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L’età medievale

Dopo la dominazione longobarda che ebbe, soprattutto nei primi tempi, conseguenze nefaste per la vita della città (distrutta, nel corso della guerra contro i Bizantini, nel 603), la Chiesa cremonese riprese a prosperare sotto gli imperatori Carolingi, assai larghi di concessioni e privilegi verso i vescovi che, proprio in questo periodo, videro la loro giurisdizione estendersi anche a sud della linea del Po.

Imerio   

   

   Sant’Imerio:

   facciata

   Cattedrale 

   di Cremona

 

 

 

 

Figura emergente dell’Alto Medioevo è Liutprando, uomo di profonda cultura e di intelligenza versatile che, nei circa dieci anni del suo episcopato cremonese (tra il 960 e il 970), fu però presente in diocesi solo saltuariamente, impegnato a lungo, con mansioni diplomatiche, al seguito dell’imperatore, dapprima con Berengario I e poi con Ottone I. Autore di importanti opere di carattere storico-polemico o cronachistico, si deve a lui l’aver portato a Cremona le spoglie di sant’Imerio, già vescovo di Amelia, che fu a lungo venerato come patrono principale della città, prima che si affermasse il culto di sant’Omobono.

 omobono   

   

   Sant’Omobono:

   dal ciclo di affreschi

   dell’altare di S. Michele 

   (Cattedrale di Cremona)

 

 

 

 

Il secolo X, del resto, vide rafforzarsi sensibilmente il potere temporale dei vescovi sulla città e su numerose altre località, mentre la loro giurisdizione spirituale andava estendendosi su un territorio sempre più vasto, fino a comprendere anche parte delle attuali provincie di Mantova, Brescia, Bergamo, Milano, Parma e Piacenza. Già nei primi decenni del secolo successivo, però, la città cominciava ad essere scossa da sussulti di autonomia, che sfociarono, ad esempio, nella cacciata del vescovo Landolfo e nella ribellione ai suoi successori.

Negli anni che segnavano la fase cruciale della “riforma gregoriana”, tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, Cremona rimase a lungo senza un vescovo (per le tensioni ancora irrisolte tra sede romana ed impero) e proprio in questo periodo si colloca la fondazione della nuova cattedrale, nel 1107, come segno di una ritrovata concordia tra i due schieramenti contrapposti (quello filo papale, dei milites o aristocratici, e quello fedele al papa, del populus cioè delle emergenti classi mercantili) che si riconoscevano entrambi nelle nuove istituzioni comunali che andavano rapidamente affermandosi.

I dissidi, però, dovevano ben presto riprendere, sul finire del secolo, lacerando la vita civica in opposte fazioni; proprio questi anni turbolenti, a cavallo tra il XII e il XIII secolo, segnarono però anche l’avvio di un nuovo risveglio religioso. Figura di riferimento, di questo periodo, è quella di Sicardo, vescovo di Cremona per trent’anni, dal 1185 al 1215, uno dei maggiori esponenti della cultura europea del suo tempo, autore anche di opere importanti come una Summa canonum, una Cronica, che va dalla creazione del mondo fino ai suoi tempi e che è la prima opera del genere scritta in Italia, e il Mitrale, un trattato di liturgia. Oltre a ciò, Sicardo fu un grande fautore di pace, lavorando senza sosta per ottenere la riconciliazione tra le opposte fazioni che dilaniavano la città. Al suo fianco, in quest’opera di mediazione, si schierò un uomo che lo stesso Sicardo, nella sua Chronica, definisce “semplice, molto fedele e devoto”, di nome Omobono, un laico dedito al commercio dei tessuti. Alla sua morte, avvenuta nel 1197, Sicardo si recò da Innocenzo III, accompagnato da una nutrita delegazione di cittadini, per chiederne la canonizzazione, che veniva concessa dopo poco più di uin anno, il 12 gennaio 1199. La bolla papale – tra le primissime testimonianze di una procedura canonica per il riconoscimento ufficiale della santità – ci dà una preziosa sintesi della vita e delle virtù di sant’Omobono: assiduo nella preghiera (morì mentre era assorto in orazione, nella chiesa ove si recava ogni giorno per l’ufficiatura mattutina e per la Messa), soccorritore dei poveri, fu anche un uomo di pace e coraggioso difensore della fede contro il pericolo dell’eresia. Traslato il suo corpo in Cattedrale, nel 1614, fu, dopo pochi anni, eletto patrono principale della città e della diocesi, fatto oggetto, nel corso dei secoli, e ancor oggi, di grande venerazione da parte dei suoi concittadini.

Nel 1298 il vescovo Rainerio tenne il primo Sinodo diocesano di cui si abbia memoria; se ne conservano gli atti grazie al vescovo Cesare Speciano che, nel 1604, li volle far pubblicare in appendice al suo Sinodo II.

La configurazione della diocesi, ormai ben consolidata, è documentata in modo completo da un elenco, redatto nel 1385 (per la riscossione dei censi e delle decime dovute al vescovo) che ci presenta il territorio diocesano diviso in 30 pievi; oltre ad esse è attestata, nel XIV secolo, la presenza in città di circa 40 tra monasteri e conventi (23 maschili e 16 femminili) e oltre 20 in diocesi (13 maschili e 8 femminili).