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Don Luigi Ciotti: « Come don Primo scegliamo di stare dalla parte degli ultimi»

Don Luigi Ciotti esordisce confessando la sua emozione: «L’unico titolo per parlare qui oggi se non la straordinaria ammirazione che ho maturato per la vita, la storia e gli scritti di don Primo Mazzolari». Il salone dei Quadri non basta a contenere il pubblico arrivato in Comune per assistere all’intervento del sacerdote presidente dell’associazione Libera, ospite della presentazione del volume “Misericordia a bracciate” di don Primo Mazzolari, in occasione del 60° della morte del prete di Bozzolo. Il suo intervento è stato preceduto da quello di don Bruno Bignami, presidente della Fondazione Mazzolari e dai saluti del vescovo Antonio Napolioni e del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti.

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Molti sono in piedi, o seduti nelle salette laterali. Il pubblico segue in silenzio l’intervento di don Ciotti, scritto a mano sui fogli che tiene sotto al microfono e pronunciato con un trasporto appassionato: «Io mi sento molto piccolo rispetto alla complessità del mondo, piccolo e fragile di fronte a problemi che oggi ci devono creare una inquietudine». Come quella che accompagnava la vita e gli scritti di don Mazzolari, che il presidente di Libera cita abbondantemente, in un continuo gioco di rimandi al magistero di Papa Francesco: «Papa Francesco già nel suo primo Angelus – ricorda – ha parlato della Misericordia: questa parola cambia tutto, rende mondo meno freddo e più giusto».

Quella di don Primo, come ha sottolineato mons. Napolioni nella sua breve introduzione – è «Profezia che non ha confini nel tempo e nello spazio che possiamo comprendere oggi, sessant’anni dopo». Una straordinaria attualità che don Ciotti ribadisce con forza nelle sue parole che richiamano anzitutto i pilastri del pensiero mazzolariano: la centralità del Vangelo e l’impegno nella società.

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«Nella storia di ripetono alcuni passaggi in cui siamo chiamati ad uno scatto: non possiamo accontentarci di quello che stiamo facendo. Ognuno di noi è chiamato a fare di più nella quotidianità». Qui e oggi. Don Primo, osserva in un altro passaggio don Ciotti – «scriveva per graffiare le coscienze. E anche oggi la missione della Chiesa è quella esser coscienza critica della società ma anche voce» che porta nel mondo il Vangelo.

E la voce del fondatore di Libera quasi si rompe per l’emozione quando rivolge il suo appello incontenibile alla responsabilità, a «scegliere da che parte stare», a non stancarsi di denunciare un presente – citando ancora il Papa – «nella sua situazione angosciante»

«E’ un atto d’amore: vi prego, cogliamo i segnali! Il grado di umanità si sta abbassando a livelli preoccupanti nel paese che io amo. Non possiamo tacere»

Molti i riferimenti attualità, «ai disastri sociali e ambientali», alla conflittualità sociale, alla politica, al fenomeno delle migrazioni.

Tuona commentando al caso delle navi Sea Watch e Sea Eye: «Quando si permette che per 15 giorni una nave resti in mare in quelle condizioni si ignora che lì sono le fragilità» che richiedono la responsabilità della società.

Numerose le citazioni di Papa Francesco, ma anche di Paolo VI, David Maria Turoldo, don Tonino Bello. Un riferimento anche alla Costituzione Italiana, «nata come risposta al fascismo, all’ignoranza, alle leggi razziali, alle tragedie della guerra…

Oggi la rinascita dei fascismi e dei razzismi sono fatti reali. Non è folklore o nostalgia: la violenza dei fatti e delle parole, la degenerazione dei linguaggi pubblici e a volte anche politici e sotto gli occhi di tutti. Noi abbiamo una responsabilità»

E’ un appello alla partecipazione, a «mettersi nei panni dell’altro», a prendere posizione quello che don Ciotti – facendo proprie in molte parti del suo intervento le parole di Mazzolari – rivolge alla città e alla Chiesa di Cremona: «Non basta commuoversi, bisogna muoversi». E in don Primo ritrova una straordinaria «capacità di cogliere i segni dei tempi», di osservare con uno sguardo critico e di non restare neutrale («non c’è oggi parola più brutta di “neutralità”»). E la vicinanza con il messaggio del sacerdote cremonese trova un altro importante punto di contatto nella ricerca della pace: «Dove non c’è giustizia non c’è pace e dietro le guerre c’è l’industria delle armi … A Torino nella sede di Libera – aggiunge – ho messo un lenzuolo con un nome: Silvia Romano. Non se ne sa nulla». Il riferimento alla cooperante rapita in Kenya coinvolge il pubblico che sottolinea con un lungo applauso il pensiero di don Ciotti: «L’abbiamo dimenticata, persino denigrata…Ma sono meravigliosi i nostri ragazzi che si mettono in gioco!».

Come don Primo a cui – concludendo – don Ciotti invita a guardare come a un profeta. E come a un modello di vita ed impegno cristiano, animato dall’amore per il Vangelo e dalla passione per gli altri, testimoniato anche nei testi letti in sala da Roberta Benzoni.

In conclusione Omar Pedrini (ex Timoria) e Franco D’Aniello (Modena City Ramblers) hanno proposto alcuni brani, con una dedica speciale rivolta da monsignor Napolioni ad un detenuto del carcere cremonese, incontrato negli scorsi mesi anche dai giovani del Sinodo, che si è recentemente tolto la vita. In una delle periferie delle nostre città con cui proprio il messaggio di don Primo, ribadito con forza da don Luigi Ciotti, invita a «condividere la speranza».