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Giornata delle persone con disabilità: ma chi lo è realmente?

Il 3 Dicembre è stata celebrata la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, proponiamo una riflessione del diacono Marco Ruggeri, che si occupa del progetto Pet Therapy “La Isla de Burro” che ha come protagonisti spesso delle persone diversamente abili.

Mentre ripensavo al lavoro fatto in questi anni con gli asini del progetto di Pet Therapy “La Isla de Burro”, alle tante persone incontrate, alle ore condivise, alle esperienze maturate, dopo essermi attentamente consultato con tutti e tredici i somari, sono arrivato alla conclusione che l’impostazione di questa giornata andrebbe se non completamente rivista, almeno profondamente integrata.

Si potrebbe fare in questo modo: teniamo il 3 Dicembre così, perché comunque da raccontare, fare e capire sul mondo della disabilità ce né un sacco ed è vitale farlo, ma per favore il 4 Dicembre diventi la “#Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità che non sanno di avere”.
 
Lanciamo questa giornata perché la questione è abbastanza seria.

Già, perché il problema sempre di più non è la disabilità e tutto ciò che implica, ma direttamente le persone disabili. Colpisce, giusto per fare un esempio, che diversi stati della civilissima Europa, si siano dati l’obiettivo di eliminare la Sindrome di Down dai loro territori. Come? Semplice: diagnosi prenatali (mai sicure al 100%) a tappeto e ricorso all’aborto altrettanto a tappeto.

E dove le coscienze provano ad urlare la follia della strada intrapresa, in mille modi le si mettono a tacere: è meglio così – che vita avrebbe – e quando voi non ci sarete più? – siete una famiglia così bella, non createvi problemi – è un atto d’amore risparmiargli una vita come poi avrebbe – con quello che ha, come potrebbe essere felice?
 
Tanti argomenti malamente riassunti, ma che nascondono tutti, ho già avuto modo di parlarne proprio su questo sito, il vero problema: le disabilità fisiche e mentali raccontano in modo inequivocabile ciò che più ci spaventa.

L’uomo in quanto tale, ha come compagno di viaggio il limite, non l’onnipotenza.

E alla parola limite associamo immediatamente tante cose che ci fanno paura e che riteniamo minino alla base la possibilità di una vita felice e realizzata.
 
Le persone disabili, in un cortocircuito mentale che prima o poi sarà sano curare, ci buttano in faccia i nostri peggiori incubi, e allora eliminandole, non vedendole, esiliandole nei ghetti dell’indifferenza, ci si illude di tornare al sogno di una vita “senza limiti”, dove tutto è lecito e possibile, perfetto.

Se poi la vita ci racconterà che non siamo “dei” immortali, ma “idoli” mortiferi, pazienza, ci penseremo a tempo debito (ma si avranno gli strumenti per farlo?), intanto lasciateci “cogliere l’attimo”.

Ma la disabilità ci racconta questo? Perché invece di credere a certe bufale, semplicemente non ci si prende il tempo di vedere, sperimentare, conoscere e capire? Sarebbe semplice e, dopo, tutto evidentissimo.
 
Chi fa i conti con la disabilità certamente affronta dimensioni di fatica spesso enormi, che se lasciate sole e a se stesse rischiano di schiacciare e disumanizzare, questo è sicuro.

Ma la storia che andrebbe raccontata ogni giorno e non solo il 3 Dicembre, dice molto altro. Racconta della possibilità che il limite possa essere assunto, amato, trasfigurato, umanizzato. E quando questo accade, quando la società attraverso la condivisione del limite si scopre comunità, ecco che nessun limite può più schiacciare il singolo.
 
Istituiamo allora il 4 Dicembre per aiutare ogni uomo e donna a scoprire la propria disabilità, che c’è, sempre. Perché se anche sei medaglia d’oro olimpica di triathlon, ma poi paghi una prostituta schiava del racket per tradire tua moglie, sei disabile.

Perché se hai tre lauree e insegni alla Bocconi, ma paghi la colf in nero, sei disabile.

Perché se hai un’industria che ti dà profitti da capogiro, ma avveleni l’aria e fai ammalare di cancro la gente, sei disabile.

Perché se sei potente, riverito e omaggiato, ma sputi sui diritti delle persone, sei disabile.

Se insulti l’arbitro che non ha dato un rigore alla squadra di tuo figlio, sei disabile.

Se parcheggi l’auto nel posto riservato ai portatori di handicap, certo sei disabile, ma non per questo sei autorizzato a farlo.

Se maltratti gli animali, sei disabile.

Se mandi SMS mentre guidi, sei disabile.

Se non guardi nemmeno in faccia chi ti saluta, sei disabile.

Se non sai usare le parole tanto care a Papa Francesco “grazie”, “scusa”, “per favore”, sei disabile.
 
Abbiamo urgente bisogno di guardare in faccia le nostre disabilità, ma non per deprimerci, ma per fare in modo che avvenga in noi ciò che molto spesso e molto bene accade nel mondo di chi la disabilità ha deciso di non fuggirla, occultarla o eliminarla, ma di accompagnarla con amore.
 
Mentre penso a queste cose, mi passa di fianco trotterellando Sara, mia figlia di sette anni con sindrome di Down. A bruciapelo le chiedo: “Sara, secondo te quanto sono disabile io?”

Mi guarda perplessa, mi si arrampica in braccio, mi abbraccia e mi guarda seria: “Tranquillo, io ti amo” e mentre corre via aggiunge “Per sempre, papà”.

In dieci secondi ha fatto quello che probabilmente io non sono riuscito a dire.

Sono davvero diversamente abili.

Diacono Marco Ruggeri




Agiografia del prete cremonese fondatore delle Figlie dell’Oratorio beatificato il 1° novembre del 1975 dal beato Papa Paolo VI

Vincenzo Grossi nasce il 9 marzo 1845 a Pizzighettone (Cremona) da una umile famiglia. È il penultimo dei dieci figli (tre muoiono in tenera età) di Baldassarre Grossi e Maddalena Cappellini, proprietari di un mulino. È subito battezzato nella chiesa parrocchiale di San Bassiano, a Pizzighettone.

Dinanzi alla richiesta di Vincenzo di diventare sacerdote non c’è opposizione da parte dei familiari, che si limitano a fargli presente che possono ancora aver bisogno di lui; c’è già un altro figlio – Giuseppe – che studia da prete, non possono permettersi le spese per entrambi. Così, mentre lavora con il padre nella consegna dei sacchi di farina, il ragazzo si ritaglia del tempo per studiare privatamente le materie del ginnasio sotto la guida del parroco.

A diciannove anni, nel 1864, entra in Seminario: è ordinato sacerdote il 22 maggio 1869. Da allora tutta la sua attività pastorale si svolge in diverse parrocchie della diocesi.

I suoi primi incarichi sono nelle parrocchie di S. Rocco in Gera di Pizzighettone e a Sesto Cremonese, seguiti, nel 1871, da quello come economo spirituale a Ca’ dei Soresini.

Nel 1873 è nominato parroco di Regona di Pizzighettone. La popolazione del luogo era da tempo lontana dalla pratica religiosa, ma don Vincenzo vi si dedica con tanta cura che dopo pochi anni trasforma il piccolo borgo in un “conventino”, come appunto viene definito dai suoi confratelli.

Don Vincenzo spende tutta la sua vita nel ministero pastorale: animazione delle comunità a lui affidate, predicazione di missioni al popolo, formazione spirituale delle coscienze, attenzione ai poveri, educazione dei fanciulli e dei giovani.

Per le ragazze, in particolare, don Grossi ha una sincera preoccupazione. Dà il nome di “oratorio” – sulle orme di don Giovanni Bosco a Torino – al piccolo locale che è riuscito a ricavare nella sua canonica, perché le sue giovani parrocchiane possano ritrovarsi. Vivendo in continuo contatto con la popolazione delle campagne, si rende conto che la gioventù, soprattutto femminile, cresce in situazioni molto fragili e complicate. Inizia, quindi, a radunare alcune delle sue giovani e ad avviarle alla vita comune tra loro.

Nel 1883 il vescovo Geremia Bonomelli lo destina come parroco a Vicobellignano, dove ha preso piede il protestantesimo metodista. Da subito, mostra gran carità e apertura: lo stesso pastore va più volte ad ascoltare le sue prediche quaresimali e le famiglie protestanti mandano i loro figli alla scuola parrocchiale.

La nuova destinazione, che lo allontana da Regona, non fa desistere don Grossi dal progetto della nuova comunità femminile. Il nome scelto è quello di “Figlie dell’Oratorio” per richiamarle a un modello spirituale ben preciso: la letizia spirituale di san Filippo Neri, fondatore della Congregazione dell’Oratorio. Non è previsto un abito definito, in modo da poter avvicinare meglio le giovani.

Le prime basi per il nascente Istituto sono poste nel 1885 a Pizzighettone. L’approvazione diocesana arriva il 20 giugno 1901 con l’assenso del vescovo Bonomelli. Per garantire la formazione scolastica di quelle tra loro che avrebbero dovuto dedicarsi all’insegnamento, sceglie la città di Lodi, dove si decide di acquistare una struttura: l’attuale Casa madre dell’Istituto.

Nel 1917, mentre si trova a Lodi per sistemare alcune faccende urgenti per l’Istituto, don Grossi si sente male. Vuole tornare a Vicobellignano dove, nei primi giorni di novembre, le sue condizioni si aggravano. Fatica a parlare, pronuncia solo pochissime parole: «La via è aperta: bisogna andare». Alle 21.45 del 7 novembre, a 72 anni, don Vincenzo Grossi rende l’anima a Dio.

La fama di santità di don Grossi non viene meno, tanto da domandare l’apertura della sua causa di beatificazione. Nel 1969 è dichiarato Venerabile. La sua beatificazione è celebrata il 1° novembre dell’Anno Santo 1975 a Roma da Papa Paolo VI, che lo definisce «apostolo della gioventù» ed «esempio sereno e suadente per i sacerdoti direttamente impegnati nella cura d’anime». «Nella solidità delle sue generose virtù, nascoste nel silenzio, purificate dal sacrificio e dalla mortificazione, raffinate dall’obbedienza, egli ha lasciato un solco profondo nella Chiesa, che oggi lo propone a modello e lo prega come intercessore».

Papa Francesco, definendo miracolosa la guarigione di una bambina avvenuta per intercessione del Beato, il 27 giugno 2015, nella sala del Concistoro del Palazzo apostolico vaticano, presiede il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione del beato Vincenzo Grossi, oltre che della beata Maria dell’Immacolata Concezione (superiora generale della Congregazione delle Sorelle della Compagnia della Croce) e dei beati Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin (coniugi e genitori). La canonizzazione il 18 ottobre 2015, Giornata missionaria mondiale, nel corso della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Il fatto miracoloso riguarda una bambina di due mesi di Pizzighettone affetta da una grave malattia ematica: una anemia eritropoietina di tipo 2. Elemento risolutivo può essere solo il trapianto di midollo, ma nessun familiare risulta compatibile. Mentre la bambina è sostenuta con trasfusioni e trattamenti palliativi, una suora delle Figlie dell’Oratorio invita a pregare il beato Vincenzo. I familiari iniziano a pregare insistentemente e dopo un certo periodo la bambina risulta guarita. A 25 anni e sta bene: quella patologia non si è più manifestata.

I resti mortali di san Vincenzo Grossi, già traslati nel 1944 dal cimitero di Vicobellignano a quello di Lodi, nel 1947 sono collocati nella cappella della Casa madre delle Figlie dell’Oratorio, a Lodi, dove tuttora vi riposano.

 

Preghiera al beato Vincenzo

Cuore adorabile di Gesù,
modello dei cuori sacerdotali,
che nella tua ineffabile Provvidenza
hai fatto del beato Vincenzo Grossi
un parroco operoso ed esemplare,
e lo hai scelto a fondare
una nuova Famiglia religiosa
per l’educazione
della gioventù femminile,
noi ti preghiamo
affinché possiamo imitarlo
nelle sue virtù
e ricevere, per sua intercessione,
le grazie di cui abbiamo bisogno.




Diritto al cibo: incontro di approfondimento sulla legge regionale 34/2015 venerdì al Centro pastorale diocesano di Cremona

Incontro organizzato da Caritas Cremonese e Regione Lombardia per approfondire la legge regionale 34/2015 “Legge di riconoscimento, tutela e promozione del diritto al cibo” [leggi il documento] nel pomeriggio di venerdì 27 novembre alle ore 17.30 al Centro pastorale diocesano di Cremona. Intervengono: il consigliere regionale Carlo Malvezzi; Sabina Granata, responsabile Area amministrativa della Fondazione Banco Alimentare; Fabrizio Piccarolo, direttore della Fondazione Lombardia per l’Ambiente; Stefano Crippa, responsabile Comunicazione Federdistribuzione; e il direttore della Caritas diocesana don Antonio Pezzetti.




Alternanza scuola lavoro: opportunità anche per le parrocchie

Nuove prospettive e possibilità per le parrocchie cremonesi grazie all’alternanza scuola lavoro che, promossa da regione Lombardia in concerto con l’Istituto Scolastico Regionale, potrà vedere protagoniste anche le comunità del territorio.

L’alternanza è una norma che riguarda la formazione obbligatoria degli studenti delle scuole superiori, chiamati a svolgere nel triennio un certo numero di ore lontano dai banchi di scuola: 400 ore per gli istituti tecnici e professionali, 200 per i licei. Tali ore potranno essere svolte in enti e aziende iscritte al registro stipulato da Regione Lombardia: un’opportunità estesa anche alle parrocchie (non gli oratori, in quanto non enti giuridici).

La progettazione di questi percorsi intende favorire l’orientamento dei giovani per valorizzare le vocazioni personali e gli interessi, realizzando un organico collegamento delle Istituzioni scolastiche formative con la società civile. Convenzioni che, naturalmente, si differenziano in base alla specificità delle diverse scuole. Così, ad esempio, studenti del liceo socio-psico-pedagogico potranno diventare protagonisti dell’esperienza del dopo-scuola attivata dalle parrocchie. Ma le possibilità sono le più diverse e possono riguardare anche le attività di animazione, comprese anche quelle estive.

Le convenzioni dovranno essere stipulate direttamente tra l’Istituto scolastico e la Parrocchia, pur con un sostegno garantito dalla Federazione Oratori Cremonesi. Per ogni tirocinio dovrà essere istituito un tutor didattico esecutivo, garantito dalla scuola, e un tutor “aziendale” indicato dall’ente che aderisce al progetto di alternanza.

“Nessuno è obbligato a entrare nella partita – precisano dagli uffici diocesani per la pastorale giovanile e scolastica in una nota congiunta – ma si tratta comunque di una opportunità formativa per i ragazzi da tenere in considerazione. Si profila inoltre anche un beneficio per le attività della parrocchia in termini di continuità, formazione, competenza e lavoro con il territorio”.

I ragazzi saranno chiamati a esprimere la propria preferenza tra le proposte offerte della propria scuola e scelte tra gli enti iscritti nel registro stipulato dalla Regione secondo l’indirizzo dell’istituto. Per diventare parti attive nell’alternanza, le Parrocchie dovranno avere tutte le necessarie certificazioni in materia di salute e sicurezza, assicurando ai tirocinanti percorsi adeguati di formazione.




Messaggio di madre Rita Rasero

La prossima canonizzazione del Fondatore Don Vincenzo Grossi è, prima di tutto, una grande gioia per ogni Figlia dell’Oratorio.

La riconosciuta esemplarità della vita di Don Vincenzo, trascorsa nell’umiltà, nell’obbedienza, nella preghiera, nell’apostolato sacerdotale e nell’amore verso Dio e verso il prossimo, dà conferma che ciò che veramente vale è il seme di una vita donata, giorno dopo giorno, nell’abbandono fiducioso al Signore, spendendosi con semplicità e gioia.

Ci rincuora anche il fatto che questo evento è una occasione di letizia per tutta la Chiesa e per le persone che guardano con ammirazione alla testimonianza di Don Vincenzo e si affidano alla sua intercessione.
Il riconoscimento della santità del Fondatore per l’Istituto si colloca come dono provvidenziale in questo tempo storico. Ci dà il senso di sentirci ancora oggi accompagnate dalla sua presenza, dall’aiuto del Signore, dalla percezione che un dono di grazia non si estingue semplicemente perché sono mutate le condizioni storiche e sociali.

Questo ci impegna ad esercitarci ad essere creativamente fedeli al carisma ricevuto, offrendo quanto possiamo. È poca cosa, ma “Dio ama chi dona con gioia” e la potenza del suo Spirito va oltre ogni limite umano e ogni senso di scoraggiamento o di impotenza. “Dovete arrivare stanche in Paradiso e non sole” diceva Don Vincenzo alle sue Figlie. Ci auguriamo che la sua canonizzazione sia una ventata di energia per tutte, per essere ancora, oggi, apostole e magari proposta di vita per quelle giovani che desiderano donare al Signore la loro esistenza.

madre Rita Rasero

 

 

Biografia della nuova generale

Madre Rita Rasero è originaria della provincia di Como ed è entrata nell’Istituto dopo una esperienza lavorativa a Milano. Ha emesso la prima professione nel 1985, quindi ha conseguito il diploma magistrale e la laurea in Scienze dell’Educazione presso l’Università Cattolica. Ha maturato una vasta esperienza educativa a contatto con le ragazze ospiti della “Protezione della Giovane” di Roma e di Milano, seguendo sia studentesse e lavoratrici, sia minori con problemi personali e familiari. Ha avuto incarichi di superiora di comunità e di carattere formativo, soprattutto delle suore nei primi anni di professione. Durante il XVI Capitolo generale, che dal 21 giugno al 7 luglio scorso si è svolto a Ronchiano di Castelveccana, è stato eletto il nuovo Capitolo generale. Alla pizzighettonese madre Marilena Borsotti, è succeduta come superiora generale madre Rita Rasero.




L’Avvento di fraternità per sostenere i profughi cristiani della Siria accolti in Turchia dalla comunità latina di Antiochia, conosciuta nel pellegrinaggio diocesano del 2010

Anche quest’anno la Chiesa cremonese si prepara al Natale con un gesto di solidarietà a favore di quanti vivono situazioni di particolare necessità. Se in Quaresima l’attenzione va alla realtà locale, in Avvento la mano si tende sempre a qualche altra parte del mondo. La proposta di quest’anno, promossa in sinergia con Caritas Cremonese e l’Ufficio missionario diocesano, è rivolta ai cristiani in fuga dalla Siria, attraverso la Chiesa latina di Antiochia (in Turchia), fortemente impegnata sul fronte accoglienza. Una comunità, quella turca, già legata in qualche modo alla Chiesa cremonese che, il 16 marzo 2010, in occasione del pellegrinaggio diocesano in Siria e Turchia guidato dal vescovo Lafranconi, aveva condiviso un momento di conoscenza e l’Eucaristia con i cattolici di questa terra, avendo modo di farsi un quadro preciso della situazione nelle parole del parroco, un italiano: il francescano padre Domenico Bertogli (in foto con mons. Lafranconi).

Quello dei profughi sul confine turco-siriano è un fenomeno davvero importante, basti pensare che nella regione dello Hatay, su una popolazione di circa 1.500.000 abitanti, vi sono 350mila profughi. Quasi tutti sono provenienti dalla Siria: metà di loro vive in tre campi profughi, gli altri nelle città di Antiochia e Iskenderun e in tanti villaggi che hanno raddoppiato la loro popolazione.

Locandina dell’Avvento di Fraternità 2015

 

L’impegno della Chiesa latina di Antiochia

La Chiesa latina di Antiochia è impegnato soprattutto nell’accoglienza dei cristiani, che non trovano posto nei campi profughi, dove la stragrande presenza è di musulmani, i quali possono contare anche su un sussidio economico e assistenza sanitaria gratuita.

«I cristiani – conferma padre Domenico Bertogli, parroco della Chiesa latina di Antiochia – non vanno nei campi, perché vi sono solo musulmani. I cristiani che si fermano ad Antiochia spesso hanno l’appoggio di parenti. In genere si tratta di presenze solo di passaggio, visto che la speranza per tutti è di continuare il viaggio verso l’Europa».

«Nella nostra Casa di accoglienza – prosegue il parroco – ospitiamo, ad esempio, una signora eritrea protestante, ma proveniente dalla Siria, con il figlio piccolo. Sta aspettando il visto per gli Usa. Era sulla strada e nessuno la voleva, perché senza denaro e con un figlio piccolo».

L’aiuto della Chiesa latina di Antiochia nei confronti dei cristiani siriani si concretizza anche nel sostegno a due famiglie con figli, specialmente per quanto riguarda la scuola, a una coppia di anziani e a una signora sola. Tutti cattolici, ma non i soli a essere in una di precarietà.

L’attenzione della comunità latina si estende anche ad Altinozu, un villaggio vicino, dove è presente una grossa comunità di ortodossi: proprio attraverso il prete ortodosso è garantito il sostegno a cinque famiglie cattoliche, specialmente per quanto riguarda gli affitti e piccole spese, mentre per il vitto provvede la Turchia e i cristiani del villaggio.

«Ora è iniziato il freddo – conclude padre Bertogli – e avremo certamente richieste per il riscaldamento». Nuove spese che proprio la generosità dei cremonesi potrà aiutare ad affrontare.

La destinazione dell’Avvento di Fraternità 2015 è stato scelto in continuità con un progetto di sostegno ai cristiani profughi dalla Siria già avviato dalla parrocchia di Arzago d’Adda proprio attraverso la Chiesa latina di Antiochia, con la quale proprio a motivo del pellegrinaggio diocesano del 2010 si era instaurato un particolare legame di comunione.

La chiesa di Antiochia fa parte del Vicariato apostolico dell’Anatolia, che si estende su tutta la Turchia orientale, da Trebisonda ad Iskenderum, fino al monte Ararat, con una popolazione complessiva di circa 5milioni di abitanti, di cui solo circa 4mila sono i cattolici (dato del 2004).

Si tratta di una terra di martiri, anche del nostro tempo. Si ricordano in particolare don Andrea Santoro e il vescovo Luigi Padovese, assassinato nel 2010 e al quale è succeduto, lo scorso 14 agosto, il gesuita Paolo Bizzeti.

 

Le modalità si sostegno al progetto

Durante l’Avvento le parrocchie della diocesi attiveranno le modalità più adeguate per sostenere il progetto individuato per l’Avvento di Fraternità 2015.

Offerte possono essere effettuate anche direttamente alla Caritas diocesana secondo le seguenti modalità:

  • presso gli uffici di via Stenico 2B (tel. e fax 0372-35063; e-mail caritas@diocesidicremona.it)
  • con carta di credito attraverso il servizio “Dona ora” sul sito www.caritascremonese.it
  • con versamento su conto corrente postale n. 68411503 intestato a Fondazione S. Facio onuls
  • con versamento su conto corrente bancario presso la Banca di Piacenza di via Dante 126 a Cremona (Iban: IT 57 H 05156 11400C C054 0005 161) intestato a Fondazione S. Facio onuls

indicando nella causale Avvento di Fraternità 2015.

 

Il pellegrinaggio diocesano in Siria e Turchia nel marzo 2010

Le parole di padre Bertogli ai cremonesi il 16 marzo 2010

Photogallery dell’incontro del gruppo cremonese con la comunità latina




Mons. Lafranconi a Casa della speranza: “La consapevolezza della propria dignità è la forza maggiore per affrontare la vita”

L’appuntamento è ormai consueto il 1° dicembre, nella Giornata mondiale di lotta all’Aids: l’incontro del Vescovo con gli ospiti, gli operatori e i volontari di Casa della Speranza, la struttura di Caritas Cremonese situata nel quartiere Borgo Loreto di Cremona per l’accoglienza di persone sieropositive. L’occasione per un segno di vicinanza e per ribadire l’attenzione a questa problematica e l’importanza dell’attenzione e del servizio di molti volontari.

L’incontro, come sempre vissuto all’insegna dell’informalità e in un clima di preghiera, è stato introdotto dal direttore di Caritas Cremonese, don Antonio Pezzetti. Quindi è stato letto il messaggio per questa Giornata del Cica, il Coordinamento italiano casa alloggio / Aids (Leggi il messaggio).

 

Introduzione del direttore di Caritas Cremonese

Poi spazio a due testimonianze. Anzitutto quella di Massimo che, a nome di tutti i volontari, ha raccontato il senso della vicinanza di tanti a questa Casa, dove il silenzio spesso dice molto di più che tante parole, e dove il contributo semplice di tanti risulta molto di più della semplice solidarietà.

Saluto di Massimo, in rappresentanza dei volontari

Ha quindi preso la parola suor Margherita, una delle religiose della congregazione delle Catechiste di S. Anna che presta servizio in questa struttura. Da qualche tempo, infatti, l’ordine fondato in India dal missionario cremonese padre Silvio Pasquali è subentrato a quello delle Suore Adoratrici, presenti sin dalla fondazione della Casa, nel 2001.

Testimonianza di suor Margherita

Una giornata di preghiera e riflessione che è stata occasione anche per fare il punto sulla malattia oggi. Una situazione cristallizzata, negli ultimi tre anni, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, sia per quanto riguarda le nuove infezioni da Hiv, così come per i casi di Aids.

Nel 2014 le persone che hanno scoperto di essere positive sono state 3.695, con l’Italia piazzata al 12esimo posto nell’Unione Europea. Nell’84% dei casi la trasmissione avviene tramite rapporti sessuali non protetti. Sono una minoranza i casi relativi a tossicodipendenti, così come sempre più rare sono la trasmissione madre-nascituro, e quasi azzerati i contagi da trasfusione. Dato rilevante il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi vi sia l’inconsapevolezza della sieropositività.

Tra le regione italiane dove si registrano maggiori contagi il Lazio, la Lombardia e l’Emilia Romagna. Per quanto riguarda Cremona nel 2015 sono 508 le persone seguite presso il reparto Infettivi dell’Azienda ospedaliera, con 28 nuovi accessi e 20 trasferimenti da altre strutture. 19 le persone accolte presso Casa della speranza dal 1° gennaio.

Il punto sull’Aids oggi

Nella sua riflessione mons. Lafranconi si è soffermato sulla consapevolezza della dignità di ciascuno, che diventa la “forza maggiore per affrontare la vita”. “L’invito che accogliamo alla vigilia dell’Anno della Misericordia – ha spiegato l’amministratore apostolico – è questo: riconosci la tua dignità, perché la misericordia di Dio ti ha fatto suo figlio. Nella misura in cui riconosco la mia dignità, mi fa piacere riconoscere che anche l’altro, qualsiasi altro, ha la mia stessa dignità”.

Il pensiero è andato al prossimo Natale, ma anche al 4 novembre di 14 anni fa, con il suo ingresso in diocesi segnato proprio dalla visita a Casa della speranza come primo incontro con la realtà ecclesiale. “Concludo il mio ministero di vescovo qui – ha detto mons. Lafranconi – ma è chiaro che questo, che è stato il primo impatto con Cremona, me lo porterò dentro, con un ricordo di amicizia per tutti voi”.

Riflessione di mons. Lafranconi

L’incontro del Vescovo è quindi terminato con l’incontro personale con gli ospiti, compresi quelli allettati, e i volontari e gli operatori presenti, tutti coinvolti in un momento conviviale. Insieme alle suore c’erano il direttore Cristiano Beltrami, il dottor Angelo Pan, il dottor Giuseppe Carnevali e lo psicologo Mario Mantovani.

 

Photogallery

 




Autorizzata da Papa Francesco la promulgazione del decreto di un miracolo del beato Grossi avvenuto 25 anni fa a Pizzighettone

Lo scorso 5 maggio il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante un miracolo attribuito all’intercessione del Beato. Si tratta di una guarigione avvenuta 25 anni fa a Pizzighettone, paese natale del beato fondatore delle Figlie dell’Oratorio.
La notizia è stata ufficializzata mercoledì 6 maggio dalla Santa Sede, che ha dato notizia dell’udienza privata concessa nel pomeriggio di martedì 5 maggio da Papa Francesco al card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Proprio in quella occasione il Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante un miracolo attribuito all’intercessione del Beato Vincenzo Grossi, sacerdote della diocesi di Cremona nato a Pizzighettone il 9 marzo 1845 e morto a Vicobellignano il 7 novembre 1917 dopo aver fondato l’Istituto delle Figlie dell’Oratorio.

La promulgazione di questo decreto rappresenta una delle ultime tappe del processo di canonizzazione di don Grossi, beatificato da papa Paolo VI il primo novembre dell’Anno Santo 1975. Proprio in merito a questa guarigione tre anni fa il Tribunale ecclesiastico di Cremona era stato incaricato della raccolta delle prove.

«Il fatto – ricorda madre Marilena Borsotti, superiora generale delle Figlie dell’Oratorio fino all’estate del 2015 – riguarda una bambina di due mesi di Pizzighettone affetta da una grave malattia ematica: una anemia eritropoietina di tipo 2. Elemento risolutivo avrebbe potuto essere solo il trapianto di midollo, ma nessun familiare è risultato compatibile. Mentre la bambina era sostenuta con trasfusioni e trattamenti palliativi, una nostra suora invitò a pregare il beato Vincenzo. I familiari iniziarono a pregare insistentemente e dopo un certo periodo la bambina risultò guarita. Oggi ha 25 anni e sta bene: quella patologia non si è più manifestata».




Scuola diocesana di musica sacra: inaugurato l’anno in Cattedrale

Sabato 21 novembre, in occasione della festa patronale di Santa Cecilia, nella Cattedrale di Cremona, gli allievi delle classi d’organo della Scuola Diocesana di Musica Sacra “Dante Caifa” hanno animato la messa prefestiva delle ore 18. Con questa iniziativa si è inaugurato il nuovo anno accademico 2015-2016 della Scuola gestita dalla Associazione “Marc’Antonio Ingegneri” ed intitolata all’indimenticato maestro di cappella della Cattedrale don Dante Caifa.

Alcuni allievi della classe d’organo di Gianmaria Segalini, Luca Burgazzi, Demetrio Chiodelli, Alberto Minghini, Anna Tosi, Gianmario Uberti, hanno introdotto la celebrazione con un preludio musicale che ha incluso brani di Guilain, Rinck, Frescobaldi, Carissimi e Stanley.

Nel corso della liturgia Gianmario Uberti, Matteo Ceni, Giovanni Zelioli e Alberto Minghini hanno poi eseguito brani di Zipoli, Mendelssohn e J.S.Bach oltre ad accompagnare il canto assembleare facendo risuonare il magnifico organo Mascioni della Cattedrale.

L’animazione musicale nel corso della messa è stata guidata come di consueto da don Graziano Ghisolfi che riveste anche la carica di vice presidente dell’Associazione M.A. Ingegneri.

La Scuola Diocesana di Musica Sacra “Dante Caifa” rappresenta la continuazione ed ampliamento dell’attività didattica e culturale della “Scuola d’Organo” fondata nel 1986 da mons. Dante Caifa, dal cav. Giovanni Arvedi e dagli altri membri del Comitato per l’Organo della Cattedrale (sorto in seguito alla costruzione del nuovo grande organo Mascioni del duomo).

La Scuola Diocesana entra quindi nel 30° anno di attività con una offerta formativa rivolta alle necessità della Diocesi nel campo della musica sacra e che include corsi di organo, direzione di coro, animazione liturgica, canto gregoriano, armonia, organaria e canto oltre alla necessaria preparazione di base con corsi di pianoforte e teoria e solfeggio. In questo anno scolastico i corsi saranno frequentati da oltre cinquanta allievi nelle sedi di Cremona, Trigolo e Sabbioneta.

Chiunque desiderasse ricevere informazioni sui corsi può consultare il sito www.scuolamusicasacra.cremona.it o telefonare ai numeri 0372 29785, 335 7090051, 333 2686563.




In Africa è già Giubileo: aperta la Porta Santa nella cattedrale di Bangui

“Bangui diviene la capitale spirituale del mondo”. Lo ha detto domenica 29 novembre Papa Francesco, qualche minuto prima di aprire la Porta Santa della cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana. “L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace – ha osservato il Pontefice -. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi del mondo che stanno passando attraverso la croce della guerra”.

“Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre – ha aggiunto -. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace. E tutti insieme chiediamo amore e pace. Tutti insieme”.  E, dopo aver parlato in parte in italiano e in parte in spagnolo, in lingua sango, ha affermato: “Doyé Siriri!”. Tutti hanno ripetuto con lui: “Doyé Siriri!”. E “adesso con questa preghiera incominciamo l’Anno Santo: qui,  in questa capitale spirituale del mondo, oggi!”, ha concluso. Dopo aver recitato una preghiera, Francesco ha aperto le porte della cattedrale. Un grande applauso ha accolto l’apertura della Porta da parte del Papa.