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Colletta ‘Pro Terra Sancta’: solidarietà e carità alla Chiesa di Gerusalemme

La Colletta sarà raccolta come consuetudine, nella giornata del Venerdì Santo ed è la fonte principale per il sostentamento della vita che si svolge nei Luoghi Santi oltre a rappresentare lo strumento della Chiesa per stare a fianco delle comunità ecclesiali del Medio Oriente, da Gerusalemme all’Iraq, da Cipro all’Egitto, dalla Siria all’Eritrea, alla Turchia.

Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù Nella Lettera, a firma del prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, l’obiettivo è fissato sul centro di tutto l’anno liturgico, la Settimana Santa , con la quale “riandiamo ai luoghi e agli avvenimenti che hanno cambiato il corso della storia dell’umanità e l’esistenza personale di ognuno di noi”. Iniziamo con l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e lo seguiamo, scrive il cardinale Leonardo Sandri, al Cenacolo poi al Getsemani e al Sepolcro dal quale risorge “e con la sua luce accarezza i nostri occhi e i nostri cuori, invitandoci a guardare dentro la storia del mondo e quella personale di ciascuno di noi”.

Pensare ai testimoni di Cristo di Terra Santa “Rivivendo i misteri della nostra salvezza – si legge nella Lettera – pensiamo con maggiore intensità ai fratelli e sorelle che vivono e testimoniano la fede nel Cristo morto e risorto in Terra Santa, esprimendo loro anche la solidarietà nella carità”. Il cardinale Sandri ricorda, come sin dalla sua prima udienza, Papa Francesco volle sottolineare che seguendo Gesù nella Settimana Santa impariamo a “uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, andare alle periferie dell’esistenza” e come Papa Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Nobis in Animo, con la quale nel 1974 istituì la Colletta, rimarcava il posto rpivilegiato che la Chiesa di Gerusalemme e la città hanno nella sollecitudine della Santa Sede e  nei consessi internazionali anche per i problemi di “ordine religioso, politico e sociale ivi esistenti”.

La realtà del Medio Oriente: sperare la pace “Ancora oggi il Medio Oriente – scrive il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali – assiste ad un processo che ha lacerato i rapporti tra i popoli della regione, creando una situazione di ingiustizia tale che sperare la pace diventa quasi temerario”, “una fitta coltre di tenebre: guerra, violenza e distruzione, occupazioni e forme di fondamentalismo, migrazioni forzate e abbandono, il tutto nel silenzio di tanti e con la complicità di molti” come disse Francesco a Bari, lo scorso 7 luglio, in occasione della preghiera con i Capi delle Chiese Orientali del Medio Oriente.

Generosità per la Chiesa di Gerusalemme La chiesa ha reagito a tutto questo, dalla seconda metà del secolo scorso, con un aumento di opere pastorali, sociali, caritative, culturali, a beneficio della popolazione locale senza distinzioni e delle comunità ecclesiali in Terra Santa. Ma, sottolinea il cardinale, “affinchè la presenza cristiana bimillenaria nella sua origine e nella sua permanenza in Palestina, possa sopravvivere ed anzi consolidare la propria presenza in maniera attiva ed operare al servizio delle altre comunità con cui deve convivere, è necessario che i cristiani di tutto il mondo si mostrino generosi, facendo affluire alla Chiesa di Gerusalemme la carità delle loro preghiere, il calore della loro comprensione ed il segno tangibile della loro solidarietà”.

In questo scenraio una nota positiva è data dalla ripresa dei pellegrinaggi nell’ultimo periodo, specie da terre lontane come Cina, Indonesia, Sri Lanka, Filippine “come non pensare – commenta- al compimento della profezia evangelica ‘verranno da Oriente e da Occidente, dal Settentrione e dal Mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio’?” Tale vitalità apostolica è un “segno grande per le comunità locali, e interpella quelle dell’Occidente talora tentate di scoraggiamento e rassegnazione nel vivere e testimoniare la fede nel quotidiano”.