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Con la missionaria Buscemi un’occasione per leggere e comprendere il Sinodo dell’Amazzonia (AUDIO)

Il Sinodo per l’Amazzonia, conclusosi a Roma lo scorso 27 ottobre, rappresenta sicuramente un evento di fondamentale importanza per la vita della Chiesa universale. Vivace è infatti il dibattito che sta animando all’interno della comunità ecclesiale, mentre numerose e complesse sono le prospettive aperte dai suoi lavori.

Si è quindi rivelato particolarmente utile per fare chiarezza e liberare il campo da equivoci ed errate interpretazioni, l’incontro svoltosi nella serata di lunedì 11 novembre, presso il Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio, organizzato per la Zona Pastorale 1 dalla associazione Amici del Brasile in sinergia con l’Ufficio Missionario Diocesano. Relatrice di eccezione è stata Maria Soave Buscemi, da oltre vent’anni missionaria laica fidei donum in Brasile, formatrice al Cum di Verona e che, per conto del Repam ( Rete Ecclesiale Panamazzonica), ha partecipato agli incontri per la stesura del documento preparatorio del Sinodo.

«Come abbiamo camminato nel Sinodo? – ha premesso Buscemi , che da anni vive nella prelatura di San Felix do Araguaia, vicino al parco indigeno dello Xingu in Amazzonia, nel Mato Grosso – Il metodo è fondamentale per aprire processi. I giornalisti interrogano spesso sui risultati finali di tanto lavoro ma si tratta di un punto di vista non corretto. Dobbiamo essere più preoccupati di aprire processi piuttosto che di ottenere risultati e in America latina si è registrata una forte esperienza di cammino partecipativo. Un percorso entusiasmante ma che non privo di difficoltà e di incertezze: «Nessuno dei 104 vescovi padri sinodali aveva mai vissuto un Sinodo. Ci siamo dovuti preparare anche in cose concrete, affrontando molte difficoltà e tenendo conto che in un lavoro sinodale non è importante arrivare per primi ma arrivare insieme. Il Sinodo non vive di processi democratici ma di attività di discernimento». Oltre 85.300 le risposte pervenute da oltre trecento assemblee sparse su tutto il territorio amazzonico, che comprende oltre al Brasile (che ne detiene circa il 67%), altri nove Paesi : «Si è ascoltato quello che le comunità avevano da dire, con un complesso processo di discernimento che non era per nulla scontato» . Ne è innanzitutto uscito un grido di dolore: «Le popolazioni locali gridano: ci stanno ammazzando!» è stato il monito della relatrice. «Ad agosto è bruciata una porzione di Amazzonia grande come l’intera Germania e non si è fatto nulla per cercare di spegnere le fiamme e ridurre i danni . La finanza internazionale succhia quello che può da quello sconfinato territorio, senza chiedersi se sia effettivamente necessario.

Un’altra evidenza emersa è il diritto dei popoli indigeni ad una propria teologia. «Occorre superare un latente colonialismo che ancora caratterizza i nostri rapporti con le popolazioni locali – ha evidenziato Maria Soave Buscemi – E’ necessario andare oltre le distinzioni tracciate tra noi e loro, tra cultura e folclore, tra arte ed artigianato, tra lingua e dialetti». La Chiesa, in tale contesto, deve diventare fidata compagna di cammino di quella gente che è costretta a vivere in un contesto geografico molto particolare e che rende molto difficile l’esercizio quotidiano della fede. «Esistono comunità che da diciotto anni non possono assistere ad una Messa, la media amazzonica di partecipazione all’eucarestia si attesta su una volta all’anno- sono i crudi dati di una realtà tanto complessa – Chi anima di fede queste comunità? Per il 70% si tratta di donne, spesso madri di famiglia, alle quali tocca il compito di tenere viva la fede con la presenza alla celebrazione della Parola. L’Amazzonia chiede che la Chiesa non sia solo pastorale di visita ma che sappia essere testimone di una pastorale di presenza stabile» .

Quali sono quindi, le proposte sinodali per l’area amazzonica? «Sono essenzialmente quattro i cammini di conversione della Chiesa che vengono richiesti – ha concluso Buscemi – conversione pastorale, culturale, ecologia e sinodale».

Ora la parola è passata a Papa Francesco al quale toccherà fare sintesi e dare voce ad un lavoro tanto articolato, frutto di un grande impegno di ascolto e discernimento.

Ascolta l’intervento