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Il Vescovo ai fidanzati: siete l’immagine da prima pagina contro il pessimismo (AUDIO e FOTO)

Una «panorama di amore, che risponde al disegno di Dio creatore; un panorama di entusiasmo, di trepidazione, di giovinezza e di fecondità». È con queste parole che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto fotografare il salone del Seminario, gremito delle coppie che stanno per convolare a nozze. Alcuni giovanissimi, altri meno giovani; in molti casi già conviventi, alcuni anche con figli. «Questa foto – ha detto – dovrebbe essere la prima pagina del giornale di domani, a pagina intera, a combattere tanto pessimismo».

L’incontro tra il Vescovo e le coppie che quest’anno hanno preso parte agli itinerari di preparazione al matrimonio è stato promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale familiare. Proprio la coppia di sposi che ne è incaricata – Maria Grazia e Roberto Dainesi – hanno introdotto l’evento sottolineando la volontà di offrire una opportunità di riflessione e confronto tra coppie che stanno facendo la stessa esperienza, oltre che per dialogare con il Vescovo.

A salire sul palco da subito è stato l’amore, declinato secondo le forme della musica, della danza e della parola. I brani proposti da Anna Ruggeri, accompagnata dalla chitarra dal fratello Giacomo, hanno aperto la strada ai passi di Lerry e Laura, ballerini di tango sulle note di “Su ali d’aquila”.

Infine le riflessioni ad alta voce di un marito che si confrontava con la sua coscienza sul proprio rapporto coniugale. A proporlo Alberto e Monica Ferrari. Un racconto iniziato con il fastidio per l’assurdo modo di lei di spremere il tubetto del dentifricio e il pensiero che prima o poi lei avrebbe imparato a farlo come lui. Un tubetto che alla fine è guardato quasi con amore, nella consapevolezza che «quando smetti di sperare che sia solo l’altro a cambiare e capisci che c’è solo bisogno di un cambiamento del reciproco sguardo. Perché bisognerebbe essere capaci di guardarsi con l’indulgenza e la misericordia che ha un Dio che ci ama».

Alcuni stralci dell’esortazione apostolica sull’amore nella famiglia “Amoris laetitia” sono quindi stato lo spunto per un confronto che le coppie hanno svolto a piccoli gruppi, prima di ritrovarsi insieme per parlarne insieme al Vescovo, attraverso alcune domande che hanno voluto porgli.

 

Per sempre, tra fedeltà e tradimenti

Tra le prime tematiche sviluppate quella della fedeltà, legata alla libertà, ma nella consapevolezza che «anche la volontà può tradirci». «Fedeli alla nostra vocazione, al patto che abbiamo fatto – ha proseguito il Vescovo – davanti alla difficoltà, fosse anche il tradimento, possiamo essere migliori», diventando occasione per arrivare a un amore più profondo. Lo sguardo è andato alla «roccia sicura da cui sgorga una sorgente». E allora gli scossoni, che sicuramente non mancheranno, non riusciranno ad abbattere, quanto piuttosto «per distillare l’amore in termini umanamente sempre sempre più significativi, assomigliando all’amore di Dio».

Tra le questioni poste al Vescovo anche quelle del tradimento e del perdono (che non può essere un semplice lasciar passare). Con interrogativi che sono andati nel concreto, come ad esempio «quanto infinitamente buoni bisogna essere davanti a un tradimento». Ma il tema fedeltà – ha precisato mons. Napolioni – non va lasciato solo al momento estremo dell’adulterio: «deve essere un esercizio quotidiano». Poi il riferimento a Dio che «non dice dovete perdonare, ma anzitutto perdona lui».

Non è mancato un accenno al «per sempre» in particolare legato al rapporto genitori-figli, dove questi ultimi non possono però rappresentare l’unica colla del rapporto.

 

La famiglia nella società

I fidanzati hanno richiamato anche le difficoltà che la vita di oggi, tra tempi lavorativi e ritmi della società, non certo a formato famiglia. «Oggi si sta sgretolando qualcosa che era già fragile – ha affermato il Vescovo -. Bisogna svegliarsi, senza arrabbiarsi, per costruire reti di famiglie! Oggi far famiglia da soli, o solo con la protezione dei rispettivi genitori e suoceri, è difficile. È molto più promettente valorizzare l’amicizia tra coppie». Da qui l’invito a diventare protagonisti della comunità.

E ancora la necessità di difendere la domenica. Passando anche per alcuni consigli molto pratici, come il non farsi comandare le amicizie solo dai figli. Oppure svincolarsi dall’obbligo morale di «fare una domenica dai miei e una domenica dai tuoi: un ottimo sistema per fallire!». E ha proseguito: «Una dai miei ogni tre mesi, una dai tuoi ogni tre mesi. Il resto noi! Noi e le altre coppie, con cui scegliamo di condividere valori, stili di vita, progetti,  impegni, riposo, qualità del tempo». «Io sogno, e ho sperimentato è possibile – ha detto ancora il Vescovo – una parrocchia così. Andare a messa non deve essere un impegno in più, ma un guadagno. Perché lì trovo fratelli e sorelle, famiglie, amici e persone con cui si ricostruisce questa società. Non ignorando la complessità del mondo moderno, ma neppure rassegnandoci.

 

Ascolto e tempo guadagnato

Valorizzare e ascoltare l’altro sono stati altri due spunti di riflessione. «Non si finisce mai di imparare ad ascoltare», ha detto il Vescovo, richiamando però la necessità di ascoltare anche se stessi.

Mons. Napolioni ha voluto anche fornire «la dieta per farcela come cristiani»: 10 minuti al giorno per la preghiera di coppia, un’ora la settimana, mezza giornata al mese, una settimana all’anno. «Questo è il ritmo per fermarsi, ritrovare Dio, se stessi e la verità sui nostri rapporti. Altrimenti è un tritacarne».

 

Amore fino alla fine

Si è parlato anche di amare fino alla fine. Con tanta fatica, certo, ma l’alternativa per il vescovo è essere disumani. Ecco allora che l’amore indissolubile non deve essere visto come una gabbia: «dentro di voi c’è un nucleo incandescente che nessuno può spegnere, anzi può essere continuamente alimentato perché renda forti nel momento della prova che viene, in tutte le vocazioni». E infine: «Siete Gesù l’uno per l’altro, e insieme diventate segno di Gesù e della Chiesa nel mondo», di un amore che è misericordioso e fedele.

 

 

Il momento di preghiera ha concluso l’incontro, non prima però del particolare invito che il Vescovo ha rivolto a tutti i presenti: inviargli le partecipazioni alle nozze, magari accompagnate da qualche. «Mi scrivete come state – ha detto mons. Napolioni – e io vi rispondo, con la benedizione del Signore. Ci teniamo così in contatto, in amicizia e in preghiera in quel momento così importante della vostra vita». Poi a tutti un regalo: un paio di biro, magari da usare proprio per sottoscrivere i documenti del matrimonio.

Tutto si è concluso con un rinfresco – allestito come quasi un banchetto di nozze – che è stato ulteriore occasione di amicizia, insieme anche alle coppie di sposi che hanno accompagnato i fidanzati durante il cammino di preparazione.

 

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A Cicognolo la Veglia per la vita per la Zona 4

Luce, segno della vita. Quattro candele, accese e consegnate dai bambini, hanno simbolicamente illuminato la Veglia di preghiera per la vita che si è svolta, per la zona 4, nel nuovo salone parrocchiale di Cicognolo.

La Veglia, accompagnata dai canti eseguiti dalla Schola cantorum di Motta Baluffi e Scandolara Ravara e scandita dalla lettura della Parola di Dio e dalle preghiere, è stata un vero e proprio momento di meditazione e di invocazione della presenza di Dio, fonte e “padrone” della vita, il solo e unico che la dona.

Il vicario zonale don Davide Ferretti ha sottolineato l’importanza di «riflettere sulla sacralità della vita umana, da tutelare dal principio fino alla sua naturale conclusione, ma anche la necessità da parte della comunità cristiana di darne testimonianza. Ringraziare il Signore per le creature che popolano la terra e avere la testardaggine di affermare che la vita è nelle mani di Dio, non dell’uomo. Non bisogna rinunciare a Dio né metterlo da parte perché ciò significa togliere la vita che è “sentiero di amore”, un sentimento da recuperare e rivitalizzare senza condizioni e senza distinzioni».

Durante la celebrazione è stata data lettura di due significative testimonianze. Il medico e primario ospedaliero Mario Melazzini, ammalato di Sla e presidente dell’associazione italiana dei pazienti affetti da questa malattia, ha parlato di Piergiorgio Welby e del suo “diritto” di interrompere la vita.

Il dottor Melazzini ha riportato la sua esperienza personale, ammettendo di aver pensato di ricorrere all’eutanasia perché considerava soltanto se stesso, senza tenere conto dei sentimenti e delle esigenze dei familiari. «La richiesta di eutanasia – ha dichiarato – ed eventualmente la scelta della società di cedere su questo fronte, è puro egoismo. È la risposta più facile e sbagliata perché i malati vanno aiutati a vivere e questo è possibile solo attraverso un’assistenza adeguata e dignitosa. È un’accoglienza del malato e della sua sofferenza che alla società inevitabilmente “costa”.

L’impegno di chi lavora per il diritto alla vita diventa allora quello di fare del tutto perché quel costo non diventi mai un “peso” e che la società, nel suo insieme, non dimentichi mai che la vita è un dono e che vale la pena di viverlo fino in fondo».