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Chiesa di casa, diaconato: il ministero della soglia

«Il diaconato è il ministero della soglia». Con queste parole Gianmario Anselmi, diacono permanente della diocesi di Cremona, ha definito il proprio ministero nella nuova puntata di Chiesa di casa. Ospite insieme a Mario Pedrinazzi, che riceverà l’ordinazione diaconale nella mattina di domenica 19 febbraio a Castelleone, Anselmi ha sottolineato come «stare sulla soglia tra Chiesa e mondo non significa essere divisi, bensì pronti ad accogliere e farsi carico delle necessità di ciascuno».

Ed è proprio in questa disponibilità che si declina il ministero diaconale. Il termine stesso, diacono, rimanda alla nome greco che definisce colui che si mette al servizio. «Il nostro in particolare — ha precisato Anselmi — si modella sul modo di servire di Gesù, che non ha cercato i riflettori, ma si è fatto carico del prossimo».

D’altra parte, l’attenzione ai bisogni dell’altro e della comunità è un atteggiamento tipico della vita cristiana. «Vedo nell’imminente inizio del mio ministero — ha raccontato Pedrinazzi — una naturale prosecuzione dell’impegno che, in questi anni, ho portato avanti all’interno delle realtà in cui ho vissuto, Castelleone e Annicco su tutte. Questo, ovviamente, non significa che non ci sia stato alcun tipo di preparazione in vista dell’ordinazione». Al percorso di studi teologici, infatti, per i candidati al diaconato si affianca un percorso formativo a livello umano e spirituale, insieme ad un cammino di discernimento vocazionale.

Lo stesso Anselmi, ordinato nel 2008, ha ricordato l’importanza della formazione, «che per noi diaconi, come per i presbiteri, è permanente. Ci incontriamo periodicamente tra di noi, o partecipando alle riunioni del clero, così da poterci confrontare in modo continuo sul nostro ministero».

Di ministero si parla, e non di incarico, perché ciò che si riceve con l’ordinazione diaconale è un sacramento, così come il matrimonio. E pur trattandosi, in entrambi i casi, di scelte che comportano una certa definitività, non si escludono l’un l’altra. «Penso che la definizione migliore — secondo Pedrinazzi — sia diaconia familiare. Non posso immaginare il ministero diaconale senza mia moglie e mio figlio. Credo che le due dimensioni si completino a vicenda. Certo, in prima linea ci sarò io, ma la mia famiglia sarà pienamente coinvolta, come è sempre stato, in questa nuova esperienza».

«Quando si parla di scelte di questo tipo — ha concluso Anselmi — non si può che fare affidamento sul Signore e sul suo Spirito. Da parte nostra è richiesto l’impegno a mantenerci fedeli ad una promessa, consapevoli dei nostri limiti e delle nostre fragilità, che sono quelli di tutti».

Ecco perché il diaconato è il ministero della soglia: tiene aperta la porta che mette in comunicazione Chiesa e mondo, e aiuta a ricordare che i ministri ordinati sono uomini, figli di una comunità, chiamati a servirla in modo particolare.