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Chiara Lubich e la responsabilità del cristiano nel rendere “carne” Cristo (VIDEO)

La Messa del 3 gennaio, II Domenica del tempo di Natale, presieduta alle 11 nella Cattedrale di Cremona dal vescovo Antonio Napolioni, è stata un’occasione speciale per ripensare al senso di responsabilità che i cristiani hanno nel rendere “carne” Cristo venuto in mezzo a noi.

“Carne” (sarx nel testo originale ebraico delle Scritture) significa incarnazione di Dio fatto uomo e riassume il senso della gioia del Natale che, alla luce del Vangelo, i fedeli possono e devono trasfigurare nelle loro vite quotidiane. «Oggi abbiamo la responsabilità – dice il Vescovo – di vivere questa incarnazione nel piccolo del quotidiano e nel grande della nostra storia», quale contributo dato al pensare la propria vita come segno di condivisione e fratellanza.

Così come hanno fatto, in tempi di guerra, uomini e donne che hanno saputo e voluto intuire dal Signore la vocazione a dare vita a una fraternità universale, nonostante le divisioni imperanti. Prima tra tutte, il vescovo ricorda la figura di Chiara Lubich (1920-2008), fondatrice del Movimento dei Focolari, in una Trento afflitta dai bombardamenti capace di riconoscere che l’umanità è “carne da Vangelo” e non “carne da macello” come la guerra sembra far intendere.

Ed è un appello a interessarsi a Chiara, che il Vescovo ha avuto modo di incontrare, guardando “Chiara Lubich – L’amore vince tutto”, il film che domenica 3 gennaio sarà proposto in prima serata su Raiuno. Affinché si impari da lei, e dai tanti che hanno vissuto la guerra senza mai perdere di vista il senso di umanità, che è sempre possibile accogliere la Sapienza del Signore fatta carne.

«Questo è lo stile dei cristiani: accogliere la Sapienza che viene dall’alto comprendendo come incarnarla nei nostri giorni. Come Chiara Lubich che ha colto, in tempo di guerra, la possibilità di dare la vita a un grande progetto, a un nuovo modo di essere famiglia, a una nuova fratellanza, quella universale», dichiara Napolioni. E aggiunge: «Oggi è tempo di avere questo sguardo lungo, coraggioso, utopico sì, ma evangelico».

Oggi, ai tempi di una pandemia che spesso è stata paragonata alla guerra, è tempo di abbandonare il linguaggio bellico di chi “combatte in prima linea” contro “un nemico invisibile”, assumendo invece un comportamento «resistente e non violento, prendendoci cura dei più deboli, di chi non ce la fa, delle vittime».

Sull’esempio di donne e uomini che «si sono fatti santi e hanno seminato speranza, ricostruendo la pace sulle macerie dei grandi odi», l’invito di monsignor Napolioni è di fare ancora meglio dei grandi testimoni della storia, perché oggi più di allora siamo invasi dalla Sapienza di Dio.