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«Da un inizio a un nuovo inizio» lettera pastorale sull’Iniziazione cristiana

La storia della salvezza che procede dalla Creazione alla Redenzione, da Eva a Maria: “Da un inizio a un nuovo inizio”. È proprio questa frase che il vescovo Antonio Napolioni ha scelto come titolo della sua prima lettera pastorale, quella sull’Iniziazione cristiana, resa pubblica l’8 dicembre. L’annuncio ufficiale nelle parole proprio del Vescovo al termine dell’omelia delle solennità dell’Immacolata presieduta in Cattedrale in mattinata.

Obiettivo di questa lettera pastorale – come ha sottolineato proprio mons. Napolioni – è quello di «sostenere gli sforzi generosi che da tanto tempo, da sempre, specie in questi ultimi anni, la nostra Chiesa fa per introdurre i ragazzi, le nuove generazioni, alla gioia della fede. Ma perché questo lo facciamo più uniti, e perciò più credibili, per vivere con entusiasmo la conversione missionaria cui siamo chiamati».

Un’omelia, quella dell’Immacolata, in cui il Vescovo si è voluto soffermare in particolare sulla bellezza: non quella ostentata e ricercata a volte sino all’eccesso, ma quella che non tramonta. Citando Montini e il poeta John Keats il richiamo al fatto che “una visione di bellezza è una gioia per sempre”. Da qui un vero e proprio compito per la preparazione al Natale: riconoscere la vera bellezza.

La Messa pontificale è stata concelebrata dal Capitolo della Cattedrale alla presenza anche del rettore del Seminario, don Marco D’Agostino, che il Vescovo ha ringraziato ricordando la Giornata del Seminario che si celebrerà in diocesi domenica 11 dicembre. Presenti in Cattedrale per il servizio liturgico alcuni degli studenti di Teologia, mentre altri negli stesi minuti erano a S. Sigismondo per la celebrazione, presieduta dal vescovo emerito Dante Lafranconi, del nono anniversario di insediamento a Cremona delle Domenicane. «Quanti semi!», ha sottolineato mons. Napolioni, riferendosi a queste altre coincidenze, che il Vescovo ha letto come veri e propri segni di fiducia e speranza.

Il testo integrale della Lettera pastorale

 

Sintesi della lettera pastorale

 

La Diocesi di Cremona ha avviato da più di dieci anni cammini di iniziazione cristiana di ispirazione catecumenale, accogliendo in maniera dinamica e ricca di passione le indicazioni che via via la Chiesa italiana ha offerto. Il magistero del vescovo emerito Dante Lafranconi ha ritmato questo cammino di rinnovamento di mentalità prima ancora che di metodo e ha rilanciato di volta in volta alcuni aspetti decisivi dei percorsi diocesani, fissando nelle sue lettere pastorali le convinzioni e le piste di lavoro che l’esperienza faceva maturare.

 

Un nuovo inizio 

Raccoglie ora questa ricchezza di esperienza e di riflessione il vescovo Antonio che la rilancia con l’autorevolezza magisteriale della lettera pastorale Da un inizio a un nuovo inizio inviata a tutta la Diocesi l’8 dicembre. Con questo intervento il vescovo «si fa portavoce delle attese del popolo di Dio, e del discernimento che va operando col Presbiterio e con gli organismi espressivi della partecipazione di tutti i fedeli. Per fare, insieme, la volontà del Signore» (n. 1). Il vescovo aiuta così tutta la diocesi a riappropriarsi dei cammini già in atto in molte comunità, a prendere sul serio le implicazioni che essi comportano e a camminare ancora perché la proposta diocesana possa maturare ulteriormente collocando le nostre esperienze nell’orizzonte più ampio che il magistero di papa Francesco delinea nelle sue esortazioni Evangelii Gaudium e Amoris laetitia. Si potrebbe affermare che questa lettera pastorale raccoglie l’invito che il papa aveva rivolto a tutta la chiesa italiana a Firenze nel novembre 2015: riprendere in mano Evangelii Gaudium per farsi stimolare e per diventare sempre più chiesa in uscita. Non si poteva non partire dall’iniziazione cristiana per cogliere appieno le esigenze dell’evangelizzazione e del primo annuncio che il papa a più riprese propone.

 

Lo schema della lettera pastorale

La lettera pastorale è corposa e ricca di spunti: merita una lettura attenta e meditata. Non la si può riassumere in poche righe; si possono però cogliere alcuni snodi di riflessione che si intrecciano lungo tutto il testo. La lettera, dopo un’introduzione che ne chiarisce lo scopo, articola in tre parti strettamente collegate la riflessione del vescovo: Sulla stessa linea (dove si tratteggia il percorso già fatto e che viene con forza riproposto); Nella complessità (il progetto di IC viene riletto alla luce della situazione pastorale e antropologica connotate dalla complessità); Per orientare e crescere (dove vengono proposte dieci piste di lavoro).

 

Un punto fermo

Il testo del vescovo Antonio si apre con la richiesta franca e decisa «a condividere tutti il medesimo progetto, per evitare alle famiglie e ai ragazzi le sofferenze dei cambiamenti importi dalla soggettività dei parroci e catechisti […] La nostra diocesi, questo progetto catechistico ce l’ha, e il nuovo Vescovo lo conferma, chiedendo a tutte le parrocchie di attuarlo senza timore, magari sdrammatizzando alcuni aspetti per ritrovare l’entusiasmo e l’unità sull’essenziale» (n. 5).

 

Le grandi idee dell’itinerario

È Evangelii gaudium (=EG) ad illuminare questo essenziale. Il vescovo coglie con precisione la necessità di re-imparare a iniziare, come atteggiamento di cura e di accompagnamento e di paziente introduzione in un mistero grande, dove il primo posto spetta alla grazia di cui noi dobbiamo diventare non tanto custodi quanto facilitatori (cfr. EG 47). La logica del dono, per cui nell’IC siamo raggiunti da Dio non per meriti o conquiste nostre, ma per il suo amore, aiuta a vedere anche il dono sacramentale come aiuto a chi è in cammino. Il vescovo ribadisce anche più avanti questa logica, affermando che «possiamo dare con fiducia i sacramenti anche a chi non ha raggiunto tutti gli indicatori di maturità auspicabili, quando la comunità si prende cura dei ragazzi non sono nella preparazione ai sacramenti stessi, ma attuando un vero progetto educativo cristiano in tutte le fasi della loro crescita» (n. 13). L’impegno a coltivare il dono di Dio, ad accompagnare la sua ricezione e la sua appropriazione personale sono una delle cifre qualificanti dell’itinerario catecumenale: è mettendo al centro ogni persona, ragazzi e adulti, con il suoi tempi e le sue risorse, è rispettandone l’unicità e praticando l’ascolto della sua vita che si può attuare un itinerario di accompagnamento. Itinerario che non tollera standardizzazioni o automatismi (n. 9), ma dove si cerca sempre un aggancio vitale, dove la cura delle relazioni diventa indispensabile (cfr nn. 19-20), dove la grazia che si è già fatta carne nelle persone che incontriamo ci chiede uno sguardo appassionato e attento. Solo così emerge con chiarezza che il Vangelo risponde alle domande più profonde dei cuori ed è possibile percorre quella via della bellezza (nn. 28-29) per cui «annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove» (EG 167). Emerge la priorità di un annuncio incarnato ed essenziale (Evangelii gaudium 35 ricorda di concentrarsi su ciò che è «bello, grande, attraente, necessario») e della cura della domanda interiore, soprattutto per gli adulti.

 

L’orizzonte pastorale e lo stile dell’accompagnamento

Il vescovo propone alla riflessione di tutti alcune implicazioni che questo modo di immaginare l’IC porta con sé. In primo luogo è evidente che c’è ancora un lavoro da fare con le comunità: prima di evangelizzare gli altri, sono le stesse comunità cristiane a doversi lasciare interpellare ancora dal Vangelo. Ed è proprio la comunità adulta il vero soggetto dell’IC, una comunità che si interroga sul proprio stile e che è capace di coinvolgere e proporre, di creare una rete di relazioni, di farsi compagna di viaggio. Il rinnovamento di strutture e di percorsi, il ripensamento del territorio delle parrocchie e delle unità pastorali che si va compiendo in diocesi, la scelta per alcuni metodi trovano la loro ragion d’essere in questo volto materno e maturo delle nostre comunità.

Tale consapevolezza si fa progetto: la lettera pastorale, con molto coraggio, chiede che «ogni parrocchia, specie alla luce della riorganizzazione che attueremo nei prossimi mesi e anni, si dia un corrispondente progetto educativo, col contributo di tutti (catechisti, famiglie, animatori di oratorio, altre agenzie educative…)» (n. 15). Il progetto obbliga all’audacia della scelta e del cambiamento, mette in atto processi («l’iniziazione è dinamica processuale, che richiede tempo e non è garantita da spazi controllabili» n. 26), sa guardare avanti valorizzando quanto abbiamo. Nella stessa logica si inserisce l’attenzione privilegiata per il tempo della mistagogia e della prima pastorale giovanile: solo comunità che mettono a disposizione le risorse migliori per accompagnare questo segmento e lo progettano già all’inizio dei cammini di IC possono valorizzarne appieno le potenzialità.

Come già anticipato, questa visione progettuale trova la sua prima attuazione nello stile di accompagnamento e nella centralità della famiglia. Il vescovo Antonio ribadisce che «la pastorale familiare deve innervare tutta la pastorale ordinaria» e che «tutte le parrocchie garantiscano un accompagnamento non occasionale né superficiale nei confronti delle famiglie» che devono respirare un clima di libertà, di rispetto, di cordialità, insieme ad una proposta franca e limpida che aiuti gli adulti a porsi delle domande, a trovare delle luci, a proseguire il cammino con gusto. Lo stile di annuncio è ancora una volta desunto da Evangelii gaudium e si può riassumere con in termini di attrattività, comunione e processo.

 

Il posto dei sacramenti

L’educazione al celebrare e la partecipazione piena all’eucaristia domenicale sono obiettivi fermi e decisivi dei percorsi, non accessori o esteriori. Il vescovo Antonio mostra prima di tutto interesse perché i sacramenti vengano visti nella loro azione sorgiva: sprigionano fecondità anche negli anni successivi. Le dinamiche dell’iniziare ai sacramenti e dell’iniziare con i sacramenti devo darsi energia a vicenda. Per questo si chiede di superare ogni rigorismo e inutili chiusure, così come di favorire una partecipazione alla messa domenicale perché coinvolti da un rito che rende carne la Parola e innerva di speranza la vita della gente.

L’unità dei sacramenti dell’iniziazione rimane un valore da approfondire, ma deve trovare anche modalità celebrative che valorizzino sia la Cresima che la prima partecipazione piena all’Eucaristia. Il vescovo propone questa modalità: «Una veglia di preghiera serale, con liturgia della Parola, possibilmente interparrocchiale, presieduta dal Vescovo, che conferisce il Sacramento della Confermazione. L’indomani mattina, la celebrazione eucaristica domenicale in ogni parrocchia, presieduta dal parroco o dal sacerdote che ha seguito la preparazione dei ragazzi, con la loro Prima Comunione» (n. 31).

La volontà di una prassi diocesana più condivisa muove il vescovo ad avanzare una richiesta ulteriore: «È tempo che si abbandoni la celebrazione della Confermazione anni dopo quella della Prima Comunione, per non disorientare ulteriormente i fedeli circa le scelte della nostra Chiesa locale».

don Luigi Donati Fogliazza
incaricato diocesano per la Catechesi