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“Exodus”, l’esposizione di Nicolò Filippo Rosso dal 17 dicembre al Museo Diocesano

“La fotografia è una forma di protesta. Fintanto che le persone continueranno a soffrire e a essere vittime di ingiustizie, continuerò a fotografarle”. Queste le parole del fotografo Nicolò Filippo Rosso, diventate lo slogan della sua esposizione fotografica “Exodus”, realizzata all’interno del contesto del “Festival della Fotografia etica” di Lodi e che nei prossimi mesi arriverà a Cremona.

Sarà infatti il Museo Diocesano di Cremona a ospitare nelle sue sale la mostra “Exodus”, che sarà installata e accessibile da sabato 17 dicembre e resterà allestita per due mesi, fino al prossimo 17 febbraio.

L’allestimento di “Exodus” sarà realizzato grazie alla sinergia tra il Museo Diocesano di Cremona, Cremona Musei e la Fondazione Arvedi – Buschini. Le fotografie di Rosso andranno ad arricchire ancor di più un tanto prezioso museo, accompagnando i visitatori in un viaggio sulle rotte migratorie insieme a coloro che, sofferenti e disperati, non avendo nulla da perdere, decidono di sfidare il destino.

“Exodus”, progetto grazie al quale il fotografo ha vinto il World Report Award, nelle sezioni Master e Short Story, nell’edizione 2021, rappresenta un’importante opportunità per il Museo Diocesano, che avrà l’onore di ospitare un’esposizione volta a sensibilizzare l’occhio del visitatore riguardo a tematiche etiche e sociali, accendendo un faro sull’ingiustizia sociale nel mondo. Tematiche delle quali proprio il “Festival della Fotografia etica” da ormai dodici anni si fa portavoce.

 

Il progetto “Exodus”

In America Latina, la mancanza di opportunità lavorative e di accesso all’istruzione, la corruzione della politica e l’impunità, persistono da generazioni, alimentando un circolo vizioso di violenza e migrazioni, al tempo stesso sintomo e causa dell’esistenza di società disgregate.

Per quattro anni il fotografo ha percorso le rotte migratorie documentando il viaggio di rifugiati e migranti dal Venezuela alla Colombia e dall’America centrale al Messico e agli Stati Uniti. Raccontando le storie di bambini, adolescenti, donne incinte o che stavano allattando, provenienti da diversi Paesi, ha avuto modo di vedere come le innumerevoli storie di perdita si fondessero in un’unica narrazione attraverso gli occhi dei migranti più vulnerabili: quelli che nascono, crescono e muoiono in movimento.

La crisi politica e socio-economica che ha investito il Venezuela nel 2016, ha spinto cinque milioni di migranti ad andarsene dal Paese. La Colombia è la nazione più colpita da questo esodo. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), sono 1,8 milioni i venezuelani in Colombia, di cui mezzo milione bambini: un numero certamente sottostimato perché non tutti vengono registrati.

Nel 2021, dopo che gli uragani Eta e Iota hanno colpito il Centro America, Nicolò si è recato in Honduras. Inondazioni e smottamenti avevano colpito 4,5 milioni di vittime, alimentando una delle migrazioni più significative dell’ultimo decennio verso gli Stati Uniti. Questo lavoro documenta il viaggio dei migranti tenendo presente le differenti ragioni che spingono le popolazioni a emigrare, con la consapevolezza che la mobilità umana è ciò che definisce le società di questo continente. Decenni di guerra civile, povertà endemica o violenza rendono difficile per i migranti trovare condizioni migliori di quelle che lasciano. Attraversando terre di confine controllate da bande e gruppi ribelli, le persone sono esposte alla tratta e al reclutamento. Alcuni non raggiungono mai la loro destinazione, altri continuano a spostarsi, spesso a piedi, sperando di trovare un posto dove iniziare un nuovo capitolo della loro vita.

 

Nicolò Filippo Rosso

Nicolò Filippo Rosso (1985) è un fotografo documentarista italiano che vive in Colombia. Si è laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino, in Italia. Fotografare in America Latina significa spesso testimoniare storie di traumi, disuguaglianze e ingiustizie che hanno sconvolto il continente per generazioni. Nicolò ha scelto di raccontare storie di comunità abbandonate, crisi migratorie di massa, conflitti e cambiamenti climatici.

Dal 2018, dopo alcuni incarichi editoriali che documentano la migrazione venezuelana in Colombia, ha deciso di continuare a raccontare quel fenomeno storico anche attraverso i suoi progetti autoriali. Ha iniziato a trascorrere settimane e mesi in alcune zone di
confine, camminando lungo le rotte migratorie insieme a coloro che non dispongono del denaro per raggiungere una grande città o il confine più vicino in autobus.

La mobilità rappresenta una condizione umana del nostro tempo e, sebbene Nicolò volga il suo sguardo sull’America Latina, le famiglie di tutto il mondo sfuggono a guerre, disuguaglianze, povertà, disastri naturali e regimi totalitari.

Dopo molti anni passati a documentare storie di migrazione, ha capito che questi migranti continueranno ad essere al centro dei suoi progetti futuri. Ampliando un corpo di lavoro già esistente, nel 2021, si è recato in America Centrale e in Messico per documentare
l’attraversamento di rifugiati e migranti negli Stati Uniti.

Oltre ai suoi lavori personali ed editoriali per riviste, quotidiani e Ong, tiene spesso conferenze su fotografia e giornalismo nelle università colombiane, europee e statunitensi.

Ha ricevuto numerosi premi come il World Press Photo nella categoria Contemporary Issues, l’International Photography Award e il Getty grant per la fotografia editoriale. Il suo lavoro è stato ampiamente pubblicato su The Washington Post, Courrier International,
Le Point, Internazionale e Der Spiegel.