: maternità che dà fiducia e slancio nel produrre nuove vite che portano avanti il disegno di Dio nella storia; – ha ricordato il Vescovo – si è insomma innestato un contagio (parola oggi molto antipatica) da un prete all’altro, da un giovane all’altro: il contagio del dovere, della fiducia, della fede». «Scegliete di quale virus ammalarvi insieme»: ha provocatoriamente esortato mons. Napolioni.

«Il modo più bello di ricordare i preti che hanno servito le nostre comunità è custodire le loro lezioni di fede, di guardare dove essi guardavano – è proseguita la riflessione -. Non perdiamoci nei dettagli della vita umana, ma guardiamo avanti, fissando lo sguardo su Gesù».

Suggestive le parole, tratte da alcuni appunti di “don Cecchino”, ai quali il Vescovo ha voluto affidare la conclusione dell’omelia: «Dammi, Spirito santo, la forza e il coraggio di essere profeta nella Chiesa e nella società civile, dammi la forza di non fare tanti calcoli umani, ma di guardare solo al tuo Regno e ai tuoi figli e figlie che sono miei fratelli e sorelle. Tante volte mi hai fatto provare le bellezze della vita: fa che condivida queste gioie e che sia capace di comunicare la bellezza di quanto è bello vivere in comunione con te, al servizio dei fratelli. Grazie, Padre mio, e dammi sempre il tuo Santo Spirito perché sappia essere l’Agnello immolato con Cristo».

Al termine della Messa il parroco don Giuseppe Ferri ha voluto consegnare ai parenti di ciascun sacerdote deceduto il significativo dono di alcune piantine di ulivo: «sentinelle di vita e simbolo di serenità e rinascita».

 

 

Monsignor Giuseppe Aresi

Ordinato sacerdote il 28 giugno 1953, iniziò il proprio ministero come vicario a Trigolo; dopo un anno il trasferimento a Cremona, come vicario della parrocchia di S. Sebastiano. Nel 1956 fu nominato parroco di Monticelli Ripa d’Oglio (frazione del comune di Pessina Cremonese), comunità che nel 1960 ha lasciato per Ca’ d’Andrea. Nel 1974 il ritorno nella sua Bergamasca, prima come parroco Casirate d’Adde e, dopo 19 anni, continuando il proprio ministero come sacerdote cooperatore presso il Santuario di Caravaggio. Nel 1997 fu scelto dal vescovo Giulio Nicolini come canonico del Capitolo della Cattedrale e vicepenitenziere, ricoprendo poi l’incarico di penitenziere dal 2001 al 2003, quando si ritirò presso la casa di riposo di Vailate, dove è deceduto nel pomeriggio di mercoledì 18 marzo, a 91 anni.

 

Don Vito Magri

Classe 1931, diplomato in Scienze sociali, don Vito è stato ordinato sacerdote il 27 giugno del 1954. I suoi primi anni di sacerdozio sono stati come vicario negli oratori: a Sesto Cremonese (1955-1956), Romanengo (1956-1957), Cremona nella parrocchia di Sant’Abbondio (1957-1965), Calcio (1965-1969) e Fornovo San Giovanni (1969-1974). Nel 1974 la nomina a parroco di Isengo, fino al trasferimento nel 1998 a Fiesco, sempre come parroco. Dal 1999 al 2010 ha assunto l’incarico di sacerdote cooperatore al Santuario di S. Maria del Fonte presso Caravaggio, dove ha poi continuato a risiedere svolgendo ancora il proprio ministero. Dalla fine del 2017 risiedeva presso la Fondazione Ospedale Caimi di Vailate dove è deceduto nella notte tra lunedì 23 e martedì 24 marzo, in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni. Avrebbe compiuto 89 anni a metà maggio. 

 

Don Francesco Nisoli

Don Francesco Nisoli, originario della parrocchia di Brignano Gera d’Adda, è nato l’11 febbraio 1949. Ordinato sacerdote il 22 giugno 1974, ha iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale proprio nella Bergamasca, prima a Covo (1974-1982) e poi a Pumenengo (1982-1987). Nel 1987 è diventato parroco di Cella Dati. Dopo un anno la decisione di partire per la missione. Per quasi trent’anni, dal 1989 al 2017, è stato missionario in America Latina come “fidei donum”: negli ultimi anni di servizio in terra carioca, in particolare, ha svolto il proprio ministero come parroco della parrocchia di Nostra Signora di Fatima Taraqual, nella periferia di Goiania. Rientrato in diocesi si era messo a servizio della parrocchia di Caravaggio come collaboratore parrocchiale. Il 23 marzo era stato ricoverato all’ospedale di Treviglio a causa dell’aggravarsi di sintomi riconducibili al coronavirus; diovedì 26 marzo, in serata, il decesso, all’età di 71 anni.

 

 

Nelle parrocchie con il Vescovo le Messe in suffragio dei sacerdoti morti durante l’emergenza Covid




Società, lavoro, economia e «conversione ecologica»: leggere i tempi del Covid alla luce della Laudato Si’

Un tempo di forti difficoltà e sofferenza ma anche una occasione di riscoperta e ripensamento. La pandemia da Covid 19 ha rimesso infatti in discussione molte certezze sulle quali sembrava poggiare la vita individuale e sociale della comunità cristiana ma non solo.

A fare chiarezza su un momento epocale tanto insolito e travolgente, ci ha provato don Bruno Bignami, Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei –,  relatore di eccezione della conferenza trasmessa su piattaforma zoom nella serata di giovedì 21 maggio , dal provocatorio titolo “La conversione ecologia ai tempi del covid: siamo pronti?”.

L’incontro, organizzato dalla Azione cattolica interparrocchiale di Cassano d’Adda, da Comunione e Liberazione, Masci, Agesci, U.S. Pierino Ghezzi  e  Acli, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale,  avrebbe dovuto svolgersi presso il TeCa Teatro Cassanese ma l’emergenza sanitaria ha costretto ad un ripensamento in Rete che ha tuttavia consentito di estendere la partecipazione ben oltre i confini della città.

«Velocizzazione»  è la parola chiave, tratta dall’enciclica “Laudato si!”, da cui si è sviluppata la riflessione di don Bruno. «Siamo alla vigilia del quinto anno dalla pubblicazione di questa importante enciclica – ha premesso – è giunto il momento di verificare cosa è accaduto e cosa sta accadendo, anche a livello ecclesiale». «Il mondo sta andando talmente veloce che rischiamo di non capire, di non riflettere, di non avere consapevolezza a cosa stiamo andando incontro. – ha proseguito don Bignami – La crisi sanitaria di questi tre mesi ci consegna un tempo diverso: una buona fetta del Paese si è fermata e abbiamo  avuto occasione di guardarci come se si fosse scesi da un treno in corsa. Si osservano da fuori le carrozze sulle quali si è viaggiato e ci si accorge che hanno bisogno di essere un po’ sistemate, ci si rende conto che qualcosa non andava pienamente per il verso giusto».

Non mancano certo le ansie e le giustificate paure. «Qualcuno è terrorizzato dal fatto che il treno riparta senza di lui: qualcuno potrebbe trovarsi senza lavoro, con una situazione psicologia o famigliare diversa. Come ripartire? – ha interrogato il relatore – È tempo di conversione: occorre guardarsi dentro e intorno per capire cosa sia essenziale e cosa no».

Indispensabile si rivela quindi il  rifarsi al cuore della “Laudato si!”: «Rimettersi dentro le reti comunitarie del proprio vissuto e fare in modo che funzionino e diventino esperienza vera perché si risolvano i problemi sociali. – ha precisato don Bignami – Occorre tenerlo presente quando tra qualche settimana o mese la crisi toccherà con ferocia alcune categorie di persone e la risposta non potrà essere limitata alla devoluzione di fondi o contributi. Va costruito un modello comunitario, non solo una soluzione tecnica o economica».

Occorre insomma attuare una vera e propria conversione che «non è sicuramente facile da trovare» non consiste «in una via di mezzo»  e non si limita alla speranza che la «ecnica possa risolvere tutto».  L’efficace risposta consiste nell’andare controcorrente a quanto si è finora  attuato: «Abbiamo seminato individualismo a più non posso negli ultimi anni: abbiamo così scoperto che mancano i luoghi di condivisione che sono fondamentali».

Scendendo nella concreta analisi della attualità, don Bruno Bignami fa notare anche come la nostra società sia un colosso con i piedi di argilla, un sistema i cui tagli alla sanità hanno reso evidenti  le fragilità. Si è inoltre constatato come l’attenzione per l’ambiente e l’ecologia «non siano questioni da boy scout ma problemi che riguardano tutti indistintamente».

Positiva invece la forte certezza che rimane nel volontariato: «Esiste un modello cooperativo che è ricchezza straordinaria: senza il terzo settore il nostro Paese sarebbe decisamente più povero», ha riconosciuto don Bruno.

Animato e partecipato si è rivelato il dibattito  tra i presenti che non solo ha concluso ma ha dato anima all’intero incontro, con interventi coordinati che hanno contraddistinto i vari passaggi della interessante relazione.




In linea con Salvador de Bahia: è sempre tempo di missione (VIDEO)

«L’uomo propone e Dio dispone», recita un celebre adagio popolare. Così può accadere come anche una bella e coraggiosa avventura di missione e solidarietà tra una generosa diocesi lombarda e una popolosa parrocchia del Brasile, sia costretta a ripensarsi in conseguenza dell’emergenza sanitaria che ha travolto e sconvolto il mondo intero.

«Progetto Bahia» è il nome dell’esperienza di cooperazione missionaria lanciata nel novembre dello scorso anno dalla Diocesi di Cremona e che ha come scenario d’azione la parrocchia di Cristo Risorto, in una favela dello Stato di Salvador, dove sono presenti due sacerdoti cremonesi fidei donum: don Emilio Bellani e don Davide Ferretti. La pandemia Covid ha scombinato i programmi di questo progetto, ma non ne ha certamente sminuito l’entusiasmo. A fare il punto su quanto attuato e su quanto è stato ripensato in una ritrovata ottica di speranza, ci ha pensato lo speciale «Brasile linea diretta» andato in onda venerdì in streaming sul sito ufficiale, sulla pagina Facebook e sul canale youtube della Diocesi di Cremona. «È giusto rileggere l’inizio di questa collaborazione con la Chiesa di Salvador de Bahia alla luce di questa inattesa emergenza», è il pensiero del vescovo Antonio Napolioni, che tiene precisare come le incertezze del presente vadano affrontate in chiave positiva, al fine di rafforzare «le vere motivazioni che ci ispirano, gli obiettivi che si possono raggiungere e la Grazia che rende possibile tutto nonostante le difficoltà». In un periodo di obbligatorio isolamento sociale, la tecnologia e – in particolare – i social network si rivelano un aiuto concreto e insostituibile. La missione di don Emilio e don Davide ha fatto intenso ricorso al web, con la trasmissione di eventi liturgici in streaming ma anche per instaurare e vivificare fecondi e ricambiati rapporti interpersonali.

«I social media hanno permesso di scambiare notizie non solo relative della pandemia in Italia e in Brasile ma anche in merito all’evoluzione del progetto, – conferma don Maurizio Ghilardi, responsabile diocesano della pastorale missionaria – è possibile scoprire attraverso le pagine Facebook del centro missionario ma anche attraverso i profili di don Emilio e di don Davide gli andamenti quotidiani della parrocchia di Salvador».

«Non si è interrotta nemmeno la formazione dei trentadue giovani che sarebbero dovuti partire per il Brasile tra luglio e agosto» prosegue don Maurizio. Gloria Manfredini e Matteo Pizzi dell’equipe del Centro missionario diocesano confermano: «Non potremo partire ma si stanno concretizzando nuove idee – precisa Gloria, con alle spalle due esperienze di permanenza in Bahia – Occorre andare oltre e constatare cosa si possa fare nel posto in cui ci si trova, anche nelle contingenze di un isolamento da pandemia». «Cambiano i luoghi e le modalità ma certamente non l’intensità e il significato della formazione – fa eco Matteo Pizzi, non nuovo a esperienze di mondialità – l’idea è di proseguire la formazione che abbiamo iniziato reinventandola sul canale web». La pandemia costringe a riscrivere molte cose, tra cui il concetto di mondialità. «Pensavamo di vivere in un continente onnipotente – è la riflessione di don Maurizio Ghilardi – anche gli immigrati nelle nostre realtà si mostrano preoccupati per la nostra fragilità». È quindi necessario un coraggioso e consapevole cambio di passo: «Serve una apertura mentale non solo per riconoscere l’esperienza di un’altra Chiesa, ma per diventare sempre più équipe missionaria ed essere Chiesa qui».

 

Durante la trasmissione don Davide e don Emilio hanno raccontato l’attuale situazione nella Parrocchia di Gesù Cristo Risorto, istituita una trentina di anni fa, si trova nella favela di Salvador, capitale dello Stato brasiliano di Bahia e conta circa 35 mila abitanti, di cui il 30% di religione cattolica. In quell’angolo dello sconfinato Paese sud americano operano don Emilio Bellani – già presente da una decina di anni – e don Davide Ferretti, sacerdoti cremonesi fidei donum che si sono trovati a gestire la loro opera missionaria in un periodo decisamente non facile. Nonostante la situazione drammatica in tutto il Brasile – terza nazione più colpita al mondo dal virus –, l’emergenza sanitaria nella parrocchia Gesù Cristo Risorto pare tuttavia contenuta. «Basti pensare come il quartiere nel quale è compresa la nostra comunità conta circa 70 mila abitanti – pari circa alla popolazione della città di Cremona – e ha finora registrato solo 65 persone infettate e tre morti», precisa don Emilio. Un confronto che stride nettamente con le cifre delle città del Cremonese e della intera Lombardia, che contano migliaia di vite spezzate dal virus.

A Gesù Cristo Risorto il calcio e la danza sono, in particolare, tra le principali attività che aiutano a strappare dalla strada centinaia di giovani, mostrandosi in grado di fungere da potenti strumenti educativi, di evangelizzazione e di riscatto sociale. Il grande valore educativo dello sport emerge a Bahia con ancora più forza: «il calcio apre la simpatia e la sintonia con i giovani, apre rapporti e cammini», precisa don Emilio. Prosegue però la «forte esperienza di servizio» che è stato il principale motore dell’avvio della missione cremonese in terra brasiliana: «Non andare per aiutare ma andare per crescere, conoscere e arricchirsi attraverso esperienze di vita concreta, sentendosi Chiesa davvero cattolica».

Lo speciale «Brasile in linea diretta», realizzato dal Centro di produzione televisivo diocesano TRC, è stato trasmesso venerdì 29 maggio alle ore 21 sul portale web, nonché sul canale youtube e sulla pagina facebook della diocesi di Cremona. La visione rimane disponibile sulle medesime piattaforme (diocesidicremona.it, facebook e youtube)




Brignano inventa l’oratorio virtuale: il ritrovo serale è su Skype

È sicuramente la prima volta che la comunità cristiana si trova nell’effettiva impossibilità di partecipare a Messe e funzioni religiose: la lunga emergenza coronavirus ha infatti stravolto – assieme a ritmi e abitudini di vita – anche questo fondamentale aspetto della quotidianità. Si tratta di una esperienza finora inedita, ma che va affrontata con speranza, coraggio e un pizzico di innovazione. Proprio quanto sta accadendo in questi giorni a Brignano Gera d’Adda, nella Bergamasca, dove il vicario don Francesco Fontana ha lanciato l’iniziativa «Oratorio virtuale», dedicata ai ragazzi dai 18 anni in su.

«Se l’oratorio vive di relazioni, queste continuano in forma diversa anche quando non è possibile incontrarsi personalmente e fisicamente – precisa don Francesco –. È venuta così l’intuizione di ritrovarsi con appuntamenti serali in collegamento via Skype».

Una idea nata spontaneamente e che necessita ancora di qualche aggiustamento – anche di carattere squisitamente tecnico – ma che pare non dispiacere ai giovani brignanesi, come conferma il primo appuntamento di lunedì scorso. Una sfida a tutto web che va ad aggiungersi ad altre analoghe iniziative messe in campo nella parrocchia di Brignano, quale l’utilizzo di una pagina Facebook e la diffusione via Whatsapp, a oltre ottocento contatti, dei sussidi proposti per i giovani dalla Federazione oratori in occasione della Quaresima. «Fruire della Parola di Dio e degli spunti di riflessione suggeriti, anche a distanza e attraverso un social network, è un modo per rimanere in contatto – prosegue il vicario –, una opportunità per non dimenticarsi di essere comunità di persone anche in situazioni complesse e disorientanti come quella che stiamo vivendo. “Grazie a questi contatti ci sentiamo meno soli”, mi ha confessato pochi giorni fa una giovane mamma: questa è sicuramente una incoraggiante manifestazione di apprezzamento e speranza», conclude don Francesco.

L’utilizzo della virtualità informatica nella parrocchia di Brignano non si limita, però, a coinvolgere solamente i giovani, ma si rivolge anche agli anziani, come la trasmissione della Messa celebrata in Parrocchia e visibile via Skype e su maxishermo dagli ospiti della locale casa di riposo.

La preziosa offerta della parrocchia brignanese va così ad arricchire la già nutrita proposta social, web e radiotelevisiva dell’intera Diocesi.

#restiamocomunita – #chiciseparera




Il fuoco delle relazioni autentiche che riaccende la vita dove la speranza sembrava spenta

Una veglia per celebrare la Vita, anche quella che sembra perduta e senza speranza. Particolarmente toccanti si sono rivelati gli interventi che hanno fatto da cuore alla celebrazione guidata da don Marco Leggio e svoltasi la sera di sabato 1 febbraio presso la chiesa parrocchiale di Arzago d’Adda , quale momento comunitario di preghiera della Zona pastorale 1.

La testimonianza è stata affidata a suor Chiara Rossi, delle Adoratrici di Rivolta d’Adda, e alla giovane Virginia, provenienti dalla comunità di Marzalengo che ospita una quindicina di ragazze che si stanno impegnando ad uscire dalle difficoltà, dal disagio e dalla tossicodipendenza. «Per introdurre quanto quotidianamente facciamo, viene forte il richiamo del versetto del  Salmo delle lodi domenicali che recita: “Luci e tenebre benedite il Signore”, – così ha esordito suor Chiara –  ciò che viviamo ogni giorno, infatti, è  proprio la grazia di queste vite che tornano a rinascere. La vita può tornare a rifiorire ed è un miracolo grande mettersi al fianco di queste persone».

Accoglienza e relazioni sono le parole chiave che danno concretezza all’azione di sostegno esercitata dalla comunità: «Accogliere è dire che noi ci siamo, significare che ci sono delle persone che possono prendersi cura di te. – ha precisato suor Chiara – Le relazioni ci fanno felici, le relazioni sono la vita eterna».

Delicate e coinvolgenti, si sono rivelate le parole di Virginia, ragazza ventenne ritornata alla vita dopo un anno di accoglienza a Marzalengo: «Da piccola sono stata costretta a mettere da parte le mie esigenze di bambina per lasciare spazio a quelle di mia madre ammalata psichica; – ha spiegato la giovane, ricordando  gli anni non felici della sua infanzia – più mettevo da parte le mie esigenze di bambina e più aumentava il mio disagio, come  una torre che mattone dopo mattone cresce e poi alla fine è destinata a crollare». Rovinosa fu la caduta nella tossicodipendenza. «La droga era acqua gelida che spegneva il fuoco del mio cuore. Si era fatto il ghiaccio in me – ha testimoniato la ragazza –. A Marzalengo ho trovato persone che non mi hanno giudicata ma mi hanno teso una mano, ho incontrato persone meravigliose».  «Prima vivevo le giornate sperando che fossero le ultime, – ha concluso – ora torno a sentire bruciarmi un fuoco dentro e mi sento di nuovo viva».




Per l’Immacolata la Messa di RaiUno in diretta da Brignano

Le telecamere della Rai sono in arrivo a Brignano Gera d’Adda. La Messa delle 11 di domenica 8 dicembre, solennità della Madonna Immacolata, sarà infatti trasmessa in diretta dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta.  Il prezioso servizio di portare nelle case di tutti gli Italiani (ma non solo) la Messa festiva passerà questa volta per la nostra diocesi e per la provincia bergamasca.

Grande è l’entusiasmo di don Giuseppe Ferri, da due anni parroco di Brignano:  «La richiesta per la trasmissione – spiega – era stata fatta alla Cei tramite l’ufficio comunicazioni sociali ipotizzando come data la sagra di San Francesco. La diretta Rai da Assisi ha però reso necessario uno slittamento ad un’altra festività importante: la Madonna Immacolata”.

La Messa sarà presieduta dal parroco e concelebrata dal vicario e dai sacerdoti residenti. I canti saranno animati dal Corso Santa Cecilia diretto da Fabiana Nisoli.

«La diretta Rai – prosegue ancora don Ferri – consentirà a un ampio pubblico di gustare la bellezza delle nostre chiese, dei nostri paesi, della nostra diocesi, delle nostre piccole ma vivaci realtà.

La comunità parrocchiale ha accolto con gioia e favore la notizia della diretta televisiva. Tutti si stanno dando da fare, ciascuno per la sua parte, profondamente convinti che si tratti di una preziosa opportunità per far conoscere la  bellezza della vita cristiana.

L’appuntamento è quindi per domenica 8 dicembre alle ore 10.55 su RaiUno. La regia televisiva sarà curata da don Simone Chiappetta mentre il commento sarà affidato alla ben nota voce di Orazio Coclite.




Adoratrici, deceduta la missionaria suor Fausta Beretta

La mattina di martedì 26 novembre, al termine di una tormentata malattia, è salita alla Casa del Padre suor Fausta Beretta, 69 anni, religiosa dell’Istituto delle Adoratrici del SS. Sacramento, missionaria, molto nota in diocesi ma non solo.

Nata a Cenate Sopra, in provincia di Bergamo, nel 1950, suor Fausta si trasferì giovanissima con la sua famiglia a San Paolo d’Argon, comune che dieci anni fa gli conferì un pubblico riconoscimento per il suo intenso e faticoso servizio in Africa.

Entrata nel 1970 nelle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda, negli anni della sua formazione ebbe modo di conoscere molte comunità della diocesi cremonese, tra cui Cassano d’Adda, dove la notizia del suo decesso è stata accolta con particolare emozione.

Nel 1982 suor Fausta partì per la sua prima esperienza in terra di missione, giungendo nell’allora Zaire, dove rimase per diciotto faticosi, pericolosi ma fecondi anni.

Tornò in Italia nel 2000 per occuparsi, a Como, dell’aiuto alle ragazze di strada.

Due anni più tardi, su richiesta di un vescovo locale, tornò in Africa, in Camerun,  fondando la missione di Ndoumbi, dove insegnò e si dedicò ai più giovani.

La malattia la costrinse al ritorno in Italia. È spirata serenamente presso a Rivolta, assistita e confortata dalle consorelle, dopo un periodo di sofferenza vissuta nella certezza dell’abbraccio finale con lo sposo.

I funerali nel pomeriggio di giovedì 28 novembre, alle 14.30, presso la chiesa di Casa Madre.

Non verranno certo dimenticati il suo ottimismo, la sua forte fede e la sua contagiosa simpatia. Resta di lei una forte testimonianza di cristianesimo vissuto: «Con l’aiuto e la forza di tanti, è possibile fare grandi cose – era solita dire – la condivisione delle fatiche significa fare meno fatica da soli».




Con la missionaria Buscemi un’occasione per leggere e comprendere il Sinodo dell’Amazzonia (AUDIO)

Il Sinodo per l’Amazzonia, conclusosi a Roma lo scorso 27 ottobre, rappresenta sicuramente un evento di fondamentale importanza per la vita della Chiesa universale. Vivace è infatti il dibattito che sta animando all’interno della comunità ecclesiale, mentre numerose e complesse sono le prospettive aperte dai suoi lavori.

Si è quindi rivelato particolarmente utile per fare chiarezza e liberare il campo da equivoci ed errate interpretazioni, l’incontro svoltosi nella serata di lunedì 11 novembre, presso il Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio, organizzato per la Zona Pastorale 1 dalla associazione Amici del Brasile in sinergia con l’Ufficio Missionario Diocesano. Relatrice di eccezione è stata Maria Soave Buscemi, da oltre vent’anni missionaria laica fidei donum in Brasile, formatrice al Cum di Verona e che, per conto del Repam ( Rete Ecclesiale Panamazzonica), ha partecipato agli incontri per la stesura del documento preparatorio del Sinodo.

«Come abbiamo camminato nel Sinodo? – ha premesso Buscemi , che da anni vive nella prelatura di San Felix do Araguaia, vicino al parco indigeno dello Xingu in Amazzonia, nel Mato Grosso – Il metodo è fondamentale per aprire processi. I giornalisti interrogano spesso sui risultati finali di tanto lavoro ma si tratta di un punto di vista non corretto. Dobbiamo essere più preoccupati di aprire processi piuttosto che di ottenere risultati e in America latina si è registrata una forte esperienza di cammino partecipativo. Un percorso entusiasmante ma che non privo di difficoltà e di incertezze: «Nessuno dei 104 vescovi padri sinodali aveva mai vissuto un Sinodo. Ci siamo dovuti preparare anche in cose concrete, affrontando molte difficoltà e tenendo conto che in un lavoro sinodale non è importante arrivare per primi ma arrivare insieme. Il Sinodo non vive di processi democratici ma di attività di discernimento». Oltre 85.300 le risposte pervenute da oltre trecento assemblee sparse su tutto il territorio amazzonico, che comprende oltre al Brasile (che ne detiene circa il 67%), altri nove Paesi : «Si è ascoltato quello che le comunità avevano da dire, con un complesso processo di discernimento che non era per nulla scontato» . Ne è innanzitutto uscito un grido di dolore: «Le popolazioni locali gridano: ci stanno ammazzando!» è stato il monito della relatrice. «Ad agosto è bruciata una porzione di Amazzonia grande come l’intera Germania e non si è fatto nulla per cercare di spegnere le fiamme e ridurre i danni . La finanza internazionale succhia quello che può da quello sconfinato territorio, senza chiedersi se sia effettivamente necessario.

Un’altra evidenza emersa è il diritto dei popoli indigeni ad una propria teologia. «Occorre superare un latente colonialismo che ancora caratterizza i nostri rapporti con le popolazioni locali – ha evidenziato Maria Soave Buscemi – E’ necessario andare oltre le distinzioni tracciate tra noi e loro, tra cultura e folclore, tra arte ed artigianato, tra lingua e dialetti». La Chiesa, in tale contesto, deve diventare fidata compagna di cammino di quella gente che è costretta a vivere in un contesto geografico molto particolare e che rende molto difficile l’esercizio quotidiano della fede. «Esistono comunità che da diciotto anni non possono assistere ad una Messa, la media amazzonica di partecipazione all’eucarestia si attesta su una volta all’anno- sono i crudi dati di una realtà tanto complessa – Chi anima di fede queste comunità? Per il 70% si tratta di donne, spesso madri di famiglia, alle quali tocca il compito di tenere viva la fede con la presenza alla celebrazione della Parola. L’Amazzonia chiede che la Chiesa non sia solo pastorale di visita ma che sappia essere testimone di una pastorale di presenza stabile» .

Quali sono quindi, le proposte sinodali per l’area amazzonica? «Sono essenzialmente quattro i cammini di conversione della Chiesa che vengono richiesti – ha concluso Buscemi – conversione pastorale, culturale, ecologia e sinodale».

Ora la parola è passata a Papa Francesco al quale toccherà fare sintesi e dare voce ad un lavoro tanto articolato, frutto di un grande impegno di ascolto e discernimento.

Ascolta l’intervento