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Giornata “Pro Orantibus”, domenica la preghiera per chi prega

Domenica 21 novembre si celebra la Giornata “Pro Orantibus”, la cui istituzione risale al secondo dopoguerra, più precisamente nel 1953, quando Pio XII pose la propria attenzione su tutti i monasteri di clausura del mondo, segnati profondamente dalla fine del conflitto mondiale, che li aveva portati ad affrontare gravi situazioni di indigenza. Oggi questa giornata assume un significato diverso: con il passare del tempo l’iniziativa si è infatti tinta di un colore prettamente spirituale, di vicinanza e di solidarietà.

Sono due le comunità di clausura presenti in diocesi di Cremona: a Cremona le monache Domenicane e a Soresina le monache Visitandine. La vita di clausura non va intesa come una fuga dalla realtà, ma come una scelta coraggiosa che si basa sulla preghiera per il prossimo, che accompagna e sostiene le persone nel proprio cammino da fedeli.

La Giornata, ormai da diversi anni, viene vissuta in diocesi con un momento di preghiera e riflessione che vede riunirsi le religiose di vita apostolica, perché la loro preghiera si unisca a quella delle monache, per ringraziarle dell’accompagnamento orante che le sostiene nel cammino apostolico. L’appuntamento, quest’anno, sarà a Cremona nella chiesa di San Sigismondo dove alle 16 è previsto il canto del Vespro con esposizione del Santissimo. A guidare la preghiera sarà il vescovo emerito Dante Lafranconi, che terrà la meditazione. La celebrazione è aperta a tutti.

A San Sigismondo l’ulteriore momento della giornata sarà la Messa del mattino, alle 11.

A Soresina, invece, l’Eucaristia sarà celebrata nella chiesa del monastero alle 8 del mattino: durante la celebrazione avverrà il rinnovo delle promesse da parte delle monache. Nel pomeriggio, in comunione spirituale con la comunità domenicana di Cremona, la preghiera del Vespro (ore 16) con a seguire l’adorazione eucaristica (dalle 16.30 alle 17.30) promossa dal gruppo La Dieci pregando per i giovani.




Suore della Beata Vergine, la casa di Sestri Levante apre le porte a 18 afgani

Una e-mail e le Suore della Beata Vergine di Cremona sono coinvolte nella grande storia di disperazione e di amore che oggi attraversa il mondo. Mittente è una ex alunna ligure della scuola materna che ricorda alla perfezione la casa dell’Istituto a Sestri Levante, quella dove molti degli alunni cremonesi hanno trascorso le vacanze estive in tempi no-covid. La richiesta è quella di mettere a disposizione la struttura per dare ospitalità a un gruppo di diciotto afgani in fuga dal loro Paese.

Concitazione, ricordi, immagini affollano la mente delle religiose di via Cavallotti. Sguardi interrogativi… ma in breve tempo la decisione è presa.

La mail è del 25 agosto; il 26 agosto la risposta positiva; il 27 agosto il viaggio al mare per la consegna delle chiavi e far trovare tutto pronto per le 23, ora dell’arrivo dei profughi.

«Non abbiamo fatto lunghe e aride riflessioni – raccontano le suore della Beata Vergine dall’istituto di via Cavallotti – ci siamo lasciate trasportare dal cuore pensando anche ai figlioletti di quelle famiglie e soprattutto alla bimba nata da due giorni. Siamo felici di aver compiuto questo gesto d’amore che certamente comporta qualche rinuncia da parte nostra… ma in compenso la casa risuonerà delle voci e delle risa dei bambini e questo ci basta». «E soprattutto – concludono le religiose – senza scordare la Parola: “Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a Me” (Mt. 25,46)». E concludono: «La felicità della condivisione abita il nostro cuore e i nostri giorni».




San Domenico, un santo senza tempo. L’ordine Domenicano festeggia gli 800 anni dalla morte del fondatore

Si celebra oggi, 8 agosto, la memoria liturgica di San Domenico di Guzmán, in un anno particolare. Nel 2021 ricorre infatti l’8° cenetenario della morte del fondatore dell’Ordine dei Predicatori, a cui appartengono anche le suore del monastero di San Giuseppe a San Sigismondo a Cremona, che oggi celebreranno solennemente la memoria del fondatore in questo anno giubilare con la Messa alle ore 11, preceduta dalla presentazione del libro sul grande Organo di San Sigismondo

Ma chi è San Domenico?

È il 6 agosto del 1221. Consumato dalle fatiche, Domenico muore nel convento di Bologna. Nato nel 1170 in Spagna, a Caleruega, dedica la sua vita alle Sacre Scritture, ai poveri e alla preghiera. Da giovane si applica negli studi. Si trova nella città di Palencia quando, scosso dalla miseria e dalle sofferenze causate dalla carestia, vende i propri libri per aiutare i poveri. Dopo l’ordinazione sacerdotale, viene eletto canonico del capitolo della Cattedrale nella sua diocesi di origine, Osma. Nei primi anni del 1200, fonda l’Ordine dei Frati Predicatori per diffondere e difendere, attraverso il ministero della predicazione, le verità della fede cattolica. La specificità dell’ Ordine è riassunta da San Tommaso nella formula “contemplata aliis tradere”: trasmettere agli altri le cose contemplate. Il ritratto di San Domenico è condensato nelle parole del beato Giordano di Sassonia, suo successore nella guida dell’Ordine dei Predicatori: “Infiammato dello zelo di Dio e di ardore soprannaturale, per la tua carità senza confini e il fervore dello spirito veemente – scrive il beato Giordano di Sassonia – ti sei consacrato tutt’intero col voto della povertà perpetua all’osservanza apostolica e alla predicazione evangelica”. San Domenico, contemporaneo san Francesco di Assisi, è stato canonizzato da Papa Gregorio IX il 3 luglio del 1234.

Un segno di speranza

Nella Basilica di San Domenico a Bologna, mercoledì 4 agosto, il cardinale Matteo Maria Zuppi ha presieduto la Messa nel Giubileo per gli 800 anni dalla sua morte. Ha concelebrato anche fra Gerard Francisco Timoner, maestro generale dell’Ordine. “Come ha eloquentemente scritto Papa Francesco nella sua lettera all’Ordine per commemorare l’VIII centenario della nascita alla vita eterna di san Domenico – ha sottolineato fra’ Timoner nell’omelia – tra i titoli attribuiti a san Domenico, Praedicator gratiae, ‘Predicatore di Grazia’ spicca per la sua consonanza con il carisma e la missione dell’Ordine da lui fondato”. “Questo – ha aggiunto – è il nostro dono alla Chiesa: la ‘grazia della predicazione’ e la ‘predicazione della grazia’ cioè l’annuncio di Dio, Grazia increata, che si dona all’umanità. Coltivando e condividendo questo carisma e questa missione, Domenico divenne una vera Luce della Chiesa”. “In questi tempi difficili in cui la gente sembra perdere la speranza, San Domenico ci offre spem miram, una meravigliosa speranza”.

Sulle orme di San Domenico

Oggi i domenicani sono circa cinquemila, sparsi in 80 nazioni. La famiglia religiosa include anche monache dedite alla vita contemplativa, suore impegnate nell’apostolato. Tra i figli illustri di San Domenico ci sono San Tommaso d’Aquino, Francisco de Vitoria, uno dei padri del diritto internazionale. Il cammino sulle orme di San Domenico si snoda tra le vie del Vangelo e quelle del mondo. È quanto sottolinea a Vatican News fra’ Gerard Francisco Timoner, sottolineando che San Domenico è un santo “senza tempo”.

Dopo otto secoli Domenico resta un santo del tutto moderno…

Noi pensiamo che San Domenico sia un santo medievale, ma San Domenico è un santo “classico”, un santo senza tempo, non perché si collochi al di là delle vicissitudine della storia. Ma perché diventa un evento di senso in ogni momento della storia. Esattamente 300 anni dopo la morte di San Domenico, Ignazio di Loyola legge le biografie di San Francesco e di San Domenico. E sperimenta la grazia della conversione. Se Domenico ha ispirato un uomo vissuto centinaia di anni dopo di lui a diventare il santo. Allora Domenico può essere una fonte d’ispirazione anche per noi oggi: San Domenico ha qualcosa da dire anche per noi in questo tempo.

San Domenico ha ispirato molte altre storie di santità…

L’ispirazione di San Domenico è ampia: abbiamo San Tommaso d’Aquino che ha dedicato la sua vita per lo studio e anche per servire la Chiesa con la sua filosofia e teologia. Abbiamo Santa Caterina da Siena e santi come San Martino de Porres, Santa Rosa de Lima che hanno predicato con atti di misericordia. Abbiamo anche il Beato Angelico, un grande pittore, e poi altri santi. E quindi una santità multiforme, nel segno della ricchezza della santità San Domenico.

Nella lettera che Papa Francesco le ha indirizzato lo scorso 24 maggio in vista dell’ottavo centenario della morte di San Domenico, il Pontefice scrive che Domenico può “servire da ispirazione a tutti i battezzati, i quali sono chiamati, come discepoli missionari, a raggiungere ogni ‘periferia’ del nostro mondo con la luce del Vangelo e l’amore misericordioso di Cristo” Come i domenicani, in questo tempo scosso anche dalla pandemia, svolgono la loro missione nelle periferie, nelle frontiere non solo geografiche?

Abbiamo fratelli e sorelle che lavorano in queste periferie, per esempio nella frontiera tra l’umanità e l’inumanità, nella frontiera della giustizia e della pace. In tutto il mondo abbiamo fratelli sorelle che lavorano in questa frontiera. A Ginevra, presso le Nazioni Unite, abbiamo un ufficio che si chiama “Domenicani per la Giustizia e la Pace”.




A Sospiro la professione solenne di suor Susanna Maria

Ha emesso la sua professione solenne nella solennità dell’Assunta suor Susanna Maria, dei Frati Poveri e Suore Povere di Gesù e Maria. Siciliana classe 1985, originaria di Leonforte, in provincia di Enna, ha emesso i voti nella Messa celebrata nel pomeriggio di sabato 14 agosto nella chiesa parrocchiale di Sospiro.

Alle spalle una laurea in Filosofia. E proprio la sua ricerca della verità in ambito filosofico l’ha condotta alla scoperta della Verità che esiste, con la ripresa del cammino di fede e un percorso di discernimento vocazionale che l’ha portata a lasciare tutto per seguire Cristo nella comunità dei Frati Poveri e Suore Povere di Gesù e Maria, istituto religioso fondato da fra Volantino Verde e approvato nel 2019 nella diocesi di Noto.

Carisma dell’istituto, insieme alla preghiera, è andare per le strade, in semplicità, povertà e competenza, per portare le anime ai Sacramenti, specialmente quelli della Confessione e della Comunione. Lo ha ricordato lo stesso iniziatore dell’ordine durante l’omelia.

Subito prima suor Susanna Maria, che ormai da diversi anni risiede con alcune sorelle nella vicina comunità di Longardore, aveva pronunciato il proprio eccomi davanti alla superiora generale, madre Veronica, e al delegato episcopale per la Vita consacrata, don Giulio Brambilla.

Dopo l’omelia il suggestivo momento della professione, iniziato con la candidata che si è sdraiata a terra mentre tutta l’assemblea ha pregato le litanie. Quindi la promessa di obbedienza, povertà e castità, pronunciata tenendo la propria mano in quella della madre generale che subito dopo le ha posto sul capo una corona di fiori quale simbolo delle nozze appena celebrate con Cristo. La firma sui documenti ha quindi suggellato l’ufficialità del suo donarsi al Signore.

Hanno concelebrato l’Eucaristia il parroco don Federico Celini, il collaboratore don Giacomo Ghidoni, don Stefano Montagna e don Aldo Manfredini.

Oltre alla mamma di suor Susanna, giunta per l’occasione dalla Sicilia, e le consorelle, si è unità intorno a lei l’intera comunità parrocchiale dell’intera unità pastorale “Madre Nostra” e gli amici conosciuti negli anni di servizio in terra cremonese.




San Sigismondo, l’8 agosto festa di San Domenico con la presentazione del libro sul grande organo settecentesco

L’8 agosto nella chiesa di San Sigismondo, a Cremona, la memoria liturgica di san Domenico sarà celebrata con particolare solennità e con la proposta di eventi di carattere spirituale e culturale. L’occasione è l’anno giubilare nell’800° anniversario della morte del santo fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori, più comunemente noto come Domenicano, al quale appartengono le monache claustrali che ormai da anni risiedono presso il complesso di largo Bianca Maria Visconti.

Il primo appuntamento della giornata sarà la presentazione del nuovo libro sulla storia del grande organo rinascimentale della chiesa di San Sigismondo, a cura di Antonio Disingrini, organista che accompagna la principali celebrazioni della chiesa monastica cremonese. La presentazione è in programma alle 10.30 alla presenza dello stesso autore e dei rappresentanti dell’associazione Serassi, che dal 2002 opera per la valorizzazione degli antichi organi a canne e della musica antica in genere.

Proprio la voce dell’organo si potrà ascoltare nella solenne celebrazione eucaristica delle 11, presieduta dal cappellano del monastero don Daniele Piazzi: alla tastiera per l’occasione ci sarà Camillo Fiorentini con l’accompagnamento corale della Schola Sant’Antonio Maria Zaccaria.

Nel pomeriggio alle 17 ci sarà la celebrazione dei Secondi Vespri cantati, insieme alla comunità monastica.

L’organo Maineri-Acerbis

Il volume monografico, intitolato “L’organo Maineri-Acerbis” ed edito dall’Associazione Giuseppe Serassi all’interno della “Collana d’arte organaria”, racconta la storia artistica e musicale dell’organo che dal 1567 è collocato nel complesso monastico cittadino.

Questo nuovo libro è stato pensato da Disingrini, che dal 1981 presta servizio come organista presso la chiesa e che aveva seguito il restauro dell’organo nel 1995, poiché non esisteva ad oggi nulla che illustrasse questo strumento di pregio che è oggetto di curiosità e interesse da parte di tanti fedeli cremonesi come di tanti turisti.

Lo stupendo strumento, infatti, la cui origine si colloca nel 1567 ad opera di Gian Francesco Maineri, si inserisce perfettamente nel contesto della chiesa rinascimentale che raccoglie lo stile architettonico prebramantesco e lo sviluppa nel ricco corredo pittorico dei Campi e della loro scuola.

Spicca in primis la stupenda cassa dell’organo, esempio d’arte incisoria, su disegno e progetto del pittore Bernardino Campi, la cui doratura si deve ad un’aggiunta settecentesca.

Lo strumento, conservatosi integro nei secoli successivi, fu ricostruito nel 1860 da Luigi Vincenzo Acerbis che reimpiegò gran parte del materiale primigenio, tra cui le antiche canne, mantenendo così l’originario equilibrio sonoro e aggiungendo la struttura meccanica indispensabile al suo funzionamento. Questo strumento, che ha quindi accompagnato per secoli le celebrazioni liturgiche con il suo suono, fu riconosciuto già dall’Impero austroungarico come monumento nazionale. L’organo ha subito diverse modifiche nel corso dei secoli, ma l’aggiunta di vari registri non ha intaccato il suono originale che è rimasto invariato dal XVI secolo.

Il libro ripercorre questa lunga storia fino al 1941, quando sono terminate le diverse significative modifiche allo strumento. Nel 1995 l’organo è stato oggetto un importante restauro ad opera della ditta Pedrini-Poisa.




Si è spento a 94 anni padre Picetti, barnabita-astronomo originario di Brignano Gera d’Adda

È morto oggi, 4 agosto 2021, all’età di 94 anni, il padre barnabita Battista Picetti, originario di Brignano Gera d’Adda, nella diocesi di Cremona. Fatale, purtroppo, l’infezione da Covid, contratta pochi giorni prima del decesso avvenuto in Cile, presso il collegio Barnabita di La Serena, dove il religioso cremonese ha svolto il suo ministero missionario.

Quello di padre Picetti è stato un ministero caratterizzato dall’impegno pastorale come parroco, soprattutto nella città dell’Higuera dove ha guidato la comunità dal 1979 al 2015, e dove nel 2008 ha ricevuto la cittadinanza onoraria per il bene profuso, ma anche dalla sua straordinaria conoscenza e capacità divulgativa delle scienze astronomiche.

Padre Picetti era infatti soprannominato in Cile “sacerdote dell’astronomia e del lavoro sociale”, ed è considerato l’ultimo scienziato barnabita, figlio di una generazione di grandi studiosi formati alle scuole dell’Ordine e personalità di spicco riconosciuta tra le sue eccellenze dalla comunità scientifica internazionale.

Una conoscenza e una passione che nel corso di tutta la vita ha saputo trasmettere ai suoi studenti. Sulla porta d’entrata del Tololito, il telescopio del Collegio di La Serena, ha fatto esporre la frase: «Giovane lascia “Tutto in Ordine” e che l’Infinito sia tuo!».

Una profonda spiritualità ha sostenuto e motivato la sua costante ricerca di quell’armonia celeste che ha insegnato a generazioni di giovani: «Tutto – ripeteva, come ricorda un bell’articolo pubblicato dall’Eco dei Barnabiti in occasione del suo 90° compleanno – è merito di un Essere superiore».

Nella mattinata di giovedì 5 agosto (ore 7.30) nella parrocchia di Brignano Gera d’Adda, dove risiedono i parenti e a cui padre Battista è sempre rimasto profondamente legato, si celebrerà la Messa in suffragio in attesa di conoscere le decisioni circa la sepoltura.
Celebrazioni di suffragio saranno celebrate anche dai confratelli barnabiti nella chiesa di San Luca in città

La biografia

Padre Battista Picetti, nasce il 7 maggio 1927 a Morengo, piccola cittadina del Bergamasco, da Carola Serughetti e Giuseppe, di Brignano Gera d’Adda, dove il giovane Battista cresce negli anni in cui è parroco in paese monsignor Donini. In quegli anni dell’infanzia matura la vocazione alla vita religiosa e sacerdotale. Formatosi a Monza, dove l’11 ottobre 1945 professa i voti semplici nell’Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo e cinque anni dopo, sempre nella stessa città, il 24 settembre 1950 emette la professione solenne, dopo due anni a Roma viene ordinato presbitero il 12 aprile del 1952.

La sua missione sacerdotale inizia con l’invio in Cile. Il 18 settembre 1952, giorno della Festa Nazionale Cilena “Festa Patria”, arriva nel porto di Valparaiso, per poi trasferirsi a La Serena.

Qui ritrova e coltiva la passione per la fisica, scoperta durante la Seconda Guerra Mondiale, quando in Italia aveva collaborato col padre Bellani, barnabita e professore di fisica presso il Collegio San Francesco di Lodi, come assistente nel laboratorio di fisica.

Dopo aver ottenuto le abilitazioni per l’insegnamento si dimostra un ottimo divulgatore scientifico anche grazie alla costruzione dei modellini statici, meccanici e talvolta elettrici per l’illustrazione dei princìpi fisici e delle macchine fisiche semplici, creando, infine, un grande ed attrezzato Laboratorio di Fisica, divenuto un riferimento per tutto il Paese.

Durante la sua vita ha sperimentato, innovato e creato spazi e strutture, come l’Accademia di Fisica ed Astronomia nel Seminario Conciliar, per consentire ai tanti giovani che ne seguivano le lezioni di ampliare le loro conoscenze fisiche ed ammirare le stelle di notte.

Tra le sua intuizioni più stupefacenti, nel 1997, alla venerabile età di settant’anni, c’è l’elaborazione attraverso formule fisico-matematiche della visione cosmologica dell’universo, a cui diede il nome di “Visione Speculare”, in quanto l’universo, secondo i suoi calcoli, si starebbe espandendo in due dimensioni, appunto, speculari l’una dall’altra.

 

 

 

 

 




A San Luca una reliquia del beato Carlo Acutis

Una vita breve, conclusasi a soli quindici anni a causa di una leucemia fulminante, ma interamente dedicata a Dio e al prossimo. È questa, in estrema sintesi, l’esperienza di Carlo Acutis, giovane milanese stroncato dalla malattia nel 2006 e proclamato beato l’ottobre scorso. Ed è proprio una sua reliquia – una ciocca di capelli – ad essere custodita, da domenica 11 luglio, presso la Chiesa di San Luca, a Cremona, affidata alla comunità di Padri Barnabiti che dimorano nel convento adiacente.

I punti di contatto tra Acutis e san Antonio Maria Zaccaria, cremonese fondatore dell’ordine dei Barnabiti, certamente non mancano: Eucaristia e cura del prossimo sono state questioni centrali per la vita di entrambi. Inoltre Milano, città in cui Carlo Acutis ha vissuto fin da piccolo, rappresenta una tappa fondamentale dell’esperienza del santo cremonese: proprio dalla chiesa di S. Barnaba ha avuto origine l’Ordine che, dopo la morte del fondatore, è stato rilanciato dal vescovo san Carlo Borromeo.

«Per noi – spiega padre Giorgio Viganò, economo della comunità cremonese – è molto significativo il fatto di poter avere una reliquia del beato Acutis. È stato un giovane capace di centrare la propria vita intorno all’Eucaristia, che definiva “la mia autostrada verso il Cielo”. E sappiamo tutti molto bene quanto sia importante, oggi, provare a dialogare in modo serio con il mondo giovanile».

Mondo giovanile che è particolarmente caro alla comunità di San Luca. Padre Viganò, infatti, ricopre anche il ruolo di responsabile di una struttura molto particolare: un pensionato per studenti che ospita ben venticinque giovani. «In questo senso – racconta il barnabita – acquista ancora più valore la presenza della reliquia di Carlo Acutis: un giovane come tanti, ma capace di “guardare oltre”. Speriamo che, entrando in contatto con lui, anche noi, e i nostri ragazzi, possiamo imparare ad avere il suo stesso sguardo».

La reliquia del beato Carlo Acutis sarà dunque conservata nella cappella del Sacro Cuore, così che i fedeli possano avere l’occasione di accostarsi ad essa e di affidarsi all’intercessione del giovane milanese.

«Già parecchie persone sono venute a pregare davanti alla reliquia – conclude padre Viganò – ed alcuni sacerdoti hanno chiesto di poter organizzare dei piccoli pellegrinaggi per le proprie comunità. Questo ci lascia ben sperare nel fatto che molti sentano il desiderio di riscoprire la propria fede alla luce della testimonianza di personaggi che l’hanno vissuta e raccontata con la propria vita».

 

Profilo biografico del beato Carlo Acutis

Carlo Acutis nacque a Londra nel 1991, ma subito si trasferì a Milano con la famiglia. Nel capoluogo lombardo crebbe dimostrando sempre particolare cura per la propria vita di fede, avvicinandosi presto al sacramento dell’Eucaristia e dedicandosi al prossimo. La sua vita fu tragicamente interrotta da una leucemia fulminante, che lo condusse alla morte il 12 ottobre 2006, ad appena quindici anni.

Oltre che per la sua profonda spiritualità, è ricordato per il suo entusiasmo e la sua vitalità, che lo hanno portato ad intessere numerose relazioni di amicizia. Ebbe sempre una passione particolare per il mondo del web, tanto che realizzò un proprio sito internet, nel quale non mancava comunque un riferimento alla propria fede.

Il 10 ottobre 2020 è stato beatificato ad Assisi, città in cui è sepolto, dopo il riconoscimento di un miracolo da lui compiuto, nel 2013, nei confronti di un bambino brasiliano: parenti ed amici avevano pregato affidandosi all’intercessione di Carlo.




Lunedì a San Camillo il ricordo del beato Rebuschini

Lunedì 10 maggio si celebra la memoria liturgica del beato Enrico Rebuschini: camilliano, vero apostolo della carità, elevato agli onori degli altari da Giovanni Paolo II il 4 maggio 1997. Il suo nome e la sua opera sono indissolubilmente legati alla città di Cremona dove visse per quasi quarant’anni alleviando sofferenze materiali e spirituali di centinaia di persone che hanno varcato la soglia della clinica San Camillo di via Mantova. Quest’anno a causa della situazione pandemica non si celebrerà in modo solenne la memoria liturgica nella piccola chiesetta della clinica dove sono conservate le spoglie mortali del beato, per il quale però non mancherà l’attenzione e la preghiera.

In particolare se ne farà memoria lunedì 10 maggio nella Messa delle ore 8 celebrata presso la cappella della casa di cura da padre Virginio Bebber, superiore della comunità camilliana e amministratore delegato della Fondazione Opera San Camillo. In questa Eucarestia si ricorderà la figura del beato Enrico Rebuschini, padre camilliano dell’Ordine dei Ministri degli Infermi nato a Gravedona (CO) il 28 aprile 1860 e morto a Cremona il 10 maggio 1938. Un ministero, il suo, che ben si riassume nella missione “Andate ad annunciare il regno di Dio e curate gli infermi”, di cui diede prova fin dal suo arrivo a Cremona, il 1 maggio 1899.

Nella vita, e in particolar modo nella sua attività a Cremona, a San Camillo (undici anni come superiore della comunità e per trentaquattro anni amministratore-economo), lasciò un segno indelebile della carità ed umiltà nello spirito di servizio, declinati in una concreta solidarietà ed applicando, pienamente, la raccomandazione di san Camillo: “Servire i malati come fa una madre con il suo unico figlio infermo”.

 

Cronologia in breve del Beato

1860 – Enrico Rebuschini nasce a Gravedona, ultimo di cinque figli.

1871 – Terminato il Ginnasio, Enrico si iscrive al Liceo “Volta” di Como, poi, frequenta il primo anno alla Facoltà di Fisica e Matematica di Pavia.

1880 – Compie un anno di volontariato nel servizio militare a Milano come sottotenente.

1882 – Ottiene il diploma di ragioneria a Como. Il papà lo colloca all’Ospedale di Sant’Anna della città; spesso lascia gli uffici per incontrare ed interessarsi personalmente dei malati aiutandoli anche con denaro e abiti propri.

1884 – Nonostante l’opposizione paterna, è accolto dal Vescovo di Como in Seminario, poi inviato a Roma per studiare alla Gregoriana.

1886 – Costretto da un grave esaurimento, Enrico rientra in famiglia, ma il desiderio di seguire il Signore non lo abbandona. Nella Chiesa di Sant’Eusebio, di fronte ad un dipinto che rappresenta San Camillo incoraggiato dal Crocifisso, si fa strada la vocazione camilliana.

1887 – Entra nella Comunità camilliana di Verona. Dopo due anni inizia il noviziato, durante il quale, per dispensa speciale chiesta dagli stessi superiori, è ordinato sacerdote dal futuro S. Pio X

1899 – P. Enrico è destinato a Verona, poi a Cremona dove rimarrà per il resto della vita, svolgendo numerosi incarichi: Economo e Superiore della nuova Clinica da lui apprestata, coordinatore con le Suore Camilliane nell’assistenza ai malati di vaiolo, collaboratore della Croce Rossa Italiana nella cura dei soldati feriti in guerra, confessore del Vescovo e di numerosi penitenti della città, sollecito nell’assistenza spirituale ai malati a domicilio. In città tutti lo conoscono, lo stimano, lo cercano.

1938 – Muore a Cremona, il 10 maggio.

Nella sua vita spirituale spiccano: l’amore al Crocifisso e all’Eucaristia, l’affetto filiale alla Madonna della Salute e a S. Camillo, le devozioni alla Vergine di Pompei e a San Giuseppe.

 




Il vescovo alle monache di San Sigismondo: «Grazie sorelle, non lasciateci soli» (AUDIO e FOTO)

Nella mattina di lunedì 5 aprile il vescovo Antonio Napolioni si è recato presso il monastero di clausura di San Giuseppe, presso il complesso di Sigismondo, a Cremona, per celebrare la Messa nel lunedì dell’ottava di Pasqua con le monache domenicane e i fedeli presenti.

Il Vescovo nella sua riflessione ha sottolineato come «la missione che la Chiesa riceve all’indomani della Pasqua è quella di tradurre gli auguri di Pasqua in una missione: quella di portare il profumo del Risorto a chi non lo conosce, a chi è schiavo della paura, a chi non crede». E ha proseguito: «Bisogna portare questo annuncio non attraverso la pretesa, la conquista, l’insistenza, ma il contagio benefico dell’amore che solo uomini e donne innamorati di Gesù, con il cuore trafitto dalla sua vitalità, possono avere». Poi monsignor Napolioni ha proseguito: «Siamo fragili, ma non per questo meno amati da Dio, anzi più bisognosi della verità e non delle dicerie».

Quindi l’auspicio e il ringraziamento del Vescovo alla comunità claustrale: «Grazie sorelle! E non lasciateci soli, ma contagiateci in questa missione: che la Chiesa sia questa, che non viene mai sconfitta perché è la Chiesa dei piccoli, dei semplici, dei santi, degli innamorati, dei testimoni, dei martiri che fioriscono nei momenti di difficoltà e di persecuzione ricordandoci che Dio non è distante ma è sempre più vicino».

Al termine della celebrazione monsignor Napolioni si è fermato per salutare le claustrali domenicane cogliendo l’occasione per scambiare gli auguri di Pasqua.

Photogallery della celebrazione




Il vescovo a Soresina al monastero della Visitazione (AUDIO e FOTO)

Il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato, nel giorno di Pasquetta, la Messa al Monastero della Visitazione di Soresina. Una presenza che è ben riassunta dalle parole di ringraziamento che il parroco, don Angelo Piccinelli, ha rivolto al Vescovo anche a nome della comunità Visitandina, ovvero «attenzione alla comunità».

Nel periodo dell’anno più significativo per i cristiani, perché si porta l’annuncio del Cristo Risorto, il Vescovo non ha dimenticato la comunità claustrale di Soresina ed è venuto personalmente per gli auguri alle sorelle Salesiane. Auguri che, come ha detto il Vescovo, «rischiano di essere vuoti, di rimanere in periferia rispetto al vero messaggio della Pasqua, quando invece dovremmo dirci buona Pasqua ogni settimana, perché ogni domenica è la festa cristiana originale». «Pasqua – ha detto ancora – è non essere prigioniero del male e non dargliela vinta, perché il Signore ha vinto il male e anche noi dovremmo saper fare la medesima cosa. Queste cose le dico oggi al Monastero della Visitazione, quando il Vangelo ci ricorda che le donne sono state le protagoniste della risurrezione di Cristo, pronte con oli per ungere il corpo di Cristo. Mi piace pensare che quell’olio non servito sia stato tenuto in serbo per tutti noi, per la chiesa e per il mondo».

E che quel profumo degli oli sia profumo di vita e speranza che va oltre la morte. «Un profumo che si deve sentire attraverso di noi. E i monasteri profumano di fiori e santità. Di questa santità spero profumino tutti i monasteri, i conventi, le case parrocchiali, le case di ogni famiglia. Perché il vero profumo è profumare di Cristo Risorto, di vita nuova, di speranza e di amore. La missione che nasce dal giorno dopo la Pasqua è di portare a tutti questo profumo di aria nuova, accoglienza, benevolenza … portare il Signore che ha cambiato la vita, dalle donne al sepolcro a tanti altri. Con Cristo in noi, l’augurio di buona Pasqua diventa un’esperienza di fede e comunione. Vi auguro di portare questo profumo agli altri».

Un gesto paterno di vicinanza, quello del Vescovo, in un periodo, quello scandito dai ritmi della pandemia, in cui si rischiano l’allontanamento sociale e la solitudine. Un gesto reso ancora più significativo dal messaggio del Cristo Risorto sottolineato dall’omelia. Un’omelia che la comunità claustrale e laica mediteranno e che, come auspicato dal parroco don Piccinelli, si trasformi in realtà attraverso i gesti di ciascuno.

La Messa delle 8 è stata presieduta dal Vescovo e concelebrata dal parroco don Angelo Piccinelli insieme al cerimoniere don Flavio Meani.

Photogallery della celebrazione