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Nuove zone pastorali, tra incognite e attese. Intervista a don Codazzi

Intervista a don Pierluigi Codazzi, vicario zonale della città di Cremona. Oltre alle preoccupazioni per equilibri da consolidare, si guarda al futuro credendo al ruolo dei laici. La prossimità alla gente resta l’obiettivo, ma i sacerdoti vanno coinvolti.

Don Codazzi, cinque nuove Zone pastorali in Diocesi: quali riflessioni o reazioni suscita la riforma?
«La prima impressione (non per la città, ma pensando alla Diocesi) è un naturale smarrimento. Le novità vanno a toccare in qualche modo un sistema consolidato da decenni, che non è soltanto strutturale dal punto di vista organizzativo: propone un’idea di comunità (che si pensava di fatto autosufficiente nella celebrazione, nell’annuncio e nella carità). Il tema di un ripensamento dell’idea dei territori comporta un analogo ripensamento dell’idea di comunità cristiana. Questa cosa personalmente mi impressiona molto».

Intravede difficoltà operative? Che le nuove Zone siano un limite più che una risorsa?
«No: intravedo che, pur senza averne paura, qualcosa stia effettivamente cambiando. E avrà bisogno di molti anni per trovare una sua maturazione. Non si tratta solo di inventare una sovrastruttura attuando il tema dell’interparrocchialità nella Zona, ma un modo diverso (che a noi oggi sembra più complesso) di articolare e di leggere la vicinanza alle persone della comunità, tenendo conto della nuova mobilità dei fedeli e della diversa consistenza numerica dei sacerdoti. Il tema di fondo è comprendere cosa significhi essere comunità oggi: deve rimanere saldo il riferimento della celebrazione, dell’annuncio e della carità».

Ma di questa riforma c’era bisogno oppure no?
«C’era bisogno certamente, per vari motivi che sono stati già ampiamente spiegati da tutti i punti di vista. Sono i motivi legati ai cambiamenti della vita delle persone, allo spopolamento dei nostri paesi, come anche il numero dei preti. La cosa che a me sta a cuore è che a tutti sia data la possibilità di poter vivere una buona esperienza di fede. Questo è il mandato. Quindi non vorrei che per scarsità di proposte (o anche di persone) nei territori ci fosse la difficoltà di vivere una buona esperienza di vita cristiana (e questo era il rischio che oggettivamente stavamo correndo). Questa mi pare la motivazione autentica. Se ve ne sono altre, non sono certamente quelle prioritarie».

C’è chi legge l’interparrocchialità e la graduale riorganizzazione in unità pastorali come un indebolimento dell’autentica “esperienza di vita cristiana”, in ragione della diminuita presenza di sacerdoti… È così?
«Il futuro presuppone come condizione “sine qua non” il fatto di poter scoprire e formare figure laicali che oggi non abbiamo, o solo in parte (penso all’accolitato). Figure che possano comunque avere una funzione anche parziale di riferimento per le comunità cristiane. Soprattutto all’annuncio della Parola, o nella preghiera e nell’esercizio della carità. Su alcuni aspetti bisognerà necessariamente formare persone idonee. Il problema non è quello di accentrare, quanto piuttosto di avere figure anche laicali che possano condurre dinamiche parrocchiali che oggi non abbiamo così chiare. Questa è la paura: abbiamo un modello pastorale tramandato per generazioni e oggi non abbiamo una sufficiente capacità, fantasia e creatività per guardare a quello che sarà non tra un anno o due, ma tra 20/30 anni…».

Questa è l’unica paura che hanno i sacerdoti, o ne ravvisa altre?
«L’altra paura, come sempre quando ci si mette insieme, è la perdita di autonomia. Non penso ai cambiamenti nelle dinamiche di potere – se così possiamo dire – nelle comunità cristiane, ma soprattutto nella fatica di gestire comunitariamente il rapporto con le persone. Il rischio è che la frammentazione da una parte consegni poco in termini di opportunità di relazione, dall’altra possa consentire una vicinanza alle persone impagabile. Bisognerà stare attenti che i nuovi equilibri non perdano di vista da una parte la qualità delle proposte comunitarie, dall’altra la vicinanza alla gente. Entrare nelle case, conoscere le situazioni è fondamentale rispetto allo stesso tema della comunità cristiana».

Come cambia il ruolo dei Vicari Zonali? Pensando al numero delle parrocchie nelle nuove Zone sembra davvero necessario un grande sforzo…
«Penso soprattutto alla necessaria grande fraternità tra i sacerdoti che saranno chiamati a ricoprire l’incarico di moderatori delle future Unità Pastorali. Questo sarà un passaggio importante. Penso non un ulteriore sovrastruttura, ma una comunione più intensa. Se il Vicario Zonale un tempo poteva pensare di arrivare ovunque, oggi può cercare di arrivare attraverso un servizio mediato in una condivisione e comunione con alcuni confratelli. Occorrer stare attenti, perché le sovrastrutture possono diventare pericolose. Occorre grande equilibrio per individuare ciò che compete alla comunità parrocchiale, all’interparrocchialità, alla Zona, e infine alla Diocesi. Occorre la pazienza di costruire un modello che non continui ad aumentare i carichi. Ci vorranno, credo 10/15 anni, non meno».

A proposito di carichi strutturali… Il futuro ci consentirà di conservare tutte le strutture utilizzate in Diocesi? Come immaginare la situazione tra un decennio?
«Io ho appena costruito una chiesa nuova… Dovrei essere l’ultimo a parlare… Penso ad un diverso utilizzo, e a diverse figure laicali da coinvolgere. Elementi di grande valore ma anche di rischio. Bisogna formare laici non nel modello clericale, ma delle opportunità nuove legate a nuove ministerialità. Penso alla carità, o alla vicinanza ai malati e anziani… Ciò permetterebbe di ripensare anche l’utilizzo di spazi e strutture con dinamiche diverse rispetto al passato. Faccio qualche esempio: gruppi famiglia che si ritrovino in spazi dedicati, o la formazione dei fidanzati; penso a momenti di residenzialità temporanea per gruppi di giovani, come di diceva qualche tempo fa. Oppure alla possibilità di attivare spazi (non troppo lontani dal proprio territorio) in cui vivere esperienze significative o momenti di condivisione o ritiro. Soluzioni diverse da quelle attuate oggi nelle parrocchie, dove si pretende che tutti facciano tutto. Certo rimane il problema degli anziani che restano sul territorio, e che potrebbero avvertire una sorta di abbandono. Su questo dovremo essere molto attenti. Anche nelle piccole chiese o comunità, dove non può esserci la celebrazione eucaristica, se c’è qualche laico che prega il rosario o il vespro potrebbe comunque non lasciare sole le persone».

In una battuta: di cosa hanno oggi bisogno i preti della nostra Diocesi?
«Di essere protagonisti, insieme ai laici, di un pensiero. Il pensiero di una comunità che ha bisogno di essere amata, come è sempre stato in passato, ma anche ripensata con alcune scelte».




In Cattedrale la mostra su padre Arsenio da Trigolo che a ottobre sarà beato

In attesa della sua beatificazione, in programma la mattina del 7 ottobre prossimo (ore 10) nel Duomo di Milano, la figura del cremonese padre Arsenio da Trigolo (al secolo Giuseppe Migliavacca) potrà essere approfondita grazie alla mostra che, sino a domenica 16 ottobre, fa tappa nella Cattedrale di Cremona.

L’esposizione, a cura dalla Congregazione delle Suore di Maria Santissima Consolatrice (l’istituto religioso fondato da padre Arsenio), è allestita nel transetto settentrionale (lato largo Boccaccino). Si tratta di una serie di pannelli che, con testi e fotografie, ripercorre le tappe fondamentali della vita del religioso di Trigolo.

Non manca naturalmente uno speciale approfondimento sulle Suore di Maria Santissima Consolatrice e sul miracolo che è stato preso in esame per la causa di beatificazione, avvenuto il 17 ottobre 1946 in un convento di Voghera. Qui suor Maria Consolatrice (al secolo Ausilia Ferraro) fu portata nella cappella dove era esposto il Santissimo: proprio durante l’adorazione una religiosa invitò i presenti a chiedere l’intercessione di padre Arsenio per la guarigione della consorella che, dopo la benedizione eucaristica, si alzò sentendosi guarita. Suor Maria Consolatrice morì molti anni dopo, di vecchiaia. Il 25 febbraio 2016 il congresso dei medici della Congregazione delle Cause dei Santi ha espresso parere favorevole circa l’inspiegabilità scientifica di questa guarigione, attribuita appunto all’intercessione del religioso originario di Trigolo.

Il 21 gennaio dello scorso anno Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione a promulgare alcuni decreti, tra i quali quello riguardante il riconoscimento delle virtù eroiche del servo di Dio Arsenio da Trigolo, che il prossimo 7 ottobre, alle 10, nel Duomo di Milano, sarà proclamato beato. Quanti desiderassero prendere parte alla celebrazione possono contattare l’Istituto di Maria Consolatrice di Milano (via M. Gioia 51) entro il 31 luglio.

A livello diocesano l’agenzia ProfiloTours è a disposizione di parrocchie e gruppi per eventuale supporto logistico.

Comunicazioni organizzative sulla Beatificazione

Al rito di beatificazione sarà naturalmente presente anche il vescovo Napolioni che nella sera di venerdì 6 ottobre, alle 21, presiederà la veglia di preghiera organizzata a Milano.

La stessa sera una veglia di preghiera è in programma a Trigolo dove i gruppi di Iniziazione cristiana e le famiglie saranno coinvolti in un percorso che condurrà dal Santuario di S. Maria delle Grazie alla chiesa parrocchiale ripercorrendo le tappe della vita del celebre concittadino. All’indomani la comunità, guidata dal parroco don Vilmo Realini, sarà a Milano per la beatificazione.

Nel mese di settembre a Trigolo, nell’ambito della festa dell’oratorio, sarà organizzata un’elevazione musicale con tratti del pensiero di padre Arsenio e sarà riproposto il musical “Servo di Dio, servo del mondo. Padre Arsenio da Trigolo, il Musical” proposto dal gruppo teatrale “La Cometa” di Annicco.

Per aiutare a fare conoscere la figura di padre Arsenio, la comunità Cappuccina di Cremona è a disposizione di oratori e parrocchie che intendano promuovere in questi mesi specifici momenti di approfondimento.

 

Il musical su padre Arsenio raccontato nel “Giorno del Signore”

 

 

Biografia sintetica del Servo di Dio

Il Servo di Dio Arsenio da Trigolo nacque nell’omonimo paese della provincia di Cremona il 13 giugno 1849. Entrato nel Seminario di Cremona, per la bontà e la capacità oratoria, fu mandato anzitempo in una parrocchia dovendo così dividersi tra studio e impegno pastorale. Il 21 marzo 1874 ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu mandato come coadiutore del parroco a Paderno Ponchielli e poi a Cassano d’Adda, dove incontrò la giovane Pasqualina Giuseppina Fumagalli.

Per il suo desiderio di dedicarsi completamente a Dio, decise di diventare religioso, facendo domanda per entrare nella Compagnia di Gesù. Il Vescovo Geremia Bonomelli accolse la sua richiesta a malincuore. Il 14 dicembre 1874 il Servo di Dio iniziava a Les Alleux (Francia) il suo noviziato, emettendo la Prima Professione religiosa nel 1877.

La Professione solenne fu emessa a Venezia l’anno successivo come coadiutore spirituale (operarius). Nel suo servizio apostolico fu stimato da tutti, specialmente dalle comunità religiose femminili che lo avevano come direttore di esercizi spirituali e come accompagnatore nella vita interiore.

In questi anni di grande impegno spirituale incontrò nuovamente la Fumagalli che era stata dimessa dalle Suore di Notre Dame du Bon Secours e aveva fondato un Istituto religioso, chiamato della Consolata, aprendo case a Torino e Milano.

Dopo alcune traversie, a 53 anni, il 21 giugno 1902, dopo aver ottenuto il voto favorevole delle Curie di Milano, di Cremona, di Torino e del Provinciale dei Gesuiti, iniziava, con il nuovo nome di fra Arsenio da Trigolo, il periodo di noviziato dai Frati Minori Cappuccini della Provincia di Milano. Al termine del noviziato, emessi i voti temporanei, fu inviato a Bergamo per guidare nello spirito i giovani studenti cappuccini. Fu quindi trasferito per qualche tempo a Lovere, nella Bergamasca. Trascorse gli ultimi tre anni nel ministero pastorale e curando il Terz’Ordine. Il Vescovo di Bergamo, mons. Giacomo Radini Tedeschi, spesso lo chiamava per consigli.

Nel 1909 il Servo di Dio incominciò ad avere problemi di salute. Trasferito nell’Infermeria provinciale di Bergamo, nella notte del 10 dicembre 1909, morì per aneurisma cardiaco.

Il suo funerale, celebrato nella semplicità propria dei Cappuccini, vide un’imponente partecipazione di popolo che testimoniava rendendo evidente il bene seminato come sacerdote. Sepolto nel cimitero di Bergamo, i suoi resti mortali furono traslati nel 1940 al cimitero di Cepino Imagna (BG) e successivamente, il 13 ottobre 1953, nella Cappella della Casa Madre delle Suore di Maria SS. Consolatrice a Milano.

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A Casa Paola festa dei popoli nel ricordo dell’abbraccio tra Papa Francesco e padre Zambotti

Giornata di festa domenica 9 luglio a Rivarolo del Re, presso Casa Paola, con l’evento “Famiglia dei Popoli”, organizzato dall’associazione “La Tenda di Cristo”, la parrocchia di Rivarolo del Re e la cooperativa “Nonsolonoi”.

Immersa nella campagna rivarolese, Casa Paola è un’ex cascina fatiscente rimessa a nuovo, dove sono accolti tutti coloro i quali sono vissuti da varie solitudini; addobbata per l’occasione con bandiere, stendardi e drappelli colorati, è un punto di riferimento per emergenze, profughi, abbandonati, sfrattati e altre situazioni di particolari necessità e povertà.

A dare il via alla festa, a metà mattina, dopo aver accolto e salutato gli amici, alcuni provenienti persino da Vicenza, il responsabile padre Francesco Zambotti con la toccante testimonianza “L’accoglienza nelle Tende di Cristo”. «Durante l’incontro che ho avuto con il Papa a Bozzolo mai avrei pensato di poterlo abbracciare – ha testimoniato commosso padre Francesco, mostrando ai presenti, nella gremita sala riunioni, la fotografia che ritrae l’abbraccio fraterno nella chiesa di San Pietro lo scorso 20 giugno -. Mi sono sentito accolto dalla Chiesa, la cui sintesi è il Papa, il quale vive nella dimensione sociale, perché è dalla parte dei poveri».

«Francesco, benedici me e i miei poveri» furono le dirette ed efficaci parole che padre Zambotti rivolse al Pontefice, aspettandosi che quest’ultimo gli desse la benedizione; Papa Francesco, invece, lo abbracciò. «Lui mi ha accolto e io ho accolto lui, perché l’abbraccio si dà tra due persone – ha proseguito padre Francesco nel più assoluto silenzio della sala, colmo di ascolto, attenzione e riflessione –. È un’appropriazione nel senso più libero. Più uno è libero, più può fare accoglienza».

«È la Tenda di Cristo che accoglie i poveri» aggiunse il vescovo Antonio Napolioni per illustrare a Papa Francesco di che si trattasse. «La chiave di volta è stata la parola “poveri” – ha spiegato padre Zambotti -. Accogliere la persona non è solo cordialità o attenzione all’altro, ma l’uomo che s’incontra con l’uomo. La scintilla creatrice attraverso la quale siamo chiamati all’esistenza c’è in ogni uomo ed è sempre esistita nella mente di Dio. Accogliere le persone è difficile, perché bisogna divenire persone libere. Le dipendenze quali alcol, fumo, droga ecc. hanno rubato la libertà. Ma tutti noi possiamo crescere in un abbraccio vero, non finto, che è sigillo che si muove e diventa accoglienza nelle Tende, ciascuno per quello che è. Questo concetto di accoglienza si allarga e diventa realtà viva dentro di noi. Anche se, in mezzo a tutte le cose che dobbiamo fare, diventa molto difficile divenire un dono per l’altro, sempre nella libertà di chi lo accetta e di chi, invece, lo rifiuta. L’abbraccio è tutto da inventare. Come cristiani dobbiamo ritrovare lo stupore. Lo stupore dell’amicizia che va da zero a cento. Il valore dell’amicizia è accoglienza. L’amore è il volersi bene. Dio è Amore. Noi possiamo solo recuperare briciole di amore e spalmarle. Per realizzare rapporti ci vuole tempo e occasione. La vita si trasforma in dono che va e che torna. In questo dono si esaudisce l’accoglienza umana».

«Ma esiste un limite all’accoglienza? – si è interrogato un uditore – E se sì, qual è?». «Il limite è il tempo, l’impreparazione, l’incapacità di affrontare una certa problematica, per la quale poi si rimanda ad esempio allo psicologo, la genuinità che ci porta a fermarci, perché c’è in mezzo il gioco della libertà interiore ed esteriore – ha risposto esauriente padre Francesco -. L’accoglienza non è di Dio onnipotente, ma gioca l’incontro con generazioni, storicità, mentalità. Il riconoscere i bordi non è un fallimento, anzi. È bello anche dire “non ho più carte da giocare”. Il limite è il risultato dell’onnipotenza dell’impotenza. Diversamente, la superficialità è una diga che blocca tutto».

Dopo l’appassionante testimonianza di padre Francesco, nella chiesetta adiacente alla sala riunioni è stata celebrata la Messa, animata dal coro giovanile “Joy Voices” di Casalmaggiore, per l’occasione diretto dalla prof.ssa Chiara Zani.

Successivamente, sotto il porticato esterno allestito con panche e tavoli, il pranzo multietnico a buffet, in stile comunitario, dove ogni commensale ha portato qualcosa da condividere.

Nel pomeriggio “La moda della solidarietà”: sfilata con prodotti della bottega Equosolidale di Casalmaggiore e borsette prodotte dai volontari di Casa Paola. La bella giornata di festa si è così conclusa all’insegna dell’allegria con musiche, canti e danze multietniche sul palco predisposto sotto il porticato.

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Mons. Mario Delpini nuovo Arcivescovo di Milano

Monsignor Mario Delpini, 66 anni tra pochi giorni, è il nuovo Arcivescovo di Milano. La nomina da parte di papa Francesco è stata comunicata venerdì 7 luglio, alle 12, nella Curia arcivescovile di Milano dal cardinale Angelo Scola e contemporaneamente è stata resa nota dal Bollettino della Sala stampa vaticana. L’annuncio è stato accolto dal suono festoso delle campane delle parrocchie ambrosiane.

Nato a Gallarate (Varese) il 29 luglio 1951, Delpini è stato ordinato sacerdote dal cardinale Giovanni Colombo il 7 giugno 1975. Eletto Vescovo titolare di Stefaniaco il 13 luglio 2007, è stato ordinato dal cardinale Dionigi Tettamanzi nel Duomo di Milano il 23 settembre successivo. Già Rettore maggiore del Seminario arcivescovile di Milano e Vicario episcopale, nel 2012 è stato nominato Vicario generale dal cardinale Scola.

Il cardinale Scola assume da oggi l’incarico di Amministratore apostolico della Diocesi, che manterrà fino alla presa di possesso della sede da parte del nuovo Arcivescovo.

 

La comunicazione ufficiale

Quest’oggi il Santo Padre, Papa Francesco, ha accettato la rinuncia all’ufficio di Arcivescovo di Milano presentata da Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola e ha nominato nuovo Arcivescovo Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Mario Enrico Delpini, sinora Vicario generale della Diocesi Ambrosiana.

Nel contempo il Santo Padre ha provveduto a nominare Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola Amministratore Apostolico attribuendogli i diritti, le facoltà, i compiti che spettano ai Vescovi diocesani. Egli pertanto continuerà nel governo pastorale dell’Arcidiocesi di Milano, fatti salvi i limiti propri della sede vacante (cf Apostolorum successores, n. 244; in particolare cessa la funzione dei Consigli presbiterale e pastorale mentre proseguono nel loro mandato il Collegio dei Consultori e il Consiglio per gli affari economici della Diocesi), fino alla presa di possesso della sede da parte del nuovo Arcivescovo. In base alla normativa propria (Cum de nomine episcopi, 9 ottobre 1972), nel periodo di sede vacante resta immutato il nome del Vescovo da citare nella preghiera eucaristica, con la modalità consueta: «il nostro Vescovo Angelo».

In data odierna Sua Eminenza Rev.ma il Card. Angelo Scola, in forza della succitata nomina ad Amministratore Apostolico e delle facoltà conferitegli, tenuto conto del fatto che i Vescovi ausiliari conservano anche durante la sede vacante le potestà e le facoltà di cui godevano come Ordinari diocesani (can. 409 § 2) mentre gli altri Vicari episcopali decadono dai loro uffici (can. 417), ha confermato in forma delegata le potestà e le facoltà di cui godevano in precedenza i Vicari episcopali non Vescovi ausiliari, anche per delega o a seguito di mandato speciale (decreto arcivescovile in data 7 luglio 2017). Al Moderator Curiae viene inoltre assegnato il compito di Delegato ad omnia, con competenza di firma sugli atti sinora affidati al Vicario generale.

Secondo la tradizione della Chiesa, nelle Sante Messe celebrate nell’intero territorio dell’Arcidiocesi di Milano domenica 9 luglio (a partire dalle Sante Messe Vigiliari) la comunità cristiana è invitata a pregare per l’Arcivescovo uscente e per l’Arcivescovo eletto. In particolare, si suggerisce di inserire tra le preghiera dei fedeli i seguenti testi:

– Per l’Arcivescovo eletto, Mons. Mario Delpini. La grazia del tuo Spirito lo sostenga, lo illumini e lo incoraggi nel nuovo ministero che gli viene affidato a servizio della Chiesa ambrosiana; per questo ti preghiamo.

– Per il Card. Angelo Scola, che ha servito la Chiesa come Arcivescovo di Milano. Sperimenti la gratitudine del popolo ambrosiano per il generoso servizio di questi anni e la sua fervida preghiera accompagni il futuro cammino della nostra Diocesi; per questo ti preghiamo.

Milano, 7 luglio 2017

Il Cancelliere arcivescovile
Mons. dr. Marino Mosconi




Progetto “Giovani Insieme”: la proposta si rinnova in diocesi con 13 inserimenti

Per il quinto anno consecutivo è stato approvato il progetto Giovani Insieme, che prevede l’inserimento di giovani a servizio feriale e progettuale degli oratori. Anche l’annualità 2018/2019, così come per le precedenti, partirà a settembre e si svilupperà sino ad agosto. La quota riservata alla Diocesi di Cremona è di 13 inserimenti, a cui attivazione dei contratti dovrà avvenire entro il 15 settembre.

«Si tratta di un’opportunità molto preziosa – sottolinea don Paolo Arienti, incaricato diocesano per la Pastorale giovani – per dotare alcuni nostri oratori ad un servizio di supporto per la vita quotidiana e un intervento concreto a sostegno del protagonismo e dell’esperienza lavorativa dei giovani».

Le candidature devono essere presentate all’Ufficio diocesano di Pastorale giovanile (via S. Antonio del Fuoco 9A, tel. 0372-25336) attraverso l’apposita modulistica.

 

Modulo per la richiesta di adesione da parte dei giovani

Modulo di accreditamento per le parrocchie

Contratto tempo determinato e part-time – Progetto Giovani Insieme 2018/19




In Battistero una mostra per ricordare il 25° della visita a Cremona di Giovanni Paolo II e la morte del vescovo Assi

Proseguirà sino al 16 settembre nel Battistero di Cremona la mostra, curata da Bertoldiarte e inaugurata il 21 giugno scorso, con l’esposizione di dipinti dell’artista cremonese Graziano Bertoldi per ricordare due significativi eventi: il 25esimo anniversario della visita di San Giovanni Paolo II a Cremona e la morte del vescovo Enrico Assi.

L’evento, evocativamente intitolato “Due percorsi provvidenziali, nella chiesa delle ‘beatitudini’, che hanno avviato verso orizzonti di fede e di amore”,  è organizzato nella speranza che i visitatori, entrando nel Battistero, dedicato a San Giovanni Battista, abbiano a percepire i segnali e i messaggi che vengono dalle opere esposte e ricostruirli, come se la storia ricominciasse da capo, stabilendo un ipotetico, ma consapevole contatto con i protagonisti di ieri nel loro pensare e nell’operare per il bene della comunità cremonese.

La mostra è visitabile fino al 16 settembre tutti i giorni, dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30.

Locandina




Gemellaggio terremoto/44. A Folgaria l’incontro degli operatori della pastorale familiare marchigiana

All’insegna del gemellaggio post-terremoto tra la Chiesa cremonese e l’arcidiocesi di Camerino-S. Severino Marche, ferita dal sisma, dall’8 al 16 luglio l’Ufficio diocesano Famiglia di Camerino è stato ospite, con una quarantina di persone, nella struttura alpina di Francolini di Folgaria per un momento formativo riservato agli operatori della pastorale familiare marchigiana. Di seguito alcune testimonianze sull’esperienza.

 

 

L’esperienza del Campo Formativo Famiglie 2017, presso la Casa Alpina di Folgaria, alla quale abbiamo partecipato anche noi della Vicaria di San Severino Marche è stata davvero fantastica!!

Tra le nostre famiglie si è creata sin da subito una forte sinergia e un autentico spirito di condivisione che ci ha permesso sia di divertirci insieme, in fraternità, che di riflettere sul messaggio dell’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, enucleandone i punti essenziali e i messaggi guida.

Le nostre riflessioni, effettuate sotto la guida dei nostri formatori e del nostro sacerdote, ci hanno aperto gli occhi sui nostri errori e su quanto possiamo e dobbiamo ancora fare per migliorare la nostra vita famigliare e di coppia alla luce della Parola e come aiutare gli altri a farlo!

Un grazie davvero sentito alla Diocesi di Cremona, alla Caritas e al Vescovo Antonio, per questa esperienza che ha contribuito non poco a formarci ed anche rasserenare i nostri animi fortemente provati dalle recenti vicende del terremoto che hanno toccato oltre alla nostra anche le altre famiglie del Campo.

Che il Signore ci guidi e ci protegga tutti!

Manuela e Roberto

 

 

L’esperienza di questa settimana, lo diciamo subito, è stata bellissima. Siamo arrivati attratti dall’idea di vacanza, ma a poco a poco si riesce a capire che si andava verso un’altra direzione: si vanno costruendo i rapporti con le altre coppie; ci si “risveglia” la preghiera, la formazione, lo sguardo verso la creazione di Dio, verso le cose semplici della vita, ci si fa scorgere che anche con poco raccolto, si può avere abbastanza – come detto dalla seconda lettera ai Corinzi.

Lungo la settimana siamo riusciti a placare le agitazioni della vita ordinaria e ridimensionare tutto quanto, capire il giusto peso di tante cose. Abbiamo notato che lo stare insieme è qualcosa di indispensabile alla vita, che è la buona strada e che ci porta alla conclusione che insieme stiamo meglio e che la famiglia va rafforzata, valorizzata.

Senz’altro siamo stati colpiti anche dalla bellezza del posto, dalla qualità del trattamento. Gli alloggi sono buonissimi come anche il cibo.

I nostri coordinatori Fernando e Valentina sono stati capaci di condurci tutti quanti ad una proficua camminata e hanno gestito il tempo in modo che nulla avanzasse e nulla mancasse, in una vera immersione di fraternità e generosità e ci fanno sentire in famiglia.

Detto questo, non ci resta che ringraziare di cuore la Diocesi di Cremona che ha reso possibile questa bellissima settimana!




Il 5 luglio a San Luca il ricordo di sant’Antonio Maria Zaccaria, patrono secondario della Diocesi

Mercoledì 5 luglio ricorre la memoria liturgica di sant’Antonio Maria Zaccaria (nell’anniversario della morte, avvenuta a soli 37 anni nel 1539 a Cremona). La festa del patrono secondario della Diocesi di Cremona sarà festeggiata nel pomeriggio, alle 18, con una solenne Eucaristia nella chiesa di S. Luca, a Cremona, dove sono presenti i Barnabiti, la Congregazione (dei Chierici Regolari di san Paolo) fondata nel 1530 a Milano dallo Zaccaria insieme ad alcuni compagni. La celebrazione, che sarà presieduta dal procuratore generale dell’Ordine, padre Filippo Lovison, vedrà la presenza anche delle Suore Angeliche.

Fra i discepoli spirituali di Antonio Maria, infatti, va ricordata una sua lontana parente, Valeria degli Alieri, la quale, dietro suggerimento del suo santo parente, scelto come direttore spirituale, radunò nella sua casa un gruppo di ragazze che furono oggetto di particolari cure da parte dello Zaccaria e che poi, dopo la morte di lui, chiesero di costituirsi in monastero di Angeliche.

Forte il legame dei cremonesi con la comunità barnabita di Cremona che in città, oltre a rimanere una testimonianza viva del celebre concittadino salito alla gloria degli altari nel 1897 (e nel 1917 proclamato dal vescovo Cazzani patrono secondario della Diocesi, del Clero e delle Associazioni giovanili cattoliche), rappresenta un importante punto di riferimento spirituale, in particolare per le confessioni.

 

Materiale liturgico
Agiografia sintetica       Approfondimento
Messale       Lezionario       Liturgia Ore

 

 

Scheda agiografica 

Il potere del tempo si arresta davanti alla grandezza di figure che hanno saputo lasciare il segno nella storia della vicenda umana. Questa grandezza la Chiesa la chiama santità perché non si delinea a partire dalle logiche del potere o del sangue versato dalla violenza o dall’idolatria del denaro ma a partire da Dio: agli occhi dei più un modo strano di fare storia che in effetti trova poco spazio anche sui libri di scuola dei nostri figli.

Antonio Maria nasce dalla nobile famiglia degli Zaccaria. Siamo nel dicembre del 1502 quando Antonietta Pescaroli dà alla luce il suo unico figlio: sarà ancora lei da sola a curarne l’educazione dopo la precoce morte del marito Lazzaro.

Il suo cuore capace di “vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli” spinge Antonio, ancora bambino, a regalare ad un povero il suo mantello prezioso e nel 1520, quando sarà il tempo delle prime scelte di vita, lo guiderà alla decisione di recarsi a Padova per studiare quella medicina che gli avrebbe permesso poi di chinarsi come buon samaritano sulle ferite degli uomini con “l’olio della consolazione e il vino della speranza”.

Ritornato a Cremona nel 1524, guidato dal domenicano fra Marcello, “si diede a vita spirituale” e radunando giovani e adulti nella piccola chiesa di san Vitale inizia, ancora laico, la sua attività di catechesi. Cremona lo ricorda col titolo di “padre della patria” perché, soprattutto durante la peste del 1528, fu proprio lui ad organizzare l’attività caritativa verso poveri e ammalati.

Ordinato sacerdote il 20 febbraio del 1529 fa proprie le urgenze del suo mondo: urgenza di rinnovamento del “fervor cristiano” in un’ epoca in cui il cammino di fede si presentava immerso in un pericoloso contesto di indifferenza, ignoranza, superficialità e superstizione. Sempre presso san Vitale fonda il cenacolo della Amicizia dove predicherà i suoi sermoni che ancora oggi custodiamo quale preziosa testimonianza del suo agire pastorale.

Il grande viaggio della fede porterà il nostro santo prima a Guastalla come cappellano della contessa Ludovica Torelli e poi, con la stessa, a Milano dove, proprio grazie a lui, il cenacolo della Eterna sapienza si trasformerà poco alla volta nella sua creatura: i Chierici regolari di san Paolo, le suore angeliche (primo ordine femminile pensato per una vita attiva fuori dalle mura della clausura ) e i maritati di san Paolo ( prima tra le esperienze di coinvolgimento pieno dei laici nella vita della chiesa ).

Dopo secoli questi tre gruppi capitanati da san Paolo ancora oggi e anche in Cremona testimoniano la potenza della fantasia dello Spirito che edifica la sua Chiesa con la novità del Vangelo e della santità pur nell’umano mare di limiti.

Antonio, dopo una breve vita spesa per il regno di Dio e la sua giustizia, vorrà tornare a Cremona per morire tra le braccia della madre il 5 luglio del 1539.

A noi il compito, oggi, di scrivere ancora pagine di storia capaci di raccontare e testimoniare questa grandezza!

Giorgio Maria Viganò, crsp

 

 




Un nuovo libro su don Giacinto Bianchi

È arrivato nelle librerie un nuovo libro, di ben 635 pagine, dedicato a don Giacinto Bianchi, nato e morto a Villa Pasquali, fondatore dell’Istituto delle Figlie di Maria Missionarie. Il volume, che sarà presentato a Sabbioneta appena dopo l’estate, comprende documenti suddivisi in quattro parti: “Figlie di Maria Missionarie”, “Predicazione”, “Pie Unioni delle Figlie di Maria”, “Programmi e regole di vita” e lettere scritte dal 1865 sino a poche settimane prima della morte, sopraggiunta a Villa Pasquali l’11 febbraio 1914.

Il volume, quasi enciclopedico, intende rispondere all’esigenza di conoscere il pensiero di don Giacinto nel suo tempo, permettendo di avvicinarsi alla sua personalità, per incontrarlo attraverso i suoi scritti.

Tutti i testi, vagliati con rigore dai curatori suor Antonietta Papa e Fabrizio Fabrizi, sono accompagnati da note che ricostruiscono contesti, situazioni e citazioni.

Dalla lettura del volume emerge la fiducia di questo sacerdote nella trasformazione positiva, alla luce della fede, della realtà umana, la passione pastorale, l’impegno per la salvezza delle anime, la fiducia nella Provvidenza divina che non abbandona mai i suoi figli, la dolcezza paterna verso le sue “Figlie”, l’assiduità ai Sacramenti, l’impegno nei confronti dell’educazione delle giovani generazioni.

Roberto Marchini




Sinodo dei giovani: fino a metà settembre gli ascolti

Sta per volgere al termine la “fase preparatoria” del Sinodo diocesano dei giovani: quella dell’ascolto. Da metà settembre, infatti, si entrerà nella “fase pre-sinodale”. Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato don Paolo Arienti, incaricato diocesano per la pastorale giovanile.

 

Don Paolo, l’anno pastorale che sta per chiudersi, così come il prossimo, vede la pastorale giovanile, e non solo, vivere il Sinodo: a che punto si è?

«Stiamo per concludere la fase detta dell’ascolto che ci ha impegnati dallo scorso ottobre fino al prossimo settembre. Da questo punto di vista mi permetto di sottolineare che anche i mesi estivi non sono inutili: sappiamo che tanti oratori hanno esperienze estive e di campeggio, piuttosto che di uscite, momenti di vacanza; gli Scout e le altre associazioni hanno i loro momenti di esperienza. Potrebbe essere molto bello, e stiamo sollecitando in questo senso, che ciascuno si senta responsabilizzato sugli ascolti. Come sapete tutto è sul sito diocesano della Federazione oratori e i materiali sono sovrabbondanti: si tratta di scegliere e, se qualcuno vuole, ha già tecnicamente anche delle parti formative, degli spezzoni di ascolto e di approfondimento confezionati. Poi abbiamo sempre lasciato la libertà a ciascuno di orientarsi come meglio crede».

 

Siamo solo all’inizio. Ma è una parte importante quella che si sta vivendo: come la Chiesa cremonese ha reagito a questa proposta?

«Secondo me due sono gli atteggiamenti che abbiamo riscontrato. Innanzitutto un buon entusiasmo e una buona attenzione da parte di qualcuno. Qualcun altro e qualche altra comunità, un pochettino più sorniona e un pochettino indecisa e per certi versi anche indifferente, ci ricorda sempre che le cose non sono mai magicamente attuabili: bisogna lavorarci sopra, bisogna far passar parola, bisogna insistere e, soprattutto, condividere. Credo che la logica della condivisione da questo punto di vista sia la più grande terapia anche a certi percorsi un po’ autoreferenziali che fatalmente si installano anche nella pastorale giovanile. Ma questo è assolutamente normale, fa parte un po’ dei ritmi di vita. Forse la Diocesi ci può aiutare anche a pensarci un pochettino più in connessione gli uni con gli altri. E credo sia anche una delle insistenze grandi del vescovo Antonio».

 

Sicuramente protagonisti sono gli oratori e le comunità parrocchiali, però il Sinodo non si limita solamente a questo: guarda anche “fuori”, a chi non frequenta e anche ad altri ambiti. Come è stata l’esperienza in questi primi mesi?

«È sicuramente la parte più affascinante, ma anche la più difficile. È affascinante perché tutto sommato la pastorale giovanile da sempre è missionaria, da sempre guarda oltre se stessa e oltre l’oratorio. Anzi, l’oratorio si è sempre configurato come un cortile aperto, un cortile accogliente, un cortile educativo. È anche difficile perché abbiamo le armi molto spuntate, nel senso che è passato il tempo nel quale le comunità cristiane, organizzando eventi, avevano e possono avere ancora una sorta di potere magico catalitico. Cito le parole di Dioallevi, che è un sociologo italiano della religione, il quale dice: siamo in fine corsa, abbiamo affinato tanti strumenti, ma nel frattempo si è esaurito un percorso sociologico dove il Cristianesimo è religione diffusa; siamo ancora molto popolari, ma è popolarità missionaria che ci chiede molte energie. Il Sinodo si è mosso e si sta muovendo in questa direzione attivando qualche piccola strategia: penso alle scuole, penso al carcere, penso ad alcuni ascolti individuali e penso anche a quello che nelle zone è stato fatto e, ad esempio, quello che accadrà in città, perché in settembre costruiremo un momento di piazza, non tanto per attirare le persone, quanto per far conoscere e per ragionare con i giovani del mondo giovanile, dei linguaggi giovanili e del futuro. Che poi sono i grandi temi che il Sinodo si è preso a cuore come materia del proprio riflettere e del proprio discorrere».

 

Guardando proprio al nuovo anno pastorale, quali sono ora le scadenze che attendono?

«Ci siamo dati come termine di chiusura della fase dell’ascolto il prossimo settembre, a metà mese, chiedendo che durante le feste degli oratori, che in gran parte si celebrarono proprio in settembre, ci sia spazio per gli ultimi ascolti sinodali. Dopo di che la Segreteria del Sinodo lavorerà sullo strumento di lavoro: abbiamo già ipotizzato di articolare le 10 schede in cinque grandi ambiti, che coincidono grosso modo con le cinque assemblee sinodali che da gennaio a maggio verranno celebrate in giro per la diocesi. Un altro appuntamento importante sarà a novembre/dicembre: il Vescovo si è reso disponibile per cinque venerdì consecutivi per incontrare i giovani delle cinque future zone pastorali. Cominceremo con una celebrazione della Parola, di ascolto del Vangelo, per poi consegnare a tutti i giovani lo strumento di lavoro. Attorno a quelle date stimoleremo le zone perché i sacerdoti, gli educatori e i giovani stessi individuino la quota dei giovani sinodali che poi entrerà nell’assemblea da gennaio».

 

INCONTRI NELLE ZONE
Venerdì 3 novembre   – ore 20 Zona 3 – città
Venerdì 10 novembre – ore 20 Zona 2 – ovest
Venerdì 17 novembre – ore 20 Zona 1 – nord
Venerdì 24 novembre – ore 20 Zona 4 – est
Venerdì 1 dicembre    – ore 20 Zona 5 – sud

«Celebreremo il Natale con serenità e con pace. Poi alla fine di gennaio la prima assemblea sinodale: esattamente il 21 di gennaio: cominceremo nella futura zona quattro, a Sospiro, presso l’oratorio. Da lì, una volta al mese – le date sono già disponibili – faremo girare l’assemblea sinodale nelle cinque zone. Cominceremo dunque con Sospiro per poi finire con una la città in un luogo strano, un po’ particolare, che è la stessa casa del Vescovo. Perché l’ultima assemblea la celebreremo nel solone Bolognini, che è esattamente contiguo all’appartamento del Vescovo. Questo sarà per Pentecoste, il 20 maggio 2018. Le altre tappe sono invece: il monastero di Soresina, Rivolta d’Adda, poi scenderemo a Casalmaggiore e appunto ancora sarà la volta di Cremona. In questo movimento dell’assemblea sinodale coinvolgeremo anche gli adulti, anche le comunità. Il Vescovo ha chiesto che nelle sere precedenti alle assemblee, nelle zone ospitanti, si celebri una veglia di preghiera aperta a tutte le comunità. E quindi con i Vicari di Zona lavoreremo per individuare il luogo più opportuno e la struttura migliore per coinvolgere anche gli adulti in un clima di preghiera e di accompagnamento».

ASSEMBLEE SINODALI

Domenica 21 gennaio – ore 15.30 Zona 4 – Oratorio Sospiro
Domenica 18 febbraio – ore 15.30 Zona 2 – Monastero Soresina
Domenica 11 marzo    – ore 15.30 Zona 1 – Suore Rivolta d’Adda
Domenica 8 aprile       – ore 15.30 Zona 5 – Oratorio Casalmaggiore
Domenica 20 maggio  – ore 16.00 Zona 3 – Palazzo Vescovile Cremona
Domenica 20 maggio  – ore 19.00  

Messa di conclusione del Sinodo in Cattedrale

* al termine festa in piazza

«In più stiamo predisponendo un segno che a settembre dovremmo riuscire a consegnare a tutte le parrocchie: un segno vivente, un segno bello, luminoso, perché nelle Eucaristie delle nostre comunità vi sia una simbologia espressamente dedicata al Sinodo dei giovani. Forse ricorderete quello che fu fatto per l’altro Sinodo diocesano, quello Assi-Nicolini, dove anche lì non mancarono dei segni espressivi. Coinvolgeremo anche le comunità religiose, i luoghi di preghiera, un po’ tutti gli ambienti che ci sembrano idonei a un’alleanza spirituale per l’accompagnamento del Sinodo. In più il Vescovo ha chiesto, proprio in questi giorni, che ci sia un’attenzione ancora più particolare al carcere – e stiamo elaborando un progetto nuovo – dopo che il Vescovo ne ha parlato con il Papa, lo scorso 20 giugno nei momenti di ritaglio di tempo. Il Papa si è dimostrato molto sensibile alla realtà carceraria e ha chiesto proprio che il nostro Sinodo abbia un’attinenza forte con quell’ambiente».

 

Un po’ già lo accennava: l’estate come tempo forte. In questo contesto anche l’esperienza di Taizé: che cosa ci si aspetta?.

«Taizé sarà sicuramente un’esperienza forte e motivante. Forte perché è forte la proposta di trovare migliaia di giovani attorno alla Parola e attorno all’esperienza internazionale. Motivante perché il tirocinio settimanale di Taizé insegna a trattare la Parola, insegna a ricentrarsi sulla fede. E oggi più che mai serve che anche il mondo giovanile non sia esposto ad alcune derive o tradizionalistiche o spiritualistiche, ma che la Parola, come indica il vescovo Antonio, torni a essere davvero il nutrimento fondamentale, accanto all’Eucaristia e alla fraternità, del nostro percorso di fede.  Abbiamo previsto, d’accordo con il vescovo Antonio, che proprio anche a Taizé il gruppo cremonese trovi un momento per sperimentare gli ascolti diocesani e credo che sarà un contesto assolutamente bello e irripetibile. Non ci dispiacerebbe che anche dopo, tornati da Taizé, la matrice pedagogica di quella esperienza monastica e giovanile potesse ritornare in diocesi. Stiamo pensando a un percorso anche itinerante di preghiera sullo stile di Taizé da mettere a disposizione delle zone proprio in corrispondenza alla fase celebrativa del Sinodo».