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Il 10 maggio a San Camillo il ricordo del beato Enrico Rebuschini

Ricorre il 10 maggio la memoria liturgica del beato Enrico Rebuschini, padre camilliano legato alla città di Cremona in cui ha operato come economo e superiore della clinica San Camillo. E proprio nella casa di cura di via Mantova, nel giorno anniversario della sua morte, il vescovo Antonio Napolioni presiederà l’Eucaristia in programma alle 10 presso la cappella della struttura, dove le spoglie del beato Rebuschini sono conservate.

Alla celebrazione, alla quale saranno presenti i membri della comunità camilliana, con il superiore padre Virginio Bebber, sono stati invitati tutti i medici della clinica, le autorità del territorio. E naturalmente non farà mancare la propria presenza anche una rappresentanza delle Figlie di San Camillo.

Dopo la Messa il vescovo Napolioni avrà modo di visitare i degenti della struttura, che per motivi sanitari non potranno partecipare alla celebrazione.

 

Biografia del beato Rebuschini

1860 – Enrico Rebuschini nasce a Gravedona, ultimo di cinque figli.

1871 – Terminato il Ginnasio, si iscrive al Liceo “Volta” di Como, poi, frequenta il primo anno alla Facoltà di Fisica e Matematica di Pavia.

1880 – Compie un anno di volontariato nel servizio militare a Milano come sottotenente.

1882 – Ottiene il diploma di ragioneria a Como. Il padre lo colloca all’Ospedale di Sant’Anna della città; spesso lascia gli uffici per incontrare ed interessarsi personalmente dei malati aiutandoli anche con denaro e abiti propri.

1884 – Nonostante l’opposizione paterna, è accolto dal vescovo di Como in Seminario, poi inviato a Roma per studiare alla Gregoriana.

1886 – Costretto da un grave esaurimento, rientra in famiglia, ma il desiderio di seguire il Signore non lo abbandona. Nella chiesa di Sant’Eusebio, di fronte ad un dipinto che rappresenta san Camillo incoraggiato dal crocifisso, si fa strada la vocazione camilliana.

1887 – Entra nella Comunità camilliana di Verona. Dopo due anni inizia il noviziato, durante il quale, per dispensa speciale chiesta dagli stessi superiori, è ordinato sacerdote dal futuro Papa Pio X.

1899 – Padre Rebuschini è destinato a Verona, poi a Cremona dove rimarrà per il resto della vita, svolgendo numerosi incarichi: economo e superiore della nuova clinica da lui apprestata, coordinatore con le Suore Camilliane nell’assistenza ai malati di vaiolo, collaboratore della Croce rossa italiana nella cura dei soldati feriti in guerra, confessore del vescovo e di numerosi penitenti della città, sollecito nell’assistenza spirituale ai malati a domicilio. In città tutti lo conoscono, lo stimano, lo cercano.

1938 – Muore a Cremona, il 10 maggio.

Nella sua vita spirituale spiccano: l’amore al crocifisso e all’Eucaristia, l’affetto filiale alla Madonna della Salute e a san Camillo, le devozioni alla Vergine di Pompei e a san Giuseppe.




Alle Ancelle della Carità di Cremona inaugurata l’Area Donna del reparto radiologia

 

«Abbiamo cercato di creare un ambiente unico, un punto in cui le due diagnostiche comunicassero, dove si possa eseguire un esame mammografico seguito da un accertamento ecografico senza troppi disagi, con solo una porta a dividere le due zone». Sono queste le parole che il dottor Antonio Dell’Osso, responsabile di radiologia, ha usato per descrivere la nuova area dedicata alle donne nel complesso del servizio di radiologia della Casa di Cura Ancelle della Carità di Cremona, inaugurata nel pomeriggio di martedì 2 maggio. Presenti all’inaugurazione il vescovo Antonio Napolioni, il sindaco Gianluca Galimberti, del direttore sanitario dell’Asst Rosario Canino e il Consiglio di Amministrazione della fondazione Teresa Camplani di cui fa parte la casa di Cura delle Ancelle, guidato dal Presidente Alessandro Masetti Zannini, dal direttore generale Fabio Russo e dal direttore amministrativo Vittorio Marchetti.

«È un ambiente dove la donna trova la risposta ad una serie di possibili problematiche – ha continuato il dottor Dell’Osso – che non tralascia un certo gusto per il bello: abbiamo aggiunto alcune stampe realizzate con la tecnica della doppia esposizione, ridipinto le stanze e reso l’ambiente accogliente e familiare, ma voglio ricordare le parole di una nostra paziente: “La cosa importante è che ci siate voi medici e infermieri”».

Durante l’inaugurazione è poi intervenuta madre Maria Oliva Bufano, vicaria generale delle Ancelle della Carità fondata da Santa Maria Crocifissa di Rosa, aggiungendo che «c’è tanta gratitudine per tutti quelli che han contribuito a rendere possibile questa realtà, e un ringraziamento speciale al nostro Vescovo che è venuto a portare la benedizione del Signore. Noi siamo cittadine di Cremona dal 1841, la storia è lunga, e siamo state portate qua dalla nostra santa fondatrice per elargire il dono dell’assistenza e della cura a tutti i malati». Ha poi aggiunto che «l’Ancella può dare il massimo della sua capacità nell’assistenza al malato, può dare la propria vicinanza d cui ogni malato ha bisogno, e dove c’è necessità noi continuiamo con il nostro operato nel quale crediamo e nel quale continuiamo a credere ogni giorno».

Anche il vescovo di Cremona ha voluto condividere una breve riflessione con tutti i presenti. Soffermandosi su una diapositiva della presentazione che raffigurava una delle stampe citate dal dottor Dell’Osso, ha sottolineato che «questa immagine rappresenta una città; la città è donna, la Chiesa è donna, la comunità è donna, la salute è donna. Dire che c’è un’area che si prende cura delle nostre donne, delle nostre mamme, sorelle, figlie e amiche è un’attenzione che deve essere emblematica per la società, per la città e per la Chiesa. Che questo avvenga in una struttura sanitaria creata dalle suore, donne, e ispirata da una fondatrice, donna, ci ricorda che ci sono carismi potenti che aiutano ad essere umani, ad essere sul pezzo delle esigenze reali della vita».

Monsignor Napolioni ha poi concluso svelando che «ogni volta che vengo in questa struttura imparo la sinergia, la collaborazione e la stima reciproca. Guai a chi ci tocca le Ancelle, guai a chi ci tocca le nostre strutture, guai a chi ci tocca le nostre donne e le nostre famiglie delle quali dobbiamo prenderci cura proprio come si fa a Cremona».

L’inaugurazione dalla sala dedicata a suor Antonietta si è poi spostata nel reparto donna di radiologia dove si è svolto il taglio del nastro dando così ufficialmente inizio all’operato della nuova area.




San Sigismondo, il programma delle celebrazioni del Triduo

Anche la comunità claustrale delle monache domenicane di San Sigismondo, a Cremona, vivrà con intensità le celebrazioni delle Triduo pasquale, con le celebrazioni aperte anche ai fedeli.

Giovedì 6 aprile, alle 18, sarà celebrata la Messa nella Cena del Signore.

Il giorno successivo, venerdì 7 aprile, si aprirà con l’Ufficio delle Letture e con le Lodi, in programma alle 7, e proseguirà con la celebrazione della Passione alle 15.

Sabato 8 aprile, alle 7, la recita delle Lodi. Alle 18, invece, i Vespri del Sabato Santo. Infine, alle 21, la Veglia pasquale.

Domenica 9 aprile, il giorno della Pasqua, in cui si celebra la Risurrezione del Signore, alle 11 la Messa solenne, seguita nel pomeriggio, alle 17, dai Vespri solenni con processione al fonte battesimale.

Il programma delle celebrazioni si chiuderà lunedì 10 aprile con la Messa delle 11 e, alle 17, i Vespri presieduti dal vescovo Enrico Trevisi.




San Francesco Spinelli, «un uomo semplice che, infuocato dalla Spirito, ha saputo e saprà coinvolgere tanti»

Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento in festa, nella giornata di lunedì 6 febbraio, per la ricorrenza del loro fondatore, san Francesco Spinelli. «Un uomo semplice che, infuocato dalla Spirito, ha saputo e saprà coinvolgere tanti». Così, in un passaggio dell’omelia del vescovo Antonio Napolioni nell’Eucaristia celebrata nel pomeriggio nella chiesa della Casa madre dell’Istituto.

La solenne celebrazione, che ha fatto seguito alla celebrazione del Vespro presso Casa Santa Maria, ha concluso il ciclo di celebrazioni che le religiose hanno dedicato al loro fondatore, beatificato nel 1992 da papa Giovanni Paolo II e canonizzato da papa Francesco quattro anni e mezzo fa.

Il saluto iniziale al vescovo, ai sacerdoti e ai fedeli presenti (tanti, come sempre, i rivoltani ma parecchie anche le persone arrivate da fuori paese) è stato affidato alla superiora generale, medre Isabella Vecchio. «Quando i Santi incrociano la nostra vita e la nostra storia – ha detto – scolpiscono dentro di noi qualcosa di Dio. Così fa anche san Francesco Spinelli che ci indica l’Eucarestia come fonte della nostra vita e come fonte della carità. Oggi, come ogni anno, davanti al sacello del nostro Padre fondatore abbiamo riletto il suo testamento spirituale da cui risaltano la sua rettitudine, la sua delicatezza e la sua umiltà ed è con questi sentimenti che voglio esprimere anch’io un grazie a tutti e a ciascuno in particolare. Tutti siamo preziosi agli occhi di Dio e agli occhi del nostro Padre».

Ascolta il saluto di madre Isabella Vecchio

 

Nell’omelia il vescovo Napolioni ha fatto costantemente riferimento alla Giornata per la vita celebrata il giorno precedente dalla Chiesa per ricordare come la giornata terrena di ciascuno, la giornata terrena di san Francesco Spinelli, debba essere «una vita che fiorisce e che porta frutto». Non è sempre facile, anzi. Ma una prima soluzione, secondo lui sta nella conformazione a Cristo Crocifisso, dicendo sì alla vita comunque essa sia. «Capita di pensare – ha sottolineato Napolioni – che l’unica via d’uscita sia farla finita. La Bibbia ci racconta che successo anche al profeta Elia e anche san Francesco Spinelli l’ha vista brutta; costretto a lasciare Bergamo per Cremona, ha sofferto riconoscendosi fallito economicamente, ma forse anche vocazionalmente». E ha proseguito: «Tuttavia ha detto a Dio: prendi la mia vita, pensaci tu, aprimi una strada. Perché il Signore sa prendere la nostra vita e riplasmarla capovolgendoci il cuore e chiamandoci a conversione».

Da ultimo, un riferimento alla fruttuosità dell’albero della vita («Che deve darci pace, gioia e fiducia») e una raccomandazione: «Guai a noi vivere le feste del Santi tirando solo delle righe sui nostri bilanci umani. A noi è chiesto osare seguirli anche quando il cammino si fa impegnativo. Lì tutto ridiventa possibile».

Ascolta l’omelia del vescovo Antonio Napolioni

 

Al termine della celebrazione, prima di impartire la benedizione sull’assemblea, il vescovo ha guidato la preghiera davanti all’urna che conserva le spoglie del Santo.




San Francesco di Sales, martedì al Monastero della Visitazione la chiusura dell’anno giubilare con il Vescovo

Ricorre il 24 gennaio la memoria liturgica di san Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa, patrono dei giornalisti e fondatore dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria. Una ricorrenza che al Monastero della Visitazione di Soresina segna la chiusura dell’Anno giubilare dedicato proprio a san Francesco di Sales, iniziato esattamente un anno fa in occasione del quarto centenario della morte (28 dicembre 1622). Un’occasione resa ancor più significativa dall’arrivo a Soresina di una reliquia del santo.

In questo contesto martedì 24 gennaio alle 17 nella chiesa monastica di via Cairoli, a Soresina, inizierà la preghiera di adorazione che accompagnerà alle 18 quando il vescovo Antonio Napolioni presiederà l’Eucaristia.

L’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi e la Comunità claustrale con la superiora madre Maria Teresa Maruti hanno esteso l’invito alla celebrazione a tutti i giornalisti del territorio per condividere insieme la memoria del santo patrono e fondatore.

Proprio nella ricorrenza di san Francesco di Sales sarà diffuso, come ogni anno, il messaggio che il Santo Padre Francesco propone in vista della 57esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali che si celebrerà il 21 maggio 2023. Il tema “Parlare col cuore: Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15)” – già anticipato dalla Sala Stampa della Santa Sede – si collega idealmente a quello dello scorso anno (“Ascoltare con l’orecchio del cuore”) inserendosi nel cammino che condurrà tutta la Chiesa alla celebrazione del Sinodo dell’ottobre 2023. Parlare con il cuore significa “rendere ragione della speranza che è in noi” (cfr 1Pt 3,14-17), utilizzando il dono della comunicazione come un ponte e non come un muro. In un tempo contraddistinto da polarizzazioni e dibattiti esasperati che esacerbano gli animi siamo dunque invitati ad andare controcorrente. E proprio a noi giornalisti è richiesto uno sforzo ulteriore, facendo della nostra professione una missione per costruire un futuro più giusto, più fraterno, più umano.

Scarica la locandina dell’evento




Alle Figlie di San Camillo l’arrivo della reliquia del beato Luigi Tezza. Il vescovo Napolioni: «È bello sperimentare i frutti della santità»

 

Accompagnata dal canto e dalla preghiera la reliquia del beato Luigi Tezza ha fatto il suo ingresso nella cappella dell’istituto ospedaliero della Casa di Cura Figlie di San Camillo alle 15 di martedì 10 gennaio, accolta dai medici e dagli infermieri, dalle suore Camilliane dell’istituto e dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni, che ha presieduto la Santa Messa, concelebrata da padre Virginio Bebber, da don Giulio Brambilla, responsabile per la vita consacrata della diocesi, con il servizio all’altare del diacono Alex Malfasi. Il beato Luigi Tezza, insieme alla santa Giuditta Vannini, è stato il fondatore dell’istituto ospedaliero delle Figlie di San Camillo, che nel caso della struttura di Cremona, la seconda fondata dopo quella di Roma, opera da 130 anni in prima linea nell’assistenza e nella cura dei malati, e dopo numerosi anni si dimostra con fede e capacità, caposaldo fra le case di cura camilliane.

Prima della Celebrazione Eucaristica, dopo l’arrivo della reliquia, la madre superiora dell’istituto Anna Ucci ha preso la parola, introducendo ai presenti la vita del beato fondatore di cui ha ripercorso i momenti più significativi della sua vita, ponendo particolare attenzione su quelli che l’hanno avvicinato all’assistenza dei poveri e dei malati fino all’incontro con santa Giuditta Vannini, spiegando quali sono gli insegnamenti che non solo ha lasciato, ma che ha dimostrato col proprio carisma,.

«Mi sono commosso perché è bello essere un popolo di credenti umili e grati, è bello sperimentare i frutti della santità, è bello riconoscere il nostro bisogno di questi segni che al mondo possono apparire paradossali». Sono queste le parole che il vescovo Napolioni ha utilizzato per descrivere l’arrivo della reliquia. «Ma si fa festa ad un pezzo d’osso? O si fa festa per ogni corpo? Per ogni vita, per ogni frammento di vita umana che ospita la vita di Dio? Ogni briciola di esistenza è una briciola d’Eucaristia».

Il Vescovo si è poi rivolto alle suore, ai medici e agli infermieri, con particolare attenzione al loro operato, ha infatti richiamato l’insegnamento di San Camillo, sottolineando che bisogna «Essere accanto ai malati come una madre amorevole, con tenerezza, avendo cura della persona tutta intera. Quanto volte ci siamo fermati a riflettere su questo? – ha aggiunto – Quanto è bello poter dire che qui questo si sperimenta, si sperimenta l’amicizia, si sperimenta quella gamma di sentimenti e di relazioni di cui il Vangelo è portatore e di cui l’inno alla carità è programma. Il beato Luigi desiderava fare bene il bene, dunque professionalità e qualità del rapporto che si crea con la persona in difficoltà, la fantasia della carità».

Ha poi concluso l’omelia che un monito: «Non dobbiamo temere il futuro se continuiamo a sperimentare che in ogni secolo il Signore ha suscitato uomini e donne profetici, incompresi dai contemporanei e poi riconosciuti come portatori di quelle scelte e quelle opere che corrispondevano davvero alla volontà di Dio e al bene dell’umanità, e allora tocca a noi adesso, tocca a noi far la nostra piccola parte e farla tutta, farla bene e farla con amore».

Ascolta qui l’omelia

 

Il viaggio della reliquia del beato Luigi Tezza non si ferma, ma continua in nuovi luoghi e con nuovi appuntamenti. Da mercoledì 11 fino a venerdì 13 gennaio la reliquia sarà esposta per la venerazione pubblica sempre nella cappella della Casa di Cura Figlie di San Camillo e successivamente, il 14 gennaio, sarà portata in processione alle 17.30 nella vicina chiesa di S. Ambrogio, dove sarà celebrata una Messa alle 18 e dove resterà fino al giorno successivo, domenica 15, con altre due celebrazioni alle 8 e alle 10. La reliquia farà poi ritorno in cappella alle Figlie San Camillo dal 16 al 20 gennaio. Il 21 gennaio, invece, il reliquiario sarà trasferito presso la casa di cura San Camillo, in via Mantova, dove resterà sino al 22 gennaio, con le Messe celebrate alle 17 di sabato e alle 10 di domenica.

Quindi il rientro per un ultimo periodo di venerazione provata nella clinica di via Fabio Filzi, sino a martedi 24 gennaio. Mercoledì 25 alle 15, la Messa presso la cappella della casa di cura, presieduta dal vescovo emerito Dante Lafranconi prima che i resti del beato Luigi Tezza lascino la città alla volta di Brescia.

Locandina con il programma cremonese della peregrinatio




Dal 10 al 25 gennaio a Cremona una reliquia di padre Luigi Tezza, fondatore delle Figlie di San Camillo

Arriverà martedì 10 gennaio a Cremona la reliquia di beato Luigi Tezza, padre camilliano, fondatore, insieme a Giuditta Vannini, dell’Istituto delle Figlie di San Camillo, che a Cremona da decenni operano nel campo della sanità presso l’omonima casa di cura di via Fabio Filzi (la seconda più antica della congregazione). Proprio qui nel pomeriggio del 10 gennaio, alle 15, saranno accolte le reliquie del padre fondatore, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni che presiederà l’Eucaristia.

Quella cremonese è solo una delle teppe del pellegrinaggio che la reliquia del beato Tezza sta compiendo nelle strutture delle religiose camilliane in occasione del centenario della morte del padre fondatore.

La reliquia, che sarà esposta per la venerazione pubblica presso la cappella della casa di cura Figlie di San Camillo, durante i giorni cremonesi sarà presente in altri due luoghi della città. Il 14 gennaio sarà accolta nella vicina chiesa di S. Ambrogio, dove resterà fino al giorno successivo. Il 21 gennaio, invece, il reliquiario sarà trasferito presso la casa di cura San Camillo, in via Mantova, dove resterà sino al 22 gennaio, per poi far ancora ritorno alle Figlie di san Camillo.

La permanenza a Cremona della reliquia durerà sino a mercoledì 25 gennaio. In programma, per quella data, alle 15, la Messa presso la cappella della casa di cura, presieduta dal vescovo emerito Dante Lafranconi. Dopo la celebrazione le reliquie lasceranno la città alla volta di Brescia.

Locandina con il programma cremonese della peregrinatio

 

Profilo di padre Luigi Tezza

Luigi Tezza nasce a Conegliano (Treviso) il 1° novembre 1841 da Augusto e Caterina Nedwiedt. Il padre è medico condotto a Dolo (Venezia), elogiato per la sua competenza e dedizione alla cura dei malati. La madre, oriunda della Moravia (Cecoslovacchia), è donna di grande sensibilità.

Luigi, rimasto orfano di padre a 8 anni, cresce sotto le cure materne e risente della religiosità della madre. Trasferitosi con lei a Padova, viene in contatto con i Camilliani, che sono assistenti spirituali nell‘ospedale cittadino. A 15 anni entra come aspirante Camilliano a Verona. C

on l‘annessione del Veneto al Regno d‘Italia, viene estesa la legge di soppressione degli Istituti religiosi. Nella forzata dispersione dei consacrati, egli accetta con entusiasmo l‘invito del sacerdote veronese Daniele Comboni di andare missionario nel Sudan. Subito dopo viene chiamato a Roma come vice maestro dei novizi. Nel 1871 Padre Luigi è invitato in Francia a sostegno della Fondazione Camilliana a Lille. Nel 1891, durante un ritiro spirituale da lui predicato a Roma, incontra Giuditta Vannini, che sta orientandosi alla vocazione religiosa. Padre Tezza intuisce le capacità di dedizione della giovane e le espone il suo progetto per la realizzazione di una congregazione femminile ispirata al carisma di san Camillo de Lellis.

Padre Luigi è l‘animatore della nuova congregazione e la Vannini ne diviene la prima superiora. La nascente comunità si stabilisce in una casa di Via Merulana 141, a Roma. Le giovani affrontano con gioia le difficoltà economiche che Padre Tezza, con frequenza, ripiana con l‘aiuto della propria comunità.

La notizia della straordinaria dedizione di questo piccolo gruppo di suore verso i poveri e i malati si diffonde presto in città. Il numero delle aspiranti cresce e nel 1893 viene aperta, su richiesta del superiore dei Camilliani, una seconda casa a Cremona. La madre Vannini si preoccupa che le figlie abbiano una preparazione sempre più incisiva, facendo loro frequentare la scuola “San Giuseppe” per religiose infermiere, fondata a Roma nel 1906 su richiesta del Papa Pio X. La Comunità verrà riconosciuta nel 1909 come Congregazione religiosa, con il nome di Figlie di San Camillo.

Nel 1900,  viene mandato a Lima, in Perù, a rifondare la comunità camilliana. Per 23 anni, con instancabile impegno, si mette a servizio dell’ordine. Svolge un apostolato intenso accanto agli ammalati, ai poveri, nelle case private, negli ospedali, nel lazzaretto e nelle carceri, fu confessore e direttore spirituale in diverse Congregazioni religiose, e il suo confessionale fu cattedra di misericordia e spiritualità, fu consultore nell’Assemblea episcopale di Lima, consigliere del Delegato apostolico mons. Pietro Gasparri, e i nunzi apostolici che gli succedettero e le persone più autorevoli lo ebbero come padre spirituale.

Padre Luigi Tezza si spegne serenamente il 26 settembre 1923. Viene poi beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001.




Il Vescovo a San Luca: «Siamo anche noi un po’ evangelisti, nella misura in cui, fedeli ai Vangeli, scriviamo nuove pagine con la nostra vita»

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Una chiesa di San Luca gremita quella che nel pomeriggio di mercoledì 18 ottobre, a Cremona, ha celebrato la festa dell’evangelista cui la chiesa dei Padri Barnabiti è proprio intitolata. Una celebrazione animata dai canti del Coro Polifonico Cremonese, diretto dal maestro Federico Mantovani, e che è stata presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrata dai religiosi della comunità religiosa con il superiore padre Emiliano Redaelli.

«Cremona è fortunata ad avere questa bella chiesa dedicata a san Luca, resa anche bella e viva dai padri barnabiti – ha detto il vescovo nell’omelia –. Ma Cremona sarà ancora più fortunata se noi saremo una bella Chiesa ispirata a san Luca, modellata dalla Parola del suo Vangelo, degli Atti degli Apostoli, della sua testimonianza e intercessione».

«Gli evangelisti sono santi umili – ha poi spiegato Napolioni –, perché la loro Parola li sorpassa: vengono prima i loro scritti della loro persona. Pensiamo a quanto proviene dalla penna di san Luca». Tra le tante bellezze tramandate dalla sua penna, risultano infatti il Vangelo dell’Annunciazione, la parabola del Figliol prodigo, il canto del Magnificat e la parabola del Buon samaritano, tutti scritti che non possono che essere contemplati nella Chiesa di oggi. E proprio da ciò è arrivato lo spunto del vescovo: «Siamo anche noi Chiesa apostolica e missionaria. Siamo anche noi un po’ evangelisti, nella misura in cui, fedeli ai Vangeli, scriviamo nuove pagine con la nostra vita».

San Luca evangelista e non solo: si è a conoscenza oggi, grazie alle testimonianze bibliche e alla tradizione, di un san Luca medico, ma anche pittore. «Allora lo scrivere di Luca è impregnato del “curare” e del “dipingere”», ha detto Napolioni, un dettaglio tangibile nella sua attenzione alle debolezze umane.

«Il Vangelo ci permette davvero di diventare operatori di pace, facendo della propria vita un capolavoro di conversione – ha spiegato il vescovo –. Come diventare questa Chiesa bella perché modellata sull’esempio del Vangelo e dell’evangelista Luca? Con l’ansia? Con la paura? O con un tuffo amoroso nella braccia di chi è fedele e misericordioso?». Da qui la conclusione: «Ecco gli operai della vigna che ci mancano. Ben vengano le vocazioni al ministero e alla missione, ma non sta scritto da nessuna parte che servono solo preti o suore. Questa è una possibilità offerta a tutti e solo se tutti ci risvegliamo a questa gioia della fede, potremo dire che il Regno di Dio è vicino».




Sabato a Rivolta d’Adda la professione perpetua di suor Evelina Dabellani

I capelli sono racchiusi in un velo di colore blu. La croce al collo si ferma proprio all’altezza del cuore. «L’amore di Dio è una cosa diversa, è totalizzante. Ti avvolge e ti cambia la vita. È presenza costante». Suor Evelina Dabellani emetterà nel pomeriggio di sabato 1 ottobre, alle 16.30, nella chiesa della Casa madre delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento, a Rivolta d’Adda, la professione perpetua davanti al vescovo Antonio Napolioni e alla superiora generale dell’Istituto, madre Isabella Vecchio.

Suor Evelina sceglie la via della vita religiosa a 56 anni, dopo il diploma da geometra e il lavoro nelle aziende come disegnatore meccanico. «Dopo le scuole superiori – ricorda – non avevo le risorse economiche per aprire uno studio tutto mio e ho scelto di andare a lavorare in ditta». Aveva anche smesso di frequentare gli ambienti religiosi. Poi la svolta: «Mi sono avvicinata alla vita comunitaria, prestando servizio in parrocchia e in oratorio circa una ventina di anni fa e ho capito che quella vicino agli ultimi, a servizio degli altri e a servizio di Dio era la mia strada».

Ha coltivato la vocazione lentamente nella sua parrocchia d’origine, a San Giovanni in Croce. «La mia esperienza – racconta – dimostra che nulla è impossibile, che la fede ci raggiunge e la presenza di Dio non ci abbandona più. Ci guida, ci sostiene». E alimenta la fiducia. «In questo percorso – aggiunge – mi ha aiutata ad abbattere i muri e le barriere che in questi anni avevano confinato il mio cuore».

Fondato da san Francesco Spinelli, l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento proprio dall’Eucarestia attinge «la fiamma della carità». Per questo le suore Adoratrici sono vicine agli ultimi, a tutte le persone «in quanto tali piene di dignità». Questo è il carisma che condivide anche suor Evelina: «Mi ha consentito di portare avanti un cammino, sotto la guida di un sacerdote, iniziato nel 2008 presso l’opera di carità Juana Coeli di Stilo de’ Mariani».

La prima professione nell’Istituto delle Adoratrici risale al 2019. Poi l’esperienza in una parrocchia della Calabria. Ora si trova nella casa di spiritualità di Lenno, sul lago di Como.

Il percorso è stato personale, ma non solitario. «Le scelte sono mie, è la mia vita consacrata a Dio, ma non sono sola. Avverto la presenza di Cristo, che è totalizzante, il suo aiuto e quello di quanti non mi hanno lasciato sola».

È un senso di accoglienza che ha generato consapevolezza: «La mia è una decisione in tarda età, ma convinta, frutto di un discernimento. Non può essere frutto di una delusione, durerebbe poco. Voglio invece convintamente mettermi a servizio». Lo prometterà sabato, per sempre.

«Sento un’emozione grande – conclude suor Evelina alla vigilia della professione –. Non ho paura, ma avverto una sorta di timore reverenziale. Dio mi ha chiamata, nonostante io sia così piccola, così piena di limiti, rispetto alla sua grandezza. Sono grata, immensamente. Pronta ad accogliere la sofferenza nascosta dietro occhi velati o la fatica che i giovani fanno ogni giorno. Voglio esserci. Ho scelto, ascoltando la chiamata di Dio».

 

La partecipazione della professione




A Rivolta d’Adda la professione perpetua di suor Evelina Dabellani, il Vescovo: «Il trionfo della gratuità»

Una storia di dono, di gratuità e di bellezza. Una vocazione è tutto questo. Come quella di suor Evelina Dabellani, che nel pomeriggio di sabato 1 ottobre, nella chiesa della casa madre dell’Istituto della Suore Adoratrici del SS. Sacramento, a Rivolta d’Adda, ha emesso i voti perpetui di povertà, castità e obbedienza entrando definitivamente a far parte dell’ordine fondato da San Francesco Spinelli.

Per le Adoratrici un’altra professione perpetua dopo quella di suor Roberta Valeri del giugno scorso, entrambe originarie della diocesi di Cremona. Suor Evelina, classe 1966, nata a Casalmaggiore ma di fatto originaria di San Giovanni in Croce, ex geometra ed ex disegnatrice meccanica presso ditte del settore metalmeccanico, un’esperienza di vita comunitaria nella Ianua Coeli di Stilo de’ Mariani, ha pronunciato la formula di rito davanti al vescovo Antonio Napolioni che ha presieduto la Messa, iniziata alle 16.30 ed animata nel canto dalle voci dei cantori della corale di Pessina Cremonese. Diversi i sacerdoti presenti.

Fra i banchi, oltre ai famigliari di suor Dabellani, anche una delegazione proveniente dalla Calabria, dalla diocesi di Cosenza, dove la religiosa, che attualmente presta servizio nella casa di spiritualità delle Adoratrici di Lenno, sul lago di Como, risiedeva fino all’anno scorso.

Per il vescovo «la professione di oggi è il trionfo della gratuità». «Se agli occhi del mondo farsi suora o farsi prete – ha affermato nell’omelia – non comporta nessun guadagno, il cuore degli uomini è sempre alla ricerca di qualcosa che non si compra e non si vende». E ha proseguito rivolto proprio alla religiosa: «La tua storia, Evelina, sia quindi una storia di gratuità, di stupore e di bellezza. Come disse San Paolo a Timoteo, ce la farai se ravviverai il dono che ti viene dato. Non te ne vergognare, siine fiera e custodiscilo per mezzo dello Spirito Santo il bene che ti è stato affidato».

Dopo l’omelia, i riti tipici della professione perpetua: le risposte della religiosa alle domande del vescovo; la recita, da parte di suor Evelina, della formula di rito accanto alla superiora generale madre Isabella Vecchio («Io suor Evelina Dabellani, davanti alle sorelle qui presenti faccio voto per tutta la vita di castità, povertà e obbedienza») e la consegna dell’anello, simbolo dell’assoluta fedeltà a Cristo, sposo celeste.

Al termine della Messa il saluto della superiora generale. «Mi piace pensare – ha detto madre Isabella Vecchio – alle parole pronunciate domenica scorsa da papa Francesco, che dice che è possibile sognare una Chiesa fatta di uomini e donne che sanno inginocchiarsi davanti all’Eucarestia, ma sanno anche piegarsi alle ferite di chi soffre. Che la tua professione, Evelina, ravvivi anche in noi il desiderio di continuare a sognare. Ti auguriamo di essere Adoratrice secondo il volere di Dio».

La preghiera a san Francesco Spinelli, il fondatore della Adoratrici, davanti alla sua tomba, nella cappella della chiesa ha concluso la cerimonia lasciando poi spazio al momento di festa che suor Evelina ha condiviso con le consorelle, i familiari e gli amici.

 

Sabato a Rivolta d’Adda la professione perpetua di suor Evelina Dabellani