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Casalmaggiore, mentre Palazzo Abbaziale si prepara al prossimo vento presentato il calendario parrocchiale

Foto: Massimo Francesconi

Un solo dato, seppur approssimativo, può dare la forza di un progetto, di una visione, di una prospettiva. Nei quindici giorni di apertura della mostra circa 1.000 persone hanno visitato la rassegna d’arte contemporanea, curata da Paride Pasquali, allestita nelle splendide sale del restaurato Palazzo Abbaziale delle parrocchie di Casalmaggiore. Un chiaro segnale che l’esperimento di unire l’arte odierna con quella del passato, per dare un nuovo senso e vita a quegli spazi un tempo abbandonati, ha avuto successo. «Il bilancio è oltre ogni aspettativa», ha detto Pasquali, il quale ha ringraziato ancora una volta il parroco don Claudio Rubagotti «per la fiducia nel gestire per sei mesi questo bellissimo palazzo», gli artisti partecipanti con le loro opere, allo sponsor Borciani-Bonazzi e al corpo di ballo di Nilla Barbieri.

Nel pomeriggio di domenica 12 novembre, a chiusura della mostra è stato offerto un suggestivo spettacolo dalle ragazze della scuola Dimensione Danza della Barbieri. Le ballerine hanno espresso la poesia del movimento nelle sale dove sono state esposte sculture, pitture e ceramiche degli artisti provenienti dal comprensorio e non solo. Un dialogo tra le arti molto apprezzato dal folto pubblico presente. «Quanto abbiamo fatto è una piccola goccia nell’oceano, spero la nostra offerta serva a qualcosa per un territorio difficile e complicato», ha detto Pasquali.

Anche don Rubagotti si è detto soddisfatto del risultato positivo dell’iniziativa. «Mi ha commosso vedere così tanta gente, ma soprattutto così tanti giovani; e non mi sto riferendo ai bravi ragazzi dell’istituto ‘Romani’ coinvolti come guide dalla professoressa Chiara Zani, la quale ringrazio assieme a Pasquali, ai diciotto artisti e a Marco Visioli per il grande impegno in tutti questi mesi». Il parroco, infatti, ha ricordato lo scopo di far abitare nuovamente questi ambienti dall’intera comunità casalasca. «Non si tratta solo di aver recuperato un muro fine a sé stesso ma, come diceva anche don Gianluca Gaiardi all’inaugurazione, è anche necessario coinvolgere le persone affinché l’uomo abiti le sue strutture». A dicembre, grazie agli scatti del Fotocine Casalasco, sarà allestita una mostra fotografica per dare continuità e memoria a questa proposta di vivere il Palazzo Abbaziale. «C’è la possibilità di aprire questo spazio anche ad altre iniziative culturali o artistiche – sarà il palazzo stesso a suscitare nuovi progetti – a patto di prendersene cura e garantire appunto la continuità della struttura», ha aggiunto don Claudio. 

A chiusura della mostra d’arte contemporanea, sempre nell’ottica di promozione del patrimonio artistico e culturale delle chiese maggiorine, è stato anche presentato il nuovo calendario parrocchiale. Una tradizione cominciata qualche anno fa e curata da Angela Bigi, con le fotografie di Paolo Mangoni, per divulgare le opere artistiche degli edifici sacri. E come fu un tempo il Palazzo Abbaziale, stavolta il luogo poco accessibile da mostrare al pubblico è la sala con la volta a botte “lunettata” situata a destra della chiesa di San Francesco e i suoi affreschi. Come si legge nella presentazione del calendario, sono undici medaglioni «raffiguranti l’Adorazione dei Magi, l’Immacolata Concezione ed alcuni personaggi dell’Antico Testamento»; sono stati realizzati da Galeotti Sebastiano (Firenze 1675 – Mondovì 1741) per la sagrestia della chiesa francescana «e sono da mettere in relazione con i lavori di riedificazione del convento iniziati nel 1713. L’impatto è felice e sorprendente, con reminiscenze “tiepolesche”». Il ricavato del calendario, acquistabile a 10 euro nelle chiese della parrocchia, servirà per affrontare «l’urgente e non più procrastinabile intervento di restauro» degli stessi affreschi. Come ogni anno, il parroco conclude con una provocazione: «chi immaginerebbe, percorrendo via Cavour, che oltre la “foresta amazzonica” e l’edilizia post-moderna vi sia un ambiente così carico di fascino? Sorprendersi… coltivando la curiosità, indagando oltre l’apparente banalità». 




A Vescovato una strada in ricordo di don Luisito Bianchi

Scrittore, poeta, insegnante e traduttore, prete-operaio e inserviente d’ospedale, ma soprattutto uomo della gratuità. Queste le molteplici vite – e le tante qualità – di don Luisito Bianchi, sacerdote diocesano, originario di Vescovato, morto il 5 gennaio 2012. E proprio il suo paese natale nella serata di sabato 4 novembre gli ha intitolato una strada, quella che prima era via XI Febbraio (dove si trova la canonica), adiacente a Piazza Roma, sulla quale affaccia la chiesa parrocchiale di San Leonardo.

La cerimonia di inaugurazione con lo svelamento della relativa segnaletica stradale è stata organizzata dal Comune di Vescovato in collaborazione con l’unità pastorale Cafarnao. Insieme al sindaco Gian Antonio Ireneo Conti e al parroco don Giovanni Fiocchi, per l’occasione era presente anche il vescovo Antonio Napolioni.

Dopo la breve celebrazione di svelamento sotto la pioggia, che ha sancito ufficialmente il nuovo odonimo dell’arteria vescovatina, nella chiesa parrocchiale l’evento è stato festeggiato con l’elevazione musicale “Cantate Domino” proposta dal coro G. P. da Palestrina di Suzzara con i solisti dell’orchestra dei Cori Morenici. Tra i brani eseguiti “Cantate Domino”, da cui l’evento ha preso il nome, un brano scritto da Enrico Arisi per la prima Messa del sacerdote, e alcuni brani di musica classica di Antonio Vivaldi. L’esecuzione, diretta da Pieralessio Caroli, ha visto l’esibizione del basso continuo Carlo Benatti e dei soprani Carlotta Bellotto e Nadina Calistru.

Nella scelta di farsi prete, don Luisito Bianchi prese ispirazione dalla testimonianza di vita di un altro grande sacerdote cremonese, don Primo Mazzolari. Laureato in Scienze politiche a Milano, don Luisito fu ordinato sacerdote nel 1950 e divenne subito insegnante presso il Seminario vescovile (1950-1951). Fu poi missionario in Belgio (1951-1955), vicario della parrocchia di S. Bassano a Pizzighettone (1956-1958), quindi ancora insegnante in Seminario (1964-1967). Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta scelse di diventare uno dei primi preti-operai, lavorando dapprima in fabbrica, alla Montecatini di Spinetta Marengo, ad Alessandria, e poi come inserviente presso l’Ospedale Galeazzi di Milano. Sono di quegli anni alcune delle sue opere più mature, tra cui il capolavoro di narrativa moderna La messa dell’uomo disarmato.

Don Luisito Bianchi era molto legato alla sua terra cremonese, in particolare a quel «grumolo di terra e di case, nel cuore della Grande Pianura, dallo scanzonato e solenne nome di Vescovato». Un amore per la sua terra ora più che mai ricambiato in una strada che porterà – con l’orgoglio di tanti – il suo nome.




Ad Antegnate una rievocazione storica ha ricordato il miracolo del 1705

Guerra di successione spagnola. L’esercito francese, in procinto di assaltare l’antico borgo di Antegnate, intravede sulle mura una moltitudine di soldati guidati da un condottiero che prendeva ordini da una donna ferma sul soglio della chiesa: dentro la chiesa, impauriti, si erano rifugiati anziani, donne e bambini. Pensando di essere in posizione d’inferiorità l’esercito francese decide di non attaccare e solo successivamente avrebbe scoperto che non vi era alcun soldato a presidiare Antegnate e che quella donna era identica alla statua della Madonna del Rosario venerata dagli abitanti del luogo.

Questi eventi miracolosi, risalenti al novembre 1705, sono ancora oggi ricordati con grande fede e devozione ad Antegnate, nella Bergamasca, come testimonia la partecipazione della gente agli appuntamenti della festa dell’Apparizione di Nostra Signora del Rosario, che li ricorda. Organizzati dalla parrocchia e dal Comune con la partecipazione ed il supporto del gruppo storico Pietro Micca, della locale banda musicale Luciano Manara e del Trekking Ranch, hanno avuto in quella di domenica 5 novembre la giornata conclusiva e più importante.

Una giornata iniziata con la Messa solenne delle 10.30 nella parrocchiale di San Michele Arcangelo presieduta dal vescovo Antonio Napolioni. Con lui hanno concelebrato l’Eucaristia il parroco don Angelo Maffioletti, monsignor Mario Marchesi (già vicario generale della Diocesi, originario del paese) e il segretario e cerimoniere don Matteo Bottesini, con il diacono permanente Roberto Cavalli che ha prestato servizio all’altare.

Prima dell’inizio della liturgia è stata letta la ricostruzione storica dei fati del 4 e 5 novembre 1705, mentre vescovo e sacerdoti rendevano omaggio alla Vergine nel santuario a lei dedicato, situato dietro l’altare maggiore della parrocchiale.

«Perché non vedere in questa storia i segni di quel Magnificat cantato da Maria?», ha detto il parroco don Angelo Maffioletti nel suo saluto all’inizio della celebrazione: «Perché smettere di raccontare ciò che i nostri padri hanno interpretato alla luce della fede? Certo di storico c’è che un esercito s’è fermato e forse è necessario raccontare questa storia oggi che tanti eserciti sono schierati per la distruzione. Qui un volto di una donna ha portato la pace. Una donna ebrea, cristiana perché madre di Cristo e che i musulmani venerano come la madre del profeta».

E sulla figura di Maria anche il Vescovo si è concentrato nella sua omelia. «È lei che ci insegna ad ascoltare il Vangelo e che ci dice di fidarci di ciò che nel nostro cuore il Signore semina. Dio ci ha mandato Maria per venirci incontro. È una di noi». E ancora: «Come ha detto don Angelo, un po’ ebrea, un po’ palestinese, sicuramente più cristiana di noi».

Durante la Messa, allietata dalle voci dei cantori della corale parrocchiale, vi sono stati dei gesti simbolici, come l’accensione di un cero da parte del sindaco Mariangela Riva e l’omaggio floreale alla Madonna da parte dei bambini del catechismo.

All’uscita dalla chiesa, invece, un assaggio invece di quello che gli antegnatesi avrebbero visto poche ore dopo: i soldati francesi (del gruppo storico Pietro Micca) schierati sul sagrato per salutare il vescovo Napolioni e i sacerdoti.

Dalle 14.30 in poi spazio alla ricostruzione storica. Prima location il parco Dei Fontanili dove è andata in scena la simulazione di una battaglia di inizio Settecento con armi d’epoca e cannoni, nella quale il gruppo storico Pietro Micca ha offerto un saggio del proprio repertorio. Alle 16, in un contesto di festa fortunatamente graziato dal meteo, è andato in scena il corteo storico con anche decine di figuranti antegnatesi che indossavano i costumi d’epoca realizzati per la commemorazione del trecentesimo del miracolo. Partito dalla sede dell’associazione Nono Gino, il corteo è giunto in chiesa dove, fra storia e fede, è stato rievocato il miracolo dell’Apparizione.




Antegnate, nel fine settimana in festa per la ricorrenza dell’apparizione

Antegnate in festa, questo fine settimana, per la ricorrenza dell’apparizione di Nostra Signora del Rosario alla quale è dedicato il santuario situato dietro l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo.

Il programma degli eventi, che vede la parrocchia affiancata dal Comune nell’organizzazione, con il gruppo storico Pietro Micca, corpo musicale locale “Luciano Manara” e Trekking Ranch, inizia nella serata di venerdì 3 novembre, alle 20.45, con il concerto mariano della schola cantorum di Mozzanica in chiesa parrocchiale. «I brani eseguiti dalla corale – precisa il parroco di Antegnate, don Angelo Maffioletti – si alterneranno con la lettura di scritti di Papa Francesco che chiedono a Maria il dono della pace».

Sabato, alle 9, dopo la recita delle Kodi, in San Michele si aprirà la Scala Santa, una delle rampe che portano al santuario. Alle 10.30 la compagnia teatrale Studio Oida terrà un racconto dell’Apparizione per i bambini. Nel pomeriggio, a cura dell’Amministrazione comunale, visita guidata della chiesa parrocchiale. Alle 18, Messa, recita delle litanie e velazione dell’immagine della Madonna.

Nella giornata di domenica 5 novembre la festa sarà suddivisa fra spiritualità e storia. A presiedere alle 10.30 la Messa solenne sarà il vescovo Antonio Napolioni, che nell’occasione scoprirà la velatura della statua di Maria. A partire dalle 14, quindi, è prevista la simulazione di una battaglia con cannoni ed armi d’epoca presso il parco Dei Fontanili, a cura del gruppo storico Pietro Micca, che precederà il corteo storico (con una cinquantina di figuranti antegnatesi che indosseranno i costumi d’epoca creati nel 2005) con partenza dalla sede dell’associazione Nonno Gino e la rievocazione del miracolo del 5 novembre 1705 quando, durante la guerra di successione spagnola, la popolazione invocò per un’intera notte l’intercessione della Vergine Maria per scongiurare l’assalto al castello di Antegnate che miracolosamente non avvenne.

«Più avanti, probabilmente in occasione della festa dell’Immacolata – aggiunge don Maffioletti – uscirà una guida turistica religiosa del santuario realizzata da don Samuele Riva, attuale parroco di Sabbioneta ma originario di Antegnate, che sul paese ha già realizzato un importante volume a carattere storico».

«Siamo felici – commenta il vicesindaco Giorgio Allegri – di poter affiancare la parrocchia nell’organizzazione degli eventi, resi possibili anche grazie ai fondi del bando Ogni giorno in Lombardia, e fa piacere aver riscoperto da un paio d’anni a questa parte la rievocazione storica, momento significativo per la tradizione antegnatese».




L’oratorio di Caravaggio in cammino con san Giovanni XXIII

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Una notte, tra il 31 ottobre il 1° novembre, senza zucche, streghe o travestimenti, ma con il coraggio di mettersi in cammino come singoli e come comunità e riscoprire la vicinanza dei santi. Su iniziativa dell’Oratorio di Caravaggio, guidati dal vicario don Andrea Piana, un buon numero di caravaggini ha percorso i trentaquattro chilometri che conducono da Sotto il Monte, il paese natale del papa bergamasco san Giovanni XXIII, alla chiesa parrocchiale di Caravaggio. Una proposta all’inizio apparsa quantomeno bizzarra e folle: già trentaquattro chilometri non sono certo pochi, per di più in autunno, di notte, con il freddo… Eppure, ventidue persone di tutte le età – c’erano ragazzi di prima superiore e anche pensionati – si sono fidati e hanno aderito alla proposta del sacerdote, che già lo scorso anno aveva promosso il Cammino Francescano della Marca e una camminata notturna dal Santuario di Castelleone.

Dopo essersi ritrovati nell’oratorio situato presso la chiesa di san Pietro, con l’aiuto di alcuni volontari i pellegrini hanno raggiunto in auto o con i pullmini Sotto il Monte, da dove poco dopo la mezzanotte è iniziato il tragitto a piedi.

Fin da subito si è capito che non si sarebbe trattato solo di una camminata per mettere chilometri nelle gambe o per far aumentare considerevolmente il contapassi, ma di un vero e proprio pellegrinaggio notturno. All’inizio del percorso, infatti, don Andrea ha letto alcune frasi tratte dalla Pacem in Terris, enciclica scritta da san Giovanni XXIII nel 1963 e quanto mai attuali in tempi come quelli di oggi dilaniati da guerre cruente in Terra Santa, Ucraina e non solo. Le parole del pontefice bergamasco sono riecheggiate poi per tutto il tragitto, tra una chiacchierata e l’altra.

Sono state previste alcune soste, che non hanno avuto solo il carattere di pause da stanchezza o per rifornimento di cibo – gli intrepidi pellegrini erano infatti seguiti da un pullmino che trasportava vivande e, nel caso, i più stanchi – ma sono state l’occasione per rileggere alcuni passi della provvidenziale enciclica di Papa Roncalli e proclamare con forza che la Pace in terra è “l’anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi”.

La preghiera, però, non è ha costituito un’interruzione durante il percorso, ma è stata l’essenza del cammino: con la preghiera del Rosario i caravaggini hanno affidato a Maria, che già nel 1432 ha benedetto il loro suolo, la causa della pace, ora così dimenticata dai potenti del mondo. Del resto, durante una camminata non c’è preghiera migliore dell’affidamento a Colei che, generando Gesù e accompagnandoci nella vita di tutti i giorni, “protegge il nostro vaggio”.

Grazie all’intercessione dei santi e all’amicizia che si è consolidata – o a volte instaurata – durante il percorso, i ventidue caravaggini sono arrivati poco dopo le 8 di mattina sul sagrato della chiesa parrocchiale dei Santi Fermo e Rustico, dove hanno terminato il cammino ringraziando il Signore e rivolgendogli – con le parole di san Giovanni Paolo II, un altro santo che ha visitato Caravaggio – un ultimo accorato appello per la pace.

C’è stato, prima del meritato riposo, il momento della foto di gruppo e di una colazione rigenerante insieme, nella consapevolezza di aver vissuto un’esperienza meravigliosa, un cammino di gioia e preghiera, un percorso verso la santità, cioè il riconoscimento che tutto ciò che di buono avviene nella nostra vita è un dono del Signore per la nostra felicità.

Lorenzo Mascaretti




Soncino ricorda il servo di Dio padre Giovanni Battista Manzella: l’Apostolo della Sardegna nacque nel borgo nel 1885

È stata inaugurata il 21 ottobre nella sala ristoro dell’ex filanda Meroni, a Soncino, la mostra, come dice il sottotitolo, dedicata a “Uno dei grandi uomini che hanno fatto la storia del borgo”. Si tratta del servo di Dio padre Giovanni Battista Manzella, detto l’Apostolo della Sardegna. Lombardo di nascita (a Soncino, il 21 gennaio 1885), sardo nel cuore (morì a Sassari il 23 ottobre 1937).

«Questa mostra, patrocinata dal Comune – spiega don Giuseppe Nevi, parroco di Soncino – raccoglie gli elementi fondamentali della vita di padre Giovanni Battista, sacerdote capace di realizzare in pieno, con un impegno quotidiano e incessante in aiuto alle numerose forme di povertà espresse dalla società dell’epoca, la morale della congregazione di San Vincenzo de’ Paoli alla quale apparteneva. Nel corso della sua lunga esperienza pastorale in Sardegna padre Manzella passa in rassegna moltissimi paesi, rispondendo alle necessità dovute a una povertà diffusa. La mostra si sofferma anche sull’Istituto delle Suore del Getsemani, da lui fondato con l’aiuto della mistica Angela Marongiu, un istituto il cui carisma racchiude sia la dimensione contemplativa che quella caritatevole».

A Soncino l’Apostolo della Sardegna fu commemorato in occasione del 70° anniversario della sua morte, ma è la prima volta che viene allestita una mostra in suo ricordo. L’idea è stata proprio di don Nevi, che ha presentato l’iniziativa durante la cerimonia inaugurale, alla quale ha presenziato anche il sindaco di Soncino, Gabriele Gallina, che ha ringraziato sia la famiglia Manzella che il parroco «perché iniziative del genere permettono di riscoprire un illustre cittadino soncinese che si è speso molto sia a livello religioso che civile e umanitario e la cui vita, pensiero ed opere i cittadini soncinesi conoscono ancora poco».

Nella serata di sabato 28 ottobre, alle 20.30, nella sala consiliare del Comune, si terrà una conferenza dal titolo “Padre Manzella dono di Dio e per gli uomini” con relatrice suor Carmela Tornatore delle Suore del Getsemani di Sassari.

La mostra tornerà invece ad essere aperta al pubblico domenica 29 ottobre dalle 14 alle 18 (a disposizione dei visitatori anche una poesia su padre Manzella appositamente scritta dalla soncinese Cristina Cappellini). Sempre domenica, alle 10.30, nella pieve di Santa Maria Assunta, Messa in suffragio di padre Manzella.

«A gennaio 2024 – anticipa don Nevi – tornerà a Soncino una delegazione delle Suore del Getsemani insieme a un padre vincenziano, in quanto riproporremo la mostra, la conferenza e la Messa per padre Manzella”.

Ma chi era il servo di Dio padre Giovanni Battista Manzella? Nato a Soncino il 21 gennaio cresce in una famiglia di modeste condizioni economiche che tuttavia esprime una fede robusta. Entra nel mondo del lavoro, per contribuire all’economia famigliare, e sacerdote lo diventa più tardi, all’inizio del 1893, nella Congregazione dei Missionari Vincenziani. Dopo aver ricoperto diversi incarichi nella provincia di Torino, nel 1900 approda in Sardegna, dove rimane fino alla sua morte. Trentasette anni nei quali spende tutte le sue energie, fisiche e spirituali, per dedicarsi all’apostolato in diversi ambiti: formatore del clero, direttore di anime, ispiratore e realizzatore di molteplici opere caritative. Nel 1909 fonda l’Istituto religioso delle Suore del Getsemani, dette anche Manzelliane. Le sue spoglie si trovano nella chiesa del Santissimo Sacramento di Sassari e sono oggetto di venerazione quotidiana da parte di numerosi devoti e fedeli.




Nuovi parroci, domenica a Pieve San Giacomo l’ultimo degli insediamenti

Nel pomeriggio di domenica 15 ottobre la comunità di Pieve San Giacomo accoglierà i suoi nuovi sacerdoti: il parroco don Federico Celini, già anche parroco dell’unità pastorale “Madre Nostra” (formata dalle parrocchie di Cella Dati, Derovere, Longardore, Pugnolo, San Salvatore, Sospiro e Tidolo), e il collaboratore parrocchiale don Marco Bosio. L’ingresso avverrà in occasione della Messa delle 16 presieduta dal vescovo Antonio Napolioni. Si tratta dell’ultimo degli insediamenti dei nuovi parroci nominati nei mesi scorsi.

La celebrazione inizierà con il consueto saluto da parte dell’Amministrazione comunale, per voce del sindaco Maurizio Morandi, e proseguirà poi in chiesa con i gesti tipici del rito dell’insediamento, caratterizzato dalla lettura dell’atto del decreto di nomina, l’aspersione dei fedeli e l’incensazione dell’altare, il saluto del consiglio pastorale parrocchiale e, dopo l’omelia tenuta dal vescovo, della professione di fede recitata dal nuovo parroco, che al termine della Messa prenderà la parola per salutare la nuova comunità. Dopo la celebrazione il rinfresco in oratorio: un momento di ritrovo per la comunità e un primo approccio con il nuovo parroco.

In preparazione all’ingresso dei nuovi sacerdoti la comunità di Pieve San Giacomo è chiamata a vivere, nella serata di giovedì 12 ottobre alle 21 in chiesa parrocchiale, la celebrazione penitenziale presieduta dal vicario zonale della zona pastorale 4, don Antonio Pezzetti.

 

Biografia dei sacerdoti

Celini don Federico, classe 1957, originario della parrocchia di San Bernardo a Cremona, è stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1987. È laureato in Lettere, con specializzazione in Comunicazioni sociali e giornalismo. Dal 1987 al 2016 è stato docente in Seminario. Giornalista professionista, dal 1993 al 1996 è stato condirettore del settimanale diocesano “La Vita Cattolica” e dal 1991 al 2013 direttore responsabile del periodico del Seminario “Chiesa in cammino”.
Amministratore parrocchiale di Villa Rocca (1993-2003), è stato successivamente parroco a Cicognolo (1997-2007) e Costa Sant’Abramo (2007-2014).
Dal 2014 è parroco di Longardore, San Salvatore, Sospiro e Tidolo e dal 2020 moderatore dell’unità pastorale “Madre nostra” formata dalle suddette parrocchie insieme a quelle di Cella Dati, Derovere e Pugnolo, delle quali è diventato parroco nel 2021. Dal 2016, inoltre, è incaricato diocesano per la Pastorale ecumenica e, dal 2017, coordinatore dell’area pastorale “Capaci di comunicazione e cultura”. Dal 2023 è direttore responsabile del “Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia”, di “TeleRadio Cremona Cittanova”, “Il Mosaico” e “Riflessi Magazine”. Ora il Vescovo gli ha affidato la cura pastorale anche di Pieve San Giacomo come nuovo parroco, prendendo il testimone da don Alfredo Valsecchi.

Don Marco Bosio, classe 1979, originario di Cumignano sul Naviglio, è stato ordinato sacerdote l’11 giugno 2005. È stato vicario di Brignano Gera d’Adda (2005-2011) e successivamente collaboratore parrocchiale delle parrocchie di Cicognara, Cogozzo e Roncadello (2012-2013). Dal 2013 al 2016 è stato vicario delle parrocchie di Binanuova, Ca’ de’ Sefani, Gabbioneta e Vescovato e dal 2014 al 2016 anche di Pescarolo e Pieve Terzagni. Dal 2016 al 2019 è stato collaboratore parrocchiale delle parrocchie di Buzzoletto e Viadana (“S. Maria Annunciata”, “S. Maria Assunta e S. Cristoforo”, “S. Pietro apostolo” e “Ss. Martino e Nicola”). Tra il 2019 e il 2021 ha approfondito gli studi teologici a Bologna. Nel 2021 è stato nominato collaboratore parrocchiale delle parrocchie di Castelleone e Corte Madama. Ora assume l’incarico di collaboratore parrocchiale di Pieve San Giacomo.

 

Il saluto sul bollettino parrocchiale

Sarà bello camminare insieme così

“Una parrocchia ‘di tradizione’”. Così mi è stata definita da un amico la realtà di Pieve San Giacomo con Gazzo e Ognissanti, quando è stata resa nota la mia nomina a parroco. E “di tradizione” so che lo è davvero, non nel senso della replica sterile di vuote abitudini o consuetudini, ma nella consistenza feconda di quanto ci viene consegnato e rappresenta i fondamentali di una vera comunità cristiana. E come non prendere atto con gioia e commozione che Pieve San Giacomo ha saputo generare e donare alla Chiesa il carissimo Vescovo Enrico? Per questo, con gioia, con don Marco vengo fra di voi, perché sarà bello camminare insieme così.

Sarà bello camminare insieme nella corresponsabilità, nell’esercizio, nella condivisione e nell’offerta generosa e coordinata di competenze, servizi, propositività, nel reciproco rispetto e nella valorizzazione di ruoli e ambiti di azione.

Sarà bello camminare insieme nell’unità. Perché quella è la prima testimonianza, da cui scaturisce la credibilità di una comunità. Faremo volentieri a meno degli arroccamenti, delle chiusure, degli steccati, sterili se non addirittura controproducenti.

Sarà bello camminare insieme nell’apertura e nella ricezione di tutte quelle istanze che, nella Chiesa e nel mondo, ci interpellano e ci sollecitano, perché nella irrinunciabile fedeltà al nostro
Battesimo diventiamo davvero missionari là dove siamo chiamati a vivere.

Sarà bello camminare insieme nell’ascolto. Della Parola di Dio, innanzitutto, e di tutto quanto esige che non si chiudano orecchi, occhi, mente, cuore nella ricezione e nell’accoglienza umile, fedele e trasparente di ciò che la Chiesa oggi ci indica come cammino da percorrere insieme, in una storia che non possiamo illuderci di fermare o addirittura riportare indietro.

Sarà bello per questo e per altre mille ragioni, perché così la nostra comunità potrà essere veramente anche un piccolo, ma profetico laboratorio di cordiale sinodalità. Lo Spirito Santo e l’intercessione della Madre ci accompagnano e ci accompagnino sempre, nel nostro cammino insieme.

Con affetto.

Don Federico con Don Marco

 

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Il 14 ottobre a S. Ilario il ricordo del professor Gabbani: uomo di chiesa, di scuola e costruttore di umanità

“Piervincenzo Gabbani. Uomo di chiesa, di scuola, costruttore di umanità”. È questo il titolo dell’incontro promosso dall’Azione Cattolica dell’unità pastorale Cittanova di Cremona e in programma nel pomeriggio di sabato 14 ottobre alle 17.15 presso il chiostro di S. Ilario (via Garibotti 2). Al centro la figura del professor Gabbani, per tanti “il preside”, scomparso nel marzo 2020 all’età di 94 anni.

Uomo di fede, attivo nella parrocchia di sant’Ilario, nell’Azione cattolica, come presidente dell’Associazione genitori, presidente per molti anni del Circolo culturale Sant’Antonio Maria Zaccaria; docente e preside, prima dell’Istituto Vacchelli di Cremona e, una volta in pensione, del liceo Vida, che ha diretto dal 1993 al 2005.

L’incontro, coordinato dalla professoressa Luisa Tinelli, vedrà intervenire il professor Franco Verdi, il professor Gianfranco Berneri e il professor Gianluca Galimberti.

«Una comunità viva – precisano i promotori dell’evento – è capace di gratitudine verso chi ha contribuito a generarla. Questo incontro intende ricordare quanto sia stata preziosa la sua intelligenza, la sua capacità di collaborazione e di organizzazione. L’eredità che lascia all’attività educativa e formativa, alla Chiesa cremonese e alla comunità civile possa essere oggetto di riflessione per progettare il futuro».




Casalbuttano e San Vito hanno accolto il nuovo parroco don Davide Schiavon

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Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre don Davide Schiavon ha fatto il suo ingresso come parroco di Casalbuttano e San Vito, diventando anche moderatore dell’unità pastorale Nostra Signora della Graffignana, composta anche dalle parrocchie di Paderno Ponchielli, Ossolaro e Polengo.

La celebrazione è iniziata con il saluto del sindaco di Casalbuttano, Gian Pietro Garoli, sul sagrato della chiesa parrocchiale di San Giorgio martire: «Quando cambia un parroco, soprattutto nei nostri paesi c’è molta curiosità: la conoscenza reciproca è un processo che avverrà lentamente e sono sicuro che don Davide sarà un segno di Dio. La cosa importante è che io lo leggo come l’arrivo dell’uomo della buona notizia, sia per i fedeli sia per chi non crede». Poi, a nome dell’Amministrazione, il sindaco Garoli ha voluto sottolineare come il cammino di parrocchia e Comune quando è condiviso funziona, nel confronto dialettico e sincero.

 

Saluto del sindaco Garoli

 

Quindi con l’ingresso nella chiesa parrocchiale è iniziata la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e accompagnata dai canti del gruppo folk. A concelebrare diversi sacerdoti diocesani e tra loro il vicario zonale don Giambattista Piacentini e gli altri sacerdoti dell’unità pastorale: don Fabrizio Ghisoni, parroco di Paderno Ponchielli e Ossolaro, don Floriano Scolari parroco di Polengo e don Giorgio Ceruti collaboratore di Casalbuttano.

Il vicario zonale ha quindi dato lettura della nomina di don Schiavon, poi sono seguiti i riti caratteristici dell’insediamento di un nuovo parroco con l’aspersione dei fedeli e l’incensazione dell’altare.

Un rappresentante della parrocchia ha poi rivolto alcune parole di benvenuto al nuovo parroco: «Ti accogliamo con la gioia vera, siamo molto lieti che questa chiamata sia stata accettata molto volentieri; ti accogliamo in questa comunità, consapevole dei propri limiti, ma ricca di carità e umanità».

 

Saluto del rappresentante parrocchiale

 

La celebrazione è proseguita con la liturgia della Parola e la proclamazione del Vangelo da parte del nuovo parroco.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha voluto riflettere in particolare sul Vangelo del giorno: «Ci vengono proposte diverse vigne: speriamo che Casalbuttano assomigli alla vigna del Vangelo che produce dell’uva fantastica, tanto che i vignaioli se la vogliono tenere per loro. Mi auguro che le nostre comunità siano come una vigna: né avida, né superlativa, ma la vigna di casa che produce vino buono».

«Il parroco deve portare la buona notizia – ha proseguito il vescovo Napolioni – ma ancora prima lo invito a scoprirla in ognuno di voi, perché ognuno di voi ne porta un frammento. Condividete tutto il bene possibile!».

Mons. Napolioni ha quindi concluso: «Il Vangelo, l’Eucarestia, la preghiera saranno i modi per far emergere la logica di Dio, farla nostra e cambiare la nostra logica, anche se è dura e anche io a volte non ce la faccio: siamo qui per fare questo patto di fraternità nel discepolato e di reciprocità di tutto il bene che Dio semina in noi».

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine della Messa è stato quindi il momento del saluto del nuovo parroco alla comunità: «Sono onorato di entrare a far parte di questa comunità, grande, ricca e bella – ha esordito don Davide – a questo nuovo mio ruolo mi affaccio con gratitudine e un po’ di timore, ma come mi ha detto il vescovo “un po’ alla volta” e prendo in pieno questo suggerimento». E ha proseguito: «Non considero questo mio compito uno tra tanti, infatti mi sono preso questo come unico incarico per i prossimi anni: adesso il mio cuore e la mia testa saranno qui. Non posso garantire il risultato, ma posso promettere l’impegno».

 

Saluto del nuovo parroco

 

Al termine della Messa la festa è continuata in oratorio con un rinfresco organizzato dalla parrocchia, occasione per iniziare a conoscere il nuovo parroco.

Nella serata di lunedì 9 ottobre il nuovo parroco presiederà alle 20.30 la Messa in suffragio di tutti i defunti della comunità.

 

 

Profilo biografico di don Schiavon

Classe 1976, originario di Castelleone, don Schiavon è stato ordinato sacerdote il 13 giugno 2009. Laureato in Economia aziendale, ha iniziato il proprio ministero come vicario a Breda Cisoni, Ponteterra, Sabbioneta e Villapasquali. Tra il 2016 e il 2022 è stato incaricato diocesano per la Pastorale vocazionale. Dal 2015 era vicario della parrocchia “Beata Vergine di Caravaggio” in Cremona. Sarà moderatore dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana” composta anche dalle parrocchie di Ossolaro, Paderno Ponchielli e Polengo e parroco di Casalbuttano e San Vito, dove prede il testimone da don Gianmarco Fodri e continuerà ad esser affiancato dal collaboratore parrocchiale don Giorgio Ceruti. Dal 2020 don Schiavon è vicepresidente dell’Istituto diocesano per il Sostentamento del clero.

 

 

Il saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari amici (sacerdoti e laici) dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana”,  

vi saluto col cuore e non per pura formalità e vi ringrazio in anticipo per la vostra accoglienza. Per quanto sia difficile trovare argomenti concreti quando ancora ci si conosce poco di persona, vi voglio assicurare che sono sinceramente felice di entrare a far parte della vostra famiglia: ci vengo volentieri, ho già iniziato a pregare per voi e sono desideroso di condividere un tratto della vostra storia. 

Sono certo che il Signore benedirà questa nostra esperienza comune perché, in estrema sintesi, me lo sento, per una sorta di sesto senso. È il mio primo incarico da parroco e vi chiedo quindi una buona dose di indulgenza per qualche ingenuità che è da mettere in conto e perdonare ad un neofita. Ho buoni presentimenti perché le vostre comunità, da come le hanno descritte, hanno tutte le caratteristiche per realizzare un cammino fruttuoso insieme: una fede radicata nella storia e, al tempo stesso, disposta a continuare ad imparare; un modo di intendere le relazioni ancora ricco di umanità; un tessuto sociale ancora molto ispirato al modello della famiglia.  

Proprio a quest’ultima realtà vorrei collegarmi anche io nel dare il mio contributo a ciò che realizzeremo insieme. Per quanto il concetto non sia nuovo e venga ripetuto spesso, io pure  desidero ribadire che la famiglia, davvero, è la cellula della società e della Chiesa e, quando le famiglie sono sane, ci sono buone probabilità che anche le comunità cristiane lo siano. E, in una certa misura, è vero anche l’opposto.  

La famiglia, parentale o parrocchiale che sia, sta insieme se il Signore è una presenza costante all’interno di essa. E proprio su questo aspetto si concentreranno principalmente le mie attenzioni. L’amore reciproco, il rispetto, la fedeltà, la tenuta di lungo periodo sono possibili (l’esperienza lo attesta) solo se Dio, cercato, invocato e obbedito, concede la Sua benedizione e onora della Sua presenza. 

Non illudiamoci quindi di poter realizzare qualcosa di solido e duraturo se non concederemo i giusti spazi al Signore, nella preghiera e nell’imitazione del Vangelo. Se mancano queste dimensioni, le cose, nella migliore delle ipotesi, potranno funzionare solo se ci sono persone disposte a impersonare il ruolo dei martiri, da una parte, e dei prepotenti, dall’altra. Ma noi non desideriamo questo, bensì una comunità di fratelli che si vogliono bene, dove ognuno fa la sua parte (proporzionata ai propri sforzi e calibrata sui propri talenti) e in cui c’é armonia perché a nessuno è chiesto troppo e a nessuno troppo poco.  

In aggiunta, certamente, a livello umano, saranno poi necessarie tutta una serie di attenzioni, delicatezze, gesti di “manutenzione ordinaria” nelle relazioni che, con l’aiuto di tutti, potremo mettere in atto. Spero di conoscervi presto, ma non di scoprire tutto troppo velocemente, perché anche la meraviglia e la scoperta reciproca sono un ingrediente importante, da non esaurire troppo in fretta, che dà ancora più sapore al cammino e fascino all’avventura comune. 

Vi porto già nel cuore e vi auguro di poter migliorare ogni giorno nella via del Vangelo, cosa che io per primo mi impegnerò a praticare. Da ultimo, ma non certo per importanza, un sincero e cordiale ringraziamento a don Marco, mio predecessore, per il prezioso lavoro svolto e per la cortesia e pazienza dimostrate nel passaggio di consegne. 

Grazie a tutti, con amicizia. 

Don Davide 

 

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Con l’ingresso don Celini e don Bosio, Pieve San Giacomo inizia il cammino verso l’unità pastorale

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È una chiesa gremita fino a ben oltre i posti a sedere disponibili quella che ha accolto a Pieve San Giacomo don Federico Celini e don Marco Bosio come parroco e collaboratore residente. Un ingresso per due, accompagnato da molte comunità. Non soltanto quella di Pieve San Giacomo, ma anche le sette parrocchie della unità pastorale “Madre Nostra” (Sospiro, Cella Dati, Derovere, San Salvatore, Longardore, Pugnolo e Tidolo) di cui don Celini è già moderatore e con cui Pieve San Giacomo inizierà un cammino di integrazione per diventarne l’ottava. Presente anche una rappresentanza della comunità di Castelleone, dove ha svolto il suo ultimo incarico don Marco Bosio.

Ad accogliere i sacerdoti, accompagnati verso la chiesa parrocchiale dal vescovo Napolioni, dal vicario della zona pastorale 4 don Antonio Pezzetti e da altri confratelli e diaconi permanenti, il sindaco Maurizio Morandi e i rappresentanti delle Amministrazioni comunali di Sospiro (con l’assessore Benedetta Fornasari) e Cella Dati (con il primo cittadino Fabrizio Lodigiani) e delle forze dell’ordine. «Questa parrocchia – ha esordito nel suo saluto il primo cittadino di Pieve San Giacomo – ha sempre avuto nell’oratorio il suo centro, con un gruppo di volontari sempre disponibili al servizio». «Spero – ha aggiunto – che continueremo insieme questo percorso. I giovani hanno bisogno di guide, ci sono anziani soli e famiglie in difficoltà: l’amministrazione conferma tutto il suo appoggio per offrire punti di riferimento sicuri a queste persone».

 

Il saluto del sindaco Morandi

 

All’inizio della Messa, mons. Napolioni ha richiamato le dinamiche nuove per la comunità che prendono il via con le nomine dei due sacerdoti: don Marco Bosio risiederà in parrocchia e sarà riferimento quotidiano, don Federico Celini sarà parroco, entrambi chiamati a lavorare in comunione con gli altri due sacerdoti dell’unità pastorale “Madre Nostra”: il vicario don Francesco Tassi e il collaboratore don Giacomo Ghidoni. Quindi il vicario zonale ha dato lettura del decreto di nomina e il professor Erminio Trevisi, a nome del Consiglio pastorale e di tutta la comunità, ha letto il slauto dei nuovi sacerdoti. «Questo 2023 sarà un anno indimenticabile», ha esordito, con un riferimento alle recenti visite del vescovo Napolioni, alla nomina episcopale di mons. Enrico Trevisi che in questa parrocchia ha visto nascere la sua vocazione, al saluto a don Alfredo Valsecchi e oggi a «una situazione inedita: l’ingresso di due don», guardata «con speranza, fiducia e anche curiosità». Una curiosità rivolta proprio al cammino di integrazione: «Siamo certi che con la guida di don Federico e accompagnati da don Marco, sapremo non essere gelosi delle nostre particolarità, ma ravvivati dai nuovi incontri” in una nuova “comunità ampliata».

 

Il saluto del rappresentante parrocchie 

 

Per i due sacerdoti il dono di un segno di accoglienza: una stola e un grembiule, simboli di una Chiesa riunita attorno all’Eucaristia e pronta al servizio degli ultimi; una “Chiesa con il grembiule”, come in una celebre espressione di don Tonino Bello, di cui quest’anno ricorrono i 30 anni dalla morte.

Segni visibili di grande significato, come “l’abito nuziale” per partecipare alla festa dello Sposo citato nella lettura del Vangelo e ripreso dal Vescovo nella sua omelia: «Siamo sicuri che noi portiamo l’abito nuziale? Ci sposiamo Gesù Cristo?». «A volte – ha quindi invitato a riflettere – lo usiamo e se non ci dà retta, lo buttiamo via». «Ma c’è un contagio positivo, uno scambio di doni, l’opera dello Spirito, l’intercessione di Maria… è la Chiesa che dà la fede, lo stare insieme. Ecco perché più parrocchie possono diventare una comunità grande in cui scorre la vita. Siamo nella diocesi di sant’Omobono e vien da pensare che il mestiere dei parroci e degli altri preti sia quello di fare l’abito nuziale su misura a ciascuno. Ma non lo possiamo fare da soli. Bisogna che ciascuno si lasci toccare da Cristo».

La riflessione proposta dal Vescovo ha guardato al cammino di comunione cui è chiamata la comunità di Pieve San Giacomo insieme alle altre sette parrocchie sorelle dell’unità pastorale “Madre Nostra”, anche attraverso il lavoro pastorale dei sacerdoti. Un invito ad affrontare questo percorso con speranza e apertura verso una nuova stagione di Chiesa per un territorio grande e ricco di umanità, anche se formato da realtà piccole. Ma vicine. «Buon cammino insieme», ha augurato il vescovo. Con l’invito a cercare nella presenza dei preti «il Vangelo, l’Eucaristia e Perdono», e a offrire loro un generoso e concreto supporto, come comunità, per tutti gli aspetti della vita pastorale.

 

L’omelia del vescovo Napolioni

 

La Messa è quindi proseguita con la liturgia eucaristica, vissuta con grande partecipazione e con i canti animati dalla corale parrocchiale.

Al termine don Federico Celini ha rivolto il suo messaggio di saluto: «Così sorridenti, così gioiosi e motivati sarà bello, perché so che cammineremo insieme in fraterna comunione. Sarà bello perché so che volete farlo e lo faremo nella corresponsabilità, nella valorizzazione di ciò che di giusto e buono». E ancora: «Si può esprimere e donare nell’ascolto della Parola con cuori e menti aperti alla missione della Chiesa nel mondo, di oggi e di domani».

 

Il saluto del parroco don Federico Celini

 

Un’immagine ripresa e sottolineata anche da don Marco Marco: «Ho un’idea di una chiesa con le porte spalancate, con i ragazzi non nell’angolo ma al centro. È un’idea da condividere con tutti voi: tutti insieme per il bene della comunità».

 

L’intervento del collaboratore don Marco Bosio

 

Al termine della Messa la festa è proseguita in oratorio con il rinfresco di benvenuto organizzato dalla parrocchia, chiamata a ritrovarsi nuovamente insieme lunedì sera per la Messa in suffragio di tutti i defunti.

 

 

Biografia dei sacerdoti

Celini don Federico, classe 1957, originario della parrocchia di San Bernardo a Cremona, è stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1987. È laureato in Lettere, con specializzazione in Comunicazioni sociali e giornalismo. Dal 1987 al 2016 è stato docente in Seminario. Giornalista professionista, dal 1993 al 1996 è stato condirettore del settimanale diocesano “La Vita Cattolica” e dal 1991 al 2013 direttore responsabile del periodico del Seminario “Chiesa in cammino”.
Amministratore parrocchiale di Villa Rocca (1993-2003), è stato successivamente parroco a Cicognolo (1997-2007) e Costa Sant’Abramo (2007-2014).
Dal 2014 è parroco di Longardore, San Salvatore, Sospiro e Tidolo e dal 2020 moderatore dell’unità pastorale “Madre nostra” formata dalle suddette parrocchie insieme a quelle di Cella Dati, Derovere e Pugnolo, delle quali è diventato parroco nel 2021. Dal 2016, inoltre, è incaricato diocesano per la Pastorale ecumenica e, dal 2017, coordinatore dell’area pastorale “Capaci di comunicazione e cultura”. Dal 2023 è direttore responsabile del “Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia”, di “TeleRadio Cremona Cittanova”, “Il Mosaico” e “Riflessi Magazine”. Ora il Vescovo gli ha affidato la cura pastorale anche di Pieve San Giacomo come nuovo parroco, prendendo il testimone da don Alfredo Valsecchi.

Don Marco Bosio, classe 1979, originario di Cumignano sul Naviglio, è stato ordinato sacerdote l’11 giugno 2005. È stato vicario di Brignano Gera d’Adda (2005-2011) e successivamente collaboratore parrocchiale delle parrocchie di Cicognara, Cogozzo e Roncadello (2012-2013). Dal 2013 al 2016 è stato vicario delle parrocchie di Binanuova, Ca’ de’ Sefani, Gabbioneta e Vescovato e dal 2014 al 2016 anche di Pescarolo e Pieve Terzagni. Dal 2016 al 2019 è stato collaboratore parrocchiale delle parrocchie di Buzzoletto e Viadana (“S. Maria Annunciata”, “S. Maria Assunta e S. Cristoforo”, “S. Pietro apostolo” e “Ss. Martino e Nicola”). Tra il 2019 e il 2021 ha approfondito gli studi teologici a Bologna. Nel 2021 è stato nominato collaboratore parrocchiale delle parrocchie di Castelleone e Corte Madama. Ora assume l’incarico di collaboratore parrocchiale di Pieve San Giacomo.

 

 

Il saluto sul bollettino parrocchiale

Sarà bello camminare insieme così

“Una parrocchia ‘di tradizione’”. Così mi è stata definita da un amico la realtà di Pieve San Giacomo con Gazzo e Ognissanti, quando è stata resa nota la mia nomina a parroco. E “di tradizione” so che lo è davvero, non nel senso della replica sterile di vuote abitudini o consuetudini, ma nella consistenza feconda di quanto ci viene consegnato e rappresenta i fondamentali di una vera comunità cristiana. E come non prendere atto con gioia e commozione che Pieve San Giacomo ha saputo generare e donare alla Chiesa il carissimo Vescovo Enrico? Per questo, con gioia, con don Marco vengo fra di voi, perché sarà bello camminare insieme così.

Sarà bello camminare insieme nella corresponsabilità, nell’esercizio, nella condivisione e nell’offerta generosa e coordinata di competenze, servizi, propositività, nel reciproco rispetto e nella valorizzazione di ruoli e ambiti di azione.

Sarà bello camminare insieme nell’unità. Perché quella è la prima testimonianza, da cui scaturisce la credibilità di una comunità. Faremo volentieri a meno degli arroccamenti, delle chiusure, degli steccati, sterili se non addirittura controproducenti.

Sarà bello camminare insieme nell’apertura e nella ricezione di tutte quelle istanze che, nella Chiesa e nel mondo, ci interpellano e ci sollecitano, perché nella irrinunciabile fedeltà al nostro
Battesimo diventiamo davvero missionari là dove siamo chiamati a vivere.

Sarà bello camminare insieme nell’ascolto. Della Parola di Dio, innanzitutto, e di tutto quanto esige che non si chiudano orecchi, occhi, mente, cuore nella ricezione e nell’accoglienza umile, fedele e trasparente di ciò che la Chiesa oggi ci indica come cammino da percorrere insieme, in una storia che non possiamo illuderci di fermare o addirittura riportare indietro.

Sarà bello per questo e per altre mille ragioni, perché così la nostra comunità potrà essere veramente anche un piccolo, ma profetico laboratorio di cordiale sinodalità. Lo Spirito Santo e l’intercessione della Madre ci accompagnano e ci accompagnino sempre, nel nostro cammino insieme.

Con affetto.

Don Federico con Don Marco

 

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