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“Solo cose belle” domenica al Maristella per TDS

Domenica 19 gennaio, alle 18.30, a Cremona, presso l’oratorio del Maristella, si terrà un nuovo incontro del percorso diocesano “Traiettorie di sguardi”. Nel corso della serata – dal titolo “Solo cose belle – lo scandalo del plurale” – sarà proposto l’omonimo film, una commedia italiana uscita nei cinema lo scorso maggio e incentrata sul tema dell’accoglienza e dell’incontro con l’altro e il diverso.

Il lungometraggio di Kristian Gianfreda racconta di una realtà dura da accettare per la gente di un borgo romagnolo assai diffidente nei confronti del “diverso”: ecco dunque innescarsi reazioni a catena, condite da sospetti, lacrime, risate che fanno venire alla luce la bellezza dell’accoglienza e l’importanza della solidarietà.

Ospiti della serata Francesca Benzi e Primo Lazzari, membri dell’associazione Papa Giovanni XXIII, realtà fondata da don Oreste Benzi nel 1968 e da allora attiva nella lotta all’emarginazione e alla povertà.

Sono invitati tutti i giovani della città e della diocesi.

Al termine dell’incontro seguirà anche una cena condivisa.

Brochure del percorso




“Droga libera o libertà dalla droga?”: un convegno tra scienza e Costituzione (AUDIO)

Preoccupazione, consapevolezza e sensibilizzazione: ecco le tre parole chiave dell’incontro organizzato dall’associazione “Family Day – Difendiamo i nostri figli” (sede di Piacenza) e presentato dal dottor Paolo Emiliani, medico chirurgo e presidente del Movimento per la Vita di Cremona, con il patrocinio della Provincia di Cremona, tenutosi nel pomeriggio di domenica 12 gennaio presso l’ex chiesa di San Vitale a Cremona.

Ospiti e relatori il prof. Giovanni Serpelloni, medico chirurgo specialista di medicina interna ed ex capo del Dipartimento delle Politiche Antidroga del Ministero degli Interni, e l’avv. Gabriele Borgoni, membro del centro studi “Rosario Livatino” e membro dell’associazione organizzatrice dell’evento.

«Il tema dell’incidenza della tossicodipendenza nel nostro Paese ha una rilevanza sociale ed una incidenza pubblica tale che non può non interessare la politica», esordisce il moderatore, sottolineando così l’obiettivo dell’evento: non un teatro di scontro tra proibizionisti ed anti-proibizionisti, quanto piuttosto il desiderio di «approfondire il tema della tossicodipendenza da un punto di vista culturale e sociale» e quindi «capire le ricadute di una scelta piuttosto che di un’altra».

La recente relazione del dipartimento delle politiche antidroga, utilizzata come punto di partenza dell’incontro,

mostra un trend crescente nell’ultimo anno in merito al consumo di droghe, tra le quali, senza dubbio, primeggia la cannabis. Come chiare conseguenze si registrano aumento di ricoveri per uso di sostanze psicotrope, incidenti e morti: i dati mostrati dai relatori sono indubbiamente allarmanti. Occorre che le amministrazioni pubbliche si impegnino ad escogitare «strategie di prevenzione, assistenza, cura e riabilitazione basate sulle evidenze scientifiche», suggerisce l’esperto di neuroscienze Serpelloni.

Proprio queste numerose evidenze scientifiche, ovvero i risultati di ricerche dimostrate, pubblicate ed accettate dalla comunità scientifica, non lasciano dubbi circa i danni e le conseguenze del consumo di droghe, quali alterazioni di strutture cerebrali, danni ad organi e sistemi, alterazioni comportamentali, della memoria e di svariate funzioni cognitive, variazioni genetiche ed epigenetiche e, non ultime, problematiche sociali.

 

L’intervento del dott. Serpelloni

 

Davanti ad un problema complesso, nel quale rientrano moltissime variabili – dalle evidenze scientifiche alle ideologie personali, dalle fake news ai report ufficiali – bisogna agire con coscienza e concretezza, come ripreso dal secondo ospite, l’avvocato Borgoni. Infatti, è bene non perdere di vista le ricadute delle scelte politiche e legislative sul tessuto sociale. L’avvocato ha così presentato le attuali norme vigenti e ha preso in considerazione luci e ombre della legalizzazione della cannabis per uso ricreativo, mettendo in evidenza la fragilità dell’impalcatura legislativa e ponendo l’accento sulla questione educativo-pedagogica della Legge. Questo senza mai schierarsi politicamente, ma in modo scientifico e razionale, in quanto l’obiettivo è «salvaguardare i nostri giovani: perché una nazione che non investe sui giovani è una nazione senza futuro».

 

L’intervento dell’avvocato Borgoni




«Dobbiamo contagiarci di carità»

Auguri di Natale insieme al vescovo Antonio Napolioni per gli operatori e i volontari della Caritas diocesana che, nella mattina di domenica 22 dicembre, si sono ritrovati al Centro pastorale diocesano di Cremona.

Rivolgendo il proprio saluto a tutti i presenti, monsignor Napolioni ha definito la città come un «laboratorio di sperimentazioni collaudate» che, allo stesso tempo, è mosso da grande «fantasia nella carità».

Il territorio cremonese, infatti, pullula di diverse realtà di carità: la Casa dell’accoglienza di viale Trento Trieste è solo la punta dell’iceberg di un’enorme sistema che comprende alloggi, case famiglia e centri di ascolto. Non solo migranti, dunque, ma anche ragazze madri, dipendenti da sostanze o gioco d’azzardo, anziani e pazienti psichiatrici.

Categorie sociali – ma prima di tutto persone – aiutate in modi e forme diverse dalla Caritas diocesana, in quanto «dimensioni nascoste che hanno bisogno di essere ascoltate con competenze che devono mostrarsi nei nostri territori», ha spiegato il direttore della Caritas, don Pierluigi Codazzi. Che ha aggiunto: «Il primo compito della Caritas è la formazione e l’educazione alla carità».

Idea ripresa anche dal Vescovo, secondo il quale bisogna «permettere a tutti di entrare in Paradiso e fare esperienza di carità; non solo gli addetti ai lavori – sorride indicando operatori e volontari – ma tutti noi dobbiamo contagiarci gli uni gli altri».

Il Vescovo, insieme al direttore della Caritas, ha invitato quindi non solo dipendenti e volontari, ma anche tutte le comunità a un sincero impegno nella carità, auspicando una vera crescita nella relazione e un futuro carico di speranza.

L’incontro si è concluso con un momento informale di scambio di auguri e un rinfresco, in pieno clima e spirito natalizio.

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San Michele Vetere, per l’Immacolata inaugurata dal Vescovo la chiesa restaurata

La solennità dell’Immacolata Concezione è stata l’occasione per inaugurare, alla presenza del vescovo Napolioni, la chiesa restaurata di San Michele Vetere, a Cremona. Quello che, secondo la tradizione, sarebbe l’edificio di culto più antico della città negli ultimi anni è stato oggetto di un intervento complesso che ha coinvolto la facciata, le campane e l’interno, con la parte pittorica insieme all’impianto luci, di riscaldamento e l’organo. Ad essere presa a cuore, però, non è stata soltanto la realtà del tempio fatto di mattoni: unitamente si è lavorato sul cammino di conversione della comunità, per avere davvero una chiesa rinnovata capace di avere nuovo slancio di fede e di missione.

Lo ha sottolineato con forza il parroco, don Aldo Manfredini, nel momento d’inaugurazione che, nel pomeriggio di domenica 8 dicembre, ha anticipato la Messa. L’occasione anche per riassumere i numerosi interventi effettuati e riguardanti parecchi elementi architettonici e decorativi, quali quadri, altari, colonne e capitelli, definiti «segni preziosi della fede dei nostri padri che abbiamo ricevuto e valorizzato». Senza dimenticare tutta la decorazione interna delle navate e del presbiterio, con il nuovo organo, che «rendono ora visibili i mattoni di cui è fatta la costruzione, richiamo ad ogni cristiano perché sia pietra viva della costruzione della Chiesa».

L’ultima parte, recuperata e restaurata, è stato l’abside, impreziosito dall’affresco – unico e raro – del Cristo pantocratore, al quale è stato letteralmente dato un volto mediante la proiezione di un’immagine realizzata ad hoc, per «essere guardati dal Signore, porre i nostri occhi nei suoi occhi, sentirci rassicurati dal suo Amore e dalla sua maestà», ha affermato il parroco.

La mole di lavoro ha richiesto la partecipazione di un gruppo corposo di professionisti – grafici, architetti, restauratori – che, insieme, hanno saputo portare alla luce le bellezze di un vero e proprio gioiello architettonico.

Tuttavia, ha sottolineato don Manfredini, «abbiamo dedicato tanto tempo e tanto impegno a questa chiesa, ma il bene più prezioso è colui che la abita e che qui ci convoca per incontrarci, radunarci e inviarci come portatori di vita nuova, sana, rigenerata»: per questo ha insistito nel parlare di «Chiesa restaurata» piuttosto che «restauro della chiesa», perché al centro ci sia la Chiesa, la comunità.

D’altra parte, come ha ripreso monsignor Napolioni nell’omelia, il silenzio della contemplazione, della preghiera e dell’adorazione (anche e soprattutto della nuova chiesa) deve poi concretizzarsi in azione, in quanto tutti siamo chiamati «a non fermarci alle immagini, a non fermarci alle pietre» quanto piuttosto «a fare un salto dalle immagini all’Immagine».

«Con le contraddizioni del nostro tempo, immersi nella “civiltà dell’immagine”, i bambini e i ragazzi crescono bombardati da immagini a loro disposizione ovunque, immagini che trasmettono sia la cronaca, sia le menzogne, sia il fascino delle cose del mondo», ha proseguito il Vescovo, provocando la chiesa gremita di fedeli. Tuttavia, «Dio ha scelto di correre questo rischio, di mettersi in mezzo a noi, un volto tra gli altri, una storia tra le altre: Gesù nasce da Maria e Maria viene preparata come il grembo del nuovo volto dell’uomo e della donna, della nuova umanità, della Chiesa e della sua missione».

Il Vescovo, quindi, ha preso spunto dalle meravigliose opere della chiesa, ricordando che Dio, facendosi corpo, entra nella storia e permette di fare esperienza, a partire da Maria, Immacolata Concezione, del mistero della salvezza: occorre però scegliere bene i riferimenti, le immagini da osservare e seguire, per vivere al meglio questo periodo di Avvento in attesa del Natale, memori di essere davvero immagine e somiglianza di Dio.

La liturgia, animata con il canto della corale parrocchiale, è stata concelebrata dal vicario episcopale don Gianpaolo Maccagni, dall’incaricato diocesano per i beni culturali ecclesiastici don Gianluca Gaiardi insieme ai sacerdoti della parrocchia: il parroco don Aldo Mandredini e i collaboratori mons. Achille Bonazzi e don Pier Altero Ziglioli.

Accanto a questo momento liturgico altri due di carattere culturale e spirituale: nella serata del 7 dicembre il concerto di organo e trombe con il Quartetto Lodovico Grossi e la sera di venerdì 13 dicembre (ore 21) l’elevazione musicale con all’organo Roberto Chiozza e i canti della schola cantorum parrocchiale diretta da Mariano Fornasari.

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Vigili del Fuoco in festa con il Vescovo per santa Barbara

Un’occasione di preghiera e riflessione e, insieme, per esprimere la riconoscenza ai vigili del fuoco per il loro coraggio e impegno civile e sociale. Questo lo spirito con cui, nella mattinata di mercoledì 4 dicembre, presso il comando provinciale di via Nazario Sauro, a Cremona, è stata celebrata la festa patronale del Corpo. Presenti le autorità civili e militari del territorio, con il prefetto Vito Danilo Gagliardi e il comandante provinciale Filippo Fiorello, insieme anche al vescovo Antonio Napolioni che, dopo l’omaggio ai caduti sul piazzale antistante la caserma, ha presieduto l’Eucaristia nella palestra della caserma.

L’attenzione del Vescovo è andato proprio ai pompieri, capaci di «mettere al centro il rischio» e quindi «porre gli altri davanti a se stessi». Persone capaci di provare compassione, intesa come «partecipazione emotiva, viscerale, spirituale, intensa alle sofferenze degli altri, mantenendo la padronanza di sé e il controllo della situazione», per «amare, servire e salvare gli altri». Persone che si dedicano – anima e corpo – a «salvare persone dentro una casa, dentro un corpo, dentro un territorio».

Proprio le recenti calamità naturali e disgrazie richiamano inevitabilmente alla fragilità e caducità della vita umana, quindi al tema della salvezza. I pompieri, in tanti casi disperati, possono portare una salvezza “fisica”, motivo dell’apprezzamento e della stima nei loro confronti; eppure, così determinati ed appassionati, i pompieri insegnano molto di più. Permettono, infatti, di riflettere sulla vita di tutti i giorni e sul donarsi agli altri, provare compassione ed empatia al punto di rischiare tutto per il prossimo.

Allora, ha incalzato monsignor Napolioni nell’invocazione finale, «facci vigili su noi stessi, su che cosa provano il nostro cuore, i nostri pensieri e le nostre scelte; facci scoprire se abbiamo un fuoco di passione per la vita che arde oppure se siamo diventati pompieri di noi stessi».

Un invito a rinunciare all’individualismo, a ri-scoprire l’essenza del vivere per l’altro rischiando tutto per salvarlo, sia nel corpo, sia nell’anima. Poiché questo “fuoco di passione” è l’unico che bisogna lasciar divampare, motore del desiderio di salvare gli altri, nella convinzione e consapevolezza di essere stati “salvati dall’amore del Signore”.

Terminata la Messa – concelebrata dal vicario zonale e parroco di San Bernardo don Pietro Samarini, dal collaboratore don Ottorino Baronio, dal direttore della Caritas don Pierluigi Codazzi e dal cerimoniere vescovile don Flavio Meani – la preghiera dei vigili del fuoco e la lettura del saluto del presidente della Repubblica, cui ha fatto seguito la consegna delle onorificenze con la consegna della Croce di anzianità ai vigili del fuoco Raffaele D’Alessio, Nicola Feroldi (vigile volontario), Giuseppe Mannino, Antonella Parascandolo e Diego Pellegri. È stato poi consegnato il commiato al personale a riposo, a Daniela Barilli, Argento Dolfini, Ivano Galli, Franco Galli e Antonietta Guacci.

La giornata è stata come sempre l’occasione anche per fare il punto dell’attività, snocciolando i dati dei 3.200 interventi di soccorso svolti nell’ultimo anno in provincia.

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La magia di santa Lucia: gli abbracci dei bimbi cremonesi diventano segno di carità per il Togo

Il progetto “Tazze piene di abbracci” si basa sulla storia di una nonna che regala a sua nipote una tazza, un dono che aveva ricevuto dal marito prima di partire per la guerra: il nonno l’aveva riempita di 365 abbracci, perché fossero sostegno e consolazione alla moglie nella lontananza; a distanza di molti anni, infine, la nonna e la nipote hanno deciso di regalarla proprio a santa Lucia.

«In sostanza chiediamo ai bambini prima di ripensare ai loro abbracci preferiti, come l’abbraccio profumato della mamma o quello morbido della nonna, e poi di scriverli sulle tazze che hanno realizzato con materiali di recupero. Queste tazze verranno vendute il 12 dicembre in Seminario, dalle ore 16.30, durante un evento aperto a tutti, ed il ricavato verrà devoluto a favore dei bambini del Togo dell’associazione “Amici di don Emanuele”».

A spiegare il progetto che coinvolgerà anche le scuole diocesane è l’ideatrice, Rossella Galletti, autrice di oltre venti libri per bambini, impegnata da anni in vari progetti in scuole dell’infanzia e primarie, racconta il suo impegno nel far rivivere la magica figura di santa Lucia aiutando persone in difficoltà.

Ci puoi spiegare quali sono i progetti che segui con i bambini?

Si tratta di progetti che partono sempre da una storia fantastica, che permettono ai bambini di pensare a qualcosa di bello e buono che possono fare nella loro vita, e che sfociano sempre in lavoretti che i bambini possono realizzare con le loro mani e che spesso e volentieri vengono utilizzati e venduti per aiutare associazioni benefiche e persone in difficoltà.

In quali scuole porti il tuo progetto e chi beneficia dei vostri lavoretti?

Le scuole materne e primarie sono quelle con le quali collaboro di più, sia private sia, quando possibile, pubbliche. I progetti sono assolutamente aperti a tutti. Abbiamo aiutato finora il centro di aiuto alla vita di Casalmaggiore, la Caritas e diversi ospedali con reparti pediatrici importanti come il civile di Brescia, il Bellaria a Bologna ed il Bambin Gesù di Roma. Cerchiamo di far arrivare, attraverso questi progetti, i sorrisi dei bambini.

Quando e come è iniziato questo progetto?

Tutto è cominciato da un sogno condiviso con don Roberto Musa, per far vivere e conoscere la chiesa di S. Lucia di Cremona ai bambini, quasi una decina di anni fa, ed il progetto è andato avanti fino ad oggi. Alla base ci sta un grande affetto per la santa, che porto dentro da sempre: ha dato tanto a me – confida con un grande sorriso – e ci tengo a trasmetterlo ai bambini e a conservare la tradizione ed il culto che ci stanno dietro.

Oggi viviamo in una società nella quale sembra non andare di moda aiutare gli altri e farsi dono. Con il tuo impegno e lavoro testimoni uno stile ormai molto raro: secondo te, perché ne vale la pena?

Spesso, dietro al bene che viene fatto, ci sono un sacco di orpelli, quali il richiedere un’offerta, il farsi conoscere… per me e per chi mi accompagna e sostiene, invece, non è così: credo fermamente che portare il bene, farlo circolare, generi altro bene: questo all’inizio può lasciare sconcertate le persone, ma poi qualcosa si scioglie. Inoltre grazie a questi progetti ho avuto la possibilità di conoscere tante belle persone: insegnanti, famiglie, personale ospedaliero. E il merito è proprio dei bambini, che nel loro essere così veri e genuini, non lasciano pensare a dietrologie o altri fini: conta solo donare qualcosa che ti faccia stare bene per un attimo, anche se stai male in ospedale o sei un terremotato.

 




«Fragile come tutti, felice come pochi»: la figura di santa Teresa di Lisieux secondo suor Antonella Piccirilli (AUDIO E VIDEO)

«Col suo amore per Gesù, Teresa di Lisieux ci insegna una dottrina, […] ci fa fare esperienza della santità con i nostri dubbi, peccati e imperfezioni»: così esordisce suor Antonella Piccirilli, nella serata di ieri, 25 novembre, presso la chiesa di Santa Maria Assunta di Cella Dati. Suor Antonella, su invito di don Umberto Zanaboni, parroco di Cella Dati, Derovere e Pugnolo, ha presentato il suo libro “Fragile come tutti, felice come pochi – Teresa di Lisieux e le nostre ferite”.

Tuttavia non si limita ad una mera pubblicizzazione del suo libro, ma riesce a dare vita alla straordinaria figura di Teresa di Lisieux mediante la lettura di alcuni estratti della sua pubblicazione e di lettere originali della stessa santa.

Volendo fare un parallelismo artistico, suor Piccirilli paragona la santa alla “Pietà Rondanini”, un’opera splendida, sebbene incompiuta a causa della morte del suo autore: proprio questa sua incompletezza la rende un’opera aperta, che spinge dunque a riflettere ed a guardarla sempre con occhi nuovi.

Allo stesso modo santa Teresa di Lisieux è una figura interessante, poliedrica e sempre attuale, un modello al quale guardare e trarre ispirazione. Santa Teresa, infatti, pur nelle sue debolezze e fatiche, sceglie di fidarsi e di “saltare” nelle braccia di Dio. Le sue imperfezioni e fragilità, i suoi pensieri e le sue emozioni – sia positive che negative – diventano offerta per Gesù, un dono per rendere felice il Signore: per questo, pur avendo vissuto molte sofferenze nella sua breve vita, santa Teresa è un vero e proprio modello di felicità e santità.

 

https://www.facebook.com/DiocesiCremona/videos/772863093176490/

 

Dunque, conclude suor Piccirilli, sulla scia di Teresa, occorre «re-imparare a fidarsi, perché così si imparano la santità e la felicità, perché stanno nel rendere felice l’altro e persino Dio». Suor Piccirilli, con semplicità e dolcezza, invita non solo la chiesa gremita di persone ma tutta la comunità a riscoprire il valore della fiducia, ad accettare le proprie imperfezioni e mancanze e trasformarle in punto di forza, in dono. Proprio con un dono, un piccolo simbolo, si chiude la serata: delle rose benedette vengono regalate a tutti i presenti, come ricordo del bellissimo incontro e come memoriale della figura di santa Teresa da Lisieux.

Ascolta l’intervento integrale




“Ti amo da morire”: lo spettacolo teatrale contro la violenza sulle donne all’oratorio di Pandino e a Castelverde

“Ti amo da morire” è una promessa, un giuramento, una minaccia che diviene, provocatoriamente, il titolo dello spettacolo realizzato dalla Compagnia dei Piccoli, di e con Alessia Bianchi, Mattia Cabrini e Daniele Carrara, per celebrare e ricordare la giornata mondiale contro la violenza sulle donne (lo scorso 25 novembre).

Il tema viene affrontato con uno sguardo diverso ed innovativo, incentrato sulla percezione e sull’inconscio del protagonista, colui che genera violenza: un uomo innamorato di una donna ma che non la sa amare.

«In scena – spiega Mattia Cabrini – ci sono un lui e una lei come tanti, che, senza una sola storia precisa, provano a scivolare da una scena all’altra, tenendo insieme tante storie, quelle che sentiamo alla TV, quelle che raccontiamo a noi stessi e quelle che vorremmo vivere».

Storie di amori non corrisposti, di violenza, di incomprensioni. Storie che vedono come protagoniste le persone più insospettabili, capaci di travolgere e lasciare senza parole. Storie vere raccolte dall’Asl, da consultori e dal Centro di ascolto uomini maltrattanti di Cremona, l’unico centro in Lombardia che si occupa di aiutare e supportare diversi uomini inseriti in appositi percorsi di ri-educazione all’affettività e alla sessualità.

Lo spettacolo andrà in scena con un doppio appuntamento venerdì 29 novembre alle ore 10 ed alle ore 21 presso l’oratorio di Pandino e sabato 30 novembre alle ore 21.15 presso il teatro comunale di Castelverde.

Un’occasione preziosa per fare i conti con un tema molto attuale, spinoso e inquietante, per affrontare limiti e fragilità di un sistema ancora impreparato a gestire una palese emergenza sociale e culturale e per sensibilizzare il pubblico e l’intera cittadinanza circa il valore dell’uguaglianza sostanziale oltre qualsiasi barriera, perché “non è normale che sia normale”.




Dialogo tra Chiesa e Politica per un territorio attento alle proprie ricchezze e vicino alle persone (Audio e Foto)

Il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e il vescovo di Crema, mons. Daniele Gianotti, nella mattinata di domenica 1° dicembre hanno incontrato gli esponenti del mondo politico, sociale, economico e del volontariato del territorio in un momento di riflessione circa alcune tematiche calde, che intercettano trasversalmente tanto la politica quanto la spiritualità e la fede.

L’evento, organizzato dai rispettivi Uffici diocesani per la Pastorale sociale e del lavoro, guidati dal mantovano Sante Mussetola e dal cremasco don Gabriele Frassi, si è tenuto presso la scuola media “Enrico Fermi” di Pizzighettone, continuando in modo inedito la tradizione di inizio Avvento della Diocesi di Cremona.

La novità di quest’anno ha rappresentato un esperimento interessante e unico nel suo genere, probabilmente l’inizio di una futura serie di collaborazioni. L’obiettivo, infatti, è una «riflessione globale su come viviamo il nostro territorio insieme ad altre diocesi della bassa Lombardia (Crema, Lodi, Vigevano e Pavia)», ha spiegato il vescovo Napolioni, supportato dal vescovo Gianotti.

I due vescovi hanno invitato quindi a vivere e condividere criticità e punti di forza di realtà vicine e simili tra loro. Tuttavia «non spetta alla Chiesa fare politica o sociologia», ha incalzato subito mons. Napolioni, il quale ha definito l’incontro come una “sosta familiare”, che serva a tutti per ragionare su come intraprendere un cammino davvero generativo di bontà e bellezze per il nostro territorio.

I due relatori hanno così proposto e discusso il tema controverso della fratellanza, provocando gli amministratori a partire dall’analisi di alcuni estratti del “Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace mondiale e la Convivenza”, firmato a due mani da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayeeb.

Molteplici sono state le tematiche dibattute dai due vescovi e dal pubblico, dalla centralità della famiglia alle falle del sistema finanziario, dalle conseguenze etiche del progresso tecnologico al recupero dei valori tradizionali, dal fenomeno migratorio al ripensamento di un’etica comune che non sia “figlia della paura”.

Riflessione del vescovo Napolioni

Il filo conduttore delle testimonianze, ripreso poi anche dal vescovo Gianotti durante l’omelia, nella Messa celebrata nella chiesa di San Bassiano, è stato proprio l’incontro con l’altro, con il fratello, punto di partenza e di arrivo di ogni buona relazione ma anche amministrazione. Nella prima domenica d’Avvento inizia un cammino che «ci invita a guardare alla venuta del Signore Gesù, che viene a noi nell’altro, nel fratello», ha affermato il vescovo di Crema, che ha suggerito che «la grazia che possiamo chiedere è di essere più attenti, più disponibili, meno frettolosi e meno superficiali». Dunque tale grazia diventa anche un invito carico di speranza (rivolto non solo agli amministratori, ma alla comunità intera) a saper intravedere la ricchezza dell’altro, del fratello, sia esso concittadino oppure proveniente da un’altra parrocchia, diocesi, città o nazione. Perché, come insegna Papa Francesco, sia rinnovato l’impegno a “costruire ponti, non muri”.

Omelia del vescovo Gianotti

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Un progetto di rinascita per la chiesa cittadina di Santa Lucia

Nella mattinata di venerdì 15 novembre, presso la casa parrocchiale di San Pietro al Po, il parroco don Antonio Bandirali ha chiarito la situazione della chiesa di Santa Lucia, attualmente ancora chiusa al pubblico. Le criticità emerse sono molteplici, da problemi strutturali ad interventi artistici. Infiltrazioni d’acqua susseguitesi nel tempo hanno portato a danni consistenti, causando caduta di intonaco, stucco e pellicola pittorica; a questo si aggiungono la presenza di fessurazioni, il restauro della volta centrale e la revisione dell’interno del campanile. Una situazione che dunque rende necessari ulteriori interventi sulla struttura, in termini di messa in sicurezza e a norma dei vari impianti. 

«Queste problematiche – spiega la restauratrice Federica Cattadori – hanno richiesto una programmazione del lavoro di ristrutturazione e restauro in più fasi.: una fase cautelativa, per mettere in sicurezza l’edificio, una fase di pulitura delle superfici e di alleggerimento della parte pittorica, per un ritorno alla freschezza ed originalità dei dipinti originali, ed infine una fase di consolidamento profondo ed ancoraggio delle parti in distacco».

Considerata la complessità dei lavori, è stata necessaria (ed è ancora in corso) una consistente opera di monitoraggio ed analisi completa dei vari aspetti, sotto la supervisione dalla Sovrintendenza. Risulta pertanto difficile scandire delle tempistiche precise, sebbene sia importante sottolineare che i lavori siano già iniziati con la realizzazione di un primo ponteggio.

La chiesa di Santa Lucia non porta però solo preoccupazioni, ma anche speranza ed entusiasmo: Ezio Gozzetti, architetto direttore dei lavori, definisce la chiesa come un «bellissimo manufatto, straordinariamente efficace e dall’omogeneità splendida». Insomma un piccolo gioiello ricco di storia ed elementi pittorici poco conosciuti: per questo i lavori di ristrutturazione e restauro potrebbero anche diventare una bellissima occasione di studio e incontro con esperti di storia dell’arte e beni culturali.

I laboriosi interventi sono stati sostenuti con il contributo della Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona e le generose offerte della comunità, anche se la strada è ancora lunga. «Tuttavia – sottolinea don Antonio – il problema non è solo economico. Occorre riprendere e rivalutare il culto di Santa Lucia, tanto amata e sentita non solo dalla comunità parrocchiale, ma da tutta quanta la cittadinanza».

Per questo il 29 novembre, alle ore 21, presso la chiesa di San Pietro al Po, si terrà un evento promosso dalla associazione dal CrArt “Cremona Arte e Turismo” dedicato proprio alla figura di santa Lucia; nella stessa chiesa, dal 1° dicembre verrà esposta la statua della santa e il 13 dicembre si celebrerà la Messa. Occasioni di incontro, preghiera e raccolta di offerte per sostenere questo progetto ambizioso di rigenerazione culturale e spirituale per il bene di tutta la città.