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“Cuore di papà”, lo stile maschile nell’educazione dei figli nell’intervento di Osvaldo Poli (AUDIO)

Sabato 9 febbraio presso la sala dell’oratorio di Vicomoscano si è svolto il quinto appuntamento del ciclo di incontri “Testimoni” organizzato dalle Parrocchie di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara per l’anno pastorale 2018-2019. Ospite della serata lo psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli che ha affrontato il tema dell’educazione paterna a partire dal suo ultimo libro che ha dato il titolo all’incontro: “Cuore di papà. Il modo maschile di educare”.

Ascolta l’audio dell’intervento

Utilizzando un linguaggio accattivante e che ha spesso suscitato l’ilarità dei presenti, il dott. Poli ha ripercorso le fasi di crescita di un figlio, dall’infanzia all’adolescenza, associando ciascuna di esse al ruolo educativo femminile o maschile sulla base delle esigenze che comportano. La necessità delle cure tipiche dell’infanzia, ad esempio, richiederebbero maggiore presenza degli aspetti educativi caratterizzanti il femminile, di cui la protettività è il più evidente. Allo stesso modo, l’età dell’adolescenza richiederebbe una presenza assai più costante del padre, il cui codice educativo “incoraggia il figlio” e lo pone di fronte alle sue responsabilità.

Secondo la linea tracciata dal dott. Poli “i figli non nascono perfetti ma i figli deludono per loro natura”. Non è pertanto “mancanza di amore vedere i loro difetti e segnalarli ma questa è – per Poli- la strada maschile di educare”. Come a dire che, se la madre è per sua natura portata a colpevolizzarsi degli errori del figlio, attribuendosi delle responsabilità dirette che le sono dettate dal suo innato senso di colpa, al contrario l’approccio del padre è decisivo e risolutivo, al punto da indurre nel figlio la presa di coscienza che le conseguenze del suo agire avranno ricadute sulla sua vita e non su quella dei genitori.

Con fatica, rinuncia e sacrificio (parole che Poli attribuisce al linguaggio educativo maschile) il figlio diventa migliore entrando, di fatto, nell’età adulta e assumendosi le sue responsabilità.

“Il padre tratta il figlio come uno capace di decidere e di agire e lo incoraggia a lasciarsi guidare da giustizia e verità”, cosa che renderebbe il giovane in grado di ascoltare e seguire la voce della propria coscienza.

In conclusione il dott. Poli ha lanciato una sfida interessante a tutti gli uomini presenti in sala: “Tira fuori il padre che è in te se vuoi un figlio migliore!”. E il pubblico applaude.

Prossimo appuntamento della rassegna sabato 9 marzo ore 21: Fra’ Vito D’Amato, padre spirituale di Chiara Corbella Petrillo.

Sara Pisani




Don Alessio Albertini venerdì sera a Rivolta d’Adda

Don Alessio Albertini, assistente ecclesiastico del CSI nazionale, sarà ospite venerdì 15 febbraio a Rivolta d’Adda. L’incontro avrà luogo dalle ore 21 in via Galilei, nella sala intitolata a Oriana Fallaci. Organizzatori dell’evento sono l’oratorio di Rivolta e la polisportiva dell’oratorio nell’ambito della Settimana dell’educazione. Don Albertini è fratello di Demetrio Albertini, ex giocatore del Milan, e dal 2012 ricopre la carica di assistente ecclesiastico del CSI nazionale.

Scopo della serata, dice don Luca Bosio – vicario di Rivolta d’Adda – è proporre ‹‹di fare sport e farlo bene, tenendo conto dei valori di cui il CSI è portavoce da 44 anni››. L’idea è quella offrire uno spunto educativo agli adulti e agli sportivi che vorranno partecipare ‹‹e ragionare di sport da vincenti – perché nello sport si gareggia e si gioca per vincere – ma anche di sport come occasione di crescita umana, che ti fa imparare come è fatta la vita››.

Don Albertini è anche autore di diversi testi. L’ultimo, uscito poche settimane fa per ITL dal titolo Quando ridono i santi, è uno strabiliante viaggio guidato da Anghelao, “l’angelo che ride” dall’alto della cattedrale di Reims.




Mercoledì a Grumello la presentazione del libro “Fra Mago. Annunciare il Vangelo con gioia”

Nel pomeriggio di mercoledì 13 febbraio, alle 16.30, all’oratorio di Grumello Cremonese sarà presentato il libro “Fra Mago. Annunciare il Vangelo con gioia”. Intervengono fra Gianfranco Priori (“Frate Mago”) e Vincenzo Varagona, giornalista Rai e autore del libro, che racconta, attraverso numerose testimonianze, la bella storia di un frate cappuccino, Gianfranco Priori, che già in tenera età scopre la sua grande dimestichezza con i giochi di prestigio. Diventato predicatore, le giornate conclusive delle Missioni popolari sono un trionfo, sia pastorale sia artistico. Frate Mago arriva anche in televisione, viene chiamato per spettacoli in tutta Italia e all’estero.

Diventato responsabile di Missioni Estere Cappuccini, promuove molti progetti in Africa. Dalla sua attività nascono le maggiori realizzazioni caritative in quei Paesi, dai pozzi alle chiese e scuole, alle adozioni a distanza. Il 7 aprile 2014, in Santa Marta, incontra papa Francesco che, vedendo le carte, le cordicelle colorate e il fazzolettone, spalanca gli occhi, sorride, lo benedice e gli dice: “Tu sei un mago… Va’!”. Poi, il terremoto e la nuova missione: ricostruire il Santuario della Madonna dell’Ambro, dove si trova dal 2010. E la sua storia continua, ma sempre in sintonia con l’annuncio del Vangelo della gioia.

Il libro è arricchito da una Presentazione del card. Edoardo Menichelli, Arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, e dalla Prefazione di Mons. Giovanni D’Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno, che scrive:  “Frate Mago, padre Gianfranco Priori, è la limpida testimonianza dell’incredibile capacità che Dio ha di comunicare con gli uomini. Con i giochi di prestigio sta facendo miracoli. Li ha compiuti in Africa, dove ha cambiato la sorte di migliaia di bambini e delle loro famiglie. Li ha compiuti nei piccoli paesi, dove per tanti anni ha predicato nelle Missioni popolari, entrando anche nei cuori di chi non è particolarmente avvezzo a partecipare alla vita della Chiesa. Nelle testimonianze raccolte in questo volume colpisce il riconoscimento di una grande sensibilità di padre Gianfranco: la capacità di amare, che deriva da un’altra grande dote, l’accoglienza dell’altro. Anche papa Francesco, che come pochi è in grado di « leggere » le persone, ne ha colto lo sguardo,  l’animo; ha visto gli attrezzi del mestiere e lo ha incoraggiato: Va’! Questa è la tua strada. Dio comunica il suo amore anche attraverso queste realtà, queste esperienze, queste figure, che sono una ricchezza per le nostre comunità” .

Locandina dell’evento

 

Vincenzo Varagona (Lecco, 1960) vive ad Ancona. Giornalista dal 1982, collabora con Avvenire e Famiglia Cristiana. Dal 1987 lavora nella redazione del Tgr Rai. Ha realizzato reportage nei Balcani in guerra (Croazia 1993, Kosovo 2001), in Medio Oriente (2006) e in Africa (1995, 2004, 2009). Nel 2010 la fondazione Greenaccord gli ha assegnato il premio giornalistico « Sentinella del creato » per i temi affrontati nei reportage dall’Etiopia. Nel 2013 il Centro Studi Marche gli ha consegnato il « Golden Premium » per il giornalismo radiofonico. Ha pubblicato: Comunicare Dio. Dalla creazione alla Chiesa di papa Francesco (2015); Le potenzialità delle persone. Le nuove frontiere del counseling (2017). Con Paoline: Pollicino nel bosco dei media. Come educare i bambini a un uso corretto dei mezzi di comunicazione (2007); Abba Marcello. Viaggio nel cuore dell’Africa missionaria (2011); Il medico della Sars. Carlo Urbani raccontato da quanti lo hanno conosciuto (2013); Morire a Nassiriya. Marco Beci un italiano a servizio del mondo (2014); Il muratore di Dio. Padre Pietro Lavini e il monastero di San Leonardo (2016).




La sfida di essere genitori al tempo di internet (AUDIO)

Far vivere la tecnologia ai propri figli come un’opportunità di crescita e non come un’esperienza che può ostacolare il benessere personale. Questa la sfida che attende papà e mamme nell’era del digitale. Se n’è parlato la sera di venerdì 1° febbraio a Rivolta d’Adda, nel corso di un incontro pubblico dal titolo “Noi genitori al tempo di internet” promosso presso la sala Oriana Fallaci dall’oratorio Sant’Alberto in sinergia con le Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento e con il patrocinio del Comune, nell’ambito della Settimana dell’educazione 2019.

Relatore dell’incontro Roberto Alborghetti, giornalista ed autore del libro “Social o Dis-social?”, che ha fatto tappa a Rivolta nel contesto di un lungo giro presso scuole, enti e istituzioni di tutta Italia.

Ha introdotto e concluso la serata don Luca Bosio, vicario parrocchiale e responsabile dell’oratorio.

«La fretta e la rapidità della tecnologia – ha esordito Alborghetti – ci stanno facendo perdere il valore dei legami sociali e questo è un paradosso, perché la rete è nata per unire per le persone, non per dividerle. Lo stesso padre fondatore di internet, Tim Berners Lee, ha detto che la rete è diventata anti-umana. Papa Francesco, molto tempo fa, all’inizio degli anni 2000, aveva già percepito il pericolo determinato dal possesso di un cellulare dicendo che si correva il rischio che questo strumento sottraesse i figli dal nucleo famigliare».

Secondo Alborghetti è fondamentale che i genitori si informino di più su ciò che i loro figli hanno fra le mani. «Sono problematici gli aspetti culturali della gestione di un telefonino cellulare – ha sottolineato – ma anche quelli tecnici. Quindi, noi genitori dobbiamo affiancare i nostri figli nell’uso di questi oggetti, così come nell’uso dei videogiochi. È stato calcolato che i ragazzi delle scuole superiori passano in media 90 giorni l’anno chattando, giocando e scherzando fra loro sulla rete o con i videogames. È, questo, un uso consapevole di internet? A cosa serve dare uno smartphone in mano ad un bimbo di 8 anni? Ecco allora il perché un genitore deve affiancare il figlio ed aiutarlo a comprendere la gestione del tempo. Le ultime ricerche dicono che non vanno dedicati agli strumenti multimediali più di due ore al giorno. E mai lasciare il cellulare sotto il cuscino del letto la notte».

Alborghetti ha parlato anche dei rischi che si corrono navigando in rete. Su tutti, quello di essere adescati. I numeri, in tal senso, fanno spavento. «Fate attenzione – ha proseguito – a quello che mettete in rete, attenzione a condividere foto dei vostri figli, perché quello che va su internet, lì rimane e vigilate su come e quando possono entrare nei siti web. In ogni retata contro la pedofilia vengono trovate migliaia di foto di bambini scaricate».

In conclusione, il giornalista-scrittore ha raccomandato ai genitori di sforzarsi anche di dare ai loro figli un’alternativa a videogiochi, tablet e smartphone: «Due ragazzi su tre non sanno più fare una capriola – ha detto -. Portiamoli fuori a giocare , guidiamoli, valorizziamo di più i rapporti umani, facciamoci vedere attivi dando loro delle alternative».

Chiusura affidata don Bosio: «Se il pericolo di questi mezzi e quello di dissociarci, stasera abbiamo fatto il contrario: ci siamo messi assieme per parlarne».




Da Sant’Abbondio i volontari “tutor” per l’integrazione

Il gruppo missionario della parrocchia di Sant’Abbondio non arriva impreparato: con l’Eritrea c’è un rapporto particolare per via di un progetto di adozione a distanza cui aderiscono alcune famiglie della comunità; quanto al sistema dei corridoi umanitari il percorso di sensibilizzazione è già avviato. Lo scorso maggio il progetto era stato presentato in parrocchia in un incontro con un rifugiato siriano arrivato in aereo in Italia e accolto in territorio mantovano. «Per questo quando la Caritas ci ha chiesto di collaborare per l’accompagnamento delle quattro persone in arrivo dall’Etiopia, abbiamo accettato volentieri».

Il servizio dal Giorno del Signore

 

A raccontare l’origine e le ragioni di una scelta comunitaria è Daniela Negri, insegnante in pensione, responsabile del gruppo missionario. «Il nostro compito – spiega – sarà quello di sollecitare l’intera comunità ad attivare un percorso di accoglienza. Noi direttamente ci occuperemo di inserire i richiedenti asilo in percorsi di apprendimento linguistico, assistenza medica e mediazione culturale». Il ruolo dei tutor è quello di facilitatori per l’integrazione, con il compito di coinvolgere la comunità sul territorio in questo modello di accoglienza regolare e sicura: «Creeremo occasioni di informazione e conoscenza perché sempre più si parli di migrazioni non per cifre statistiche, ma attraverso l’incontro di storie personali». Coinvolgendo anche gli altri organismi e i gruppi parrocchiali: «Non abbiamo la pretesa di ergerci a modello, ma siamo convinti – riflette Daniela Negri – dell’urgenza di comunicare oggi nel nostro paese il valore di gesti di accoglienza. Non è buonismo o ingenuità, ma il modo di esprimere anche la nostra fede». Mettendosi in gioco: «Certo, c’è qualche preoccupazione di fronte ad un compito nuovo per noi, ma cercheremo di rispondere al meglio alle esigenze di vita queste persone».




“Siamo donne: oltre la differenza c’è di più”, la testimonianza di Costanza Miriano e Paola Belletti (VIDEO e AUDIO)

Si è svolto sabato 25 gennaio il quarto appuntamento del ciclo di incontri “Testimoni” organizzato dalle Parrocchie di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara per l’anno pastorale 2018-2019. Protagoniste della serata Costanza Miriano e Paola Belletti, due donne già note sul territorio per i loro interventi negli anni passati a Vicomoscano e a Casalmaggiore. Il titolo dato al loro intervento “Siamo donne: oltre la differenza c’è di più” ha indotto le relatrici a concentrarsi sul ruolo della donna nella società attuale, a partire dalla famiglia fino all’ambito professionale e sociale.

Il quadro che è emerso è quello di una donna cui dalla società non viene riconosciuta la diversità sua specifica, insita in natura, di affidataria delle cure, che in ambito famigliare si concretizza nell’essere madre e moglie, ma viene richiesto di essere sempre performante in ambito lavorativo e di eguagliare, in una parità di genere che vorrebbe appiattire e livellare tutte le diversità tipica del pensiero unico dominante, il ruolo dell’uomo, sottraendo a quest’ultimo il suo specifico e provocando talora in esso una forte crisi identitaria.

“Il disegno del mondo e della cultura in cui siamo immersi – dice la Miriano- vorrebbe far abdicare le donne dalla loro natura, in cui è insito il lavoro di cura”.

Scarica qui l’audio della serata

Le relatrici sono partite dalle loro storie, decidendo di condividere il personale per giungere ad una visione universale e complessiva del rapporto femminile-maschile, spaziando anche sulla necessità che i governanti promuovano politiche volte al bene della famiglia (flessibilità sugli orari di lavoro e sul rientro dalla maternità, sistema fiscale, sistema culturale…).

Se un lato quindi si è affermato che nell’ambito sociale si trovano parecchie difficoltà a vedersi riconosciute per il ruolo centrale che si ha di generatrici oltre che di perno attorno a cui ruotano le relazioni famigliari, dall’altro ci si è domandati come nel privato si possa vivere concretamente una proficua complementarietà tra donna e uomo, stante le numerose ed accertate differenze. Una sola risposta è giunta da entrambe le relatrici: la presenza del Signore tra gli sposi fa miracoli e riporta le difficoltà su un piano di gestibilità.

“Siamo tutte in cammino verso come Dio ci vuole” (Miriano) e il matrimonio è uno di questi spazi vocazionali in cui possiamo dirigere il nostro sguardo di donna e uomo per colmare le differenze in una logica di alleanza, pari a quella di Dio con il suo popolo.

Allora se non è possibile cambiare il mondo nella sua complessità e nelle richieste che da esso provengono, possiamo però partire dal cambiare il nostro matrimonio. Un primo passo potrebbe consistere nel restituire all’uomo il ruolo di marito-padre, sostenendolo nelle sue scelte e avallando le sue decisioni nel privato e nel pubblico, e di opporsi alla richiesta di divenire unica autorità nella vita dei figli. Così forse l’equilibrio perso a causa dell’eccessivo controllo femminile verrebbe ripristinato nel nome della reciproca fiducia, parola che non a caso ha la stessa radice della parola fede. Quindi la fiducia nel proprio marito e la fede nel Signore che vive il sacramento del matrimonio con gli sposi potrebbero divenire la chiave risolutiva per essere donna che vive appieno il suo tempo senza dover rinunciare ai ruoli di moglie e di madre.

Prossimo appuntamento previsto dalla rassegna sabato 9 febbraio ore 21 a Vicomoscano: il dott. Osvaldo Poli parlerà del modo maschile di educare, a partire dal suo ultimo libro “Cuore di papà”




Il Vescovo a S. Pietro al Po: “L’unità pastorale ci renda più missionari”

Domenica 13 gennaio il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto alle 10.30 la Messa delle parrocchie cittadine di San Pietro, Sant’Imerio e Santa Maria Assunta (Cattedrale) nella chiesa di San Pietro al Po. La celebrazione, a poche settimane dall’ultimo saluto al parroco di San Pietro don Stefano Moruzzi e dalla nomina di don Antonio Bandirali come amministratore, è stata occasione di incontro con la nascente unità pastorale.

All’inizio della Messa – celebrata alla presenza dello stesso don Antonio Bandirali parroco di S. Imerio e nuovo amministratore di San Pietro, mons. Alberto Franzini parroco della Cattedrale, il vicario don Michele Rocchetti, don Claudio Anselmi, del segretario vescovile don Flavio Meani e del diacono permanente Franco Margini – monsignor Napolioni ha voluto ricordare don Moruzzi e salutare le tre comunità riunite nella solennità del Battesimo del Signore.

E proprio la liturgia e la Parola pronunciate durante la Messa hanno offerto lo spunto per la riflessione che il Vescovo, durante l’omelia, ha voluto dedicare al senso profondo della unione tra comunità: “Gesù – dice commentando il Vangelo – si consegna al mondo per far nascere la Chiesa e per farsi pastore”.

“Oggi – ha proseguito – siamo qui dopo la morte del parroco e ci chiediamo: come faremo? come funzionerà questa nuova unità pastorale? Ma la presenza del Vescovo è il segno che ci ricorda che abbiamo un unico pastore, Cristo, che tutti i preti del mondo non possono sostituire”.

Così l’invito è quello a guardare oltre “l’organizzazione di cose religiose” e ricordare sempre che “Dio ci precede” e ci chiama all’unità. “Così l’unità pastorale non è un’invenzione del terzo millennio, ma è da sempre il progetto di Dio: fare della sua Chiesa un unico popolo”. Un cammino che le tre parrocchie cittadine hanno iniziato e che sono chiamate a far crescere insieme.

Prima della conclusione della Messa, poi, la presentazione di don Antonio Bandirali come nuovo amministratore della parrocchia di San Giorgio in San Pietro al Po, “in attesa di decidere nei prossimi mesi come questi sacerdoti, e magari qualcun altro, collaboreranno”. E ancora un invito alle comunità: “Continuate il vostro cammino di fede per essere comunità più missionarie – ha concluso  poi monsignor Napolioni – perché le parrocchie non si uniscono per pigrizia o per fare economia di forze, ma per essere più unite nella capacità di evangelizzare”.

 




Pizzighettone, la storia di San Bassiano raccontata… ad arte

Gremita la parrocchiale di Pizzighettone per l’evento “Una storia lunga 900 anni”, realizzata lo scorso sabato 12 gennaio grazie alla collaborazione di varie associazioni del paese per ripercorrere in forma artistica la storia della chiesa parrocchiale di San Bassiano.

Il gruppo vocale delle Lady Voices, composto da sole voci femminili, ha aperto la serata con l’Angele Dei, composta dal Maestro Morricone per la colonna sonora del film Mission. Su un maxi schermo hanno poi cominciato a scorrere, in un affascinante racconto per immagini, le foto realizzate dalla perizia tecnica e artistica del Gruppo Cultura Fotografica. La voce fuori campo della prof.ssa Rita Bernocchi le ha commentate passo passo ricostruendo la singolare storia di questa antica chiesa.

La bravura e la simpatia degli attori dell’associazione teatrale Le stanze di Igor hanno fatto rivivere alcuni momenti clou di questa storia millenaria, interpretandone i personaggi protagonisti abbigliati in abiti dell’epoca forniti dalla Pro Loco.

Il pubblico ha così potuto assistere prima alla coinvolgente performance del parroco Cipelli amico del re francese tenuto prigioniero a Pizzighettone nel 1525, in seguito al vivace dialogo tra un baldanzoso Bernardino Campi e il suo trepidante apprendista, poi all’arrivo in pompa magna del governatore spagnolo Diego Salazar accompagnato dalla moglie e, infine, al concitato vociare delle popolane spaventate dal tragico scoppio della polveriera durante l’assedio del 1733.

La serata si è conclusa sulle note del canto di gloria Amazing Grace delle Lady Voices.

I numerosi spettatori hanno espresso il loro gradimento della serata con un caloroso applauso che è risuonato a lungo sotto le antiche volte della chiesa di S. Bassiano.




Il 2 aprile a S. Agata la presentazione dell’epistolario tra mons. Astori e don Mazzolari

Nel 40° anniversario della morte di mons. Guido Astori, parroco di S. Agata dal 1940 al 1964, l’unità pastorale Cittanova ne onora la memoria, in collaborazione con la Fondazione Don Primo Mazzolari.

Nel pomeriggio di sabato 2 aprile, alle 17, nella chiesa di S. Agata sarà presentato il libro “Ho bisogno di amicizia”, edito dalla Fondazione don Primo Mazzolari. Il testo, curato da don Bruno Bignami e don Umberto Zanaboni, raccoglie le lettere tra don Mazzolari e don Astori, amici fin dai primi anni del Seminario: compagni di ordinazione, i due preti cremonesi condivisero l’esperienza di cappellani militari nella prima guerra mondiale prima di occuparsi di alcune parrocchie del territorio: Mazzolari a Cicognara e Bozzolo, nel Mantovano, Astori a Bordolano, Casalbuttano e Cremona a Sant’Agata.

Interverranno, per l’occasione, la presidentessa della Fondazione don Primo Mazzolari di Bozzolo, Paola Bignardi, e don Andrea Foglia, storico e parroco di S. Abbondio. Durante la presentazione saranno proposte alcune letture delle lettere tratte dal testo.

Scarica la locandina

 

Biografia di mons. Guido Astori

Guido Astori nasce il 21 marzo 1888 a Carpenedolo (Brescia). Entra nel seminario vescovile di Cremona nell’autunno del 1900. È ordinato sacerdote dal vescovo Geremia Bonomelli il 23 dicembre 1911, con alcuni mesi di anticipo sui compagni di studi per rispondere alla domanda del parroco di S. Agostino, mons. Emilio Lombardi, che lo desidera vicario.

Nella primavera del 1916 chiede ed ottiene di essere arruolato come cappellano degli Alpini, Battaglione Monte Saccarello. Catturato in un’azione bellica, è internato in un campo di prigionia militate in Ungheria. Liberato il 22 gennaio 1918, rientra in Italia dove viene congedato il 25 novembre 1919. Riprende il ministero parrocchiale a S. Agostino. Nel contempo si iscrive all’Accademia letteraria e scientifica di Milano, Facoltà di lettere e filosofia moderna, presso la quale si laurea nel 1921.

Per sette anni è insegnante nel Seminario vescovile, fino alla nomina di parroco a Bordolano. Iniziano le frequenti “missioni popolari” con don Primo Mazzolari e altri sacerdoti bresciani e cremonesi. Così come è stata intensa la sua attività editoriale, altrettanto ricca è stata l’attività oratoria in varie città d’Italia, accompagnata da numerosi interventi sulla stampa periodica cremonese.

Nel 1934 è promosso arciprete vicario foraneo a Casalbuttano, come successore di mons. Carlo Gamba, una delle più distinte figure del presbiterio cremonese per i molteplici meriti acquisiti nella direzione del movimento cattolico diocesano. Nel 1940 l’ultima promozione: parroco abate dell’insigne chiesa cittadina di S. Agata. Nel 1943 è eletto esaminatore prosinodale e poi sinodale. Nel 1951 pronuncia il discorso ufficiale in chiusura del Sinodo diocesano, il terzo, del vescovo Cazzani.

È presidente della Società di Mutuo soccorso tra il clero cremonese e presidente regionale della Faci (Federazione assistenza clero italiano) e membro di commissioni diocesane quali il Consiglio per la dottrina cristiana e la Commissione di conciliazione. È anche delegato per il Comitato per l’emigrazione.

Nel 1964 rinuncia alla parrocchia in ossequio alla norma conciliare e si ritira presso la Casa Tinti-Lanfranchi, dove abita fino alla morte, avvenuta il 13 aprile 1982. La salma riposa nel Cimitero di Cremona.

Molto amato dai suoi parrocchiani e dalla gente del popolo, era soprannominato l’Alpino di Dio in quanto, in occasione di cerimonie militari, era solito sfilare lungo le vie cittadine con il suo cappello da alpino.




Da Castelverde a Madrid per il 41° incontro europeo dei giovani promosso dalla comunità di Taizè

Da diversi decenni, la comunità di Taizè, dal paese francese in cui ha trovato corpo l’intuizione di fr. Roger, propone un momento di intensità spirituale ai giovani, dandosi appuntamento, ogni anno, in una grande città europea, con l’obiettivo di generare una sempre nuova sensibilità intorno a una dimensione mai conquistata definitivamente: la pace. Quest’anno, dal 28 dicembre 2018 al 1° gennaio 2019, l’itinerario ha toccato e visto protagonista Madrid. È stata la capitale spagnola, infatti, a ospitare il 41° incontro europeo dei giovani e portare avanti quello che viene definito come l’ulteriore passo nel pellegrinaggio di fiducia sulla terra. Il prossimo sarà a Breslavia, in Polonia.

Anche un gruppo di giovani della parrocchia di Sant’Archelao di Castelverde ha partecipato a questa ricca opportunità, spinti dalla proposta, dalla curiosità, dalla possibilità di vivere in modo diverso il capodanno, da alcuni racconti di adulti che qualche decennio fa, a loro volta, erano stati coinvolti in tal senso.

«Tra gli aspetti che ci hanno maggiormente coinvolto – raccontano i ragazzi – il giusto spazio va dato alle famiglie che generosamente si sono rese disponibili per un’accoglienza che non è solo fatta di spazi o letti, ma soprattutto di volti, storie capaci di dialogare con giovani provenienti da tutta Europa, segno di una fiducia reciproca donata e da costruire e culminata nella festa che ha accompagnato l’arrivo del nuovo anno e il pranzo del primo di gennaio, occasione di scambio non solo di doni ma di esperienze, di vita e dell’universalità della fede, soprattutto in tanti coetanei in ricerca».

«Un altro aspetto senz’altro significativo – continuano i giovani di Castelverde – è da ricercare nel carattere libero dell’offerta di questa iniziativa. I gruppi erano di fatto autonomi e ciascuno aveva il dovere di costruirsi un proprio cammino, formato sulla propria maturità e fede. Questo è stato fatto per venire incontro al carattere ecumenico della proposta, capace di intercettare cristiani cattolici (la maggior parte), ortodossi dall’est d’Europa e protestanti dall’Europa centrale. Importanti per tutti, i momenti di preghiera, segnata dall’ascolto di brevi tratti della parola di Dio, dal silenzio per interiorizzarla e un efficace coinvolgimento capace di vivere innanzitutto davanti a Dio il mistero della pace. Abbiamo vissuto questi momenti la mattina, nelle parrocchie ospitanti, e la sera dopo cena con la grande preghiera che vedeva tutti i giovani raccolti in un grande padiglione nella zona della fiera di Madrid. A ciascun gruppo la responsabilità poi di gestire il resto del tempo tra una visita alla città, soprattutto alle sue raccolte d’arte, e i laboratori disseminati in vari punti della capitale e capaci di toccare innumerevoli temi di enorme attualità, quali: il rapporto tra scienza e fede, il dialogo interreligioso con testimonianze, la ricerca di assoluto nell’arte o nella musica, il dramma di un mondo in continua evoluzione, la sfida ecologica, tematiche etiche, culturali, sociali e politiche di notevole spessore e molto partecipate».

«Infine – sottolineano ancora i ragazzi della parrocchia di S. Archelao – non si può dimenticare il tema che ha dato sostanza a questo evento e che è stato approfondito dalle meditazioni di fr. Alois: l’ospitalità. Questo tema è stato trattato a partire dalla consapevolezza che ciascuno trova spazio in Dio, che è il Signore ad offrire uno spazio ed una storia nella quale con fiducia investe il suo amore. E questa ospitalità non può essere delusa, non può essere tradita. Da qui nasce la responsabilità di tutti ad accogliere i doni intorno a noi, i nostri limiti, la familiarità nella Chiesa, una coerente pratica di ospitalità che sappia dare ragione profonde per uno stile di vita autenticamente cristiano e, proprio per questo, capace di costruire la pace».

«Crediamo sia stata una buona esperienza – concludono i giovani di Castelverde – capace di aprire un anno nuovo all’insegna della speranza, un’esperienza che può davvero riproporsi come importante come segno di una parola di Cristo che nella vecchia Europa continua ancora ad affascinare».