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Come sta andando la «Borsa di Sant’Omobono»: dati, storie e prospettive del progetto di carità diocesano

La proposta della Borsa di Sant’Omobono è stata accolta e proposta dalla Diocesi di Cremona come una sfida che permetteva alle comunità di far proprio l’invito di Papa Francesco «nessuno si salva da solo» e un’opportunità per accompagnare e sollevare dalle fatiche di questo periodo almeno qualche persona, tra le tante che abbiamo tutti incrociato. Gli attenti colloqui che sul territorio le equipe della Caritas cremonese e i volontari delle parrocchie hanno sostenuto con le famiglie e il lavoro di ricerca di compartecipazione economica e progettuale dei diversi enti e associazioni del territorio hanno richiesto tempo e pensiero, come anche la fatica e la bellezza dell’ascolto.

Così scrive un operatore: «In questi mesi in cui stiamo sperimentando l’iniziativa della Borsa di S. Omobono, mi ha colpito molto la capacità delle parrocchie “incontrate” di seguire con attenzione e costanza le situazioni di bisogno incontrate, con una continua vicinanza. Questo modo di farsi prossimo, ho constatato, ha anche permesso di sollecitare una compartecipazione da parte degli interessati che, in alcuni casi, non è stato necessario chiedere. Mi ha anche piacevolmente colpito vedere come le parrocchie sappiano lavorare in sinergia con le realtà del territorio circostante, attivando risorse non solo economiche. E questo con grande vantaggio di chi si trova nella necessità. Laddove le parrocchie sono attive, c’è proprio un bel fermento».

Particolare interesse ha suscitato il fondo Borsa di Sant’Omobono in città: prova ne è il fatto che le domande (35) provengono da 14 parrocchie diverse. Solo alcune riguardano però nuclei sconosciuti alla rete delle parrocchie o di Caritas diocesana e dei servizi sociali: forse ciò può indicare una difficoltà di far conoscere il fondo da parte della comunità, oppure nella abilità nel rintracciare le risorse da parte dei soliti “assistiti professionisti”. Alcune parrocchie si sono trovate in difficoltà nell’incontrare i richiedenti (centro d’ascolto non presente o temporaneamente inattivo causa emergenza covid): in questo caso ha supplito il centro d’ascolto della Caritas diocesana.

L’avvio dell’esperienza della Borsa di Sant’Omobono ha però posto in risalto anche elementi di criticità.
Le comunità faticano, e non poco, ad utilizzare queste risorse, con tutto ciò che questo significa.

È evidente che, come vi è in alcuni
una profonda capacità di solidarietà,
in altre realtà vi è una profonda e radicale crisi “caritativa”
e coglierlo è decisamente utile e salutare.

“Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (Atti 2,42). La carità, con la Parola e l’Eucaristia, è uno dei pilastri irrinunciabili della Chiesa e se uno di questi viene meno, semplicemente la Chiesa cessa di essere se stessa.

Ripensare la vita caritativa, anche e non solo attraverso la Borsa di Sant’Omobono, è un dovere e una opportunità:

il numero di richieste di intervento
attraverso la Borsa potrebbe essere maggiore
e questo è un segnale da cogliere.

Certamente le ragioni possono essere diverse:

    1. la doverosa prudenza in tempo di pandemia ha limitato tanti aspetti della vita e della pastorale, comprese le attività caritative
    2. il clero a volte ha fatto da “imbuto” nella comunicazione verso il laicato (in alcune realtà si ignora ci sia il fondo della Borsa di S.Omobono e come funziona)
    3. la modulistica è stata giudicata come eccessivo carico burocratico, anziché come traccia e strumento per avviare relazioni;
    4. per evitare la modulistica qualcuno ha provveduto direttamente, anziché condividere la situazione a livello di equipe zonale, specie per piccole cifre;
    5. qualcuno ha pensato di evitare di avviare processi vissuti come pericolosi, perché una volta esaurita la Borsa, poi si sarebbe dovuto gestire persone e bisogni che non cesseranno di bussare alla tua porta;
    6. il meccanismo della Borsa porta ad avviare relazioni e questo, forse, è una fatica che alcuni scelgono di non accollarsi, preferendo le classiche distribuzioni (pacchi, vestiti, ecc.) che comunque consentono di fare qualcosa, senza per forza avviare processi di presa in carico educativa, sicuramente più faticosi.

Lasciamo ora, per un momento, spazio a “buone” storie da raccontare.

Come la storia di una famiglia numerosa con padre in cassa integrazione e affetto da Covid per la quale Caritas diocesana e parrocchiale, con la compartecipazione di un’associazione benefica, privati cittadini e la famiglia stessa, uniti in una curiosa ed innovativa rete “d’amicizia sociale” hanno anticipato l’estinzione di un piccolo finanziamento affinché, liberate quelle risorse economiche, oggi la famiglia possa pagare in autonomia utenze e affitto e rispondere ai propri bisogni in modo indipendente mentre rimane attivo un costante rapporto con i volontari Caritas per il monitoraggio della situazione economica ed un accompagnamento educativo all’uso delle proprie risorse.

O ancora la storia di una giovane madre sola alla quale attraverso la Borsa di Sant’Omobono è stata pagata una quota dell’assicurazione dell’auto così da poter raggiungere un nuovo luogo di lavoro e ripartire in piena autonomia da dove la sua vita si era complicata a causa del Covid e della perdita del lavoro.

Un’altra giovane mamma, che vive sola con due minori, è stata invece sostenuta nel pagamento di due rate d’affitto, dopo che un brutto incidente l’ha costretta ad una lunga malattia, con conseguente riduzione del reddito familiare.

In conclusione crediamo che si possa dire, tra luci ed ombre, che c’è in atto un serio impegno di rinnovare e qualificare l’esperienza caritativa delle nostre comunità. Gli elementi fondativi devono essere la vita stessa della comunità cristiana, a partire dalla preghiera, dalla liturgia e dalla formazione, come anche una serie di scelte e risposte date “insieme” e la ricerca di modalità che non rinuncino mai alla relazione con le persone: prendersi cura dell’altro, nella comunità!

La Borsa di Sant’Omobono è solo uno strumento, ma ci presenta un quadro ecclesiale su cui rimane, con fiducia e con la grazia del Signore, parecchio lavoro da compiere.  Siamo certi che, dopo i primi mesi di rodaggio, che sono comunque stati in grado di sostenere una sessantina di situazioni, con una spesa di circa 60.000 euro, vedranno le parrocchie, attraverso le varie associazioni, ancora più impegnate nel difficile compito di andare incontro alle fragilità, economiche e non, di questo difficile periodo.

Un grazie a chi da anni sta vivendo questo impegno e un incoraggiamento a chi vorrà inserirsi in questo percorso: abbiamo bisogno di tutti, ma, ribadiamo, è la vita cristiana stessa che ci chiama a questa scelta. Un’ultima annotazione: qualche comunità giustamente insiste nel tentativo di provare a coinvolgere maggiormente i giovani. Pensiamo che sia una sfida bella e importante da raccogliere.


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La Borsa di sant’Omobono