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Don Marco D’Agostino ha inaugurato a Soresina i Quaresimali

Non poteva che essere la “misericordia” l’oggetto delle riflessioni e delle testimonianze che scandiscono il percorso tracciato dai “Quaresimali” a Soresina nell’Anno Santo della Misericordia. Una serie di appuntamenti che spaziano dal versante squisitamente letterario a quello propriamente spirituale e mistico, dal confronto tra religioni (Cristianesimo e Islam) all’esercizio della prossimità coraggiosa “in opera e in opere”, fino all’autobiografia, in diretta, della “resa amorosa” all’Amore Misericordioso.

A inaugurare il ciclo d’incontri è stato il 18 febbraio il soresinese don Marco D’Agostino. L’incontro, dal titolo “L’impossibile perdono nella tragedia greca e la misericordia nelle Scritture bibliche”, ha avuto un sapore decisamente culturale e ha indagato la relazione tra l’esperienza del perdono nella letteratura classica antica al confronto con la sapienza della Bibbia. Un argomento di estremo interesse non solo per gli “addetti ai lavori”, ma per chiunque volesse cogliere l’originalità della concezione biblica della misericordia divina rispetto all’imperturbabilità degli dèi o alla fatalità del destino umano celebrati dai grandi poeti greci dell’antichità, soprattutto tragediografi.

È quanto ha dimostrato, con una dotta e dettagliata relazione, il soresinese don Marco D’Agostino, che unisce in sé la competenza del biblista e quella, non meno significativa, del docente di Lingua e Letteratura Greca presso il liceo classico “M. G. Vida” di Cremona.

In una sala gremita di uditori attentissimi, don D’Agostino ha esordito ricordando che la “cultura greca”, benché lontanissima nel tempo, è madre: gli stessi scritti neotestamentari sono debitori all’Ellenesimo della lingua e dei “paradigmi” del pensiero. Quindi, con dovizia di riferimenti ai grandi tragediografi antichi, Eschilo, Sofocle e Tucidide ed alle loro opere, il relatore ha illustrato l’assoluta distanza che oppone la Bibbia, e il Vangelo in particolare, alla tragedia greca. La quale conosce certamente la “compassione”, ovvero una certa empatìa dello spettatore con il dramma in scena, ma non potrebbe mai tollerare, come insegna la Scrittura giudeo-cristiana, che Dio stesso si identifichi con i drammi dell’umanità, e non da spettatore, ma facendosene carico in modo diretto, in un esercizio di amore misericordioso e gratuito che non ha, nei meriti dell’uomo, la sua ragione sufficiente né proporzionata, e raggiunge l’estremismo scandaloso della morte in croce.

Locandina dei Quaresimali 2016