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«Non una semplice tradizione, ma una vera testimonianza di fede»

Nonostante il maltempo, anche quest’anno in tanti hanno voluto prendere parte alla preghiera di suffragio per i defunti che il vescovo di Cremona Antonio Napolioni nel pomeriggio di sabato 2 novembre ha presieduto presso il cimitero cittadino. Un gesto che, rinnovandosi di anno in anno, assume un vero e proprio senso di «testimonianza di fede». Per questo, al termine della celebrazione, monsignor Napolioni ha voluto ringraziare pubblicamente tutti i presenti e in particolare le famiglie che hanno portato anche i bambini, educandoli così, nel ricordo dei propri cari, al tema della morte e della vita vera.

La preghiera è stata vissuta sotto l’androne di sinistra rispetto al monumento centrale del cimitero, dove solitamente la celebrazione del 2 novembre si svolge. Un cambio di programma, dettato dalla pioggia, che in qualche modo ha permesso di «entrare nelle tombe», ha detto il Vescovo, che ha voluto sottolineare come la testimonianza di fede abbia creato nel corso delle generazioni questo luogo di profondo significato anche simbolico, essendo a forma di croce con al centro un ottagono, segno del «giorno nuovo», riproposto anche nella forma di molti battisteri.

Il brano evangelico del dialogo tra Gesù in croce e i due ladroni è stato lo spunto per la riflessione del Vescovo. La scena del Golgota – quale «tomba dell’umanità», essendo il «luogo del cranio» secondo la tradizione la tomba di Adamo, il primo uomo – diventa con il sacrificio di Cristo luogo di grazia, in quanto Cristo porta nel mondo la vita vera.

Proprio la croce diventa, nella scena evangelica, luogo di liberazione e salvezza. E addirittura della «prima canonizzazione della storia», ha affermato il Vescovo riferendosi alla promessa del Paradiso al buon ladrone. Da qui l’invito, N rivolto a tutti i fedeli presenti, a «non impedire a Dio di chiamarci in qualsiasi momento, sino all’ultimo» e a «non impedire a noi stessi di aprire gli occhi» nel momento della morte. «Guardate alla vita e alla morte nella vera luce», ha detto ancora monsignor Antonio Napolioni, che dal riconoscimento della morte di Gesù come di un innocente ha voluto ricordare come ancora oggi troppo dolore sia provocato dall’odio umano, in particolare nei confronti dei più deboli.

Dopo la preghiera per i defunti, prima della benedizione finale, l’aspersione da parte del Vescovo con l’acqua benedetta nel ricordo del Battesimo e l’incensazione delle tombe, invocando la gloria della risurrezione per quanti qui sono stati sepolti.

Accanto a monsignor Napolioni c’erano il vescovo emerito Dante Lafranconi e i sacerdoti della città. Tra i fedeli, in fascia tricolore, l’assessore Barbara Manfredini ha rappresentato l’Amministrazione comunale.

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Progetto Bahia, un invito alla missione rivolto a tutta la diocesi

«Ora la nostra diocesi ha come una parrocchia in più, di cui essere tutti corresponsabili». Così si presenta il «Progetto Bahia», il nuovo cantiere di solidarietà, missione e scambio pastorale che si fonda sull’impegno missionario della Chiesa cremonese in Brasile, nella parrocchia di Cristo Risorto che si trova nella favela di Salvador, capitale dello stato di Bahia.

Il progetto, annunciato dal responsabile dell’Ufficio missionario don Maurizio Ghilardi al termine della Veglia missionaria in cui il vescovo ha conferito il mandato a don Davide Ferretti, il sacerdote cremonese che raggiungerà come fidei donum don Emilio Bellani nella parrocchia brasiliana, è un invito a tutti i maggiorenni che si rendano disponibili ad un’esperienza di servizio a Salvador de Bahia, ma anche una proposta concreta rivolta a tutta la diocesi: «La Chiesa cremonese avrà cura di far conoscere maggiormente la vita della comunità cristiana affidata ai nostri sacerdoti in Brasile, – si legge nella brochure di presentazione (scarica QUI il pdf) – promuovendo anche iniziative concrete di raccolta fondi e microrealizzazioni di solidarietà accessibili a parrocchie, gruppi, famiglie…

Il Vescovo di Cremona, con l’ausilio dell’Ufficio missionario diocesano, accompagnerà con attenzione lo sviluppo dell’esperienza, garantendo anche con le necessarie visite la verifica del cammino, in comunione con l’Arcivescovo di Salvador di Bahia e con gli altri soggetti interessati.

Tutto è iniziato con la presenza decennale di don Emilio Bellani e si arricchisce ora con l’invio di don Davide Ferretti presso la parrocchia di Cristo Risorto, in Salvador, nel quartiere “Novos Alagados”. La parrocchia bahiana è inserita nel contesto di una favela popolosa, nella quale si può sperimentare la vivacità e l’essenzialità di una comunità cattolica che vive il costante confronto con numerose chiese evangeliche e pentecostali. «Fare esperienza di servizio – scrive l’Ufficio Missionario –  in questo caso, non è andare per aiutare ma andare per crescere, conoscere e arricchirsi attraverso esperienze di vita concreta, attività manuali ed educative, ma soprattutto essere e sentirsi Chiesa davvero cattolica, con uno spiccato accento sulla missionarietà che dovrebbe contraddistinguerci anche nella nostra realtà quotidiana e abituale».

Le partenze per il Brasile, per singoli o gruppi di al massimo 8 persone, saranno organizzate nei mesi di luglio e agosto 2020 (iscrizioni entro il 30 novembre 2019) ma anche durante l’inverno (contattare l’Ufficio). Il periodo di permanenza a Salvador de Bahia è da concordare con l’équipe dell’Ufficio Missionario e le spese del viaggio sono a carico dei partecipanti.

Salvador de Bahia

La parrocchia di Cristo Risorto, fandata una trentina di anni fa, si trova nella favela di Salvador, capitale dello Stato di Bahia e principale teatro della cultura afro-brasiliana, nota al mondo per essere stata la città ad avere importato più schiavi dall’Africa per le piantagioni di canna da zucchero. Fondata nel 1549, Salvador è stata la prima capitale del Brasile. Sul territorio della parrocchi di Cristo Risorto si contano circa 35mila abitanti con una presenza cattolica del 30%.




Accoglienza festosa l’arrivo di don Davide Ferretti in Brasile (FOTO e VIDEO)

Don Davide Ferretti è arrivato a Salvador De Bahia. Le prima immagini dell’accoglienza ricevuta dal sacerdote cremonese fidei donum arrivano attraverso i social, condivise da don Emilio Bellani, che con i suoi parrocchiani ha accolto il confratello in aeroporto.

Dopo i canti e gli abbracci all’amico sacerdote tornato per rimanere dopo le tante esperienze estive, il giovani e le famiglie della parrocchia di Cristo Risorto, la grande parrocchia nel quartiere di Novos Algados posano sorridenti con i due sacerdoti cremonesi che li accompagneranno collaborando nella attività pastorale.

Don Davide ha ricevuto il mandato missionario dalle mani del vescovo Antonio Napolioni nella recente Veglia Missionaria e raggiunge dunque don Emilio rafforzando il legame di fraternità tra la Chiesa cremonese e la diocesi brasiliana che – attraverso il “Progetto Bahia” – vuole coinvolgere tutta la comunità diocesana in un «cantiere di solidarietà, di missione e scambio pastorale», segno concreto di quella «svolta missionaria» a cui Papa Francesco chiama la Chiesa.

 




Santi e Defunti: gli impegni pubblici del vescovo Napolioni

Si comunicano i prossimi impegni pubblici di S. E. mons. Antonio Napolioni, Vescovo di Cremona, in occasione della Solennità di Tutti i Santi e della Commemorazione dei Defunti:

Venerdì 1° novembre – Solennità di Tutti i Santi

  • Alle ore 11 nella Cattedrale di Cremona il Vescovo celebra l’Eucaristia nella solennità di tutti i Santi. La liturgia, che sarà animata con il canto dal Coro della Cattedrale diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi e accompagnato all’organo dal maestro Fausto Caporali, sarà trasmessa in diretta televisiva su Cremona1 (canale 80 del digitale terrestre), in streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it, sulla pagina Facebook e il canale YouTube della Diocesi.

Sabato 2 novembre – Commemorazione di tutti i fedeli defunti

  • Alle ore 8.45 nella Cattedrale di Cremona mons. Napolioni celebra l’Eucaristia nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti. La liturgia sarà concelebrata dal Capitolo della Cattedrale.
  • Alle ore 15 presso il Civico Cimitero di Cremona il Vescovo presiede la liturgia di suffragio per tutti i fedeli defunti, alla presenza dei sacerdoti della città.

Lunedì 4 novembre

  • Alle ore 18 nella Cattedrale di Cremona mons. Napolioni celebra l’Eucaristia per i Vescovi defunti.



Scuole diocesane, da novembre gli OpenDay per scoprire l’offerta formativa (calendario)

Inizieranno nel mese di novembre gli Open Day delle scuole paritarie diocesane. Giornate aperte per visitare le strutture, incontrare gli insegnanti e conoscere l’offerta formativa delle scuole che rientrano da quest’anno scolastico nel nuovo progetto di collaborazione tra gli istituti diocesani.

Ad aprire le loro porte a genitori e alunni saranno quattro scuole per l’infanzia sul territorio (Sant’Angelo, Castelleone, Casalmaggiore e Soresina), tre primarie (Canossa, Castelleone e Soresina), a cui si aggiungono il liceo scientifico, il classico e lo sportivo del «Vida » presso il Seminario vescovile, dove è attivo anche il centro di formazione professionale Sant’Agostino.

SCARICA QUI IL CALENDARIO DEGLI OPEN DAY

La decisione della Diocesi di unire le forze per un’offerta scolastica che valorizzi le specificità dentro un progetto educativo coordinato e condiviso nasce dunque dalla necessità di una più stretta collaborazione, pur nella conferma delle specificità e delle eccelleze di ciascun istituto, per una più completa ed efficace azione educativa.

Le scuole cattoliche diocesane continueranno a fare la loro parte senza rovesciare ciò che c’è, ma pure senza quella «fobia del cambiamento» a cui ha fatto riferimento il Papa parlando alle scuole cattoliche nell’Esortazione post–sinodale Christus Vivit. «Non si tratta – aggiunge don Marco D’Agostino, rettore del Seminario e presidente della cooperativa Cittanova – di uniformazione, ma è la scelta di camminare insieme su una strada che condividiamo». «Questo – aggiunge Roberta Balzarini, dirigente unica per le scuole diocesane – chiama in gioco anzitutto il mondo adulto per il superamento delle logiche dell’individualismo e per la ricerca di un rinnovato equilibrio tra educazione e conoscenza. Il nostro compito è dare ai nostri bambini e ragazzi gli strumenti per affrontare la vita». Per diventare grandi insieme.

Leggi di più sul progetto di coordinamento delle scuole diocesane

 




La Settimana della carità si fa rete sul territorio

Per la Settimana della carità è proposta una serie di incontri nelle cinque zone pastorali rivolta a operatori e volontari del settore caritativo. Tra gli obiettivi c’è quello di far conoscere meglio le voci del territorio al nuovo incaricato diocesano, don Pierluigi Codazzi, e proseguire nel lavoro di tessitura delle reti di solidarietà nelle comunità parrocchiali.

A tale proposito giova ricordare quanto emerso anche per la diocesi di Cremona nel rapporto “La comunità di cura nella metamorfosi del sociale”, promosso dalla Delegazione Caritas lombarda con il consorzio Aaster. Nel dossier, attraverso interviste a operatori e volontari dei centri d’ascolto, si riflette sulle modalità con cui le Caritas, a partire dall’incontro con i poveri, riescono ancora a incidere sulla vita delle comunità cristiane.

La lettura delle dinamiche macro-economiche del territorio cremonese presenta molte affinità con gli altri territori della bassa padana.

Lavoro (come fragilità strutturale di individui e nuclei familiari) e solitudine (come risultato della frammentazione sociale) sono indicati nel dossier come le principali problematiche con cui i centri d’ascolto territoriali si trovano ad avere a che fare nel loro rapporto con l’utenza.

La dinamica più preoccupante sottolineata dal focus group cremonese è che sia la povertà economica (fragilità) che quella relazionale (solitudine) non vengono risolte nemmeno quando si riesce a inserire l’individuo in un percorso lavorativo più o meno stabile.

Ragionando di questi temi è emersa una forte consapevolezza del corpo volontari cremonesi di come a volte sia proprio la carità che scade in assistenzialismo (seppur fatto in buona volontà) a creare e ricreare le situazioni di povertà negli individui e nelle famiglie. Ed è proprio per non diventare dei meri distributori di pacchi che i centri di ascolto del cremonese già da qualche tempo hanno iniziato un percorso che mette al centro del discorso la pedagogia, ovvero, l’insegnamento di una serie di strumenti cognitivi e materiali affinché le persone non ricadano in situazioni di fragilità.

Fra gli strumenti che emergono per realizzare questi obiettivi si trova la prossimità delle persone come concetto cardine. Una prossimità fisica che aiuti reciprocamente le persone a trovare un proprio percorso di autonomia anche attraverso il mutuo appoggio. Ma anche, e soprattutto, una prossimità relazionale che permetta d’inserire gli individui marginali in una rete da cui possano attingere risorse utili per il proprio percorso.

Dai centri di ascolto del Cremonese arriva una richiesta esplicita per un lavoro di inchiesta e ricognizione territoriale che dovrebbe svolgere la Caritas diocesana in quanto soggetto responsabile della detenzione della rete di relazioni e contatti da poter poi trasferire ai vari centri d’ascolto, che a loro volta la trasferiranno all’utenza. Un simile servizio va supportato con opportune reti, lunghe e corte, che sappiano informarlo delle dinamiche presenti nei territori di riferimento e supportarlo in tutte le iniziative che si vorranno intraprendere.

Incontri zonali

Nel mese di novembre, durante la Settimana della carità, si svolgono quest’anno gli incontri con gli operatori della carità, organizzati a livello zonale secondo il seguente calendario:

  • sabato 9 (ore 9.30-11.30) all’oratorio Maristella di Cremona per la Zona 3

locandina Zona 3

  • domenica 10 (ore 9-11) a Sospiro per la zona 4

locandina Zona 4

  • lunedì 11 (ore 20.45-22.30) a Bozzolo per la zona 5

locandina Zona 5

  • sabato 16 (ore 9.30-11.30) a Mozzanica per la Zona 1

locandina Zona 1

  • domenica 17 (ore 9-11) a Castelleone per la zona 2

locandina Zona 2

 

S. Omobono

Nell’ambito della festa patronale di sant’Omobono, il padre dei poveri, la Diocesi di Cremona vive la tradizionale Settimana della carità

Giornata dei poveri

Domenica 17 novembre 2019 la Settimana della carità si chiude nell’occasione della Giornata mondiale dei poveri, voluta da papa Francesco




Martedì 5 novembre serata al Centro pastorale con il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio

Si avvicina la data fissata (3 novembre) per la tradizionale «Giornata del quotidiano», che in diocesi propone alle comunità parrocchiali una diffusione domenicale straordinaria di Avvenire. In questi giorni con parroci o moderatori di Unità pastorali si stanno organizzando la diffusione e le prenotazioni. Per l’occasione l’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali promuove una serata particolare, martedì 5 novembre alle 20,45 presso il Centro pastorale a Cremona, in dialogo con Marco Traquinio, direttore del quotidiano di ispirazione cristiana.

«Leggere Avvenire» sarà non solo il titolo della serata di ascolto e confronto, ma soprattutto un’occasione per tornare a motivare convintamente la proposta editoriale del giornale promosso dalla Conferenza episcopale italiana. In questi ultimi anni le trasformazioni della comunicazione digitale e la crisi nel settore della carta stampata hanno profondamente mutato l’orizzonte informativo. La voce di Avvenire continua a distinguersi e a provocare dibattito, scegliendo di offrire la narrazione del nostro tempo con un suo stile, marcato e autorevole.
L’incontro con il direttore Tarquinio può essere un interessante appuntamento da diffondere e proporre ai laici che nelle comunità cristiane si dedicano a servire la comunicazione o a quanti, semplicemente, desiderano meglio comprendere il tempo in cui viviamo.

Locandina




Caritas: «Tessiamo reti di solidarietà nelle comunità cristiane»

Raccontare che cosa sia la Caritas non è cosa semplice, perché la carità ha mille sfaccettature e mille volti. A Cremona, oggi, il volto più rappresentativo è quello di don Pierluigi Codazzi, nominato direttore della Caritas diocesana da poche settimane e che succede a don Antonio Pezzetti. «Per capire il mio compito qui, forse è bene fare un passo indietro. Io sono stato nominato direttore dal vescovo di Cremona, che è presidente di Caritas Cremonese.

Contestualmente due realtà laiche emanazione di Caritas – Servizi per l’accoglienza e Carità e lavoro – mi hanno scelto come presidente». Il sacerdote si è trovato quindi responsabile di tante «opere segno» di Caritas che a Cremona sono cresciute nel tempo: Casa di Nostra Signora, Fattoria della carità, Comunità Lidia, Casa Giovanni Paolo II, Comunità San Francesco, Casa della speranza e Casa dell’accoglienza. Tutte realtà attive sul territorio e in prima linea su diversi fronti: dall’accoglienza dei migranti al disagio minorile, dalle tossicodipendenze alla cura dei malati di Aids.

«Io sto capendo che il mio compito qui – ci dice don Codazzi – è quello di accompagnare la comunità nell’educazione alla carità cristiana, ai diversi tipi di carità di cui c’è bisogno. Ho scelto di immedesimarmi fino in fondo in questa realtà e per questo sono andato a vivere nella Casa dell’accoglienza, come aveva già fatto don Antonio Pezzetti. Non per un obbligo, ma perché percepisco l’importanza della condivisione del bisogno. Dico questo per sottolineare che sto iniziando una strada nel solco di quanto è già stato fatto da chi è venuto prima di me. Vivendo con i migranti mi sto accorgendo, però, che non devo cedere alla tentazione dell’assistenzialismo. È giusto tentare di soddisfare i bisogni primari di chi è in difficoltà (cibo e abiti sono in cima alla lista), ma è ancora più importante aiutarli a raggiungere un’indipendenza che renda veramente liberi. E poi, più di tutto, credo sia importante l’ascolto. Questo vale in tutti gli ambiti in cui Caritas è impegnata. Ci siamo resi conto di quante siano purtroppo le solitudini che si vivono oggi sul nostro territorio: dagli anziani alle ragazze madri, passando per i malati e i più poveri».

E prosegue: «Per questo, ripeto, l’educazione alla carità è una cosa che deve coinvolgere tutti, perché è un servizio per tutti. Per i migranti, ma anche per le tantissime persone in difficoltà che incontriamo quotidianamente sulla nostra strada. Ho chiesto al centro di ascolto di tenere i rapporti con tutte le zone pastorali, con le Caritas locali, la San Vincenzo e tutte le realtà presenti sul territorio. E voglio incontrare tutti, dialogare con tutti. Nessuno deve sentirsi escluso o esentato dall’esercizio della carità». Con questo sguardo si è deciso di caratterizzare quest’anno la consueta «Settimana della Carità»: un’occasione unica di proseguire nel lavoro di tessitura delle reti di solidarietà nelle comunità parrocchiali.

Sul solco di quanto già raccontato da don Pierluigi, anche il corpo volontari cremonesi  – in prima linea tutto l’anno e anche durante questa settimana – ha sottolineato come a volte sia proprio la carità che scade in assistenzialismo (seppur con onesti intenti) a creare e ricreare le situazioni di povertà negli individui e nelle famiglie. Ed è proprio per non diventare meri distributori di pacchi che si è intrapreso un percorso che mette al centro del di tutto la pedagogia, ovvero, l’insegnamento di una serie di strumenti cognitivi e materiali affinché le persone non ricadano in situazioni di fragilità.

Ma non sono solo le strategie o le misure del proprio calcolo a bastare. Lo sa bene don Codazzi.

«Nei miei incontri proporrò la lettura del Salmo 9, una riflessione sulla Giornata Mondiale del Povero ma soprattutto sarò lì per ascoltare, per capire quale aiuto posso offrire. Sono convinto che le opere segno dovranno lavorare di più con me nelle parrocchie e negli oratori, perché è solo tramite un coinvolgimento diretto che possiamo avviare una riflessione che sia anche culturale. Sento come esigenza quella di generare qualcosa che abbia futuro e oggi per me la carità sta nell’aiutare chi vive una situazione di fragilità a diventare autonomo, dunque libero. Questo spezza le catene della povertà. Ma possiamo farlo solo a partire da quanto dice il Salmo 9, e cioè certi del fatto che la nostra speranza va riposta in Dio e non nelle nostre mani. Possiamo occuparci dei poveri solo perché siamo sicuri che il Signore non verrà mai meno alla promessa di occuparsi di loro. I poveri non li salviamo noi. Per questo desidero una carità, dunque una Caritas, capace di generare».

 




Quanto vale il lavoro dei nostri preti?

“Nei gesti quotidiani dei nostri sacerdoti c’è l’amore di Dio. Sostieni la loro missione con un’Offerta. Un abbraccio fraterno, una parola di conforto, un momento di preghiera condivisa…con i loro gesti i nostri sacerdoti ci trasmettono l’amore di Dio. Tutti loro vivono con noi, ogni giorno, una Chiesa solidale e partecipe.” Questo il senso della 31esima Giornata nazionale delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti diocesani che si celebra il 24 novembre, domenica dedicata a Cristo Re.

È l’appuntamento annuale che richiama l’attenzione sulla missione dei 34mila sacerdoti, sulla loro opera e sulle offerte che sono dedicate al loro sostentamento. In questa occasione vogliamo porre tre domande antipatiche sul loro sostengo economico.

“Essere prete” non è un lavoro: come si può, dunque, valutarlo in termini economici? È la prima delle questioni e sembra parecchio impertinente e indelicata. Però la domanda è attuale e appropriata: per le competenze che a lui si chiedono (educative, predicative, caritative, artistiche, psicologiche, spirituali, gestionali, motivazionali…), per l’estensione del suo servizio. Se venisse a mancare, quanto si sarebbe disposti a metterci ogni mese per la sua opera e la sua presenza? Come per un maestro di scuola? O un operaio con turni di otto ore? Come un impiegato bancario o come un trasportatore di merci? Come un professionista idraulico o elettrico oppure come un direttore d’azienda? La risposta è la stessa che si darebbe dovendo sostituire in famiglia un genitore: il massimo. Si darebbe il massimo per nostro padre o nostra madre!

Signor parroco, quanto prende di stipendio? È la seconda delle domande “antipatiche”. E sarebbe già un buon segno se venisse effettivamente formulata, perché per molti cristiani ancora, il parroco non prende uno stipendio, dato che tutto “sarebbe suo”. E invece non è così! Un tempo avveniva praticamente così, ma dal 1989 non più: gli enti affidati (parrocchie) sono persone giuridiche con la propria amministrazione, diversa da quella della persona fisica del parroco. Un parroco percepisce tra i 900 e i 1.300 euro, al mese in base all’età e ai servizi svolti (con i contributi già pagati). Tanto? Poco? Quanto basta per una vita più che dignitosa (un posto fisso in una “multinazionale” che mai fallirà per protezione divina).

Ma veniamo alla terza domanda: chi paga lo stipendio al parroco? Il principio guida è che ogni comunità cristiana si faccia carico del mantenimento dei suoi preti. Per evitare, però, che chi serve comunità più abbienti si arricchisca a svantaggio dei preti impegnati in comunità più povere, nella Chiesa italiana vige da circa 30 anni un sistema che gli altri paesi europei ci invidiano.

Non c’è lo spazio per descrivere il meccanismo che garantisce ai 32mila preti italiani il loro sostentamento mensile. Ci sarà occasione a partire da gennaio, attraverso gli incontri formativi sul territorio diocesano.

Qui basta richiamare che domenica 24 novembre cade la giornata annuale, le cui offerte raccolte nelle Chiese italiane saranno destinate al sostegno economico di tutti i preti. Li ringraziamo e non mancheremo di fare la nostra parte!

 

http://www.sovvenire.it/spse/s2magazine/mediacenter_v3/media_file/video/2017_dicembre/289_5min_abc.mp4




In principio c’è il legame, primo incontro di Traiettorie di Sguardi con Giusi Biaggi e don Cesare Pagazzi (audio)

Il primo incontro della nuova stagione di Traiettorie Di Sguardi, intitolata, per l’anno 2019/2020, Fratelli o Coltelli, si apre con un importante quesito: perché e come puntare sulla relazione in una società che, sempre più centrata sull’individuo, sembra additare come sconvenienti, se non addirittura scandalosi, il legame non opportunistico e la comunità?

A condividere con i presenti alcune idee significative, Giusi Biaggi, presidente del consorzio territoriale di cooperative sociali Sol.Co, e don Cesare Pagazzi, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Crema, Cremona, Lodi, Vigevano e Pavia ed insegnante nei Seminari Riuniti e all’Istituto Giovanni Paolo II di Roma. Seduti ai lati opposti di un intricato percorso di fili colorati, i due ospiti hanno raccontato esperienze e lanciato idee, riflessioni e considerazioni lasciando ai presenti un considerevole e significativo bagaglio di spunti su cui riflettere.

Partendo dalla sua esperienza professionale e di vita, Giuseppina ha recuperato la rilevanza del compito del terzo settore, “far sì che nessuno resti escluso”, per individuare i tre passaggi fondamentali per poter fare comunità: accorgersi di chi si ha intorno, delle gioie e delle fatiche altrui, acuire i propri sensi, in una società che, nonostante sia iperconnessa, paradossalmente conduce ad un sempre più rischioso isolamento sociale; occuparsi dell’altro, rispondere alla chiamata del fratello, denunciando le sue difficoltà e accompagnandolo nel superamento di queste; sentirsi un noi, una comunità, in cui ci si occupa reciprocamente gli uni degli altri, in cui ci si rivolge al fratello non come individui ma come pluralità in relazione, in cui è il noi che agisce, che si fa prossimo. La comunità, infatti, non si riceve, bensì si costruisce quotidianamente nei luoghi di cui ci è dato disporre.

L’intervento di Giusi Biaggi

Don Cesare, a partire dall’osservazione secondo cui l’incipit del Vangelo di Giovanni “in principio fu il Verbo” sia da intendere nel duplice significato espresso dalla parola greca logos, vale a dire “parola” e “legame”, ha, invece, riflettuto sull’immagine provocatoria della fraternità offerta dalla Bibbia: non una fraternità fiabesca, sinonimo di unione e inseparabilità, bensì una fraternità omicida, quella di Caino e Abele, in cui la paura di non essere scelto, di essere messo da parte, genera peccato, invidia e rivalità. L’incontro e la relazione con l’altro, con il fratello – inteso nella sua accezione più ampia, al di là dei soli legami di sangue -, viene qui mostrato nella sua intrinseca difficoltà, dettata dal fatto che, oltre a non potersi scegliere a vicenda, la relazione smaschera le paure più profonde dell’essere umano. La sfida contenuta nella relazione è dunque quella di riconoscere le proprie paure e non soccombere ad esse. I due ospiti hanno, dunque, terminato il loro intervento sottolineando come, solamente tramite il contatto con l’altro, l’essere umano possa comprendere se stesso nel profondo.

L’intervento di don Cesare Pagazzi