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Coronavirus, un esercito di persone rischia il lavoro e di finire in povertà

Per effetto del Coronavirus Covid19, almeno 25 milioni di persone potrebbe perdere il lavoro. In Europa già un milione di persone ha visto ridursi il proprio reddito per effetto della pandemia. A soffrire sono i liberi professionisti, gli artigiani, gli addetti delle piccole industrie costrette a fermarsi per il lockdown, ma gli effetti si stanno sentendo anche nel settore dei servizi. Tutte persone che rischiano di finire in povertà.

L’economia mondiale subirà un calo del 3%, con punte in Europa tra il 7 e il 9%. Una situazione che rischia di avere anche pesanti riflessi sugli aiuti per la cooperazione allo sviluppo, visto che alcuni governi potrebbero essere tentati dal tagliare i fondi per far fronte alle necessità di bilancio. Proprio per arginare l’emorragia di posti di lavoro molti Stati in Europa stanno prendendo misure d’emergenza. L’Italia finora ha investito 5 miliardi, la Francia 8,5 miliardi, la Germania ha attivato misure per 2 milioni e mezzo di lavoratori.

Per Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza contro la Povertà e presidente delle Acli, “la priorità è il lavoro e non lo è in modo ideologico, lo è per il fatto che il lavoro sostiene le famiglie, le famiglie sostengono i consumi, i consumi sostengono l’economia.  Quindi è chiaro che se l’Europa – afferma-  non dà segnali ora di essere interessata alla tutela dei lavoratori diventa veramente un problema. Sono favorevole duqnue anche agli eurobond perché credo siano una cosa interessante e che ci permetterebbe di finanziare interventi in deficit per la ripresa dell’economia, quindi la creazione di posti di lavoro”.

Ascolta l’intervista a Roberto Rossini

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2020/04/18/11/135563947_F135563947.mp3

L’Europa è intervenuta economicamente, anche se l’impressione è che debba essere questo un primo intervento. Bisogna intervenire col Fondo sociale europeo per far sì che poi alla fine ci siano riflessi concreti nei confronti delle diciamo situazioni più limite Europa?

«Il Cura Italia è una parte molto importante, e direi che occorre rilanciare l’economia. Questo deve essere fatto dall’Italia e dall’Europa. L’economia va cambiata secondo alcuni criteri più legati alla tutela dell’ambiente. In questi giorni sta girando una nuova versione del manifesto di Assisi, che è quel manifesto firmato anche da noi delle Acli e da una serie di organizzazioni, che sostanzialmente dice che abbiamo l’occasione per modificare l’economia e renderla più ecologica, più adeguata alla tutela dell’ambiente, alla tutela del posto di lavoro, alla tutela delle comunità. Devo dire che la Von der Leyen ha detto oltre che con oltre 1000 miliardi nei prossimi anni si andrà verso il Green Deal. Ora dobbiamo cercare di capire come tradurlo nella praticità».

In Italia si è intervenuti nei confronti soprattutto di lavoratori autonomi. Bisogna rivedere il quadro, non solo in Italia ma in tutta Europa, degli ammortizzatori sociali?

«È tornato in vigore in questi giorni il tema dell’assegno europeo di disoccupazione. Noi dobbiamo riuscire a pensare che dobbiamo trattare allo stesso modo sia il lavoratore con un contratto tempo stabile, sia il lavoratore che ha un contratto a progetto perché nel momento in cui tu perdi lavoro, perdi il lavoro punto. Ci deve essere una forma di tutela nei confronti di ogni lavoratore prescindendo dal contratto con il quale è stato è stato assunto. Anche perché per i contratti più autonomi ci troviamo di fronte comunque a qualche forma di versamento contributivo che consente di creare delle assicurazioni. Ecco io credo che questa sia la strada che in Europa si possa percorrere in modo uguale in tutti i paesi».

C’è altro a cui lei guarda con preoccupazione nel futuro prossimo?

«C’è la questione della povertà. Come Alleanza contro la povertà abbiamo chiesto di modificare il reddito di cittadinanza, cambiando la scala di equivalenza in modo tale che sia maggiormente favorevole per le famiglie. Attualmente invece il reddito di cittadinanza è più a favore delle coppie senza figli, dei single, mentre noi proponiamo di modificare la scala di equivalenza affinché sia più favorevole alle famiglie con più figli che secondo l’Istat sono anche i soggetti più a rischio di povertà. Proponiamo che i 10 anni per gli stranieri, che sono la condizione minima per poter accedere al reddito di cittadinanza in questa fase di coronavirus Covid19, siano portati a due. Inoltre chiediamo che venga utilizzato l’ISEE corrente perché è evidente che per ottenere il reddito di cittadinanza non possiamo pensare all’ISEE dell’anno scorso, ma dobbiamo prendere in considerazione quello che sta accadendo ora. Ed ancora, proponiamo l’alleggerimento in questa fase dei vincoli patrimoniali del reddito di cittadinanza».