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Il Vescovo alle monache: “Vivete con me la visita pastorale”

Nella nebbiosa serata di lunedì 6 gennaio, concludendo la solennità dell’Epifania con la tradizionale preghiera del Vespro presso il monastero di clausura delle suore Domenicane a Cremona, il Vescovo Napolioni ha affidato l’imminente inizio dei mesi di visita pastorale al sostegno invisibile e potente della preghiera.

Affiancato dal Vicario episcopale per la vita consacrata don Giulio Brambilla, dal religioso Camilliano padre Virginio Bebber, dal Cappellano del Monastero don Enrico Maggi e dal cerimoniere vescovile don Flavio Meani, il Vescovo ha brevemente commentato il testo della preghiera appositamente composta per la visita pastorale, che avrà inizio in settimana presso la costituenda Unità pastorale cittadina formata dalle parrocchie di S. Ilario, S. Agata e S. Agostino.

Come da calendario, nei primi tre mesi del 2020 saranno 12 le realtà parrocchiali e interparrocchiali che il Vescovo e i suoi collaboratori visiteranno per conoscere sempre meglio i passi delle comunità cristiane, avviando nuovi processi di evangelizzazione, individuati proprio dall’ascolto delle diverse realtà del territorio diocesano.

Il Vescovo nella sua riflessione a apertamente invitato la comunità monastica ad accompagnare ogni suo incontro e a sostenere le determinazioni che ne scaturiranno “perché non accada che ci perdiamo in vuote parole o polemiche e Dio possa dirci – ha osservato il Vescovo – le mie mie vie non sono le vostre vie”.

Il riferimento è chiaro: in una stagione di profonde trasformazioni del tessuto cristiano della convivenza – e tantomeno in occasione della visita pastorale – non c’è tempo per disperdersi in lamentele o ulteriori ritardi. Urge invece l’audacia di un nuovo annuncio di Cristo, senza soffermarsi in un passato che oggi esiste solo nel ricordo.

La preghiera della vista pastorale è stata quindi consegnata alla comunità monastica, che ha assicurato il suo costante sostegno spirituale, ribadito anche durante il fraterno saluto scambiato dai presenti con la comunità delle suore domenicane al termine della celebrazione.




Natività a grandezza naturale nella chiesa dei Cappuccini

Come da consuetudine nel periodo natalizio non manca il presepio nella chiesa dei frati Cappuccini di Cremona, presso il convento di via Brescia. Il tema della Natività, quest’anno, è rappresentato da personaggi a grandezza naturale, inseriti in un’ambientazione in stile boschivo e silvestre.

Il presepe, situato nella prima cappella laterale della chiesa, presenta i protagonisti principali della Natività in maniera molto “umana”. La Madonna, partoriente, è coricata, con il Bambino appena nato posto tra le braccia della madre. Giuseppe, invece, è in ginocchio alle spalle di Maria, in segno di protezione della famiglia. Lo sguardo dei genitori, inoltre, è rivolto verso il Bambino, con atteggiamento di adorazione e contemplazione.

La grotta in cui è situata la scena centrale presenta un’apertura, uno scorcio che porta all’ambiente circostante, un panorama connesso alla natura fitta dell’ambientazione centrale, arricchito dalla presenza di altre grotte e dei personaggi secondari, tra i quali i pastori.

Un’allestimento così grande ha richiesto un grande impegno e lunghi tempi di realizzazione: i lavori per la realizzazione sono iniziati a settembre. L’inaugurazione è avvenuta durante la Messa della notte di Natale.

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Alla Visitazione invito del Vescovo al silenzio, perché la temperatura del cuore sia quella giusta per accogliere il dono di Dio

Nella mattinata del 22 dicembre, quarta domenica di Avvento, il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato l’Eucaristia a Soresina, nella chiesa del monastero della Visitazione. Una consuetudine, quella della visita del Vescovo alla due comunità claustrali presenti in diocesi (oltre a quella Visitazione quella Domenicana, che monsignor Napolioni visiterà la vigilia di Natale).

Non una formalità istituzionale, quanto piuttosto «una necessità della Chiesa». Lo ha sottolineato proprio monsignor Napolioni, evidenziando il bisogno «delle nostre anime metterci in silenzio, in attesa profonda, in stato di ultimo Avvento». Nelle giornate in cui fervono gli ultimi preparativi per banchetti e regali, il Vescovo ha invitato a non fermarsi al clima esterno del Natale, augurandosi che davvero «la temperatura del cuore sia quella giusta per accogliere il dono di Dio».

La Messa è stata concelebrata dal parroco di Soresina don Angelo Piccinelli, dal segretario vescovile don Flavio Meani e monsignor Giuseppe Quirighetti, soresinese che dalla scorsa estate opera in Australia presso la segreteria della Nunziatura apostolica. Ha servito all’altare il diacono permanente Raffaele Ferri, alla presenza anche del seminarista Valerio Lazzari, che quest’anno presta servizio domenicale in parrocchia.

Omelia del Vescovo

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“Vivi per Dio nella Chiesa”: online la meditazione del Vescovo al ritiro d’Avvento dell’Usmi

Tutta incentrata sulla lettera di Paolo agli Efesini la meditazione che il vescovo Antonio Napolioni ha tenuto al ritiro di Avvento organizzato dall’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) per tutte le religiose della diocesi. La mattinata di preghiera e spiritualità, partecipata da una cinquantina di suore provenienti da diverse località del territorio diocesano, si è svolta sabato 7 dicembre presso il Rifugio Cuor di Gesù di via Bonomelli, a Cremona.

La preghiera delle Lodi ha dato inizio all’incontro. A seguire l’intervento del Vescovo, una ricca meditazione tutta basata sulla Parola di Dio, definita il “fondamento oggettivo, sicuro, molto più che i nostri sentimenti; fondamento storico, teologico della nostra vita e della nostra consacrazione”. In particolare, mons. Antonio Napolioni ha inteso tracciare un percorso atto ad “esplorare pregando” quella che lui stesso ha definito “una delle pagine più belle del nuovo testamento”, la lettera agli Efesini, scritto della maturità umana, teologica, spirituale e pastorale di Paolo.

Molteplici gli spunti di riflessione, a partire dal richiamo di Paolo all’essenziale, il Vangelo di Gesù, e alla nostra collocazione identitaria non in un posto qualsiasi, ma in Cristo stesso. La premura di Paolo – ha spiegato il Vescovo – che prega per noi e ci insegna a pregare per ricevere la luce e comprendere ciò a cui il Signore ci chiama. La carta d’identità ricevuta per grazia da Dio e il grande progetto di vita a cui ciascuno di noi è chiamato. L’importanza di andare incontro all’altro, il “lontano”, attraverso un’opera di “avvicinamento” che imita l’amore del Buon Pastore e ci fa essere davvero “chiesa in uscita”. Centrale il discorso sull’unità nella diversità dei doni (Ef 4) che è la chiave per arrivare all’uomo perfetto: “l’uomo perfetto – sottolinea il Vescovo – è collettivo, è la Chiesa. Solo insieme ci perfezioniamo”.

Terminata la meditazione, il Vescovo ha condiviso qualche momento con le religiose, concludendo poi la mattinata con la Messa, concelebrata dal delegato episcopale per la Vita consacrata, don Giulio Brambilla, che ha preso parte all’incontro.

Prossimo appuntamento comune dell’USMI sarà il 2 febbraio per la 24esima Giornata mondiale per la vita consacrata presso l’Istituto Beata Vergine, in via Cavallotti 25 a Cremona.




Una monaca cremonese come superiora della nuova fondazione delle Cistercensi delle Stretta Osservanza in Portogallo

Per le monache dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza, uno dei più rigorosi nel praticare la Regola benedettina (“Ora et labora”, ma anche silenzio e solitudine), una nuova fondazione nelle campagne del nord del Portogallo. Suor Giusy, monaca cremonese, dopo una vita trascorsa tra le mura di Vitorchiano, sarà la superiora del nuovo Monastero Trappista de Santa Maria Mãe da Igreja sorgerà a Palaçoulo.

Da tempo ormai non esisteva più un monastero cistercense in Portogallo. E così, nella preghiera discreta e silenziosa che contraddistingue queste monache, è scaturita la scelta di partire in missione, in Europa. «La decisione di partire non è stata affrettata» racconta suor Giusy, ma «è nata da una nostra esigenza (oggi Vitorchiano conta 78 membri e nel monastero non ci sono quasi più celle disponibili per chi volesse entrare. Questo è stato un segno molto concreto per noi che il Signore chiedeva ancora una partenza) e dall’incontro con Josè Cordeiro, Vescovo della diocesi di Bragança-Miranda dove sarà costruito il monastero, desideroso di avere per la sua gente un luogo che testimoniasse la centralità della vita evangelica e liturgica».

Monache di clausura che si fanno missionarie, per testimoniare una straordinaria e rinnovata apertura a vivere il nostro essere Chiesa per il mondo.

Per approfondimenti vedi l’articolo dell’ultimo numero (5) di Riflessi Magazine (clicca qui).

 




Adoratrici, deceduta la missionaria suor Fausta Beretta

La mattina di martedì 26 novembre, al termine di una tormentata malattia, è salita alla Casa del Padre suor Fausta Beretta, 69 anni, religiosa dell’Istituto delle Adoratrici del SS. Sacramento, missionaria, molto nota in diocesi ma non solo.

Nata a Cenate Sopra, in provincia di Bergamo, nel 1950, suor Fausta si trasferì giovanissima con la sua famiglia a San Paolo d’Argon, comune che dieci anni fa gli conferì un pubblico riconoscimento per il suo intenso e faticoso servizio in Africa.

Entrata nel 1970 nelle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda, negli anni della sua formazione ebbe modo di conoscere molte comunità della diocesi cremonese, tra cui Cassano d’Adda, dove la notizia del suo decesso è stata accolta con particolare emozione.

Nel 1982 suor Fausta partì per la sua prima esperienza in terra di missione, giungendo nell’allora Zaire, dove rimase per diciotto faticosi, pericolosi ma fecondi anni.

Tornò in Italia nel 2000 per occuparsi, a Como, dell’aiuto alle ragazze di strada.

Due anni più tardi, su richiesta di un vescovo locale, tornò in Africa, in Camerun,  fondando la missione di Ndoumbi, dove insegnò e si dedicò ai più giovani.

La malattia la costrinse al ritorno in Italia. È spirata serenamente presso a Rivolta, assistita e confortata dalle consorelle, dopo un periodo di sofferenza vissuta nella certezza dell’abbraccio finale con lo sposo.

I funerali nel pomeriggio di giovedì 28 novembre, alle 14.30, presso la chiesa di Casa Madre.

Non verranno certo dimenticati il suo ottimismo, la sua forte fede e la sua contagiosa simpatia. Resta di lei una forte testimonianza di cristianesimo vissuto: «Con l’aiuto e la forza di tanti, è possibile fare grandi cose – era solita dire – la condivisione delle fatiche significa fare meno fatica da soli».




Il Papa e le vittime del triplice disastro: l’indifferenza si vince con la compassione

Per ricordare un disastro che è stato ribattezzato “triplice”, terremoto, tsunami e incidente nucleare, e le oltre 18mila persone che l’11 marzo 2011 e nei giorni e negli anni successivi hanno perso la vita, la prima parola di Papa Francesco è pregare in silenzio. “Una preghiera che ci unisca e ci dia il coraggio di guardare avanti con speranza”. E il silenzio scende nell’auditorium del Bellesalle Hanzomon, il centro convegni di Tokyo, dove il Papa incontra, nel suo penultimo giorno in Giappone, più di 800 vittime di quel disastro che ha cambiato la storia del Paese.

Alle 14.46 una scossa in fondo al mare di magnitudo 9

Nel silenzio la mente torna alle 14.46 di quel giorno terribile, quando una scossa di magnitudo 9, al largo delle coste nord-orientali del Giappone, nella regione di Tohoku, a 30 chilometri di profondità, fa tremare la terra e provoca uno tsunami con onde più alte di 10 metri (fino a 40 nella città di Miyako, nella prefettura di Iwate). Le onde distruggono anche i generatori di emergenza della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, provocando tre esplosioni nucleari e un incidente di livello 7 (il più alto) nella scala internazionale. Gli sfollati furono 470 mila sfollati, e 50 mila sono ancora oggi in senza sistemazione definitiva.

Toshiro: ritrovata la speranza vedendo chi ci aiuta

Francesco sul podio saluta 10 vittime e poi ascolta tre testimonianze. Toshiro Kato è direttrice di un asilo cattolico proprio a Miyako, la città colpita dalle onde record. Una bambina del suo asilo è morta mentre tornava a casa, la sua casa è stata spazzata via dallo tsunami, come la diga costruita intorno alla città come barriera per fermare le onde. Ho capito, spiega “che gli esseri umani non possono vincere la natura e che la sua potenza e saggezza ci è necessaria”. Tra le macerie della sua casa ha ringraziato per il dono della vita e oggi può dire che “attraverso questo terremoto, ho ricevuto di più di quanto ho perso”, perché ha ritrovato la speranza “nel vedere che le persone si uniscono per aiutarsi a vicenda”. Ma ancora molto c’è da fare, perché ”se non fai nulla, il risultato è zero, ma se fai un passo, avanzerai un passo”.

Matsuki: Il Paese ha smesso di preoccuparsi per gli sfollati

Toccante è anche la testimonianza di Matsuki Kamoshita, che al momento del disastro nucleare di Fukushima aveva 8 anni, e viveva a Inaki. Racconta la sua fuga verso Tokyo con la madre e il fratellino di tre anni, che piangeva nascosto sotto le lenzuola, mentre il padre, insegnante, tornava coraggiosamente a Fukushima per proteggere i suoi studenti. Parla del bullismo di cui è stato vittima perché sfollato e denuncia che “il Paese ha rinunciato a preoccuparsi degli sfollati”, anche se i materiali radioattivi, dopo otto anni “stanno ancora emettendo radiazioni”. “Gli adulti – dice – hanno la responsabilità di spiegare, senza nascondere nulla, le conseguenze dell’esposizione alla radiazioni e i futuri possibili danni”. “Non voglio  – è la sua drammatica richiesta – che muoiano prima di noi, avendo mentito o non ammettendo la verità”. Per favore, è il suo appello al Papa, “preghi affinché coloro che hanno il potere trovino il coraggio di seguire un’altra strada”. E preghi con noi “affinché in tutto il mondo si lavori per eliminare dal nostro futuro la minaccia dell’esposizione alle radiazioni”.

Guarda il video integrale dell’incontro

La preghiera silenziosa per le 18 mila vittime

Il Pontefice abbraccia Matsuki a lungo, in un momento di intensa commozione, e quando prende la parola, ringrazia lui, Toshiro e il sacerdote buddista Tokuun, “per aver espresso con le vostre parole e con la vostra presenza la tristezza e il dolore sofferti da tante persone, ma anche la speranza aperta ad un futuro migliore”. E risponde al suo invito di unirsi alle vittime in preghiera.

Facciamo un momento di silenzio e lasciamo che la nostra prima parola sia pregare per le oltre diciottomila persone che hanno perso la vita, per le loro famiglie e per coloro che sono ancora dispersi. Una preghiera che ci unisca e ci dia il coraggio di guardare avanti con speranza.

Un sostegno che, otto anni dopo, va prolungato

Dopo il silenzio, Papa Francesco ringrazia le amministrazioni locali e tutti coloro che si prodigano nella ricostruzione e per alleviare la situazione delle oltre 50mila persone evacuate che sono ancora senza una vera casa. Si dice grato per chi, con prontezza, si è mobilitato per soccorrere “le popolazioni colpite con la preghiera e l’assistenza materiale e finanziaria”, ma chiede che l’azione sia prolungata e sostenuta, perché “alcuni di coloro che vivevano nelle aree colpite ora si sentono dimenticati e non pochi devono affrontare continui problemi: terreni e foreste contaminati e gli effetti a lungo termine delle radiazioni”.

Nessuno si ricostruisce da solo, servono mani amiche

Il Papa si appella così “alle persone di buona volontà perché le vittime di queste tragedie continuino a ricevere l’aiuto di cui hanno tanto bisogno”. La ricostruzione, spiega, “richiede di sperimentare la solidarietà e il sostegno di una comunità”, perché “nessuno si ‘ricostruisce’ da solo; nessuno può ricominciare da solo”. È essenziale “trovare una mano amica, una mano fraterna”.

Otto anni dopo il triplice disastro, il Giappone ha dimostrato come un popolo può unirsi in solidarietà, pazienza, perseveranza e resistenza. La strada per un pieno recupero può essere ancora lunga, ma è sempre possibile se può contare sull’anima di questa gente capace di mobilitarsi per soccorrersi e aiutarsi a vicenda.

Siamo una famiglia, se uno soffre, tutti soffriamo

L’ invito di Francesco a tutti i giapponesi è “ad andare avanti ogni giorno, a poco a poco, per costruire il futuro basato sulla solidarietà e l’impegno reciproco, per voi, i vostri figli e nipoti, e per le generazioni a venire”. Il Pontefice ricorda quanto gli ha chiesto il secondo testimone, il sacerdore buddista Tokuun Tanaka: come rispondere ad altri importanti problemi che ci riguardano ovvero guerre, rifugiati, alimentazione, disparità economiche e sfide ambientali. “È un grave errore” sottolinea, pensare che possano essere affrontati “in maniera isolata senza considerarli come parte di una rete più ampia”, perché tutto è interconnesso. Il primo passo, chiarisce Papa Francesco, “oltre a prendere decisioni coraggiose e importanti” “sulle future fonti di energia”, è lavorare e camminare “verso una cultura capace di combattere l’indifferenza”.

“ Uno dei mali che più ci colpiscono sta nella cultura dell’indifferenza. Urge mobilitarsi per aiutare a prendere coscienza che se un membro della nostra famiglia soffre, tutti soffriamo con lui; perché non si raggiunge una interconnessione se non si coltiva la saggezza dell’appartenenza, l’unica capace di assumere i problemi e le soluzioni in modo globale. Apparteniamo gli uni agli altri. ”

I vescovi del Giappone “chiedono l’abolizione del nucleare”

Il Papa si sofferma quindi a ricordare l’incidente nucleare di Daiichi a Fukushima “e le sue conseguenze”, e sottolinea che oltre  “alle preoccupazioni scientifiche o mediche, c’è anche il lavoro immenso per ripristinare il tessuto della società”. Vanno ristabiliti i legami sociali e va condivisa la preoccupazione dei “fratelli vescovi del Giappone” “per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto l’abolizione delle centrali nucleari”. Perché ricorda Francesco, il progresso tecnologico non può essere “la misura del progresso umano”. Va quindi ridiscusso, come il Pontefice ha già chiesto nell’enciclica “Laudato sì” il “paradigma tecnocratico”, ed è importante “fare una pausa e riflettere su chi siamo e, forse in modo più critico, su chi vogliamo essere”. Domandarci: “che tipo di mondo, che tipo di eredità vogliamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi?”.

La nostra responsabilità verso le generazioni future

Con la “saggezza e l’esperienza degli anziani, insieme all’impegno e all’entusiasmo dei giovani”, è necessario allora per Papa Francesco “plasmare una visione diversa”, “che aiuti a guardare con grande rispetto il dono della vita e la solidarietà con i nostri fratelli e sorelle nell’unica, multietnica e multiculturale famiglia umana”.

Quando pensiamo al futuro della nostra casa comune, dobbiamo renderci conto che non possiamo prendere decisioni puramente egoistiche e che abbiamo una grande responsabilità verso le generazioni future. In tal senso, ci è chiesto di scegliere uno stile di vita umile e austero che risponda alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare.

La compassione è la strada per trovare speranza nel futuro

Il Papa conclude ricordando che, nel lavoro “di recupero e ricostruzione dopo il triplice disastro, molte mani devono stringersi e molti cuori devono unirsi come se fossero una cosa sola”. Così “quanti hanno sofferto riceveranno sostegno e sapranno di non essere stati dimenticati”, e sapranno che molte persone, “condividono il loro dolore e continueranno a tendere una mano fraterna per aiutare”. Possa, è l’augurio finale di Francesco la compassione di chi ha cercato di alleggerire il peso delle vittime “essere la strada che permetta a tutti di trovare speranza, stabilità e sicurezza per il futuro”.




Un nuovo documento per la formazione alla vita contemplativa

“L’arte della ricerca del volto di Dio” è il nuovo documento sulla formazione della vita monastica che sarà presentato il 21 novembre a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, proprio nella Giornata Pro Orantibus in cui la Chiesa in tutto il mondo celebra il dono della vita contemplativa. Trecento monache, da tutta Italia ma anche da Paesi come l’Albania, la Romania e persino da Betlemme, sono attese al Convegno per approfondire il tema della formazione intesa come “arte” della ricerca, tensione continua verso una crescita umana e spirituale. L’arte della ricerca del volto di Dio vuole essere uno strumento che aiuti la persona a vivere in armonia la relazione con Dio, con il prossimo e con il mondo. Si legge nel documento: “La formazione deve prevedere una sana ed equilibrata informazione che apra all’umanità intera, specialmente quella che soffre. La contemplativa è chiamata ad abitare la storia coltivando lo sguardo interiore”.

I lavori del Convegno

Il Convegno, organizzato dal Segretariato Assistenza Monache, avrà inizio alle ore 9.30 e sarà strutturato attraverso relazioni, testimonianze, momenti di incontro. Si concluderà alle ore 17.00 con la Celebrazione Eucaristica, presieduta dal Card. Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica (CIVCSVA), nella basilica di San Giovanni in Laterano. Oltre al cardinale João Braz De Aviz, interverranno tra gli altri, mons José Rodríguez Carballo, OFM, arcivescovo segretario CIVCSVA, il prof. Vincenzo Buonomo, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, suor Giuseppina Fragasso, vice presidente del Segretariato Assistenza Monache.




Giornata “pro orantibus”, il 21 novembre appuntamento a S. Sigismondo

Nello giorno in cui si fa memoria della presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, la Chiesa invita a pregare per le donne chiamate dal Signore alla vita contemplativa. Le claustrali sono, per il mondo intero, preziose tramite con il Padre. Il loro silenzio orante insegna come l’ascolto e la preghiera siano lo strumento più efficace per operare un discernimento ineccepibile. Attraverso di essi diventa più facile comprendere la realtà, prendere decisioni e compiere azioni, senza soccombere passivamente a “ciò che capita”.

Giovedì 21 novembre, in occasione dell’annuale Giornata “pro orantibus”, presso la chiesa monastica di San Sigismondo, a Cremona, si svolgerà un momento di spiritualità e riflessione aperto a tutti, anche se rivolto in particolare alle religiose della diocesi. Appuntamento alle 16.30 con il canto del Vespro e la catechesi proposta dal domenicano padre Riccardo Barile, priore del convento di Fontanellato.

Sarà anche un’occasione in cui, tramite la vicinanza alle monache domenicane e in unione spirituale anche con il Monastero della Visitazione di Soresina, esprimere il grazie a tutte le claustrali che hanno donato al Padre la forza della loro preghiera quotidiana e incessante per le fragilità del mondo e per la sua salvezza.

Altro appuntamento di preghiera a San Sigismondo, nella giornata del 21 novembre, sarà la Messa del mattino, alle 7.

Al monastero della Visitazione di Soresina, invece, adorazione eucaristica dalle 17 sino alle 18, quando vi sarà la Messa con il rinnovo dei voti religiosi.




Festa con le Figlie di San Camillo, maestre di cura e tenerezza

Una gioiosa celebrazione di ringraziamento per la canonizzazione della fondatrice dell’Istituto delle Figlie di San Camillo, madre Giuseppina Vannini, si è tenuta nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio in Cremona nella mattinata di domenica 27 ottobre. Dopo la canonizzazione, avvenuta il 13 ottobre scorso, questo momento è stato occasione per festeggiare la proclamazione della nuova santa con quanti prestano servizio presso la casa di cura cittadina (situata proprio poco distante dalla chiesa), la parrocchia e tutti gli amici della comunità.

A presiedere l’eucarestia il vescovo di Cremona mons. Antonio Napolioni insieme al vescovo emerito Dante Lafranconi e il parroco don Carlo Rodolfi con molti diversi presbiteri concelebranti.

Alla Messa ha preso parte, naturalmente, la comunità delle Figlie di San Camillo di Cremona con la superiora, madre Anna Ucci, che all’inizio della celebrazione ha preso la parola.

Il vescovo Napolioni nell’omelia ha ripercorso le vicende della vita di madre Vannini e ha voluto collegarla all’episodio evangelico letto nel Vangelo del giorno che vede protagonisti un fariseo e un pubblicano pregare insieme nel tempio: «Gesù disse questa parabola per chi si sente giusto e disprezza gli altri, ma la via cristiana non è quella dei cristiani sul piedistallo e con il dito puntato, con ideologie o retoriche. I luoghi del dolore non hanno né passaporti né tessere di partito, ma si entra perché bisognosi di cure e di tenerezza: questo è quello che le Figlie di San Camillo mettono in pratica anche a Cremona da oltre un secolo».

L’augurio al termine dell’omelia è stato che: «oggi è bellissimo sperimentare dopo tanto tempo che questo carisma è vivo in tante persone nel mondo e speriamo che ci siano sempre donne come voi che sappiano testimoniarci che chi si umilia sarà esaltato».

All’offertorio, insieme al pane e al vino, è stata portata anche una valigetta del pronto soccorso, quale dono all’oratorio parrocchiale.

La celebrazione è stata animata con il canto da un grande coro composto dai membri del coro parrocchiale insieme alla cappella della casa di cura, diretti da Michele Bolzoni e accompagnati da due trombe e Marco Granata all’organo.

Al termine dell’Eucarestia, dopo i ringraziamenti del parroco don Carlo Rodolfi, e il bacio alla reliquia della nuova santa, la mattinata di festa è proseguita con un ricco momento di condivisione conviviale.

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