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Estate da volontari in Brasile, nel paese degli abbracci

Anche l’estate di quest’anno per alcuni giovani cremonesi, guidati da don Davide Ferretti, è voluta essere tempo di servizio per gli altri, in un paese lontano, il Brasile. Dopo aver fatto tappa negli anni scorsi a Goiaia, quest’anno la meta è stata Salvador, dove opera come “fidei donum” il sacerdote cremonese don Emilio Bellani. Di seguito pubblichiamo una loro testimonianza.

È il diciassettesimo giorno qui nel suburbio di Salvador. E sono stati diciassette giorni di incontri, sguardi che parlano al posto della voce, parole dette in un portoghese inventato, ma efficace. Sapevamo che ci saremmo trovati in una realtà totalmente diversa dall’Italia, totalmente diversa dal Brasile di Goiania al quale ci eravamo ormai abituati negli anni passati. Ma nessuno sarebbe stato in grado di prepararci davvero a quello che ci aspettava.

Se dovessimo utilizzare una parola per descrivere Salvador diremmo che è “muito grande”. Qui tutto è immenso, gigantesco, enorme. La favela nella quale abitiamo conta 35mila abitanti, anche se temiamo che un censimento preciso non si possa fare. Le case vengono costruite una sull’altra con una velocità impressionante. Per le strade, piene di buche e dossi alti come colline, ci sono bambini, anziani seduti sulla soglia di casa, cani e gatti che fanno merenda frugando nella spazzatura.

Quello che più ci sorprende è che, nonostante siamo circondati dall’immondizia, dall’incuria e dalla totale assenza di ordine al quale siamo abituati in Italia, istintivamente ogni mattina pensiamo di trovarci in un bel posto. Sarà il sole sempre alto in cielo, sarà l’oceano che si perde all’orizzonte, sarà la musica in filodiffusione… o sarà forse il sorriso delle persone, i grandi occhi neri dei bambini che incrociamo, gli abbracci degli adolescenti. Sì, perché qui tutti abbracciano. Non esistono le semplici strette di mano. Per salutarci la gente ci abbraccia e ci stringe forte, quasi volesse aggiustare il nostro cuore che si rompe al pensiero della povertà che i nostri occhi inevitabilmente vedono.

Durante la mattina ci dividiamo nelle varie realtà legate alla comunità di don Emilio Bellani, sacerdote cremonese “fidei donum” qui da otto anni. C’è chi va alla scuola dell’infanzia a giocare con i bambini da 1 a 5 anni, chi in un centro di rinforzo scolastico per bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni e insegna ai più grandi qualche parola di italiano, chi distribuisce le ceste basiche alle famiglie più bisognose e chi va a casa di Donna Edevania che accoglie uomini che vivevano per strada e dà loro ospitalità e una possibilità di riscatto. E il pomeriggio ci sono le partite di calcio, il bingo per i bambini del quartiere, la festa dei nonni, le visite alle scuole e ai centri educativi, gli scambi di ricette di dolci con le mamme (il salame di cioccolato diventerà presto il dolce ufficiale del quartiere).

Abbiamo ancora una settimana per stare qui, per respirare l’immensa contraddizione di questo Paese, per gustare la bellezza dell’incontro. Per ricordarci che le relazioni, quelle belle, vere, quotidiane, possono rendere il mondo un posto migliore.

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