1

Chiesa di Casa verso la Gmg, ascolto e dialogo le sfide per i giovani

 

Ascolto e dialogo. Sono questi i temi fondamentali emersi durante la nuova puntata, interamente dedicata al mondo dei giovani, di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale della Diocesi disponibile sui canali social ufficiali e in onda la domenica alle 12.15 su Cremona1. Nel fine settimana in cui la Chiesa universale celebra la Giornata mondiale della gioventù il focus non poteva che essere posto su chi ne è assoluto protagonista.

«Stando a contatto con i ragazzi e i giovani – ha raccontato don Daniele Rossi, assistente Giovani dell’AC di Cremona – si percepisce un forte bisogno di ascolto, unito a un desiderio di valorizzazione. La sfida, però, non è semplicemente ascoltare, ma anche tentare di dare risposte concrete. Nella mia esperienza ho osservato che, molto spesso, è ciò che viene maggiormente richiesto».

A confermare la percezione espressa da don Rossi è Martina Allevi, collaboratrice della Federazione Oratori Cremonesi. «Non sempre, da giovani, ci sentiamo pienamente ascoltati. Creare un canale di comunicazione non è semplice, lo sappiamo bene, perché abbiamo due sistemi differenti. Riuscire a generare un dialogo, però, mi pare fondamentale per costruire relazioni vere e autentiche all’interno della Chiesa e della società».

Chi, da diversi anni, incontra spesso il mondo giovanile nel territorio cremonese è l’associazione “Gli amici di Robi”. A raccontarne lo stile è Pietro Ginevra, docente di Scienze motorie e membro fondatore del gruppo. «Il nostro obiettivo è quello di cercare di rendere i giovani partecipi della vita della città, facendo loro capire che eventi come quelli che organizziamo, sportivi, musicali o puramente aggregativi, possono effettivamente essere proposti. Questo, secondo noi, può anche dare la spinta a nuove realtà diverse dalla nostra, che possono intercettare altri bisogni, avendo un’identità differente».

L’incontro, la relazione e la partecipazione sembrano dunque elementi chiave per costruire un vero e autentico dialogo. In questo senso, molto preziosa è stata l’esperienza della Gmg di Lisbona, vissuta dai giovani di tutto il mondo durante l’estate passata. Da sempre le Giornate mondiali della gioventù sono incredibili occasioni di incontro e condivisione, Il rischio, però, è sempre quello di viverle in maniera isolata e limitata nel tempo. «Molti ragazzi che sono stati a Lisbona – ha sottolineato don Rossi – hanno apprezzato la possibilità di confrontarsi, durante i momenti formativi e di catechesi, su questioni molto vicine alle loro vite. Su questo, nelle nostre comunità, si fa spesso molta fatica, perché i numeri sono ridotti i non ci sono le forze per attivare iniziative concrete. Diventa allora importante l’interparrocchialità, la collaborazione a livello zonale e la strutturazione di proposte che aiutino a respirare un clima che sia davvero ecclesiale anche al di fuori del singolo evento globale». E secondo Martina Allevi, «il bisogno di mantenere le relazioni e di coltivarle è molto forte: i ragazzi e i giovani stessi si stanno organizzando per vedersi, incontrarsi e poter mantenere vivi quei legami che si sono costruiti».

Ascolto e dialogo, dunque, sono elementi chiave solo se accompagnati da un percorso di valorizzazione e coinvolgimento all’interno del tessuto sociale e relazionale. «È necessario creare entusiasmo – ha concluso Pietro Ginevra – e far sentire anche i più giovani importanti e partecipi. Si tratta di un rischio? Sì, ma bisogna correrlo per portare freschezza e novità di idee. I più giovani sono linfa vitale e portano un ricambio che è davvero necessario per la crescita della nostra comunità».




Fede e filosofia unite dallo sguardo sull’altro

«Abbiamo bisogno dell’incontro con l’altro». Questa la necessità espressa dalla professoressa Francesca Nodari, presidente della Fondazione “Filosofi lungo l’Oglio”, durante la nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento diocesano, dedicata alla Giornata mondiale della filosofia, celebrata lo scorso 16 novembre. «Spesso pensiamo alla riflessione filosofica come a qualcosa di disincarnato – ha spiegato Nodari – ma non è così. La relazione con l’altro ci mette in discussione, ci provoca, e fa nascere delle domande. Già questa è filosofia».

Il focus della puntata, infatti, è stato posto sulla concretezza, sul valore che la speculazione filosofica può avere nel quotidiano. La professoressa Chiara Ghezzi, docente di filosofia al liceo Manin di Cremona, ha sottolineato a sua volta lo stretto legame tra filosofia e vita. «Quando parlo ai miei studenti porto sempre come esempio quello dei bambini: i loro “perché?”, uniti ai “per che”, sono la più bella testimonianza del fatto che siamo naturalmente portati a fare filosofia, che è poi l’arte delle domande, non una semplice materia scolastica».

La domanda, l’interrogativo si pone allora come cardine del pensiero e della riflessione. «Mi pare molto interessante – ha evidenziato don Emanuele Campagnoli, dottorato in filosofia e docente presso l’Istituto superiore di Scienze religiose “Sant’Agostino” – far notare che ci si interroga quando si viene toccati dalla realtà. Questo aspetto testimonia, una volta in più, quanto sia forte il legame tra speculazione e concretezza, tra filosofia e relazione. Il mio incontro con la realtà, infatti, si confronta con quello dell’altro, perché anch’egli la abita. E dal nostro dialogo può nascere un nuovo modo di pensare, riflettere e agire».

La relazione, l’apertura all’altro, dunque, diventa occasione per condividere non solo una linea di pensiero, ma anche un modo di approcciarsi alla realtà. «È l’esperienza che viviamo con il nostro annuale festival “Filosofi lungo l’Oglio” – ha raccontato Nodari – in cui i maggiori pensatori della nostra epoca ci aiutano a indagare un tema specifico. Nella nostra esperienza abbiamo notato che, se si gettano dei semi buoni, la filosofia diventa davvero cultura animi, come direbbe Cicerone. Oggi più che mai c’è un grande bisogno di senso: con la riflessione filosofica possiamo imparare ad indossare idealmente quegli occhiali che ci permettono di guardare alla realtà per ciò che è davvero».

Una realtà che talvolta è ingiusta, non sempre accogliente, ma certamente abitata dai volti delle persone che la vivono. E secondo la riflessione di Levinàs è proprio il volto a essere il primo veicolo di incontro con l’altro e l’unico luogo in cui si possa fare esperienza dell’infinito. «Questo ci può aiutare, oggi, a recuperare il vero valore della persona – secondo don Campagnoli – tenendo però ben presente ciò che la differenzia dall’individuo. Quest’ultimo è un elemento della massa, mentre la persona è libera. Inoltre, la persona è irripetibile, unica, originale e creativa; l’individuo, invece, risponde a una forma, è la semplice espressione di una necessità».

«Far comprendere tutto questo a degli adolescenti non è semplice – ha concluso la professoressa Ghezzi – ma cerchiamo di stimolarli ad un modo di pensare rivolto all’altro, capace di coglierne il valore, di confrontarsi con le sue idee, che possono essere diverse, senza attaccare la persona. Questo è l’esercizio di filosofia, e di vita, più bello che si possa fare».




Chiesa di Casa, le sfide della povertà e del volontariato oggi nel ricordo del patrono Omobono

Alla vigilia delle celebrazioni di sant’Omobono, in diocesi è significativo porre l’attenzione sulla povertà, tematica cara al patrono cremonese. Proprio per questo motivo la nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento diocesano, ha posto il focus proprio sulla fragilità e sulle esperienze di carità presenti sul territorio.

«Omobono era un laico – ha raccontato Massimo Fertonani, presidente della Conferenza centrale della San Vincenzo de’ Paoli di Cremona – ed era piuttosto benestante. Proprio a partire da questa sua condizione ha messo a disposizione buona parte delle sue sostanze per aiutare il prossimo. Questo non è solo un esempio, ma ricalca fedelmente l’attualità. Oggi i nostri volontari donano non solo denaro, ma soprattutto il loro tempo in favore dei molti che si trovano in situazioni di necessità».

A dare, poi, una fotografia, a livello macroscopico, della situazione attuale è stato Stefano Lampertico, direttore del giornale di strada Scarp de’ tenis. «I numeri ci parlano di una povertà in aumento, che significa molte cose diverse. I centri di ascolto Caritas raccontano bisogni differenti a cui, troppo spesso, si fatica a far fronte».

Molte sono dunque le necessità, spesso parecchio differenziate tra loro. Ad avere un’attenzione particolare al territorio è stato Giuseppe Spriveri, assistente sociale del Comune di Cremona, che ha raccontato di quante siano «le sfaccettature della povertà: dal minore che ha bisogno di assistenza, alla famiglia che fatica a pagare le bollette. Ciò che, però, rimane invariato, è lo stile che ci deve caratterizzare. L’invito che, come assistenti sociali, ci sentiamo rivolgere è quello di guardare all’altro come a una persona, non semplicemente un povero che va aiutato».

Significativa allora è nuovamente la figura di Omobono che, come testimoniato da Fertonani, «ha acquisito presso i suoi concittadini una notevole autorevolezza. Era normale che intervenisse nel placare le contese, e le persone si fidavano di lui proprio perché il suo spendersi per le altre persone lo rendeva figura affidabile e di riferimento».

«Ancora oggi sono molti, per fortuna, coloro che testimoniano la carità con la propria vita – ha sottolineato Lampertico – e che offrono un bellissimo esempio di dedizione e cura nel quotidiano, senza ricorrere a gesti eclatanti».

La presenza sul territorio diventa allora fondamentale, secondo Spriveri, «soprattutto nei volti che si incontrano, prima che dalle iniziative istituzionali. C’è una rete di associazioni e volontari che lavorano e si spendono per le varie necessità che incontriamo. Ci sono poi tutti quegli interventi più nascosti, che prevedono un interfacciamento con enti come San Vincenzo e Caritas per le situazioni particolari relative all’accoglienza e al soddisfacimento dei bisogni primari».

Raccogliere e comprendere le esigenze e le fatiche delle persone non sempre è semplice. «Con Scarp de’ tenis abbiamo un osservatorio privilegiato – ha concluso Lampertico – perché grazie al contatto con i vari uffici Caritas riusciamo ad avere sempre una fotografia ben chiara della situazione, oltre alla possibilità di incontrare volti, persone e storie che ci aiutano a promuovere e sostenere le iniziative di carità presenti sul territorio».




A Chiesa di Casa in dialogo sulle domande di senso oltre il folklore delle zucche

La festa di Tutti i Santi e la commemorazione dei defunti. È questo che la Chiesa celebra, ogni anno, all’inizio del mese di novembre. Dall’altra parte si confronta con una società in cui, nella serata del 31 ottobre, viene data una grande rilevanza alla festa di Halloween. Molto spesso c’è stata una netta opposizione tra le due tradizioni ed è per questo motivo che la nuova puntata di “Chiesa di casa”, il talk di approfondimento pastorale diocesano, ha provato ad approfondire la questione.

«Le celebrazioni di questi giorni – ha spiegato don Andrea Lamperti Tornaghi, vicario parrocchiale a Pandino e insegnante di religione della scuola casearia del paese – ricordano a noi cristiani il valore della santità, che è per tutti, e aiutano a tenere vivo il ricordo e la preghiera per coloro che ci hanno preceduti in cielo».

Siamo abituati a pensare che la festa di Halloween si ponga in netta contrapposizione, ma la realtà sembra essere differente. Secondo il divulgatore storico Guido Damini, autore del podcast “Le Caporetto degli altri” su radio Deejay, «fonti alla mano ci sono tracce di una festa che i cristiani celebravano già nel terzo secolo, in cui, nelle catacombe, venivano ricordati i martiri. Sembrano essere queste le basi che, nel corso dei secoli, hanno portato a una festività che precedesse la festa di Tutti i Santi».

Contrariamente a quanto si pensa di solito, dunque, la festa di Halloween non ha origini celtiche bensì cristiane. Nonostante questo, con il passare del tempo e con il confronto con la cultura americana, si è trasformata nella festa che oggi conosciamo. Pur avendo perso il suo legame originario con la tradizione cattolica, però, essa pone delle domande. Cerca infatti, in modo scherzoso e leggero, di mettere in contatto il mondo dei vivi con quello dei morti. «L’interrogativo sulla morte e su ciò che viene dopo affascina da sempre – ha continuato Damini – tanto che la definizione stessa di umanità si ha nel momento in cui i nostri antenati iniziano a seppellire i loro defunti».

«Per noi, come Chiesa, – ha concluso don Lamperti – questi giorni possono essere un’occasione speciale per aiutare, soprattutto i più giovani, a riflettere e ragionare sul tema del dopo. Questo, poi, significa sempre parlare di vita, perché, quella della morte, non è una tematica da cui si sentono staccati o lontani. Al contrario essa suscita sempre domande profonde e ricche di significato».




Verso la Giornata diocesana di Avvenire: a Chiesa di Casa la buona comunicazione che non si misura a “like”

«Una buona comunicazione non si misura con i like». Così si è espresso Francesco Ognibene, caporedattore centrale di Avvenire, intervenuto durante la nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale della Diocesi che questa settimana ha preso spunto dalla Giornata diocesana del quotidiano Avvenire che si celebra domenica 29 ottobre in tutte le parrocchie. «Non è detto, infatti – ha proseguito il giornalista – che un post con molte interazioni abbia effettivamente reso un servizio ai lettori». Ed è proprio su questa dinamica tra comunicatori e lettori che si è incentrata la trasmissione.

Sulla stessa linea tracciata da Ognibene si è mosso anche Filippo Gilardi, coordinatore della redazione di TeleRadio Cremona Cittanova, che si occupa della comunicazione istituzionale della Diocesi di Cremona. «Un buon interrogativo che possiamo porci riguarda la notizia, il contenuto di ciò che comunichiamo, che non va confuso con il mezzo. Il rischio che spesso corriamo è quello di appiattirci sugli strumenti, perdendo così di vista i bisogni del lettore».

Quello di focalizzarsi sul mezzo, sulla piattaforma, è un pericolo che si corre soprattutto nella comunicazione veicolata dai social. «Oggi la notizia va data il prima possibile – ha commentato Claudio Gagliardini, esperto di comunicazione online e collaboratore di Riflessi Magazine – anche per esigenze di mercato. Ma è necessario prestare attenzione alle valutazioni sui fatti. Un giudizio troppo affrettato potrebbe non essere corretto e, molto spesso, viene rifiutato dai lettori».

Una riflessione a partire dai fatti, dunque, appare necessaria, ma necessita di un certo lasso di tempo per essere formulata in modo serio. «Da un lato ce lo impone la deontologia – ha sottolineato Ognibene – e dall’altro lo stile comunicativo che rappresentiamo e a cui apparteniamo, ossia quello ecclesiale. È fondamentale prendersi dello spazio per valutare, comprendere e, solo a quel punto, esprimersi. Questo significa incontrare i bisogni del lettore».

Parole, quelle di Ognibene, che sembrano controcorrente rispetto ai titoli flash cui siamo abituati. «Con l’esperienza di Riflessi Magazine – ha spiegato Gilardi – tentiamo di fare proprio questo: strutturare titoli che siano in grado di suscitare il desiderio di approfondire le notizie, così da creare relazioni, tra le persone e con il territorio».

Per Gagliardini è proprio questa la chiave: far sì che gli strumenti comunicativi siano a servizio delle persone e dei loro bisogni di interazione, informazione e relazione.

Per la Diocesi di Cremona, dunque, la giornata dedicata al quotidiano Avvenire si prospetta come un’occasione utile per ragionare e riflettere, ancora una volta, sul senso e sul valore della comunicazione e delle necessità delle persone.




A Chiesa di Casa è “Il tempo dell’ascolto”

«Ascolta». È questo l’imperativo che Dio rivolge a Israele, come ricordato da don Pierluigi Codazzi, direttore della Caritas diocesana, durante la puntata di questa settimana di Chiesa di casa, il talk di approfondimento diocesano. Proprio in occasione della Giornata mondiale dell’ascolto, che si celebra come ogni anno il 21 ottobre, le parole del sacerdote cremonese ne hanno sottolineato il valore fondativo: «Dio chiede di aprire i propri orecchi. Questo introduce il tema della relazione e significa che essa parte da Dio, non dall’uomo. È una dinamica intrinseca, ed è bene che ce lo ricordiamo. Altrimenti l’ascolto rischia di diventare solamente un’azione o un’operazione messa in atto».

A evidenziare ulteriormente il valore della relazione è stata Alessandra Lupi, psicologa, psicoterapeuta e autrice del podcast Sei boomer papà. «L’ascolto parte dal presupposto che deve esistere l’altro. Questo è un concetto che oggi si sta perdendo, purtroppo. Esso presuppone, inoltre, un’attività: non è una semplice recezione passiva, perché per un ascolto vero esiste solo l’altro, non il mio bisogno».

Ed è proprio il bisogno, espresso o non espresso, che spesso diventa oggetto di ascolto e di dialogo. In questo senso è stato significativo l’intervento di Milena Fracassi, del Centro di aiuto alla vita di Cremona. In riferimento ai tanti anni di servizio in ospedale e presso la sede di via Milano, Fracassi ha sottolineato come spesso i bisogni che si incontrano siano simili: «Molte volte la richiesta di aiuto cela il semplice bisogno di un abbraccio, di una rassicurazione. Altre volte, invece, c’è molta concretezza nel far fronte alle necessità che si presentano, soprattutto solitudine e difficoltà economica. La fragilità nell’accoglienza di una nuova vita è comprensibile, ed è qui che si colloca il Centro di aiuto alla vita che, insieme ad altre entità del territorio – su tutte il consultorio Ucipem – cerca di far fronte ai bisogni della comunità».

La necessità di un confronto è stata più volte sottolineata anche da don Codazzi, che ha ribadito uno slogan molto chiaro. «Ai nostri volontari ricordo sempre di non essere mai da soli. Questa consapevolezza, innanzitutto, ci sostiene. In più, però, ci permette di non creare relazioni di dipendenza con le persone che si rivolgono a noi. Mai da soli significa che ci è richiesto un confronto con l’altro, un confronto che ci toglie dal pericolo di renderci un assoluto per il bisognoso».

Il rischio di costruire rapporti non sempre positivi è in effetti concreto, soprattutto quando si parla di relazioni che durano nel tempo. «E d’altra parte è proprio il tempo – ha spiegato Lupi – a permetterci di costruire un vero rapporto di fiducia. Chi chiede di essere ascoltato, chi ne ha bisogno, chiede innanzitutto il nostro tempo. E poi serve che l’orecchio di chi ascolta sia in grado di custodire ciò che di prezioso l’altro affida, specialmente quando si parla di adolescenti».

Alle parole della psicologa hanno fatto eco quelle di Milena Fracassi, che ha ricordato di come, anche al Centro di aiuto alla vita, «vengano pensati percorsi distesi nel tempo, in modo che le persone che vi prendano parte possano avere l’opportunità di sentirsi accolte e ascoltate per davvero».




Università Cattolica in città, presenza vitale per un futuro che… continua

 

Una presenza vitale: sono queste le parole più adeguate a definire il campus Santa Monica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Cremona.

Così lo ha definito il Magnifico Rettore, professor Franco Anelli, durante il Graduation Day dello scorso 6 maggio, con il primo “lancio dei tocchi” nella storia della sede cittadina dell’Ateneo, sempre più presenza caratterizzante nella vita della città del Torrazzo.

La sede cremonese della Cattolica presenta ormai tre corsi di laurea magistrali (di cui 2 in lingua inglese), due triennali e un master, suddivisi sulle due facoltà di “Scienze agrarie, alimentari e ambientali” e di “Economia e Giurisprudenza”, a cui si aggiunge la laurea magistrale in fase di istituzione (anch’essa in lingua inglese) in Consumer behaviour: psychology applied to food, health and environment, interfacoltà tra Scienze agrarie, alimentari e ambientali e Psicologia.

 

Sfoglia la fotogallery completa

 

«L’anno prossimo la facoltà di Scienze agrarie compie 40 anni di presenza a Cremona: dai 36 iscritti del ’92-93 del diploma universitario in Tecnologie alimentari siamo arrivati agli oltre 1.120 laureati magistrali e triennali della facoltà – ha sottolineato il preside della facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali Marco Trevisan – questo a testimoniare la crescita continua e costante dell’impegno della facoltà nella sede, che prosegue con all’attivazione della nuova laurea magistrale».

«Oggi è un momento di gioia per voi, per le vostre famiglie e per i vostri amici – ha sottolineato il Rettore durante il suo intervento alla cerimonia di conferimento dei diplomi – ma anche il giorno in cui restituiamo ufficialmente alla città un ambiente rivitalizzato dalla nostra presenza».

Una presenza che è preziosa e che, nelle parole del sindaco Galimberti, si è trasformata in invito: «Che la vostra competenza maturata in questi anni sia per tutti, perché abbiamo sfide enormi davanti e abbiamo bisogno della vostra intelligenza».

 

 

La presenza di un polo universitario come quello di Santa Monica, in un luogo ricco della storia scritta nei secoli dalla comunità cremonese, di cui oggi rivela preziose tracce la splendida struttura architettonica rinnovata con un profondo rispetto progettuale, aperto a slanci di grande innovazione, è dunque una risorsa preziosa per l’intero territorio, ma, allo stesso tempo, prevede un certo grado di responsabilità. «Voi ragazzi vi trovate al centro di una transizione epocale – ha commentato la professoressa Anna Maria Fellegara, preside di Economia e Giurisprudenza – e il nostro compito è stato quello di fornirvi competenze sufficientemente solide per intercettare un futuro che è tutto da costruire».

E proprio di futuro ha parlato mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, rivolgendosi a tutti i neolaureati e ai loro familiari. «Mi piace vedere famiglie che aiutano i loro figli a crescere in un contesto serio, impegnato e pieno di prospettiva come l’Università Cattolica. Si tratta di un passo in avanti importante per la nostra comunità civile ed ecclesiale. E a voi, giovani laureati, auguro di seguire i vostri sogni, perché in essi è presente lo Spirito di Dio».

Una ricca storia alle spalle, come quella dell’ex convento di Santa Monica, e lo sguardo rivolto al futuro e al mondo, che coglie l’opportunità offerta dai corsi internazionali della Cattolica per portare in città uno sguardo nuovo. Questa la condizione di chi conclude un percorso di studi e si apre al domani. Le incertezze fanno parte del viaggio, così come il desiderio di spendersi per costruire qualcosa di grande.

«Alla fine di un percorso, amici – ha concluso il Rettore Anelli – ci si trova davanti a nuove scelte da compiere e occorre assumersi delle responsabilità. Non ho ricette da proporvi, piuttosto un’indicazione. Per esprimerla, ricorro alle celebri parole dell’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”. Credo infatti che la scelta migliore sia quella che è dettata dalla propria indole, da ciò che voi sentite essere la vostra vocazione».

La garanzia che giunge da chi è in cammino per comprenderla è una soltanto. Per ogni persona o ambiente che incontrerà, sarà una presenza vitale.




«Ogni viaggio è un’esperienza umana che può essere occasione di evangelizzazione e di incontro con il Signore»

Ogni viaggio si configura come un’esperienza umana. Ed è proprio per questo motivo che la Chiesa Italiana, nel corso degli anni, ha deciso che in ogni diocesi ci fosse un ufficio dedicato alla pastorale del turismo. Per la Chiesa di Cremona si tratta di un momento particolare, perché si sta vivendo un avvicendamento proprio su questo fronte. Il presidente dell’agenzia turistica diocesana ProfiloTours dal 2012, don Roberto Rota, dal 2008 è anche direttore dell’Ufficio pellegrinaggi: incarico, quest’ultimo, rispetto al quale nei prossimi mesi passerà il testimone a don Matteo Bottesini.

Alle porte, il pellegrinaggio in Turchia, sulle orme di San Paolo. «Dobbiamo tenere presente che i cristiani non viaggiano solo da pellegrini. Quella è un’esperienza particolare: il pellegrino compie un itinerario che è specchio della vita. Ma non tutti i viaggi sono pellegrinaggi. E il turismo resta una dimensione rilevante». Così proprio don Rota durante l’ultima puntata della stagione del talk diocesano Chiesa di casa.

Alle sue parole hanno fanno eco quelle di Silvana Lucchini, che si è detta «molto contenta di aver partecipato a numerosi viaggi. Per certi versi posso dire – ha affermato – che mi hanno cambiato la vita, perché mi hanno dato l’occasione di incontrare, conoscere e confrontarmi con culture diverse, che prima non conoscevo».

In diocesi, dunque, l’attività legata alla pastorale del tempo libero e del turismo assume una connotazione particolare. Per don Rota «intercetta la vita delle persone durante i momenti più liberi e distesi, ma profondamente umani, come i viaggi appunto, per renderli occasioni di evangelizzazione e di incontro con il Signore». In questo senso, molta rilevanza assume l’esperienza di comunità che si sperimenta. «Io per prima non mi aspettavo di esserne così colpita – ha raccontato Silvana Lucchini – ma stare insieme ad altre persone mi ha davvero fatto bene. Il ritrovarsi per celebrare la Messa, la condivisione dei momenti più semplici e autentici sono qualcosa che porterò sempre con me, al di là del viaggio in sé».

Incontro, scoperta e comunione. Sembrano essere queste le parole chiave messe in luce da don Roberto Rota e Silvana Lucchini. «D’altra parte il viaggio è sempre un “andare verso” – ha ribadito il sacerdote cremonese – e il fatto che gli uomini e le donne di ogni epoca abbiano avuto il desiderio di viaggiare ci fa capire quanto questa esperienza sia radicata e profonda in ciascuno di noi». Un’esperienza umana che apre le porte a ciò che va oltre. Ecco il vero scopo di un ufficio pellegrinaggi: suscitare e provocare una seria riflessione a partire da un’esperienza vissuta.




Tra Grest e Gmg l’estate oratoriana è condivisione e incontro

Condivisione e incontro. Sono queste, secondo Daniela Tansini, giovane dell’oratorio di Soresina, gli elementi centrali delle esperienze estive vissute in parrocchia. «Se parliamo di Grest – ha raccontato la ragazza durante l’ultima puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale della Diocesi di Cremona – non posso fare a meno di pensare a tutte quelle persone, più piccole e più grandi di me, che ho avuto modo di incontrare e con cui ho potuto passare le mie estati. Questa è condivisione».

Ed è proprio quello dell’oratorio estivo un tempo utile a «vivere e riscoprire relazioni – secondo don Stefano Montagna, vicario parrocchiale a Cremona nell’unità pastorale Sant’Omobono –. Con la consapevolezza che ci si ritrova per stare insieme, per incontrarsi e per incontrare il Signore». Tempi e spazi consueti, dunque, cambiano durante l’estate, «con i nostri oratori che vengono abitati in modo diverso; oppure cambia il nostro modo di vivere la parrocchia: basta pensare ai campi estivi e a tutte le iniziative oratoriane che non si sviluppano in oratorio».

Proprio a questo proposito, l’estate 2023 vivrà un momento particolarmente significativo soprattutto per i giovani, con la Giornata mondiale della gioventù che sarà celebrata a Lisbona insieme a Papa Francesco.

«Ero già stata alla Gmg di Cracovia nel 2016 – ha ricordato Daniela Tansini – e ancora oggi la descrivo come l’esperienza più bella e importante della mia vita per le emozioni che mi ha regalato. Per questo non vedo l’ora di partire per Lisbona».

E se il lato emotivo è il primo a essere coinvolto, ma anche quello che più facilmente può far rientrare la Gmg in una sorta di nicchia chiusa in se stessa, «è la ripresa di ciò che si è vissuto – per don Montagna – a rendere davvero speciale l’esperienza. Ricordare, riportare alla memoria i momenti salienti è la chiave. Ancora oggi mi capita di parlare con adulti che hanno vissuto le Gmg del passato e che le portano ancora nel cuore».

Ed è in esperienze come queste che, ancora una volta, incontro e condivisione rivestono un ruolo decisivo. Secondo la giovane soresinese sono «gli elementi che la caratterizzano in modo particolare e che permettono di viverla con così tanta partecipazione».

Alla lettura aggregativa e comunitaria don Stefano Montagna ha aggiunto quella ecclesiale: «È molto bello partire insieme ai ragazzi e giovani della parrocchia, per poi vivere la dimensione diocesana e, infine, quella universale. Questo ampio respiro rende la Gmg una vera esperienza di Chiesa, che è incontro, comunione e condivisione».




8xmille, la sensibilizzazione passa anche dalle magliette del Grest

 

“Una firma che fa bene”. Questo il titolo della campagna della CEI volta a promuovere la firma per donare l’8xmille alla Chiesa Cattolica. «Per prima cosa mi piace sottolineare che non si tratta della richiesta di un contributo ‒ ha chiarito don Andrea Spreafico, responsabile diocesano di Sovvenire ‒ ma della scelta di destinare in un modo particolare una piccola somma di ciò che, giustamente, versiamo allo Stato. Il nostro primo dovere, allora, è quello di firmare, per poter avere voce in capitolo sull’utilizzo di quei determinati fondi».

La destinazione dell’8xmille alla Chiesa Cattolica è dunque il modo per sostenere ed accompagnare la vita della comunità. Secondo don Spreafico «già negli Atti del Apostoli si trova il fondamento di questa riflessione. I primi cristiano vivevano mettendo in comune ogni cosa e preoccupandosi del bene dei fratelli, sia spirituale che materiale».

Ed è proprio su questi presupposti che si basa la gestione dei fondi dell’8xmille. Non solo per il sostentamento del clero, «ma anche per la promozione delle iniziative di formazione e carità destinate all’intera comunità civile».

Il punto, dunque, non è semplicemente economico, ma dice di uno stile ‒ quello cristiano ‒ che per sua stessa natura è intriso di carità. «La Chiesa non è una società di capitali ‒ ha spiegato Spreafico ‒ bensì una comunità di persone che desiderano avere a cuore il bene del prossimo».

E se di stile si parla, soprattutto in estate, quello delle parrocchie della diocesi di Cremona è fortemente caratterizzato dalle esperienze del Grest e dei campi estivi. «Abbiamo pensato per questo a qualcosa di particolare ‒ ha concluso don Andrea Spreafico ‒ intervenendo con un contributo per abbassare il prezzo delle magliette degli animatori. Allo stesso tempo abbiamo inserito un qrcode per raccontare e testimoniare quanto possa fare bene la firma dell’8xmille alla Chiesa Cattolica».

Di nuovo, quindi, “Una firma che fa bene”. Una firma che è innanzitutto dovere e che può, a tutti gli effetti, fare la differenza.

 

8xmille alla Chiesa cattolica: ogni anno le firme dei contribuenti diventano migliaia di opere