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Don Patriciello a Rivarolo Mantovano: «La paura non deve congelare ciò che abbiamo nel cuore»

«Chi è il camorrista? Oggi ho spiegato agli studenti che il camorrista è una persona che non vuole bene a nessuno. Una persona che vuole tutto, ma tramite gli sforzi altrui. Il camorrista è un parassita!». Si è aperta con queste parole la serata “La Terra dei Fuochi, tra legalità e riconciliazione”, che venerdì 28 ottobre nella chiesa parrocchiale di Rivarolo Mantovano ha visto intervenire da don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, in provincia di Napoli, testimone diretto di una terra devastata dall’inquinamento provocato dalle discariche abusive e dalla presenza delle ecomafie.

Una iniziativa, quella proposta dall’unità pastorale Santa Maria Immacolata, formata proprio dalle parrocchie di Rivarolo Mantovano, Cividale e Spineda, che ha suscitato l’interessi di tanti, giunti anche dai territori limitrofi. Il parroco don Ernesto Marciò ha introdotto la serata, che ha idealmente continuato il discorso che don Patriciello aveva rivolto, nel pomeriggio presso il centro parrocchiale di Rivarolo Mantovano, ai ragazzi delle scuole medie.

Come è possibile affrontare situazioni come quelle in cui si trova e si è spesso trovato don Patriciello? La risposta l’ha data lui stesso: «Annunciando il Vangelo, ovunque ci mandano e ovunque ci troviamo». Parola di un sacerdote diventato simbolo dell’anticamorra, tanto che il suo operato, le sue denunce e il suo mettersi in gioco a fianco della gente comune gli sono costati minacce e intimidazioni, come la bomba carta fatta esplodere lo scorso 12 marzo a Caivano davanti alla chiesa di San Paolo Apostolo.

Una vita, quella che il sacerdote vive, a stretto contatto con la mafia, in una terra, conosciuta ormai come la Terra dei Fuochi, in cui la quotidianità è segnata dalla paura, in una parrocchia, quella di Caivano, che risulta essere tra le grandi piazze di spaccio di droga di tutta Europa. «Ma la paura non deve congelare ciò che abbiamo nel cuore».

Don Patriciello, che spesso viene appellato come “prete anti-camorra” e “prete ambientalista”, ci tiene a chiarire che «Il prete fa il prete, l’ambientalista fa l’ambientalista. Un prete fa cose che l’ambientalista solitamente non fa: un prete si occupa dei poveri, di donne e uomini in difficoltà, si occupa degli anziani, delle situazioni fragili. Un prete fa tutto questo». E ancora: «Il Signore mi ha mandato in un posto difficilissimo, in quartieri in cui i poveri, dopo il terremoto del 1980, sono stati abbandonati – ha raccontato Patriciello –. Un posto in periferia in cui ogni bambino che nasce, nasce segnato».

Un problema incentivato dall’assenza delle forze dell’ordine, concentrate nel centro storico delle città, e non in periferia. «Quando il gatto non c’è, i topi ballano – ha detto il sacerdote –. E così, quando in quei posti il gatto manca, le periferie diventano veri e propri ghetti». E ha proseguito: «Per sradicare la mafia non servono più forze armate, servono più insegnanti, perché la mafia si combatte sin dall’infanzia».

La relazione si è conclusa con il confronto tra la storia del sacerdote e quella di Salvatore, suo amico d’infanzia: don Patriciello che ha ricevuto la propria vocazione dando un passaggio a un frate autostoppista. Salvatore che invece, attraverso l’incontro con una banda criminale, è pian piano diventato un pezzo grosso della Camorra, che lo ha portato al carcere e poi alla morte. «Lui non era peggio di me e io non ero meglio di lui – ha concluso il sacerdote –. La vita di ognuno di noi è segnata dagli incontri. Alcuni incontri ti cambiano in meglio, altri in peggio».

Al termine dell’intervento c’è stato un momento di condivisione con l’assemblea, durante il quale don Maurizio Patriciello ha risposto alle domande dei presenti.