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Conflitti e relazioni di pace. Don Bignami: «Se si concentrano tutte le energie sulla guerra si finirà per fare la guerra»

 

«Dove c’è l’umano, c’è sempre conflitto, ma la guerra è degenerazione del conflitto». Non è una conclusione, ma un punto di partenza per una riflessione sui temi urgenti della pace e della guerra, quella suggerita da don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro. A questa frase, ha fatto eco quella pronunciata dal noto giornalista, scrittore e conduttore televisivo Gad Lerner: «C’è da domandarsi se il primo passo sia riarmarsi?».

I due spunti arrivano dalla serata a due voci di mercoledì 12 marzo tenutasi presso la chiesa di S. Giuseppe, nel quartiere Cambonino di Cremona.

L’iniziativa, “Pace adesso o mai più”, ha avuto come filo conduttore il pensiero di don Primo Mazzolari, ed è stata voluta dall’unità pastorale cittadina che porta il suo nome (composta dalle parrocchie di Sant’Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro) per ricordare proprio il parroco di Bozzolo, per il quale è in corso la causa di beatificazione e che è nato il 13 gennaio 1890 al Boschetto.

In una chiesa gremita (stimata la presenza di 350 persone) ha preso la parola don Paolo Arienti, parroco dell’unità pastorale. «Questa è una casa che si apre ad accogliere chi vuol farsi interrogare – ha spiegato – su pensieri urgenti», come la «normalità con cui ci si arrende al quotidiano conflitto».

Poi sono arrivate le sferzanti e attualissime parole di don Primo (tratte da Adesso, 15/10/1950), lette da Alberto Ferrari, preside del liceo scientifico Aselli: “Di fronte a questi schieramenti ipocriti, pericolosi e semplicissimi, preferiamo i rischi di una politica inventiva, che non si accontenta di ripetere astrattamente ‘non vogliamo la guerra’, ma che usa di ogni mezzo onesto per impedirla, cominciando dalla ragione e dalla religione”.

Di seguito una serie di considerazioni dell’uno e l’altro relatore ricucite sapientemente dalla moderatrice del dibattito, Chiara Ghezzi, docente di Filosofia al liceo classico Manin. Una serie di pensieri che si innestano su una situazione mondiale segnata dalla complessità e davanti alla quale le semplificazioni diventano pericolose banalizzazioni.

Pare di essere piombati in una realtà simile a quella della Guerra Fredda, ha suggerito la Ghezzi, dove però, ha precisato Lerner «si sono infranti i codici comuni che ci si era dati a livello globale per mantenere la pace», tanto che viene da chiedersi se non sia più corretto cercare in Europa di costruire «una politica estera condivisa piuttosto che percorrere la strada della deterrenza».

E dal termine “deterrenza” don Bignami ha rilanciato considerandolo «una semplificazione delle logiche umane». Sulla scorta di don Mazzolari (che sulla guerra la sapeva lunga) il sacerdote cremonese ha ricordato che «non esistono solo due contendenti», c’è anche «l’altro, il terzo, cioè il popolo che non ha voce». L’inascoltato che chiede altro, che chiede «di non ripiegarsi sulla paura, ma di riappacificare gli animi», come suggerisce tra l’altro nei suoi scritti e discorsi anche don Mazzolari. «Se si concentrano tutte le energie sulla guerra – ha aggiunto Bignami – si finirà per fare la guerra», mentre «vanno curate le relazioni». Una logica, quella proposta sulla scia del parroco di Bozzolo, che impone, dunque, un punto di vista diverso, più libero.

Superato il vecchio concetto di “guerra giusta”, la Chiesa oggi invita a dare priorità alle relazioni.

Bando dunque ad ogni chiusura, a ogni fanatismo a cui, con fare quasi provocatorio, Lerner ha invitato a porre attenzione perché nessuno (sia cattolici, che ebrei che musulmani) è automaticamente esente. «È prezioso – ha suggerito il giornalista – sviluppare una capacità critica e autocritica dentro alle comunità». Tale scelta consente di avere un giusto spirito per mettersi in discussione nel conflitto. E questo partendo dal fatto che «non esiste la pace che noi abbiamo in mente – ha spiega don Bignami – perché la vita è fatta di conflitti».

Dunque se nel conflitto siamo immersi, conviene saperlo gestire, ha suggerito i due relatori, «cogliendo nella differenza un valore» e costruendo la pace «guardando al futuro».