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Figlie di San Camillo, festa per il 125° della Casa di Cremona

Festa con il vescovo Napolioni, nella mattinata di domenica 7 ottobre, alla casa di cura delle Figlie di San Camillo di Cremona in occasione del 125° anniversario di fondazione della Casa (1893–2018). Alle 9.15 la solenne celebrazione eucaristica alla presenza di madre Zelia Andrighetti, superiora generale dell’Istituto Figlie di San Camillo, e con la partecipazione delle suore, dei malati, degli operatori e di tutti gli amici e i benefattori che non fanno mancare alla struttura di via Fabio Filzi il loro sostegno materiale e spirituale.

In una chiesa gremita di fedeli la superiora, madre Zelia Andrighetti, ha dato il benvenuto a tutti i presenti, a partire dal Vescovo, ai concelebranti e a tutti i presenti tra cui anche alcune suore dell’ordine provenienti dalle altre comunità giunte per la speciale ricorrenza.

Ad animare la celebrazione il coro della casa di cura.

Nella sua omelia monsignor Napolioni ha voluto sottolineare l’attenzione su tre aspetti partendo dalle letture del giorno «nella prima lettura vediamo Dio che crea l’uomo e la donna: siamo un’unica carne, ancora prima di coppie siamo un’unica carne come umanità nel corpo di Cristo. Ognuno di noi ha la possibilità di vedere nell’altro sé stesso. Negli ordini religiosi come quello delle Figlie la finalità non è terapeutica, c’è la competenza umana». Mons. Napolioni ha poi proseguito dicendo che «nel racconto della Genesi si sottolinea la parità tra uomo e donna ma la donna ha una capacità di occuparsi degli altri speciale perché è stata tirata fuori da dentro l’uomo e perciò conosce cosa c’è dentro il cuore umano».

Proseguendo l’omelia monsignor vescovo è poi passato al secondo punto della sua riflessione «nelle letture leggiamo che Gesù è reso perfetto per mezzo delle sofferenze: questa espressione nel tempo ha giustificato una certa mistica del dolore ma Gesù non benedice il dolore, la mala sorte alla quale bisogna sopportare a tutti i costi». Infatti come si può sperimentare specialmente nelle situazioni di dolore come una casa di cura «la sofferenza può tirare fuori il peggio delle persone ma anche il bene: siamo liberi davanti alla sofferenza. Per questo non siamo soli anche di fronte alle grandi sofferenze: abbiamo bisogno di amore e di comunità nel dolore, di non rimanere da soli come a volte la mentalità moderna vorrebbe».

Nel terminare l’omelia il vescovo è poi passato all’ultimo punto della sua riflessione «quando presentano i bambini a Gesù, lui li lascia passare. Bambini non solo per età perché i piccoli sono anche quelli che non contano, quelli con cui costruisce il regno e per i quali Gesù è venuto».

A conclusione della celebrazione è stata letta da don Anton Jicmon una pergamena arrivata da Roma con la benedizione speciale del papa per questo importante anniversario.

Infine non è mancato il saluto di don Carlo Rodolfi, parroco della parrocchia di Sant’Ambrogio, per ricordare come il legame con la comunità della casa di cura sia importante per la vita della comunità parrocchiale.

Una grossa torta per celebrare questo anniversario è stata poi tagliata durante il ricco rinfresco che è stato offerto a conclusione a tutti i presenti.

Photogallery della celebrazione con il Vescovo

 

 

 

La Casa di Cremona

La Casa di Cremona è la prima dell’Istituto ed è stata fondata dalla beata madre Giuseppina Vannini nel 1893 in un piccolo edificio nel centro di Cremona. A quel tempo, l’attività delle suore consisteva nell’assistere a domicilio le persone anziane e malate, attività del tutto nuova per l’epoca, che ben presto riscosse l’ammirazione e l’encomio di tutta la cittadinanza.

Nel 1927, sentendo l’esigenza di mutare in parte l’opera di assistenza, le Figlie di San Camillo (o Camilliane, come vengono più comunemente chiamate) approdano in via Fabio Filzi, dove operano tuttora. Dapprima danno vita a un pensionato per persone anziane e sole. Poi, a partire dal 1946, ampliato e ristrutturato l’edificio, viene attivata una casa di cura polispecialistica, prima struttura privata a Cremona, che stipula con l’ex Inam e altre casse mutua convenzioni per il ricovero di malati.

Da allora la casa di cura Figlie di San Camillo è sempre in continua evoluzione. Nel 1999, con l’acquisizione dell’accreditamento e con i successivi adeguamenti strutturali, la struttura ha raggiunto alti livelli di comfort alberghiero, di assistenza e cura, sia in regime di ricovero che in regime ambulatoriale.

Oggi vi operano quindici religiose (provenienti da tutti i continenti) che quotidianamente prestano assistenza agli ammalati.

Un’opera che, come indica la Costituzione dell’Istituto (che gestisce anche una casa di cura a Brescia e tre ospedali a Roma, Trento e Treviso), realizza la testimonianza cristiana anche attraverso l’assistenza agli infermi, ispirata a principi etico–morali di umanità e professionalità per la tutela della vita. Tutti i dipendenti dell’Istituto sono tenuti, infatti, a ispirarsi a tali principi nel rispetto dei diritti del malato, elemento centrale della vita dell’istituzione.

Anche dopo 125 anni di storia, la missione delle Figlie di San Camillo mantiene la sua attenzione originaria: curare la salute dei malati che si rivolgono alla struttura, rispondendo in particolare ai bisogni degli abitanti residenti nel territorio e favorire, attraverso le molteplici attività ambulatoriali e di ricovero, la prevenzione e la cura, al fine di migliorare la qualità della vita delle persone.

Photogallery della struttura