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Domenica a S. Imerio l’ingresso di don Antonio Bandirali

A chiudere la serie degli ingressi dei nuovi parroci in programma nel fine settimana sarà quello di domenica 24 settembre, alle 10.30, a Cremona, nella chiesa di S. Imerio, dove si insedierà don Antonio Bandirali. La celebrazione, che sarà presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, è stata preparata nella preghiera con le Quarantore: da lunedì a venerdì adorazione quotidiana al mattino dalle 9 alle 12 e nel pomeriggio dalle 15 alle 18.30, proseguendo il 22 settembre anche per l’intera notte (dalle 21) sino alle 7 del mattino di sabato 23 settembre, concludendo quindi con la preghiera delle Lodi e la benedizione solenne. 

 

 

Profilo del nuovo parroco

Don Antonio Bandirali, classe 1965, originario dei Castelleone, è stato ordinato presbitero il 9 giugno 1990. È stato vicario a Cremona, nella parrocchia di S. Bernardo (1990/1994) e a Pizzighettone nella parrocchia di S. Bassano (1994/2001). Nel 2001 è stato scelto per guidare le comunità di Pozzaglio e Castelnuovo Gherardi. Prima come amministratore parrocchiale e poi come parroci, sino ad assumere il ruolo di parroco moderatore dell’unità pastorale di Olmeneta, Pozzaglio, Casalsigone e Castelnuovo Gherardi nel 2010. dal 2011 era parroco di Casalmorano, Castelvisconti, Mirabello Ciria, Barzaniga e Azzanello, oltre che vicario zonale dell’allora Zona 3.

Ora mons. Napolioni l’ha nominato parroco di S. Imerio, in Cremona, al posto di don Giuseppe Nevi, trasferito a Soncino. Don Bandirali potrà contare sulla collaborazione del vicario don michele Rocchetti, recentemente nominato vicario anche della Cattedrale e di San Pietro al Po in vista della costituzione dell’unità pastorale tra le tre parrocchie.

 

Saluto di don Bandirali

Carissimi fratelli e sorelle di Sant’Imerio, eccomi!

Già le foto che allego possono rendervi conto di chi io sia: non tanto per l’aspetto fisico, quanto per alcune caratteristiche della mia persona e del mio essere prete.

Non solo un prete che celebra, ma che mette l’Eucaristia davvero al cento della propria vita e di una Comunità Cristiana. Perché, sapete, non è sempre una cosa così scontata: quante volte ho vissuto la tentazione di pensare che la Verità dipendesse dalla forza con la quale la si pronuncia, senza ritenere, invece, che dall’Eucaristia partisse tutto quello che, segnato dalla Grazie, diventa eterno.

Non solo un prete riconoscibile per la sua funzione ministeriale, ma perché cammina insieme alla sua gente. Non sono un condottiero che con voce e mestiere trascina cose e persone ad una meta sognata in solitaria e indicata agli altri: preferisco stare nel mezzo e faticare insieme a chi cerca di essere ogni giorno credente e testimone del Vangelo di Gesù.

Mi porto dietro alcune esperienze che hanno segnato fortemente la mia fede e la mia formazione (e che spero non finiscano mai…), sempre radicate nella convinzione che la gente, il territorio e la storia diventano luoghi nei quali la Grazie si manifesta per aiutare a cogliere il buono della tradizione e guardare con speranza (guardare attraverso ciò che si vive) ad un futuro che solo il Signore sa, ma che si manifesterà nell’incontro con Lui, come nel volto attuale delle persone e delle loro vicende personali. È il futuro che orienta la vita di ogni giorno come le scelte personali e comunitarie!

Desidero poter contare sulla collaborazione di tutti perché il cammino che il Signore ci darà da fare possa essere costruito dai passi di tutti.

Sapete: tra le cose più care che conservo c’è una statua del Buon Pastore. Mi è stata donata nell’occasione del 25° anniversario della mia ordinazione presbiterale avvenuta il 9 giugno 1990. Mentre medito la Parola di Dio la contemplo come la lente che mi permette di capire. Per tanto tempo ho creduto che per svolgere bene il mio ministero dovessi assomigliare a Gesù che porta sulle spalle, dopo averle cercate, le pecore smarrite o ammalate. Ma poi pian piano o scoperto che quella pecora che Lui porta sulle spalle sono io, e ogni mio fratello e la sua croce. Questo mi ha cambiato la prospettiva nel capire la sua volontà: Lui mi ha cercato, Lui mi ha caricato sulle sue spalle, perché fosse ancor più evidente che prima di tutto c’è Lui: e vi assicuro che non è poi così scontato non solo affermarlo, ma soprattutto viverlo.

Il Vescovo Antonio mi manda ad accompagnare questa nostra Parrocchia verso una meta che ci porterà ad avere una vita in abbondanza, nella ricerca di una Comunione ecclesiale articolata e allargata. Una modalità attraverso la quale spesso si affronta questo discorso è quella che ci porta a considerare solo ciò che sta al di qua o al di là dei confini per definire ciò che si è, ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è vero e ciò che è falso. Ho capito, invece, che trovarsi sul confine è un po’ come darsi una possibilità preziosa di scambio dei doni che ciascuno ha. Lì ci si conosce davvero e ci si scopre uguali, al di là dei pregiudizi e delle presunzioni. È quando si va verso il confine (ideale) di sé che ci si dà la possibilità di incontrare gli altri e la loro verità. Giovanni Paolo II, nel 1989, in visita ad una Parrocchia di Roma disse: “ho imparato che la parte migliore della parrocchia sono sempre i confini, quanti vivono più lontani dal centro, dalla chiesa parrocchiale”. Senza dimenticare ciò che siamo – e questo me lo dovrete far conoscere – siamo chiamati ad andare agli altri, che per noi sarà anche cominciare a camminare con le parrocchie vicine.

Su questo versante ho cercato di vivere la mia fede e il mio ministero per diversi anni. Mi dispongo a continuare su questa prospettiva, con l’aiuto di tutti. Questa sarà la vita che il Signore ci metterà davanti: attirati dal Sole che sorge, per dirigere i nostri passi sulla via della Pace!

Un abbraccio forte a ciascuno, a partire dai più giovani e dai più deboli.

A presto!

don Antonio